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I risvolti etici: l'etica dell'autonomia di Kant come etica senza Tu

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 70-73)

PARTE SECONDA In cerca del Tu

5.4 I risvolti etici: l'etica dell'autonomia di Kant come etica senza Tu

Contestualmente agli sviluppi teoretici, gli sviluppi etici della posizione moderna del soggetto disegnano un io morale del tutto astratto ed universale. Non c'è, quindi, più traccia dell’io concreto e particolare, esposto dell’esistenza e alla sua vulnerabilità. Non c'è più traccia, soprattutto, della vocazione ad incontrare, ad esprimersi e comunicare del soggetto.

L'etica innalza la libertà al di sopra di tutto. Ne fa un dogma. La proclama come intangibile e, per certi versi, inattingibile. L'autonomia diventa, quindi, il valore primario, facendo da corrispettivo, a livello morale, alla certezza autofondantesi del cogito. Ma a questo si associa una dimenticanza, col tempo divenuta insensibilità. L'io – scrive Ebner - “é divenuto

consapevole di sé, non però di quel suo rapporto con il Tu”. Conseguentemente, ha preteso di

essere legge a se stesso nel proprio io-solipsismo440, proclamando l'autonomismo morale.

434 J. Gevaert, Il problema dell’uomo etc., cit., pag. 22-23.

435 Ivi, pag. 329. Il Tu di cui parla Ebner è Dio, inteso come il Tu della relazione fondamentale che rende vere tutte le

relazioni umane.

436“Il conoscere filosofico si allontana invece sempre più dalla parola e diviene in tal modo inumano”. Ivi, pag. 367.

Il riferimento è al Kant della Critica della ragion pura. Vedi pure: Ivi, pag. 247.

437 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 178.

438 Ivi, pag. 309.

439 L'espressione ricorre ei Frammenti come traduzione plastica del solipsismo (vedi: pag. 214, 216, 240, 251-52,

292).

440 “Egli riconosce il radicamento soggettivo dell'idea e di colpo l'Io diviene creatore del mondo e legislatore etico. Negli occhi e nei pensieri dei filosofi il mondo da noi esperito diviene una «proiezione dell'Io». Di certo non lo é. Eppure la visione del mondo del metafisico non é altro che una simile proiezione. Le cose stanno veramente così: l'Io si pone al posto di Dio, poiché é divenuto consapevole di sé, non però di quel suo rapporto con il Tu che solo rende possibile la sua esistenza: ciò perché nell'atto di sapere di sé riconosce il proprio «Io- solipsismo», ma non lo comprende come una mancanza”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 250.

Ora questo rappresenta, per Ebner, l'elevazione a valore di una mancanza, di un'assenza. Non c’è, infatti, libertà che non si riveli nel concreto fondata sul sostegno, sull’aiuto di altri. L’essere dagli altri e per gli altri è il presupposto ovvio di ciò che siamo e non

è possibile una libertà che escluda la relazione e, nella fattispecie la responsabilità441.

Apparentemente, nell'etica autonomistica, all'io ha continuato a corrispondere un tu, ma, in realtà, si è trattato di un tu soltanto ideale, di un tu artefatto. “ Nei pensieri vincolati all'Io

dell'Io determinato in senso psichico – osserva Ebner - viene sempre dimenticato il Tu, oppure viene di nuovo pensato come Io, come l'Io dell'altro”442. Anche laddove il Tu è stato espresso, è

stato pensato nella solitudine dell'autoreferenzialità.

Su queste premesse, si è costruita un'etica senza confronto, artificiosa e distante

dall'esistenza443. L'etica, per sua natura votata alla realtà della vita personale, è stata determinata

in senso ideale e logico. Si è finito, quindi, per riporre il senso morale, non in un Tu, ma in un esso, non in Qualcuno, ma in qualcosa.

Se ne ha un riscontro nella legge morale kantiana, che, nonostante l’ambizione di valere universalmente, non intercetta le più intime e volizioni dell'uomo reale. Semmai, ne evidenzia un isolamento disperato. Ed è proprio qui la contraddizione profonda: “Chi propone un'etica non sa

fare altro se non imporsi il rispetto di sé e degli uomini, ovvero il rispetto della «muraglia cinese» dell'Io nell'uomo, elevando a imperativo etico il rispetto del «solipsismo dell'Io» e della chiusura al Tu”444. L’etica di Kant è, in sostanza, per Ebner, la proiezione morale dell'io chiuso

nel proprio isolamento. Il Tu (il Tu devi!), a cui si rivolge è solo apparente, perché Kant non riesce a “rendere il lettore in maniera immediata un "concreto" Tu, cioé a portare in lui l'Io

concreto a consapevolezza di se stesso”445. Ancora più radicalmente, il Tu devi esprime una

contraffazione del tu, perché questi non è che una mera proiezione dell'io, il Tu di se stesso, portato di un’impermeabile solitudine.

