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Le perversioni dell'amore estetico e la serietà del dialogo

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 143-145)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

10.1 Le perversioni dell'amore estetico e la serietà del dialogo

Anche in tema di amore idealismo e oggettivismo costituiscono, per i dialogici, riferimenti negativi. In particolare, la disattenzione dell'idealismo verso il linguaggio corrisponde qui allo snaturamento dell'amore, che, da espressione del muoversi dell'io in direzione del tu, diventa cifra di egoismo.

L’idealismo, infatti, ponendo l'io “quale principio della vita spirituale in sé”, quale “persona

assoluta”, finisce per ridurre l'amore a “illusione erotica dell'uomo”. Tale illusorietà, per Ebner,

non individua solo la sua tipica tendenza ad assoggettare il reale (in questo caso il carnale) al

pensato, all'immaginato, ma anche qualcosa di eticamente riprovevole913.

L'amore erotico-romantico va, infatti, a situarsi nel circuito chiuso delle sensazioni e delle emozioni del soggetto, anziché nella relazione che spinge il soggetto ad uscire da sé914. 911 “La linea kierkegaardiana quanto a contrapposizione di pensare ed esistere é insuperata e forse insuperabile, ma Ebner, nel suo ambito dimensionato, dá una sfaccettatura essenziale e prima non emersa di questo vivere, attraverso la parola e la lingua”. E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 126.

912 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 112

913 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 290. Ebner si riferisce qui a Otto Weininger, autore di Sesso e

carattere. Per un approfondimento, vedi S. Zucal, Il miracolo della parola, cit., pag. 18-24.

914 Pertanto, in Hegel non c'é spazio per l'amore, perché “il transito all'altro viene sempre inteso come alienazione

e non come amore (o svuotamento di sé per amore) [e se] l'amore come tale viene logicizzato e alla fine scompare completamente nel sapere assoluto, essendo per lo piú raffigurato da Hegel solo come "sensazione" ”. H. U. von Balthasar, Teologica, cit., vol II, pag. 37.

L'idealismo finisce, in sostanza, per fare dell'amore nient'altro che un'ebbrezza solitaria. Ora, per Ebner, coloro che amano in tal modo si dimostrano incapaci di liberarsi dall'incantesimo del proprio egoismo e restano vittime di “un fraintendimento, da una parte nei confronti

della donna, dall'altra nei confronti dello spirito”915.

M. Buber, in un saggio di alcuni anni successivo ai Frammenti ebneriani, sviluppa questa tematica. Egli scrive, in particolare, che chi vive monologicamente manca della condizione necessaria all’amore, in quanto “non custodisce l'altro come qualcosa che non è

semplicemente lui e con cui tuttavia può comunicare”916. Conseguentemente, non è capace

di “un reale andare-verso-l'altro, giungere-all'altro, presso-l'altro-rimanere”917. Egli,

“nella dimora del dialogo più intimo” non sa che recitare “un monologo allo specchio”918,

non sa che rispecchiarsi in se stesso. Per incontrare l'amore vero, occorre porsi invece oltre la solitudine dell’io. L’amore presuppone, infatti, il dia-logo, che, prima ancora di essere un modo di rapportarsi, è – sottolinea Buber - “un atteggiamento degli uomini gli uni verso gli

altri”919. Si tratta, quindi, di guadagnare un’autenticità che permetta di avere davvero “a che fare con gli uomini con cui si ha a che fare”920, di aprirsi autenticamente cioè al dia-logo.

Da parte sua, Ebner rimarca che l’amore si pone anche oltre la presunzione di comprendere. Ebner, come rifiuta la riduzione dell'amore a sensazione soggettiva, così ne rifiuta l'oggettivazione. Il pensiero di ridurlo a formula matematica è – dice Ebner - semplicemente folle. Circa l'amore “non è possibile addurre alcuna prova matematica”. L'amore è inoggettivabile ed indeterminabile e non c'è negazione più esplicita di esso che la

conoscenza matematica921.

Semmai, l'amore, come la fede, richiede di essere creduto, più che saputo, vissuto, più che teorizzato. Laddove, infatti, lo si distanzi dalla responsabilità personale del soggetto non può che risultare adulterato, offeso, vilipeso.

915 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 338. 916 Ivi, pag. 206.

917 Ivi, pag. 207. “l'amor di sé vuole avere l'altro per sé come oggetto d'uso, come oggetto di piacere per colmare i

propri bisogni. Non vuole niente senza intenzione bensì lo possiede per qualcosa, ciò significa che si esplica attraverso i propri egoistici fini. L'altro viene sí amato, ma in esso si ama sempre e solamente se stessi ” A.K.Wucherer-Huldenfeld, Personales Sein und Wort. Einfiihrung in den Grundgedanken Ferdinand Ebners (Essere personale e parola. Introduzione ai temi fondamentali del pensiero di Ferdinand Ebner), Böhlau, Wien 1985, pp. 96-97.

918 Secondo Buber, l'eros monologico ha molte varietà: ora “è un innamorato solo della propria passione”,

ora “porta i suoi differenti sentimenti come decorazioni”, ora “gode l’avventura del suo fascino”, ora “osserva rapito lo spettacolo della sua presunta dedizione”, ora “fa collezione di eccitazioni”, ora “mette in gioco la potenza”, ora “si fa grande di una vitalità estranea”, ora “si diverte a essere contemporaneamente se stesso e un idolo che non gli assomiglia per nulla ”, ora “si scalda all'incendio del suo successo”, ora “fa esperimenti”. M. Buber, Dialogo, in Il principio dialogico e altri saggi, cit., pag. 216.

919 M. Buber, Dialogo, in Il principio dialogico e altri saggi, cit., pag. 192. 920 Ivi, pag. 206.

921 “Nessun uomo cadrà vittima del folle pensiero di ridurre l'amore a una formula matematica. Del tutto diversamente stanno le cose per quanto riguarda la «legge dell'attrazione sessuale», sebbene anche qui resti dubbio se tale legge possa effettivamente venir formulata in termini matematici. Il tentativo lo ha fatto Otto Weininger. Per l'amore e la parola non é possibile addurre alcuna «prova» matematica. E nemmeno una prova d'altro genere. La conoscenza matematica é nella sua conseguenza ultima annullamento della parola e morte dell'amore. La vediamo dunque esaurirsi in uno stato dello spirito umano, che di fatto non é altro se non follia: il «solipsismo dell'Io» e la chiusura al Tu dell'Io, condotta alle estreme conseguenze ”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 280.

L'amore è inassoggettabile ad un progetto o ad un calcolo. La sua radice è soggettiva922,

ma non in senso soggettivistico o individualistico, ma in senso relazionale e spirituale, risiedendo in quella tensione intima a trascendere e trascendersi. L'amore è agostinianamente, per Ebner, il baricentro dell'anima, la direzione del suo tendere e cercare. Esso impegna, pertanto, la persona in una dimensione diversa dall’essere come stabilmente

“accessibile al soggetto nell'oggettività”923. Lo proietta oltre l’acquisito e il posseduto, al di

là del chiuso circolo delle eccitazioni, come al di là di ogni teoria o idraulica dell’amore924.

Lo indirizza ad una ricerca che giorno per giorno si rinnova, sprigionando una freschezza che sfida il tempo e la morte.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 143-145)

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