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I risvolti etici del parlare: verso una verità dialogica

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 122-124)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

9.5 I risvolti etici del parlare: verso una verità dialogica

Secondo Ebner, ciò che differenzia il linguaggio dal pensiero è l'apertura relazionale che si riscontra alla sua radice. Laddove, infatti, il pensiero si fonda sulle elucubrazioni solitarie dell'io, il linguaggio si trova implicato fin dall'inizio nella relazione Io-Tu. “Come alla base di

tutti i pensieri si trova (...) l'Io, così alla base della loro espressione verbale (...) si trova la relazione dell'Io con il Tu”766.

Il pensiero non si rivolge e non si svolge. Tiene un monologo767, i cui termini sono quelli

della logica. Pertanto, si chiude in un'identità escludente non solo ogni differenza, ma anche ogni novità. Infatti, come osserva Lévinas, il pensare è il dispiegarsi di una medesimezza: “Non

ricevere nulla da Altri se non ciò che è in me, come se, da sempre, io possedessi ciò che mi viene dal di fuori. Non ricevere nulla o essere libero. La libertà non assomiglia alla capricciosa spontaneità del libero arbitrio. Il suo senso ultimo dipende da questa permanenza nel Medesimo, che è Ragione. La conoscenza è il dispiegarsi di questa identità”768.

760 Ivi, pag. 111-12. 761 Ivi, pag. 129. 762 Ivi, pag. 151. 763 Ivi, pag. 149-50.

764 “Quindi, mentre l'idealismo, sentendo di dover sciogliere l'enigma del mondo proprio qui, per

così dire «sul posto» (...) deve porre ad ogni costo in un rapporto razionale gli elementi mondo e sapere, soggetto ed oggetto, ed é perciò costretto a rimanere fermo ai simboli matematici, noi invece siamo qui liberi da tali simboli”. Ivi, pag. 143.

765 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme etc., cit., pag. 177. 766F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 174.

767 “La ragione impersonale che parla alla prima persona, che non si rivolge all'Altro, tiene un monologo”. E. Lévinas, Totalità e Infinito, cit. pag. 70.

768 Ivi, pag. 41. In un passo successivo Lévinas precisa: “Lo chiamiamo Medesimo perché nella rappresentazione l'io perde appunto la sua opposizione al proprio oggetto; essa si annulla per far risaltare l'identità dell'io malgrado la

Ogni discorso sul linguaggio deve, invece, prendere le mosse da un fatto elementare: i n ogni proposizione, in ogni discorso, è fin dall'inizio “posta quella relazione di chi parla

con colui a cui si parla, che conviene all'essenza della parola”. E' questa relazione che ne

illumina la funzione, perché la parola si rivela essere “posizione della relazione tra l'io e il

tu”769, oltre ogni riduzione alla mera funzione segnica. Il linguaggio, infatti, accade estendendosi fra l'Io e Tu770 e la parola è “termine di quell'accadimento che interrompe l'identità chiusa dell'io”771. “Sigillo dell'esperienza dell'esteriorità e, quindi, della realtà, il linguaggio indica l'«espropriazione» del mero pensiero per mezzo della parola”772, ovverosia,

nei termini di Rosenzweig, l'emersione dell'interiorità alla vita di superficie.

Per comprenderlo – osserva Ebner - “occorre lasciarci richiamare alla situazione concreta

nella quale noi siamo dati a noi stessi e cioé in quella situazione in cui Io e Tu sono presenti nella concreta autoattuazione”773, quando locutore e uditore sono rivolti l'uno verso l'altro e si

parlano774. Si coglie allora l'inestricabile legame fra la relazione personale Io-Tu e la parola,

che sono dati nel linguaggio come forma e contenuto, dove il contenuto è la relazione775.

Il linguaggio, che porta ad espressione la relazionalità della persona e, in un senso più profondo, dell'essere stesso, sollevandola da ogni confinamento intimistico, non è, poi, successivo al pensiero. Come, infatti, il rapporto dell'Io con il Tu non è successivo ad un io

esistente “per sé nella propria solitudine”776, così il linguaggio non è successivo al pensiero.

