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Rosenzweig e il nome proprio

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 85-87)

PARTE SECONDA In cerca del Tu

6.4 Rosenzweig e il nome proprio

Nel quadro della creazione, l'uomo è creatura come sono creature gli animali, gli alberi o le cose, ma lo è in un modo particolare e unico. In Dio che si appresta a crearlo si prefigura, infatti, una dimensione di dialogicità del tutto nuova. Scrive Rosenzweig: “All'io risponde

nell'intimo di Dio un tu. E il duplice risuonare di io e tu nel monologo di Dio durante la creazione dell'uomo. Ma come il tu non é un autentico tu, poiché rimane ancora confinato nell'intimo di Dio, così anche 1'io non é ancora un autentico io, poiché non gli si é ancora contrapposto alcun tu”. Creando l'uomo, Dio crea un tu che gli si contrappone, che gli si

pone davanti con la sua alterità. Dio non crea l'uomo nel monologo, restando, per così dire distante ed immodificato. Il suo io non resta indifferente nel momento in cui lo crea quale suo tu, ma si arricchisce di una relazione significativa, personale. Scrive Rosenzweig: “L"io' vero e proprio, non per sé ovvio e comprensibile, ma sottolineato ed accentuato, può

risuonare per la prima volta solo nella scoperta del `tu'. Ma dov'é un tale `tu' autonomo che stia libero di fronte al Dio nascosto e rispetto al quale egli possa scoprirsi come un `io'? Un mondo oggettivo c'é, c'é il `sé' chiuso in sé stesso, ma dove é un `tu'? Anzi, dov'é il `tu'? Così domanda anche Dio”530.

L'uomo è un tu, autonomo e libero di fronte a Dio, come non lo è il mondo. Creandolo, Dio passa, quindi, dal soliloquio al dialogo, perché con lui può parlare. Come, infatti, nel dialogo, “l'io scopre sé nell'attimo in cui afferma l'esistenza del tu attraverso la domanda

circa il dove del tu”531, così Dio si manifesta come Dio-persona nel momento in cui crea

l'uomo come suo interlocutore. All'uomo Dio può parlare. Non si limita, quindi, a crearlo, ma gli parla nell'atto di crearlo. Scrive Ebner in un passo che aiuta a capire questo passaggio di Rosenzweig: “Dio però ha creato l'uomo con il fatto stesso di parlargli. (…)

Che Dio ha creato l'uomo non significa altro se non che Dio gli ha parlato. Nel crearlo gli ha detto: Io sono e per mio tramite tu sei”532. L'uomo non è stato creato come una cosa tra

le cose. Fin dal primo momento gli è stato detto tu, gli è stata cioè riservata una chiamata diretta, particolare.

529“Da qui il senso della radicale svolta che Ebner presenta nei Frammenti pneumatologici, che costringe

nella quotidianità della vita personale a pensare altrimenti, che desta nell'uomo la consapevolezza che la propria inquietudine, così come le inquietudini del tempo, derivano dal soffocamento dell'espressione, dalla mancanza di coraggio di uscire dall'impersonalità e protendersi verso l'ineffabile profondità della persona”. S. Patriarca, Recensione a Ferdinand Ebner etc., cit.. Per H. U. von Balthasar il dialogo é piú atteggiamento che fatto di relazione e consiste nell'aprirsi all'ascolto e nel lasciare “ che l'altro abbia valore in quanto altro, anche lá dove momentaneamente non si vede piú che cosa ci sia da dire; é l'atteggiamento che non rinuncia ma che resta vicino all'altro nella speranza ” Teodrammatica, cit., vol. I, pag. 37-38. Un riscontro si può ritrovare in Mounier che scrive: “La persona si sviluppa solo purificandosi continuamente dall'individuo che è in lei; e a ciò perviene non tanto con l'attenzione continua a se stessa, ma piuttosto col rendersi sempre più disponibile, quindi trasparente a se stessa e agli altri ”. E. Mounier, il personalismo, AVE, Roma 1966, pag. 47-48.

530 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 179-80 Poco prima aveva scritto: “L'io del monologo non é ancora un «ma io», bensì un io non accentuato e, appunto perché monologante, anche comprensibile solo a sé. Quindi, come già avevamo avvertito nel «facciamo» del racconto della creazione, in verità non é ancora un `io' manifesto, ma é un `io' ancor nascosto nel mistero della terza persona. Per un parallelo con Ebner si veda Frammenti pneumatologici, cit., pag. 317.

