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Rosenzweig: dal nulla al qualcosa

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 53-55)

4. L'attraversamento della crisi: oltre il nulla universale ed astratto del nichilismo

4.3 Rosenzweig: dal nulla al qualcosa

Nella Stella della redenzione Rosenzweig intraprende un lungo e complesso percorso “nel

tentativo di gettare un ponte di collegamento” fra “l'ambito della riflessione puramente filosofica e quello della teologia storico-positiva, in breve, fra il pensiero di matrice greca e la rivelazione biblica, sia ebraica che cristiana”323.

Il punto di partenza di tale percorso si pone come alternativo rispetto a quello di tutto il sapere filosofico, dalla Jonia a Jena. In luogo dell'idea di ricondurre il molteplice all'unità in un Tutto unico, in cui l'essere sia senz'altro assimilato al pensato, Rosenzweig pone, quindi, il

nulla, ossia l'annullamento di quella stessa pretesa. Pertanto, facendo leva sulla nozione di

nulla, egli opera “la decostruzione della filosofia del Tutto”324. Il nulla vanifica il sapere della

totalità ed impone di attenersi alla fattualità dell'esistenza.

Per certi versi, la strada è simile a quella di Hegel, che aveva individuato nell'essere

indeterminato l'inizio del suo sistema, solo che in Rosenzweig la situazione è ribaltata: egli

parte dal nulla determinato e si muove alla conquista del qualcosa325, ossia dell'essere inteso

come determinato e determinabile. Tale nulla determinato è, innanzitutto, il nulla della morte, da cui ha origine la riflessione filosofica, e, secondariamente, il limite della condizione umana, che si riflette nello scacco del sapere di fronte all'impossibilità di

321 Ivi, pag. 234. Stirner con la sua critica corrosiva non combatte, quindi, la responsabilità vera, ma “ il

surrogato di una realtà non più creduta”, e cioè “la responsabilità apparente di fronte a una ragione, a un'idea, a una natura, a un'istituzione, a ogni sorta di spettri illustri, a tutto ciò che essenzialmente non é persona e quindi non può, come invece padre e madre, sovrano e maestro, sposo e amico, come Dio, realmente sollecitare alla responsabilità”. Perciò, Buber afferma che Stirner “dissolve la dissoluzione”, smascherando “come irreale la responsabilità soltanto etica”, la responsabilità al di fuori di una relazione reale fra persone. Kierkegaard invece “intende la responsabilità vera”, ossia “la responsabilità conforme alla fede”, che è intrascendibilmente personale e che sopravanza senz'altro quella etica. Ivi, pag. 235.

322 “Ma anche in qualche rigido noi collettivo, che rifiuta un'istanza superiore, si può facilmente ritrovare il linguaggio dell'unico tradotto in quello dell'io-collettivo, che non riconosce nient'altro che se stesso; beninteso anche contro le intenzioni di Stirner, che si opponeva violentemente a ogni concezione pluralistica” Ivi, pag. 231.

323 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme. Il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig, Marietti, Genova-Milano 2009,

pag. 58-60.

324 L. Bertolino, Il nulla e la filosofia, cit., pag. 271.

325 “Noi vediamo dunque il qualcosa in una duplice forma ed in un rapporto duplice con il nulla: da un lato

come limitrofo ad esso e dall'altro come ad esso sottratto. In quanto limitrofo al nulla il qualcosa é tutta l'abbondanza di ciò che nulla non é (…). In quanto sottratto ad esso, invece, in quanto ha appena infranto la prigione del nulla, il qualcosa non é altro che l'evento di questa liberazione dal nulla... ”. F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 24.

chiudere il cerchio, di esaurire la domanda. Come per i nichilisti, così per Rosenzweig, la ragione è arrivata al capolinea e non può più pretendere di possedere la verità.

Il metodo cui Rosenzweig fa ricorso è quello della correlazione, che ricava dalle tesi di Cohen sul differenziale matematico. Contro ogni tentazione monistica la correlazione – scrive - “possiede la capacità di riuscire a pensare una molteplicità nel reale che non é

sintetizzabile in un'unità superiore”326. La correlazione origina, quindi, “un gioco sottile ed articolato di polarità contrapposte, investite, ciascuna, da una carica energetica positiva o negativa, e perciò in perpetua tensione reciproca”327. Inerpicandosi lungo il crinale che

separa il nulla dal qualcosa, Rosenzweig batte, quindi, due vie, distinte ma correlate, “la via

della negazione del nulla e quella dell'affermazione di ció che nulla non é”328.

