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Schopenhauer, Nietzsche e l'indeterminatezza della vita

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 30-32)

Pur riconoscendo a Kierkegaard l'individuazione del punto archemideo di rovesciamento del sistema, Rosenzweig attribuisce a Schopenhauer il merito di aver spostato il discorso dal sistema, valido indipendentemente ed universalmente, ad un tipo d'uomo.

Con Schopenhauer, e ancor di più con Nietzsche, la filosofia è diventata prospettica. Schopenhauer non ha ricercato, infatti, il valore oggettivo, ossia l’essenza del mondo, ma il valore per l’individuo, ossia il senso. Di conseguenza, con lui è diventato protagonista il singolo, non più oracolo di un sistema avente validità universale, ma portatore di un punto di vista relativo ed unico. “Il contenuto della filosofia è il pensiero con cui uno spirito

individuale reagisce all’impressione che il mondo ha fatto su di lui” – osserva Rosenzweig177. 173 Ebner non si riferisce qui solo all'idealismo, ma anche ad alcune forme di oggettivismo a sfondo deterministico e più precisamente a Lichtenberg. Vedi Ivi, pag. 169.

174 Ivi, pag. 313.

175 “L'«é» esprime sempre in certo modo un essere impersonale; non solo quando sta in relazione con qualcosa di impersonale di per sé (animali, piante, cose), bensì anche quando viene impiegato verso una persona, sia questa un uomo oppure Dio. L'asserzione dell'essere nella prima e nella seconda persona é sollecitazione e appellazione di un essere «soggettivo» (e qui intendiamo «personale»), quella nella terza persona sollecitazione e appellazione di un essere «oggettivo», «impersonale», «sostanziale»”. Ivi, pag. 309.

176“Si avverte dunque un progressivo spostamento: cercare il senso dell'esistenza in un contesto onninglobante che

non esclude, anzi dà il posto che gli spetta, al rapporto a Dio, al davanti a Dio” E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 49-53

177 “E questa era precisamente l'intenzione. Ma consapevolmente ci s'interrogò soltanto circa il valore del mondo per l'uomo in genere ed anche a questa domanda vennero spezzati i denti velenosi in quanto ancora una volta essa trovò risposta in un sistema del mondo. Sistema, già di per sé, significa validità indipendente ed universale. Così la domanda dell'uomo presistematico trovò risposta nella parte finale con la figura del santo, prodotto dal sistema. Tuttavia in filosofia già questo era inaudito: che a chiudere l'arco del sistema non fosse un concetto ma un tipo d'uomo e che esso fungesse veramente da chiave di volta e non da semplice complemento, come un orpello etico o un'appendice”. F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 8. In una lettera Rudolf Ehrenberg datata 1 dicembre 1917 Rosenzweig scriveva: “Da Schopenhauer in poi i filosofi hanno vita propria e scrivono la propria filosofia: é infatti finita la storia della filosofia come nesso oggettivo; viene stabilito il caos”. F. Rosenzweig, Der Mensch und sein Werk. Gesammelte Schriften, Briefe und Tagebücher 1900-1918, hrsg. Von R. Rosebzweig und E. Rosenzweig-Scheinmann unter Mitwirkung von B. Casper, Martinus Nijhoff, Haag 1979, band. 1, pag. p. 485. Si veda inoltre la lettera a Eugen Kosenstock del 5 settembre 1916, ivi, pagg. 220-223, nonché Viktor von Weizsácker, Natur und Geist. Erinnerungen eines Ärtzes, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1954, pag. 29. Sul rapporto tra Rosenzweig e Schopenhauer si veda ancora H. Dagan, Philosophizing in the Face of Death -Schopenhauer and

Ma se il singolo deve costituire, dopo Hegel, una volta decretata la fine dei sistemi, il nuovo punto di partenza, allora la filosofia non può più avere “come oggetto il Tutto obiettivamente

pensabile ed il pensiero di questa obiettività”. Essa deve limitarsi ad essere “piuttosto concezione del mondo, il pensiero con cui uno spirito individuale reagisce all'impressione che il mondo produce su di lui”178.

Ora, rispetto a tutto questo Nietzsche rappresenta il passaggio fondamentale. Egli è, per

Rosenzweig, “quegli da cui nessuno di quanti devono filosofare può ormai prescindere”179 e,

per Ebner, colui che ha “compreso che l'uomo reale rappresenta un valore assai più elevato

rispetto all'uomo auspicabile di un qualsiasi ideale finora esistito”180.