L’etica formale kantiana risulta, quindi, per Ebner, un'idea chiusa nel suo concetto. L'imperativo che proclama è del tutto involuto in sé. Il soggetto presume di avere in sé il metro per misurare le azioni. Pertanto, leggi e doveri sono espressioni della coscienza e della sua attività deliberatrice446.

L'idealismo non farebbe che confermare la linea kantiana. “Più l'idealismo si approfondisce – osserva Ebner - tanto più decisamente tende a porre l'uomo spiritualmente tutto su se stesso e a

441 Vedi J. Ratzinger, La via della fede, Edizioni Ares, Milano 2005, pag. 26. 442 Ivi, pag. 174.

443 “É vero che anche all'Io dell'etico corrisponde in certa misura un Tu - in quanto l'approccio etico a differenza di quello estetico e metafisico é orientato alla realtà della vita spirituale - che però é un Tu soltanto ideale, in quanto cioé la realtà intima dell'Io nell'«Io voglio» viene determinata eticamente da un «Tu devi»; questo «Tu devi» tuttavia 1'Io lo pensa e lo esprime a se stesso nella sua solitudine e non é altro che una proiezione. Il sogno dello spirito però continua a venir sognato. Poiché questo Io intellegibile - la legislazione autonoma nell'uomo - non é 1'Io reale, come non lo é già quello assoluto e creatore del mondo del metafisico, bensì solamente la sua idea, nell'un caso l'idea etica, nell'altro l'idea metafisica dell'Io”. Ivi, pag. 251. La locuzione sogno dello spirito é individuata da Klaus Dethloff come “parola chiave della principale opera dialogica di Ebner” per la sua capacità di esprimere il dramma dell'uomo prigioniero dell'illusione del solipsismo etico ed antropologico. Vedi 40 K. Dethloff, I sogni nella filosofia dialogica di Ferdinand Ebner e altri, in S. Zucal – A Bertoldi (a cura di), La filosofia della parola di Ferdinand Ebner, cit., pagg. 144-145.

444 Ivi, pag. 251-52. E’ evidente il riferimento alla formulazione kantiana della legge morale. Si veda in particolare I

Kant, Critica della ragion pratica, cit., pag. 135.

445 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 172.

446 “L’autonomia della volontà è l’unico principio di tutte le leggi morali e dei doveri che loro corrispondono. (…)

Dunque la legge morale non esprime nient’altro che l’autonomia della ragion pura pratica, cioè della libertà ”. I. Kant, Critica della ragion pratica, cit., pag. 42. Ebner condivide con Kant l’etica della libertà e la critica dell'etica dell’essenza, che si fonda sull'accettazione passiva di ordini e valori dati, ma ne rigetta l’universalismo e il solipsismo.

fargli trovare l'ethos della vita in se stesso, nel fatto dell'esistenza individuale”447. Ma, alla fine,

l'idealismo implode, perdendosi “nella prassi del relativismo etico”448. Qui Ebner coglie il nesso

fra l'estrema esaltazione dell'idea etica e la denuncia della sua crisi contenuta nel nichilismo nietzscheano. Il nichilismo si rivela solipsismo, ossia affermazione dell'io libero nella recisione

di ogni legame e relazione, disarmante manifestazione di una volontà esaltata449.

Rilievi critici del tutto consonanti ritroviamo in Rosenzweig, per il quale la formulazione kantiana “della legge morale come atto dotato di validità universale” traduce a livello etico l’idea

dell’unico Tutto capace di inglobare il reale450. Le esigenze etiche vi sono trascritte sul registro

della “religiosità laica della libera sottomissione alla legge universale”451. Da quest'ultima

sono espunte le mozioni personali. Come, infatti, dall’universo fisico, in nome della legge universale, viene eliminata la “fattualità”, e cioè “il manifestarsi, sempre molteplice,

dell’essere”452, così dalla vita etica viene cancellato il sempre improvviso, sempre

sorprendente, libero atto d'amore453.

La prescrizione formale del rispetto di sé e degli uomini si rivela, in definitiva, incapace di suscitare la spinta propulsiva che all’amore appartiene invece per sua natura. Il

ripiegamento interiore “non incontra” né “conosce la solidarietà...” - osserva Buber454.

