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Il contesto teoretico e storico del pensiero dialogico

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 39-42)

Il contesto teoretico da cui muove il pensiero dialogico appare senz'altro influenzato dal nichilismo di Nietzsche, che aveva configurato la posizione attuale verso la filosofia come segnata da un’assoluta assenza di verità: “La novità nella nostra attuale posizione verso la

filosofia è una convinzione che finora non fu propria di nessuna epoca: che cioè non possediamo la verità”247.

243 Ivi, pag. 283. 244 Ivi, pag. 284.

245 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 5.

246Accade qui qualcosa di simile a quello che interviene nella misura poetica di Ungaretti, che al fronte scopre la parola essenziale, capace di stabilire un rapporto fra l’uomo e le cose, la parola evocativa ed il suo senso analogico. “Il poeta constata che non ha più certezze o miti da proporre col canto a gola spiegata, oratorio e parenetico, ma può solo salvare qualche relitto da un naufragio, può solo offrire qualche storta sillaba e secca. (…) La scoperta della precarietà della condizione umana in tale situazione comporta – quindi - il ripudio di ogni esperienza metrica precedente” S. Guglielmino, Guida al Novecento, Principato editore, Milano 1971, pag. 214.217 Con riferimento a “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” G. Ungaretti, Allegria di naufragi, in L'allegria. Vita d'un uomo. Tutte le poesie, Mondadori, 2005.

Tale valutazione non rimanda solo ad una posizione teoretica contrassegnata dalla mancanza di fondamento, ma anche, e soprattutto, ad una condizione morale di caduta valoriale, di assenza di punti di riferimento. Questo è il significato fondamentale che è dietro l'annuncio della morte di Dio contenuto nella Gaia scienza. La condizione dell'uomo vi viene determinata come situazione di vertigine, di vuoto, in cui il precipitare non è solo senza fine (eterno

precipitare), ma anche senza direzione: “Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste allora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto”248.

L’epoca del nichilismo compiuto evidenzia, quindi, una sorta di estremo disincanto: “… che

non ci si dia una verità; che non ci sia una costituzione assoluta delle cose, una cosa in sé; - ciò stesso è un nichilismo, è anzi nichilismo estremo”249. Siamo alla fine della parabola

culturale dell'Occidente, al tramonto di un mondo. La meraviglia primigenia, da cui aveva avuto corso, secondo Aristotele, la filosofia e che non aveva mai smesso di animarne e motivarne la ricerca, è venuta definitivamente meno. La domanda non si pone, pertanto, a partire dalla meraviglia di fronte all’essere (come in Aristotele), ma dal timore di fronte al

nulla della morte, timore che per Rosenzweig rappresenta il punto di inizio della ricerca

filosofica.

Ma c’è di più, perché il tramonto di ogni certezza assesta un colpo letale anche all’io e alla sua presunta autotrasparenza. Nietzsche scopre alla base della ragione non la verità, ma una

volontà che falsifica o verifica le certezze in funzione del soggetto, una volontà che prevarica.

Il conoscere dei filosofi non risponde, quindi, a volontà di verità, ma a volontà di potenza250. E

questo è un tema che trova in Ebner feconda applicazione, nel momento in cui lo svolge per smascherare non solo le false pretese della filosofia, ma anche quelle del pensare oggettivo.

Tuttavia, a marcare l'uscita dei dialogici dal mondo delle certezze, dai saperi onnicomprensivi e dalle ideologie risolutive, non sono tanto le letture o le atmosfere culturali, quanto gli avvenimenti tragici della guerra. La guerra li pone a confronto diretto con il fallimento della storia e con la storia dei fallimenti delle molteplici visioni ideali. La deposizione del cogito e l'impossibilità del sistema sono dati teoretici cronologicamente precedenti, ma essi finiscono per coincidere con l'ecatombe della prima guerra mondiale, di cui Ebner e Rosenzweig si trovano ad essere, loro malgrado, testimoni. “ Questo idealismo – annota F. Ebner – che, pieno di fiducioso ottimismo, vede dispiegarsi nell'intero del movimento della

storia universale, l'interiorità autosussistente, non ha veramente molto da affermare e fu radicalmente condotto ad absurdum – come ben sappiamo noi che abbiamo vissuto gli anni fra il 1914 e il 1919 – proprio dall'intero del movimento della storia mondiale”251. La bancarotta 247

F. Nietzsche, Opere, trad. it. di G. Colli e M. Montinari, vol. V,1, Aurora e Frammenti postumi 1879-1881, Adelphi, Milano 1964, Frammento 3, pag. 306-307.

