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L'uomo uditore della parola

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 128-131)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

9.8 L'uomo uditore della parola

808 "Nella rivelazione l'uomo perde quindi la sua "autognosia apriorica", la pretesa di comprendere se stesso

e Dio a partire dalle proprie forze intellettuali” per esperirsi “fondato su un evento che lo precede e che rende possibile il suo interrogarsi” N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 102. “L'indisponibilitá – continua l’autore - della rivelazione, che dipende solo dalla gratuita iniziativa di Dio, si presenta, per questa ragione, anche come appello alla conversione dalla tentazione della auto-comprensione e mostra che l'identitá dell'uomo non puó essere conquista dell'Io, ma viene svelata dentro una relazione che gli viene donata da un Altro”.Vedi anche Ivi, pag. 327.

809 Ivi, pag. 174.

810 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 112.

811 B. Casper, Indigenza dell'Altro ed esperienza di Dio. L'importanza dell'opera di Ferdinand Ebner per la filosofia

della religione e la teologia, in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 40. Il termine emunah (derivante dal verbo 'mn da cui Amen), che indica la fede ebraica, significa "aderire a", "essere fedeli a", sottintende che il credere è ex auditu, e cioè un rispondere dell'uomo al rivelarsi di Dio. Vedi P. Mancinelli, Pensare altrove.

Rivelazione e linguaggio in Franz Rosenzweig, QuattroVenti, Urbino 2006, pag. 169-70.

812 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme etc., cit., pag. 101-02. 813 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 113.

Il linguaggio traccia, secondo Ebner, la strada dell'umano, per cui l'uomo è, prima ancora

che un pensante, un parlante, che diventa consapevole dalla parola e nella parola814. Ma

seppure il linguaggio è cosa umana, anzi, il sigillo dell'umanità nell'uomo, come scrive

Rosenzweig, ciò non vuol dire che esso si riduca all'umano815. Allo stesso modo la parola è

sì “il «veicolo»”, “il mezzo di movimento”, “mediante cui l'Io nell'uomo si muove verso il

Tu”816, ma essa eccede ciò che è posto dall'io.

Per Ebner, quindi, l'uomo è un parlante, ma essere un parlante significa non essere

all'inizio, non essere l'inizio. La sua non inizialità sta nel fatto che la lingua precede il

parlante che vi entra e la abita. Questo non solo nel senso che essa rappresenta una sorta di dimora, che struttura lo stesso pensiero attraverso i riferimenti culturali e le tradizioni che la innervano, ma anche nel senso che la parola trascende il parlante.

Ogni parlare nasce da un ascolto, da una passività attenta ma silenziosa e si inserisce in un discorso che non inizia dal parlante stesso. Ne viene che occorre inquadrare la nuova determinazione dell'uomo quale parlante nel contesto di un parlare, in cui egli è preceduto, anticipato. Scrive Ebner: “Poiché Dio gli ha parlato in tale maniera e mediante la

parola con la sua origine divina ha posto in lui l'Io, creandolo nella sua relazione con il Tu...”8 1 7. E' “l'essere appellati e chiamati a rispondere in prima persona” ciò che fa

dell'uomo l'essente capace di parlare818. Quindi, prima ancora di essere un parlante, l'uomo è

un appellato o, come recita un'altra famosa definizione ebneriana, un “uditore della parola”819.

Essere un appellato significa essere un risvegliato dal torpore della ripetitività, smosso in dentro820, perché la parola è capace di “muovere l'animo e di scuotere lo spirito”821. La

parola, rispondendo ad un bisogno profondo, libera l'uomo “dalla sua prigionia spirituale che

lo condanna alla morte dello spirito”822. L'uomo ha il senso della parola e questo lo istruisce

ad andarle incontro. E' – scrive Ebner - “un andare-incontro-alla-parola. E la parola a sua

volta - nell'attualità del suo venir detta - é qualcosa (oggettivamente un suono) che ha il suo senso, che si fa incontro allo spirituale nell'uomo e al suo bisogno di un senso”823.

