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La novità dell'amore

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 150-154)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

10.5 La novità dell'amore

La novità che si può apprezzare nel Cantico, rispetto al movimento della creazione e alla Genesi, è che il Dio nascosto ed inaccessibile, vi figura come l'amante, l'innamorato, alla ricerca della sua sposa.

Si coglie qui un'inversione radicale. Ed è la stessa che si coglie nell’amore. Anche questo, infatti, è inversione, in particolare, inversione di quel sostare presso di sé, che è, in fondo, il marchio dell'effimero. Il peccato non sta, infatti, tanto o soltanto nell'amare se stessi più di Dio, quanto soprattutto nell'aggrapparsi ad un passato che corre il rischio sempre di ridursi a "essenza muta" a "silenziosità perennemente immota"968. Ci si attacca all'attimo

cercando di trattenerlo fra le mani, ma esso sfugge. Ci si attacca al passato, ma esso si trasforma in un feticcio. L'amore invece proietta verso il futuro, che trascende le nostre pigrizie e avidità.

primario è tipicamente nuziale, nella Bibbia è usato anche in senso tecnico per indicare il "Santissimo" del tempio, cioè la cella interna ove aveva sede l'arca, il luogo dell'incontro tra Dio e, il suo popolo (vedi Cantico 1, 4).

963 N. Petrovich, Il rapporto tra amore verso Dio e amore verso il prossimo: una interpretazione nuziale. Riflessioni

in dialogo con Franz Rosenzweig, in Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 11 (2009) [inserito il 5 luglio 2009], disponibile su World Wide Web: http://mondodomani.org/dialegesthai/. Sull'argomento si confrontino anche G. Barbiero, Il Cantico dei cantici, Edizioni Paoline, Milano 2004 e G. Ravasi, Il Cantico dei cantici. Commento e attualizzazione, Dehoniane, Bologna 1992.

964 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 207. 965 Ivi, pag. 204.

966 Ivi, pag. 205.

967 N. Petrovich, La voce dell'amore, cit., pag. 196.

L'amante – scrive Rosenzweig - “strappa il suo amore dal tronco del suo sé”, simile ad albero che “si libera dai suoi rami e ogni ramo si distacca dal tronco e non ne sa più

nulla”969. “Nell’amante l’uomo muore”970, perché deve abbandonare le proprie sicurezze e le

proprie ritrosie, offrendosi all’altro nella propria vulnerabilità (da qui il pudore, che caratterizza l’amata del Cantico). L'amore è, quindi, qualcosa di infinitamente esposto e di strutturalmente inerme. Ma, del pari, nell’amore l’amante risorge perché si stabilisce in una nuova dimensione, più elevata, in quanto agostinianamente dilata l’animo, lo fa più grande.

Da un punto di vista temporale, “l’amore conosce unicamente il presente, vive del presente

e ardentemente desidera il presente”971, ma dal presente aspira all'eternità. L'amore è

“piantato nell'attimo della sua origine” come qualcosa di assolutamente nuovo che “deve

negare tutti gli altri attimi” e “la totalità della vita”, che “deve rinnovarsi ad ogni istante”

per essere fedele a se stesso. “Solo mediante questa sua compiuta totalità in ogni istante

l'amore può cogliere un tutto di vita creata”. Ma questa totalità non lo definisce, come il tutto

logico della filosofia, non lo determina, non lo chiude nelle maglie del già stato. Esso apprende (ma sarebbe anche giusto dire rivela) il suo significato ultimo “con un senso sempre

nuovo”, “in un processo che, cominciando nuovamente ogni giorno, non ha mai la necessità di giungere alla fine”. Infatti, “ogni giorno l'amore ama ancor di più ciò ch'é oggetto d'amore” e “questo continuo incremento é la forma” della sua stabilità. Se, infatti, può

mantenere una sua stabilità e fedeltà, questa è nell'instabilità e nell'infedeltà a se stesso e ad ogni tentativo di stabilizzarsi, di sostare. Per essere stabile, deve essere sempre nuovo, vivendo nell'instabilità. Né l'amore è un'essenza o un attributo. L'amante “non é un uomo che

ama”, quasi che il fatto che egli ami sia “una più precisa determinazione del soggetto uomo”.

“L'amore é invece una momentanea autotrasmutazione, un'autonegazione dell'uomo; ogni

volta che ama, infatti, egli non é più altro se non un amante: 1'io, che in ogni altro caso sarebbe supporto agli attributi, nell'amore, nell'attimo dell'amore, é scomparso senza residui: nell'amante l'uomo muore e nell'amante nuovamente risorge”972.

L'amore vive, quindi, in un oggi vittorioso, non nell'ieri e dell'ieri e neanche del domani. Perciò, “ricusa di farsi un'effigie dell'amante, l'effigie farebbe sì che il volto vivo si

irrigidisse in un viso morto. (…) l'amore stesso non sa se mai amerà, anzi neppure sa se ha mai amato. Gli é sufficiente sapere una cosa sola: che ama”973. Esso “é un cominciare- sempre-daccapo”, che “ritorna incessantemente ad erompere”974, traboccando oltre ogni

schema e presupposizione975. Pertanto, per sua stessa natura, l’amore deve essere

sorprendente (“se fosse possibile indicarlo prima non sarebbe più atto d'amore”...976),

libero ed imprevedibile977.