248 F. Nietzsche, La gaia scienza, trad. it. Di F. Masini, Adelphi, Milano 1977, pag. 150-51. 249

F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-88, in Opere complete, trad. it. di S. Giametta, vol. VIII, tomo II, Adelphi, Milano 1971, pag. 14. Così Vattimo si esprime a riguardo: “Dato che non vi è più una verità o un Grund che li possa

smentire o falsificare, giacché, come dirà Il crepuscolo degli idoli, il mondo vero è divenuto favola e con esso però si è dissolto anche il mondo apparente -tutti questi errori sono piuttosto delle erranze o degli erramenti, il divenire di formazioni spirituali la cui sola regola è una certa continuità storica, senza alcun rapporto a una qualche verità fondamentale”. G. Vattimo, La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica nella cultura postmoderna, Milano

1985, 177-78.

250

F. Nietzsche, Al di là del bene e del male, in Opere complete, trad. it. di F. Masini, Adelphi, Milano 1990, pag. 186. Dietro la verità c’è la volontà che pretende di soggiogare l’esistente: “La verità non è (…) qualcosa che esiste e

che sia da trovare, da scoprire, - ma qualcosa che è da creare e che dà il nome a un processo, anzi a una volontà di soggiogamento, che di per sé non ha mai fine”. F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-88, cit., pag. 43. Il vero

risponde all'istinto di conservazione: “L’istinto della verità è una potenza intesa alla conservazione della vita”. F. Nietzsche, La gaia scienza, cit., pag. 140.

culturale e politica dell'Europa travolge “tutte le sfere vitali”252. “Tutti i valori della vita, della natura e dello spirito vengono contraffatti”253.

Qui la situazione personale, segnata fortemente dal fallimento, si salda con quella storica, segnata dal crollo simultaneo di tutti i valori. Ebner, che, esonerato dal servizio militare per le precarie condizioni di salute, fa esperienza della guerra in Croce Rossa, vi legge la devastazione morale e la vacuità di ogni cultura o progresso. Si rivolge, allora, all'uomo e ai

valori essenziali, spirituali, non riconducibili alle evasioni di tipo estetico254 “Non si deve

andare molto a fondo per cercare la vera radice della presente guerra? - annota l'11

settembre del 1917 - Che cosa sono i problemi politici ed economici. Si trovano solo in

superficie, sullo strato piú esterno degli avvenimenti umani? Quella radice non é forse da ricercare nella profonditá dell'esistenza umana, in cui il suo legame con la terra viene a contatto con l'imperativo del significato spirituale che si trova in essa? ”255. Contestualmente

matura la sua conversione al cattolicesimo256, che, preparata dalle letture kierkegaardiane e

dalle riflessioni sul vangelo di Giovanni, arriva a compimento in quegli anni di sofferenza e di guerra.

D'altra parte, la domanda di senso, che emerge in mezzo alla tragedia della guerra, è così forte da richiedere risposte non teoriche, ma vissute e testimoniate. Ne è convinto anche il sottufficiale sul fronte di Macedonia Franz Rosenzweig, che inizia a scrivere il suo capolavoro (La stella della redenzione) “in letti d'ospedale, durante marce nella foresta, su cartoline

postali militari”. Pertanto, non è senza fondamento affermare che esso è “un libro di guerra, la protesta di una persona che non vuole morire, che rifiuta lo scandalo della morte”257.

252P. Ricci Sindoni, «Le stagioni della vita e il dolore del tempo» Ferdinand Ebner e Simone Weil, in Ferdinand

Ebner, (numero speciale della rivista) Communio, n. 175-176 gennaio-aprile 2001, Jaca Book, Milano 2001, pag. 168.

253 F. Ebner, Versuch eines Ausblicks in d i e Z u k u n f t , i n S c h r i f t e n , v o l I , c i t . , p a g g . 7 1 9 - 9 0 8 . 254 Vedi F. Ebner, Notizen, Tagebücher, Lebenserinnerungen, in Schriften, vol. II, cit., pag. 363. La nota è del 28

marzo 1918.