Ebner, quindi, “non si limita al mero riferimento ad un linguaggio che eccede le

possibilitá sia mie che tue e che funge, pertanto, quale fondamento del nostro parlare

814 Vedi S. Zucal, Il miracolo della parola, cit., pag. 49.

815 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 113. “L'avere la parola non é giustificato nell'uomo né

dallo sviluppo naturale-biologico, né da duello socio culturale; rimanda a qualcosa che trascende l'uomo in quanto tale”. Ciò vuol dire che qualcuno ha parlato all'uomo, nel momento in cui lo poneva nell'essere, “e in tal modo l'uomo é stato primamente un tu; la sua determinazione prima é provenuta dall'ascolto della parola creante; l'aver udito la parola che lo ha fatto passare dal nulla all'esserci é rimasto come impronta di un sigillo. Cosí, come la prima volta, l'uomo si determina poi sempre, storicamente e quotidianamente, udendo la parola” E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 99. Ebner ha sviluppato questo pensiero giungendo a conclusioni che, per certi versi, ricordano l'occasionalismo: “Ció che si esprime nell'uomo, l'io, ha il suo fondamento spirituale nel suo poter essere interpellato, nel fatto che diventa tu: facitore della parola é l'uomo soltanto in quanto é stato prima uditore. Mentre la parola parla all'uomo, mentre lo rende un tu, egli diventa cosciente di se stesso, del suo io” F. Ebner, Schriften, cit., vol. II, pag. 302. L'avere la parola da parte dell'uomo deve essere letto, in ultima analisi, come un suo partecipare attualmente e direttamente della Parola creante, che è Dio stesso.

816 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 298. Vedi pure Ivi, pag. 211. 817 Ivi, pag. 156.

818 P. Plieger, Gadamer ed Ebner: uditori della parola, in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 160. 819 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 159.

820 “Per mezzo della parola l'animo dell'uomo viene mosso e lo spirituale che é in esso viene appellato e risvegliato” F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 208.

821 Ivi, pag. 208. La parola ha “una valenza che trascende l'uomo in quanto tale e ogni possibile causazione umana”. E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 151.

822 F. Ebner, Schriften, vol. II, pag. 241-42.

dialogico”, ma ne ricerca il basamento in una primordiale comunionalità824. La parola che ci

fa dire «io sono» e «tu sei» é, in ultima istanza, la parola di Dio “che ci chiama ad essere e a

cui ci rivolgiamo nella preghiera”, la forza che ci fa dire Tu a Dio e che in Lui ci immette

nella relazione giusta con gli altri tu825.

In tal caso, la parola si presenta come segno distintivo della spiritualità, come capace “di

«porre» la vita spirituale nell'uomo”826. Scrive Ebner: “Da dove l'uomo ha la parola? Essa rimanda al di lá di lui e della sua esistenza nel mondo. Cosa vuol dire che egli ha la parola? Da una parte che é in grado di discorrere, dall'altra che é in grado di ascoltare una conversazione come conversazione. Dio ha creato l'uomo non soltanto mediante la parola, lo ha creato nel momento in cui gli ha dato la parola; l'ha creato come un ente che ha nel suo esser cosciente un rapporto con colui che l'ha creato. In questo rapporto l'uomo ha la sua vita spirituale. In questo rapporto ha la luce della sua vita”827. La chiave per “soddisfare l'aspettativa esistenziale”828 dell'uomo non può che trovarsi qui. L'io è in cerca

del Tu, ma, intanto, lo è, in quanto in principio era la Parola, come Ebner rinviene dalla lettura del Prologo giovanneo. Che la Parola era in principio significa che l'essere è Parola, rivolgimento, appello. A partire da questo appello originario si dà una sorta di

“partecipazione concreativa”829, un vincolo spirituale che mette l'uomo nella condizione di

istituire mediante il linguaggio altri media, altre relazioni, di farsi cioè, da uditore, facitore

della parola830.