Semmai, è vero il contrario, e cioè che il pensiero è direzionato alla parola. Lo dimostra il fatto che anche quando esso è formulato in modo lontano dal linguaggio corrente, come

avviene, ad esempio, nelle scienze oggettive, sottintende sempre quale suo fine l'espressione777.

Il pensiero è sempre in cerca del linguaggio e, tramite il linguaggio, della relazione.

In linea con il riconoscimento della priorità del linguaggio vivo, attuale, sul pensiero astraente, Ebner e i dialogici non ricercano tanto una verità universalmente valida, assoluta, quanto una verità accertabile in un rapporto personale, verificabile nella parola. La verità parla attraverso la parola dell'uomo. Essa non può, quindi, essere una costruzione solitaria del

soggetto778. Nello stesso tempo la parola rivela, porta ad espressione il nascosto. Pertanto,

comprendere significa riferirsi ad una verità relazionale, e non relativa, i cui segni sono come impressi nella parola attuantesi fra l'io e il tu.

Nella dinamica interpersonale non sono solo le idee dell'altro a spingere il mio interesse, ma è l'altro stesso. Il pensiero essere autoreferenziale, il linguaggio mai, perché esso non è mai

molteplicità dei suoi oggetti, cioè appunto il carattere inalterabile dell’io”. Ivi, pag. 127.

769 F. Ebner, Schriften, vol II, cit., pag. 298-99.

770 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 144. “La parola viva è dialogo e non monologo; essa rende

obbiettivamente percepibili l'essere e il senso dell'Io come del Tu, cioè delle realtà spirituali; essa è la luce in cui queste realtà divengono visibili, il fatto in cui esse sono obbiettivamente poste per la coscienza” Zum Problem der Sprache und des Wortes, in Schriften, cit., vol. I, pag. 645.

771 Vedi P. Mancinelli, Rosenzweig e la questione dell'essere: pensare l'inizio in una terra altra , in

Dialegesthai Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 6 (2004) [inserito il 30 maggio 2004].

772 Vedi B. Casper, Indigenza dell'Altro ed esperienza di Dio etc., in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 34. 773 A. K. Wucherer-Huldenfeld, Il pensiero fondamentale di Ferdinand Ebner, cit., pag. 29.

774 Vedi F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 137-38. 775 Ivi, pag. 146.

776 Ivi, pag. 150.

777 “La loro espressione verbale (riferito ai pensieri oggettivi) ha innanzitutto il senso di metterli in contatto con il

pensare degli altri”, per “parlare allo spirituale nell'altro uomo”. Ivi, pag. 176. Le riflessioni ebneriane qui riportate evidenziano una stupefacente consonanza con il secondo Wittgenstein, quello delle Ricerche filosofiche. In particolare, si pensi alla critica alla possibilità di un linguaggio privato espressa in Ricerche filosofiche, tr. it. R. Piovesan e M. Trinchero, Einaudi, Torino 1983, vol. I, pag. 202.

778 “Con il fatto di pensarsi l'Io non esce dal suo solipsismo (...), nell'esprimersi e divenir parola si muove fuori

da tale solitudine verso il Tu e diviene vero in un senso più profondo” F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 254.

avulso dalla dinamica che coinvolge i parlanti, dinamica in cui la comprensione si pone prioritariamente come comprensione dell'altro e solo secondariamente come di ciò che l'altro dice.

Ciò comporta che, per i dialogici, la verità ha una rilevanza etica. Essa non può essere formulata astraendo dalla responsabilità del soggetto. Il linguaggio autentico, infatti, non accade malgrado me o attraverso me, non mi sovrasta. In tal senso, si può dire che la verità

implica un coinvolgimento in prima persona, un agostiniano "verum facere se ipsum"779.

Proprio in quanto il processo veritativo è strutturalmente legato al parlare e il parlare è, sempre, parlare a qualcuno, la verità non è formulabile o esperibile in senso intimistico. Come l'etica, in ultima istanza, la verità è eteronoma. Il parlare si riconnette a quel moto originario che spinge l'io in direzione del Tu, “in una dinamica motivazionale in cui parola e

ascolto diventano i momenti correlativi dello svolgersi della stessa umanità dell'uomo ”780.

La verità contenuta in esso non può, quindi, ssere avulsa dall'altro o, peggio ancora, impersonale, ma che è immediatamente tuale.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 122-124)

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