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Ebner: l'amore come veicolo soggettivo del movimento verso il Tu

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 145-147)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

10.2 Ebner: l'amore come veicolo soggettivo del movimento verso il Tu

Il nucleo del discorso ebneriano, lo abbiamo ampiamente visto, è racchiudibile nell'affermazione che l'io esiste solo “in un rapporto con il Tu, (...) laddove e quando si

muove verso il Tu”. Ora, i veicoli autentici di tale rapporto e di tale movimento sono la

parola e l'amore925. Tramite essi lo spirituale si esterna, si dà fenomenologicamente.

Parola e amore sono complementari e devono appartenersi reciprocamente “come veicoli

rispettivamente «oggettivo» e «soggettivo» del rapporto tra l'Io e il Tu”926. Quanto, infatti, è

“oggettivamente-dato-nella-parola” riceve “la sua sussistenza «soggettiva» nell'amore”927.

“Non vi sarebbe alcuna conoscenza della vita spirituale se questa consistesse solo

nell'amore e non anche nella parola”, ma “se l'uomo facesse consistere la propria vita spirituale solo nella parola e non anche nell'amore, allora egli sarebbe senza garanzia e intima certezza della propria realtà” - sottolinea Ebner928. La parola “non «riempita» dall'amore non può che restare un povero segno del tutto privo di vita”929. “Detta senza amore” si rivela “un abuso umano del dono divino della parola”, perché “contraddice il

922 “L'amore richiede una soluzione dal soggetto e per il soggetto”. Ivi, pag. 381. Ebner, opponendosi alle

spiegazioni su base funzionale quali si venivano profilando negli sviluppi della psicoanalisi, riconduce l'amore a cause spirituali. Secondo lui, nelle patologie si verificherebbe un'inversione della pulsione originaria del soggetto verso il Tu. L'io narcisisticamente si compiacerebbe di se stesso e del proprio piacere. Così facendo, scrive, “ lo spirituale priva il sessuale della sua connotazione naturale, se stesso però di quella spirituale ”. La vita sessuale viene, quindi, pervertita da finalità opposte a quelle naturali. Perciò, “ le perversioni sono un tentativo fallito da parte dell'esistenza individuale di sradicarsi dalla vita della generazione, ovvero dalla vita naturale” ivi, pag. 338-39.

923 E. Lévinas, Fuori dal soggetto, Marietti, Genova 1992, pag. 5. “La prossimità d'Altri, la prossimità del prossimo,

è nell'essere un momento ineluttabile della rivelazione, di una presenza assoluta (cioè libera da qualsiasi relazione) che si esprime. La sua epifania stessa consiste nel sollecitarci attraverso la sua miseria nel volto dello Straniero, della vedova e dell'orfano”. E. Lévinas, Totalità e infinito, cit., pag. 76.

924 Se ne ha, per Ebner, un riscontro anche nella vita sessuale, nella misura in cui “ogni uomo nel suo rapporto con

la donna cerca di realizzare il rapporto del proprio Io con il Tu. (…) La radice delle diverse perversioni sessuali non va cercata nella vita naturale ma in quella spirituale...”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 338. Le perversioni altro non sarebbero, quindi, che “un tentativo fallito di sradicarsi dalla vita della generazione, ovvero della vita naturale” Ivi, pag. 339.

925 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 253-254. 926 Ivi, pag. 183.

927 “L'Io non ha alcuna esistenza «assoluta», in quanto esiste solo nel rapporto verso il Tu. Al suo esser-

oggettivamente-dato-nella-parola corrisponde la sua sussistenza «soggettiva» nell'amore; in maniera tale che la parola e l'amore stanno assieme per quanto riguarda il comune fondamento spirituale ”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 156. Vedi pure ivi pag. 308-09.

928 Ivi, pag. 183.

929 F. Ebner, Schriften, cit., vol. II, pag. 784-85. Solo all'amore è dato di forgiare la relazione “dell'io dell'uomo

al tu concreto nell'altro uomo” “e ogni parola dello spirito può e dev'essere pronunciata nell'uomo dall'amore”.

proprio senso autentico e si estingue spiritualmente”. Solo l'amore invera la parola e le dà

spessore, evitando che si volatilizzi nel tempo930.

"L'intero destino di salvezza dell'uomo", ossia "la sua effettiva «redenzione»”931 è,

comunque, racchiuso nella parola e nell'amore. Scrive Ebner: “Dal «solipsismo dell'Io»

della sua esistenza (…) l'uomo viene redento mediante la parola e l'amore ”932. La parola ha

bisogno dell'amore, per acquistare valore di testimonianza. “La parola giusta – scrive - é

sempre quella che dice amore”, quella che “accende nell'uomo l'amore”933. Tuttavia, anche

l'amore “per essere deve parlare, deve diventare linguaggio, nel senso ampio di gesto e

parola”934. L'amore ha bisogno della parola, per essere redento dalle spinte egoistiche e

narcisistiche, per non restare “avvolto nella cupidigia e nel desiderio di possesso”935.