824 “Nella temporalitá del suo accadere, il linguaggio tra l'Altro e me é l'autentica esperienza primordiale, da cui Ebner prende le mosse” B. Casper, Indigenza dell'Altro ed esperienza di Dio etc., in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 34.

825 “...nella prospettiva di Ebner, tale spirito sia il «pneuma» santo che costituisce il legame tra le tre Persone

divine e, nel contempo, il rapportarsi dell'uomo a Dio nella sua realtá spirituale” . P. Plieger, Gadamer ed Ebner: uditori della parola, in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 163. Nella parola Ebner ha colto, volendo usare un'espressione di M. Buber “la stretta solidarietà che lega la relazione a Dio con la relazione all'altro uomo” (M. Buber, Io e Tu, in Il principio dialogico etc., cit., pag. 148). Anche in questo caso, per Buber, riscontriamo quella tendenza di fondo ebneriana per cui la relazione interumana si riconduce, quasi ad essere assorbita, nella relazione uomo-Dio.

826 F. Ebner, Frammenti pneumatologici, cit., pag. 224-25. “Tutta la vita spirituale in noi é determinata dalla parola e per suo tramite nuovamente rimandata a un rapporto con lo spirituale al di fuori di noi ” F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, Ivi., pag. 175. La parola ha, quindi, fondamentalmente un carattere pneumatologico. Vedi P. Plieger, Gadamer ed Ebner: uditori della parola, in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 160-61.

827 F. Ebner, Schriften etc.,cit. vol. II, pag. 298-99. Diversamente da Buber Ebner non ha sviluppato il tema

relazionale in direzione del mondo, nella fattispecie del rapporto tra la Parola e il mondo, ma, in compenso, “ha sondato in tutte le sue valenze il rapporto che intercorre tra la Parola e l'uomo” E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 133. Si tratta, quindi, di rimarcare la datità dell'uomo sotto il profilo linguistico. L'uomo è stato interpellato, prima ancora che potesse parlare, dire, rispondere, ma questa stessa datità dischiude all'uomo la possibilità “di essere persona appellata, ovvero di essere il tu” Ivi, pag. 146.

828 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 34.

829 S. Zucal, Ferdinand Ebner. La «nostalgia» della parola, Morcelliana, Brescia 1999, pag. 223.

830 In un'annotazione del 1 settembre 1921 Ebner offre un tracciato della sua pneumatologia in cui l'aver la parola risulta fondamentale: “ammesso che sia possibile un orientamento di pensiero oggettivo sulle realtá della vita spirituale, tre risultano essere le realtá fondamentali da cui lo si puó desumere. La prima é quella emersa ripetutamente come legata all'affacciarsi primo di una possibilitá di siffatto sapere: l'uomo natura parlante. Sarebbe compito della pneumatologia far rilevare il significato di «aver la parola» come espressione del rapporto dell'io nell'uomo al tu. La seconda é che nella coscienza dell'uomo il sapere riguardante Dio (Wissen um Gott) é un fattore costitutivo. La pneumatologia dovrebbe dimostrare che questa conoscenza di Dio si fonda su un particolare modo di essere che la coscienza umana rivela proprio in forza dell'essere l'uomo una natura parlante: la Duhaftigkeit della coscienza medesima. La terza é quella che consente di rintracciare l'influsso primario che il cristianesimo ha in questa umanissima ricerca ” F. Ebner, Schriften, vol. II, pag. 284.

Pertanto, l'apertura dialogica ai tu particolari presuppone l'apertura dialogica originaria al Dio-Tu. Cosicché la relazionalità dell'uomo è, per Ebner, innanzitutto, verticale, trascendente, e, solo successivamente, orizzontale, umana, altruistica. La parola – precisa il Nostro - “media

spiritualmente tra uomo e uomo”, ma prioritariamente, e più in profondità, media tra l'uomo e

Dio “tra lui e il fondamento spirituale della sua esistenza, fino al quale l'intelletto non riesce a

discendere”831. La Tuità della coscienza, il suo orientamento spirituale, é, quindi, parte

integrante “della misteriositá della parola”832.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 128-131)

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