447 Ivi, pag. 359.

448 “L'ethos della vita generale però si perde alla fine, al di là di tutte le teorie dei filosofi, nella prassi del relativismo etico. Esso lascia al momento personale nell'esistenza umana solamente la sua rilevanza temporale, mentre non gli importa quella extra-temporale, la rilevanza eterna, e ciò significa però anche che la vita generale cerca, se non di distruggere, perlomeno di soggiogare totalmente lo spirituale nell'uomo… “ Ivi, pag. 360.

449 Da questo punto di vista il solipsismo coincide con le posizioni volontaristiche e superomistiche nietzscheane.

Vedi Ivi, pag. 361. Sull'argomento confronta il giudizio di E. Ducci, La parola nell'uomo, La Scuola, Brescia 2005, pag. 92.

450 Scrive F. Rosenzweig che “proprio in Kant il concetto di Tutto ha riportato una nuova vittoria sull’uno dell'uomo mediante la formulazione della legge morale come atto dotato di validità universale” La stella della redenzione, cit., pag. 10. Tuttavia Rosenzweig ha subito notevoli influssi da Kant, come riconosce B. Casper: “ Rosenzweig sottolinea il fatto che Kant aveva un ricordo della «libertà pura e semplice» prima della libertà, cioé prima dell'idea trascendentale intesa a partire dalla relazione con l'agire pratico in quanto regola, e quindi inclusa nel sistema”. Inoltre, recupera la considerazione kantiana della libertà come miracolo nel mondo dei fenomeni, come “solido punto di partenza in cui il pensiero riesce a oltrepassare la dimenticanza dell'essere”. Vedi B. Casper, Il pensiero dialogico, cit., pag. 95.

451 Rosenzweig istituisce un parallelo fra la religiosità islamica e Kant: “Il presupposto dell'azione obbediente nel mondo é qui l'Islam, il sempre nuovo, il sempre laborioso e difficile arrendersi dell'anima alla volontà di Dio. Qui, in questo abbandonarsi che é un atto, anzi l'unico atto di libertà che l'Islam conosca (…) non risiede però l'origine dell'azione nel mondo; questa origine sta invece nel carattere, nel carattere deciso all'obbedienza. (…) E questa religiosità dimessamente obbediente, costituita sulla base di una libera autonegazione di continuo faticosamente riguadagnata, ritrova stranamente il suo esatto corrispettivo nella religiosità laica della libera sottomissione alla legge universale che l'epoca moderna ha cercato di sviluppare per se stessa, ad esempio nell'etica di Kant e dei suoi seguaci, o in generale nella coscienza comune, in opposizione all'esuberanza inquietante e imprevedibile del santo”. La stella della redenzione, cit., pag. 225

452 Vedi Ivi, pag. 107. 453 Vedi Ivi, pag. 225.

454 Ripiegamento significa “sottrarsi all'accettazione adeguata dell'essere di un'altra persona, nella sua

peculiarità, non semplicemente circoscrivibile nell'ambito del proprio io, che tocca l'anima e la commuove senza esserle mai immanente; far esistere l'altro solo come propria esperienza, come una proiezione ” M. Buber, Dialogo, cit., pag. 209-210. Quella derivante da una legge morale sottratta, nella sua universalità, alla responsabilità del soggetto non può che rivelarsi come volontà arbitraria: “L'uomo libero è colui che esercita la volontà senza arbitrio. Crede nella realtà, vale a dire che crede nel legame reale della dualità reale io e tu. Crede che vi sia una destinazione, e crede che questa abbia bisogno di lui: essa non lo conduce, lo aspetta; egli le deve andare incontro: pur non sapendo dove sia, sa che deve mettersi in cammino con tutto il suo essere. Le cose non andranno secondo i suoi propositi; ma qualsiasi cosa avverrà, avverrà soltanto quando si proporrà ciò che è capace di volere. Deve sacrificare la sua piccola volontà, quella non libera, governata dalle cose e dagli istinti, alla sua grande volontà, quella che si allontana da

Perciò, l'etica dell'autonomia si costituisce come il pensare costruito sull'autocoscienza, e cioè al di fuori di ogni incontro e riscontro, in quella che Ebner definisce “esilio dell'idea

estetica”455.

L'autonomismo morale, fondato sul per sé della tradizione metafisica è, infine, la “la

traduzione plastica dell'autonomia ontologica dell'io”456. A sua volta, alla luce di questo

intreccio, il per sé “è - come scrive Lévinas - io, egoismo”457, si rivela cioè nei risvolti pratici

per quello che è: amore di sé, narcisismo fatuo e immaturo.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 70-73)

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