255 Vedi F. Ebner, Notizen, Tagebücher, Lebenserinnerungen, in Schriften, vol. II, cit., pag. 412.

256 Lo stesso Ebner precisa che conversione coinvolge il nucleo stesso dello spirito, mentre trasformazione solo la

buccia, e cioè un ambito rappresentativo-razionale, non spirituale. Vedi F. Ebner, Notizen, Tagebücher, Lebenserinnerungen, in Schriften, vol. II, cit., pag. 174. La nota è del 5 ottobre 1918. Sull'argomento vedi S. Zucal, Ferdinand Ebner. La «nostalgia» della parola, Morcelliana, Brescia 1999, pagg. 28-32.

257S. Malka, Leggere Rosenzweig, cit., pag. 23. Sull’influenza dell’esperienza della guerra nella stesura della Stella

hanno insistito: Z. Tordal, Der Stern der Erlösung in der assimilation, in Aa. Vv., Der Philosoph Franz Rosenzaeig, cit., vol. I., cit. Pag. 484 e R. Munz, «Obs nach dem Krieg schön zu leben sein wird?». Franz Rosenzweig und Ludwig Wittgensteins Schreiben im Ersten Weltkrieg, in «Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie», XLV (1998), Heft 3, p. 492. S. Mosès, in particolare, scrive: “E' proprio lo shock della guerra che condurrà Rosenzweig al divorzio più profondo, il più radicalmente tematizzato, con l'insieme della civiltà occidentale. Ai suoi occhi, ciò che la guerra rimette in questione è l'intera tradizione filosofica dalla Jonia a Jena, fondata sul primato del logos...” La storia e il suo angelo, Rosenzweig, Benjamin, Scholem, Anabasi, Milano 1993, pag. 39. Molti interpreti invece negano questa influenza. Si vedano, a tal proposito: M. S u s m a n , Franz Rosenzweig, e E. S i m o n , Versuch über Rosenzweig, entrambi in Aa. Vv., Franz Rosenzweig. Ein Buch des Gedenkens, hrsg. Von Soncino-Gesellschaft, Berlin 1930. Questa tesi è formulata sulla base della testimonianza di alcuni conoscenti di Rosenzweig. Un riscontro se ne ha in una lettera a Hans Ehrenburg, in cui Rosenzweig dice che la guerra non ha comportato fratture nella sua vita interiore. Vedi Der Mensch und sein Werk. Gesammelte Schriften, vol. I Briefe und Tagebücher, cit., 1, pag. 242. Il carteggio dal fronte è invece stato analizzato da R. Mayer, Zur Entstehungegeschichte des Stern der Erlösung, in M. Brasser, Rosenzweig als Leser: Kontextuelle Kommentare zum 'Stern der Erlösung, Max Niemeyer Verlag, Tübingen 2004, pag. 53-69, per rinvenirvi l'origine dell'idea della Stella.

Al fronte il nulla perde, per Rosenzweig, i caratteri di astrattezza concettuale, che aveva nella filosofia idealistica hegeliana258, per assumere connotati reali, drammatici, tragici259.

Non è più il nihil negativum, impersonale, universale, logico, ma parte dell'esperienza concreta della transitorietà, che si ripete nelle singole esistenze e nelle mille morti reali. “Nell'oscuro retroscena del mondo si annidano, come suo inesausto presupposto, mille

morti ed invece di un unico nulla, che sarebbe realmente nulla, stanno mille nulla… ”. Ciò

significa che alla luce della fattualità il nulla si rivela più del suo concetto. Non è propriamente nulla, ma è qualcosa che contiene in sé una domanda e richiede una risposta. Osserva, quindi, Rosenzweig: “se la filosofia non volesse essere sorda al grido dell'umanità

impaurita, allora dovrebbe, e coscientemente dovrebbe, partire di qui, dal fatto che il nulla della morte é un qualcosa, e ogni nuovo nulla della morte é un nuovo qualcosa, sempre nuovamente tremendo, che non si può esorcizzare né con le parole né con il silenzio”260.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 39-42)

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