Nell’amore si va a situare, quindi, la libertà autentica dell’uomo, dal momento che questi non si costituisce nell’isolamento e nell’autonomia, ma nella relazione. Di fronte all’amante l'amata si trova nella coscienza di una “riverenza umile-orgogliosa, al tempo stesso

969 Ivi, pag. 167. 970 Ivi, pag. 168. 971 Ivi, pag. 161.

972 Ivi, pag. 167-68. “L'amore si accresce perché vuole essere sempre nuovo, e vuole essere sempre nuovo per

poter essere stabile; ma può essere stabile soltanto vivendo totalmente entro l'instabilità, nell'istante ”.

973 Ivi, pag. 169.

974 Ivi, pag. 223.

975 “...egli propriamente sente soltanto, dentro di sé, la spinta traboccante dell'atto d'amore”. Ivi, pag. 244. L'immagine del traboccamento rimanda ad una realtà di pienezza e non di privazione, nel senso dell’amore platonico.

976 Ivi, pag. 224. 977 Ivi, pag. 225.

sentimento di dipendenza e certezza di essere al sicuro, di trovar rifugio nelle eterne braccia”978. Quanto all’amato, egli “ si sa sorretto dall'amore dell'amante e si sa al sicuro”.

“Il suo esser-amato é l'aria in cui vive” 979. Accoglie, quindi, il dono d’amore,

corrispondendogli con la sua fedeltà.

Al fondo, l'amore è un miracolo che affonda le sue radici nella libertà. Si dà, infatti, “un

primo atto, un’iniziativa non necessitata che affonda le radici nella libertà e che muove verso un dono connotato dall’assoluta gratuità”980. Pertanto, orienta le scelte, ma non le determina.

La sua assoluta novità si oppone, infatti, ad ogni forma di ripetitività, di immobile identicità. Lo conferma anche il titolo del secondo libro della seconda parte della Stella: La rivelazione o

la nascita incessantemente rinnovata dell’anima. 10.6 Il singolare assoluto

Il segreto dell'amore, che lo distingue da ogni possibile prescrizione, è che esso preserva la

singolarità, amandola in quanto tale, intenerendosi per la sua strutturale debolezza. La Sulamita

del Cantico dei Cantici “ha scordato ogni vergogna”, ogni ritrosia che origini da una soggettività esclusiva, e “ha trovato pace negli occhi di lui”. Al punto in cui è arrivata ella sente che “è sua e lo stesso sa di lui”. “Egli è mio” - dice in cuor suo. “In questo felice ‘mio’, in

questo singolare assoluto, si adempie per lei ciò che, così impaurita, insisteva ad implorare dalle compagne di giochi: di non destare il suo amore prima che fosse desta lei stessa; il suo amore non dev'essere un caso di amore, un caso nella pluralità dei casi d'amore, che altri quindi potrebbero conoscere e determinare. Dev'essere il suo amore, l'amore esclusivamente suo, non risvegliato dall'esterno, ma destatosi esclusivamente nel suo intimo. E così é avvenuto. Ora ella é sua”981.

L'amore eleva, quindi, il singolare, anzi il singolare assoluto, a fronte di ogni generalità, di ogni totalità, cogliendo l’altro nella sua intrascendibile particolarità. “ Nel legame

amoroso, in modo del tutto speciale, l'amante non sopporta che il suo amore sia considerato uno tra gli innumerevoli casi di amore, ma deve essere il suo amore, l'unico caso irripetibile di tutto l'universo: "Tu e nessun altra"”982. Perciò, le identità non “affogano in un'unità indistinta”983, ma conservano la loro unicità irripetibile. Scrive Rosenzweig:

“Soltanto un io, e nessun ille, può pronunciare l'imperativo dell'amore, il quale deve

sempre suonare: amami”984. Il comandamento dell’amore va sempre da un io concreto ad un

978 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 173.

979 Ivi, pag. 174. Per Rosenzweig “il corrispondere dell'amore all'amore é questo: la fede dell'amata nell'amante.

La fede dell'anima attesta, nella sua fedeltà, l'amore di Dio e gli conferisce un durevole essere. «Se voi mi date testimonianza, allora io sono Dio, e altrimenti no», così il maestro della cabbala fa dire al Dio dell'amore. L'amante che nell'amore si abbandona all'altro viene nuovamente creato nella fedeltà dell'amata, e questa volta per sempre. Questo «per l'eternità» che l'anima avverte dentro di sé, nel suo primo essere investita dell'amore dell'amante, non é illusione, non rimane confinato al suo intimo, si dimostra invece una forza viva, creatrice, poiché é lui a strappare all'attimo l'amore dell'amante e, una volta per tutte, a renderlo eterno. Nell'amore di Dio l'anima é tranquilla come un bimbo tra le braccia della madre e, così, che essa si trovi sul più lontano mare o alle soglie della tomba, é sempre con Lui”. Ivi, pag. 175-76.