Tale impostazione viene assunta nel contesto culturale post-nietzscheano e post-ideologico da cui muove. Il filosofo, nel prendere atto della crisi della ragione, marca il rifiuto di ogni tentativo di risoluzione della domanda originaria su Dio, sul mondo e sull'uomo, “nella

scienza prima dell’Uno-Tutto pensabile”. Il che vuol dire che rifiuta ogni impostazione

tradizionale di tipo teologico, cosmologico ed antropologico329. “Noi – scrive - non

cerchiamo affatto Dio, né in seguito il mondo e l'uomo, all'interno di un Tutto unico ed universale come un concetto tra gli altri. (…) Ma proprio il presupposto di un Tutto unico ed universale é ciò che noi abbiamo rigettato”330. Nè Rosenzweig accetta le tesi nichiliste

convergenti verso un universale ignoramus. Se la filosofia è mera espressione di un punto di

vista, allora – scrive - “la domanda che fu opposta a Nietzsche deve levarsi contro tutti i pur seri ed intensi sforzi filosofici: questo è ancora scienza?”331. Il nichilismo confina il soggetto 326 “La categoria di Korrelation si rivela portatrice di due importanti novità speculative che vanno tenute insieme. In primo luogo, contro ogni tentazione monistica dell'idealismo, essa possiede la capacità di riuscire a pensare una molteplicità nel reale che non é sintetizzabile in un'unità superiore. In secondo luogo, la Korrelation introduce il problema della "sovra-individualità" che contro ogni individualismo instaura una relazione tra gli elementi rendendoli reciprocamente comprensibili nel superamento del loro isolamento ”. F. Rosenzweig, Il filosofo è tornato a casa, Diabasis, Reggio Emilia 2003, pag. 95. “Ma per questo percorso, che porta da un nulla al suo qualcosa, si offre come guida una scienza la quale a sua volta non é altro se non un costante dedurre qualcosa (e mai piú di qualcosa, di un qualche) dal nulla, mai però dal nulla vuoto ed universale, bensì dal nulla peculiare, dal nulla «proprio» di questo qualcosa: la matematica. (…) Il differenziale assomma in sé le proprietà del nulla e del qualcosa, é un nulla che rimanda ad un qualcosa, al suo qualcosa ed al tempo stesso é un qualcosa che si cela ancora nel grembo del nulla. É la grandezza nel momento del suo trapassare nell'assenza di grandezza e allo stesso tempo la grandezza in quanto, come «infinitamente piccolo» detiene quasi in prestito tutte le proprietà della grandezza finita, eccettuata unicamente quella di essere una grandezza finita. Così esso trae la sua forza che fonda il reale ora dalla negazione possente con la quale infrange il grembo del nulla, e poi di nuovo e nella stessa misura dalla tranquilla affermazione di tutto ció che contorna e delimita il nulla in cui il differenziale, come infinitamente piccolo, resta ancora imprigionato. (…) In luogo del nulla unico ed universale che, identico allo zero, non poteva davvero essere altro che «nulla», che la vera «non-cosa», egli pose il nulla particolare che irrompeva fecondamente nella realtà. Proprio rispetto alla fondazione hegeliana della logica sul concetto di essere egli si pose qui nella più decisa opposizione. E così pure rispetto a tutta la filosofia di cui Hegel era stato erede. Perché qui per la prima volta un filosofo, che si riteneva ancora «idealista» (…), vide e riconobbe che al pensiero che mirava a una «produzione pura» non si faceva incontro l'essere, bensí il nulla” (F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 21-22). “Come il differenziale matematico, infatti, anche il nulla particolare non coincide con il nulla assoluto, ma è un nulla unito al proprio corrispettivo positivo. Soprattutto, però, esso rappresenta l’origine del sapere, il punto di partenza verso la conoscenza del qualcosa…”. L. Bertolino, Il nulla e la filosofia, cit., pag. 92.

327 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme etc., cit., pag. 172. 328 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 21. 329 E. D’Antuono, Ebraismo e filosofia, cit., pag. 31-32.

330 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 23.

nello spazio estremamente labile di una “ipseità cieca e sorda”332, nell'isolamento del punto di vista. Ora, questo azzeramento di ogni obiettività comporta l’omologazione di ogni discorso al

relativo, perché il nulla indeterminato fa parte esso stesso di una visione totalizzante, della

presunzione di ricondurre il molteplice all'uno333. Il nulla che sappiamo, il nulla del nostro

non sapere, non è, invece, un nulla totale, ma inequivocabilmente – afferma Rosenzweig -

“un nulla determinato e singolo”334.

Venuta meno la supponenza della ragione, esattamente come per i nichilisti, il nulla vale come pungolo della ricerca, perché spinge il pensiero al limite delle sue possibilità. Ma, a differenza dei nichilisti, il nulla, per Rosenzweig, rappresenta l'inizio, non la fine della

ricerca335. Esso va, quindi, attraversato in direzione del qualcosa, ossia in direzione di un

nuovo pensiero che consideri l'essere nella sua eventualità ed alterità.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 53-55)

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