Nietzsche – afferma Rosenzweig - ha insegnato a guardare al mondo dal punto di vista dell'uomo vivo, mosso dalla volontà, piuttosto che dalla ragione, dai conati individuali, piuttosto che dalle visioni universali. Fino ad Hegel, “l'uomo aveva potuto essere oggetto

della filosofia solo nel suo rapporto” con il tutto unico e universale181. “Ora a questo mondo conoscibile se ne contrapponeva un altro, indipendente: l'uomo vivo; al Tutto si contrapponeva l'uno che si beffa di ogni totalità ed universalità, l'Unico e la sua proprietà”182

- scrive Rosenzweig con evidente riferimento a Stirner. Così, “ l'uomo nella pura e semplice

singolarità della sua essenza individuale, nel suo essere, contrassegnato da nome e cognome” usciva dal mondo che si sapeva accessibile al pensiero, dal Tutto della filosofia, e

diventava problema in se stesso183. Di fronte alla visione del mondo si ergeva, quindi, in modo

indipendente, “ciò che si designa come vita personale, personalità, individualità…”184.

La vita, per Rosenzweig, come per Ebner, è il nuovo asse intorno a cui si muove e si deve muovere la riflessione. Essa ha i caratteri della singolarità kierkegaardiana e quelli della

vitalità nietzscheana. Perciò, eccede ogni idea. Nessun approccio teoretico è in grado di

determinarla. Non lo è, per il semplice motivo che essa non è teorizzabile. Non a caso Lévinas attribuisce a Buber, ma la si può senz'altro riferire anche a Rosenzweig e ad Ebner, l'espressione “indeterminato come la vita”185, cogliendovi la sintesi più efficace del suo

insegnamento.

C'è ancora da dire che affermando la priorità del vitale, i dialogici ribaltano, come già aveva fatto Nietzsche, anche le visioni oggettiviste. Essi, a differenza dei positivisti, non pensano di

ridurre la vita al dato oggettivo186. Le scienze, come le filosofie, sono giudicate inadeguate a

catturare la problematicità della vita, che è inestricabilmente “legata all'esistenza

individuale”187 e alla sua particolarità. La vita oltrepassa, quindi, non solo la “ hegeliana Rosenzweig, in «Jewish Studies Quarterly». VIII (2001), N. l, pagg. 66-79.

178 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 107. 179 Ivi, pag. 9.

180 Per Ebner, in Nietzsche si ha il definitivo superamento dell'uomo ideale prospettato dall'idealismo. “Il fatto che l'«uomo reale rappresenti un valore assai più elevato rispetto all'uomo auspicabile di un qualsiasi ideale finora esistito», come afferma Nietzsche ne La volontà di potenza, é un'acquisizione nella quale é racchiusa la fine dell'idealismo e in cui si rinnova la vita spirituale dell'uomo” F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 361. 181 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 23.

182 Ivi, pag. 9.

183 Ivi, pag. 10. Vedi pure F. Rosenzweig, Il nuovo pensiero, cit., pag. 21. 184 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 11.

185 E. Lévinas, Fuori dal soggetto, cit., pag. 15.

186 Vedi F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 142.

187 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 280. Si veda pure Ivi, pag. 229-30: “Anche alla coscienza più geniale non riesce totalmente l'oggettivazione del problema della vita, poiché la problematicità della vita risiede proprio nella sua soggettività. Se questa scomparisse in maniera assoluta, allora non si sarebbe risolta solo la problematicità della vita, bensì sarebbe scomparsa questa stessa”.

identità di essere e pensiero”188, ma anche ogni determinazione oggettivista189. Come la

coscienza è inoggettivabile, così anche il mondo naturale lo è. L’idealismo e il pensiero oggettivo vorrebbero eliminare lo scandalo della contingenza, trasformando il casuale in

necessario190, ma il mondo continua a rivelarsi molteplice, plurimo ed indominabile

concettualmente191. La domanda che emerge da esso, appreso come vitale e non come spento

ed inquadrato in schemi precostituiti, orienta “verso un ampliamento del pensare”, ogni forma di determinismo192. Scrive Rosenzweig: “di fronte alla logica vera e propria, di fronte all'unità, il mondo costituisce un aldilà”193. Il mondo è “sconcerta”, perché al suo interno vi è

“qualcosa di sempre nuovo, qualcosa che urge, che schiaccia. Il suo grembo non é mai sazio

di concepire, é inesauribile nel generare”. Il mondo contiene in sé “l'abbondanza intramondana della particolarità”, che “si contrappone all'ordine dell'universale”194, pensato

dai filosofi e dagli scienziati, come ciò che è vivo a ciò che è inerte, come ciò che è vario e dinamico a ciò che è statico e monocorde.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 30-32)

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