980 N. Petrovich., La voce dell’amore, cit., pag. 178.

981 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 209-10.

982 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 119.

983 S. Zucal, Lineamenti del pensiero dialogico, cit., pag. 32.

984 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 183. Il modo imperativo indica che “la modalità propria con

cui l'amore si esprime non è quella della dichiarazione, della spiegazione o della domanda, ma è quella dell'imperativo, dell'ingiunzione perentoria, dell'appello categorico” N. Petrovich, La voce dell’amore etc., cit., pag. 130. Tutto il Cantico è attraversato da “uno scroscio di imperativi s'abbatte vivificante su questo prato sempreverde

tu concreto. Questi trascende le determinazioni del soggetto, ciò che posso pensare o immaginare, ciò che posso volere o credere e “non è mai a completa disposizione del

soggetto”985. Il Tu dell'amore è soggettività libera e richiede di essere rispettato nella sua

libertà.

L’amore è, pertanto, “un’unità che non è una sintesi”986. Per Hegel l'unità è sintesi in cui

i distinti confluiscono smarrendo la loro particolarità. Per Rosenzweig, l'amore dimostra che può esserci unità che conserva proprio le particolarità, che le custodisce come ciò che più di tutto conta. Nell'essere amata, quindi, per se stessa la persona si esalta, dimostrandosi nella sua concretezza qualcosa di infinitamente superiore rispetto al pensato e all'immaginabile.

Alla luce della relazione d'amore Rosenzweig, quindi, anche la verità987. All’inizio della

conoscenza non c’è una domanda circa l’essenza o, detto in altri termini, circa il che cosa,

ma “una domanda che cerca una relazione d’amore personale con l’altro”988. Ciò che da

ultimo dà senso non è, quindi, il sapere per che cosa si vive, quanto il per chi si vive. “L’innamorato che corteggia la sua amata non ragiona in termini di essenza, non va in cerca

di una determinazione razionale del suo amore, ma vive, corteggia, ama”989. L'amore non

presume di sapere, non si pone in terza persona, ma “crede eo ipso”, si pone nella confidenza

personale, potremmo dire in termini ebneriani tra io e tu990.

Il problema della verità si pone, quindi, non sul piano dell'universale, ma del singolare, non sul piano del concettuale, ma del fattuale, non sul piano dell'atemporale, ma dell'eventuale ed

attuale991. La verità è esodo dalle proprie certezze e sicurezze, incamminamento verso un Altro

che ha il volto di un chi. “Ordine più elevato del conoscere. Ordine che, nel risuonare d'una

vocazione, tocca l'umano nella sua individualità ancora stereotipata nella generalità del genere, ma già risvegliata all'unicità dell'io, all'unicità logicamente indiscernibile, nella responsabilità per l'altro uomo, irrecusabile come un'elezione e portatrice d'amore, dove l'altro, dove l'amato, é per l'io unico al mondo. Da unicità a unicità, dall'uno all'altro, fuori da ogni parentela, l'una più estranea all'altra di ogni esteriorità, che già, nell'oggettività, si rifiuta di riconoscersi immanente, ma donde scaturisce tutto il legame «logicamente» nuovo, inaudito, della prossimità sociale, meraviglia di un pensiero migliore del sapere”992. L'amore

nella sua fattualità evidenzia l'insufficienza della pretesa di comprensione razionalistica della realtà. “Proprio per questo non si può dire in anticipo in che consista questo atto in ogni

singolo caso; deve essere sorprendente, se fosse possibile indicarlo prima non sarebbe più atto d'amore”993. Si può imparare il valore dell'amore solo dentro l'esperienza vissuta

dell'essere amati e dell'amare. E come è dell'amore, così è della verità.

che è il presente”: “attirami!”, “aprimi!”, “vieni!”, “levati!”, “affrettati!”. F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 209.

985 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 81. Sull’argomento vedi anche: F. Camera, L’ermeneutica tra

Heidegger e Lévinas, Morcelliana, Brescia 2001, pag. 176-77.

986 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 83.

987 B. Casper, Ereignis. Bemerkung zu Franz Rosenzweig und Martin Heidegger, in J. Mattern – G. Motzkin – S.

Sandbank, Jüdisches Denken in einer Welt ohne Gott, Verlag Vorwerk 8, Berlin 2000, pag. 70.

988 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 188-89.

989 Vedi F. Rosenzweig, Das Büchlein vom gesunden und kranken Menschenverstand, Jüdischer Verlag, Athenäum

1964, tad. It. A cura di G. Botola, Dell’intelletto sano e malato, Rovereto editore, Trento 1987, pag. 39.

990 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 364 .

991 Vedi D. Toti, Franz Rosenzweig. Possibilità di una fondazione della nuova filosofia della storia, Editrice

Pontificia Università Gregoriana, Roma 2000.

992 E. Lévinas, Fuori dal soggetto, cit., pag. 6-7.

993 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 224. Per N. Petrovich, siamo ad una “riformulazione della

nozione di verità alla luce della dimensione agapica”, che coincide con la presa di distanza dalla filosofia classica. Vedi La voce dell'amore, cit., pag. 355.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 150-154)

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