Nel suo significato autentico, privo di ogni residua retoricità, la parola è un atto d'amore. L'amore, da parte sua, è correlativo della parola, perché anch'esso è linguaggio, ma un linguaggio “completamente attivo, completamente personale, totalmente vivo, totalmente

parlante”936. Non si potrebbe, infatti, separarlo in alcun modo dall'atto che lo adempie,

farne un concetto o una parola vuota. L'amore deve essere riempito da tutto ciò che il soggetto ha di suo, nel senso profondo del termine. Quando questo avviene, allora esso si rivela il mezzo più efficace “per esternare se stessi”937, il “luogo privilegiato dove si manifesta e diventa evidente il volto metaforico e dialogico della parola ”938. Solo l'amore,

quindi, frantuma la muraglia cinese939 del solipsismo, abbattendo i muri divisori fra gli

uomini.

Si scopre allora che, pur nella complementarietà, sussiste una differenza. Essa consiste nella modalità secondo cui il rapporto io-tu si istituisce e viene esperito. La parola lo esprime

oggettivamente, l'amore soggettivamente940. La parola rivela la vocazione profonda dell'io, che è

per esternarsi, esprimersi, ma il suo senso ultimo consiste nell'accogliere in sé il precetto d'amore, perché l'amore investe la sfera più intima della dimensione tuale della coscienza. La parola, infatti, può anche fermarsi a mezza strada, al livello del dire, l'amore, invece, sa spingersi oltre il limite del detto e del dicibile fino a raggiungere quel nucleo segreto dove

dimora il mistero abissale dell'uomo941. Esso è soggettivo nel senso più proprio, nel senso

cioè che rimanda a quella dimensione precedente anche la parola, laddove “riceve senso e

direzione la sua intima realtà” volitiva, il desiderio inespresso di quello che Pascal suoleva

chiamare cuore.

930 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 254. “Va perduta nella temporalità. La parola invece che dice

l'amore è eterna”. Ibidem. “La chiave che apre la profondità nella parola, anche la profondità della "significanza" nella parola, é l'amore”. E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 154. “La parola dell'uomo proceda dal suo silenzio davanti a Dio e dalla pienezza della sua vita in Dio. Questa pienezza della vita è l'amore. Si deve capire la parola partendo dall'amore, altrimenti non la si capisce nella sua natura profonda”. F. Ebner, Schriften, cit., vol. I, pag. 952.

931 S. Zucal, Il miracolo della parola, cit., pag. 98.

932 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 255. Vedi pure ivi, pag. 365. 933 F. Ebner, Schriften, cit., vol. II, pag. 170.

934 N. Petrovich, La voce dell'amore, cit., pag. 352. 935 S. Zucal, Il miracolo della parola, cit., pag. 98-99.

936 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 208. Pertanto, conclude, “tutte le proposizioni vere su di

lui devono essere parole che provengono dalla sua stessa bocca, rette dall’io”.

937 Ivi, pag. 207.

938 N. Petrovich, La voce dell'amore, cit., pag. 297.

939 “La parola ci ha liberati dalla prigione del nostro «solipsismo dell'Io» e ci ha risuscitati dalla morte alla vita e l'amore frantuma la «muraglia cinese»”. Ivi, pag. 292.

940 “...bensì soggettivamente nell'amore (...) oggettivamente però non altrove se non nella parola, non per il

fatto che si pensa ma invece che si esprime” Ivi, pag. 253.

Per intenderlo fino in fondo, bisogna pensare alla dimensione che addita il Vangelo, quando, nella parabola del figliol prodigo, dice che ad un certo punto “egli rientrò in se

stesso”942. Questo se stesso da cui il figliol prodigo si era allontanato è quella sfera intima

(la casa del padre nella parabola) in cui nessuno, all'infuori di Dio, può entrare. E' la dimensione spirituale nel suo significato più essenziale, quello giovanneo per intenderci, in cui anche il Dio inaccessibile, l'Io sono della tradizione mosaica, diviene il Tu sei, il Dio con noi, l'Emanuele. E' ancora il baricentro dell'animo, come si apprende dalle Confessioni di Agostino che scriveva: “Pondus meum amor meus, eo feror quocumque feror”. (Il mio

peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto)943.

Questo significa che la realtà più vera, più completa, dell'io la si può rintracciare solo nell'amore decentrante, nell'amore per cui si è disposti a rinnegare se stessi per cercarsi nel Tu944.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 145-147)

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