531 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 180. 532 F. Ebner, Frammenti pneumatologici, cit., pag. 156.

Lo si riscontra nel fatto che l'uomo, in luogo del concetto generale, che lo riporterebbe

alla specie, ha un nome ed è chiamato per nome533. Essere chiamati per nome è esserlo

secondo un modo da cui non si può sfuggire, di cui si accetta il peso e la responsabilità insostituibilmente personali. Il nome è, infatti, “assolutamente particolare” e aconcettuale,

perché “sottratto al campo d'azione dei due articoli, determinativo ed indeterminativo ” 534.

Il nome porta in sé le stimmate di una relazione prettamente personale: “ Il nome proprio, il

quale però non é un nome in proprio, un nome che l'uomo si sia dato arbitrariamente, bensì il nome che Dio stesso gli ha creato e che solo per questo, come creazione da parte del creatore, gli é proprio ed é il nome a lui proprio ”535. Dio va alla ricerca “di questo particolarissimo uomo, colto nella sua totale concretezza e unicità ”536 e il nominato, una

volta chiamato, fuoriesce dalla semplice esistenza naturale per attingerne una spirituale. Acquista un'identità, diventa un qualcuno, un io.

L'essere chiamati per nome è, quindi, costitutivo di un'identità personale, che si protende fino alle più angoscianti possibilità. Qui, ancora una volta, la teologia spiana la strada alla comprensione del semplice, del vitale, che sfugge invece alla filosofia. La categoria grammaticale della prima persona singolare è un "no diventato sonoro"537, scrive

Rosenzweig, come a dire che l'io personale è costituito fino all'estrema possibilità di rifiutare la chiamata stessa. L'io “emerge sempre da un'antitesi a qualcosa, si coglie, si

potrebbe dire, per differenziazione e in relazione a un altro”538. L'Io è colui che solleva il

"ma"539, colui che può anche negarsi.

Ciò vuol dire che il primum dell’esperienza non è cogliersi come un io indipendente, monologante, ma come un tu. L'io è pensabile solo ed esclusivamente in relazione ad una nominabilità che implica un altro, un tu540. La soggettività si configura, quindi, per

Rosenzweig, responsorialmente. “Solo nel momento in cui l’io riconosce il tu come

qualcosa fuori di sé, e quindi solo quando passa dal soliloquio al dialogo vero e proprio,

533 Nel momento in cui si afferma la chiamata diretta da parte di Dio, “ all'uomo viene tagliata ogni ritirata

nell'oggettivazione, poiché in luogo del suo concetto generale (…) viene chiamato ciò cui non si può sfuggire, l'assolutamente particolare, ciò che, aconcettuale, è sottratto al campo d'azione dei due articoli, determinativo ed indeterminativo (…): il nome proprio”. F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 181.

534 Ivi, pag. 181. Il nome è modello archetipo per tutti gli altri incontri. Vedi S. Zucal, Lineamenti del pensiero

dialogico, cit., pag.49.

535 Ivi, pag. 181. Il nome è il presupposto ineludibile della relazione, l'apriori del dialogo e anche l'a-priori

di ogni rivelazione di Dio all'uomo: “Ecco qui l’io. L'io umano singolo. Ancora totalmente recettivo, ancora soltanto aperto, ancora vuoto, senza contenuto, privo di essenza, pura disponibilità, pura obbedienza, tutt'orecchi. In questo ubbidiente udire cade, come primo contenuto, il comandamento. L'esortazione ad ascoltare, la chiamata con il nome proprio, ed il sigillo della bocca divina che parla, tutto questo é soltanto un'introduzione che risuona prima di ogni comandamento”. Il tema del nome ha un rilievo notevole anche in Ebner: “Persona appellata e anche nominata oggettivamente con un nome 1'Io può divenirlo solo nel reciproco rapporto con lo spirituale nell'altro uomo e solo a partire dal punto di vista di questi, mai però a partire da se stesso” Frammenti pneumatologici, cit., pag. 259. “L'imposizione del nome è, in certo qual modo, la rinascita dell'essere a cui si è dato un nome nella dimensione spirituale. Quello che ha un nome esiste - accanto alla sua esistenza naturale - nella parola”. F. Ebner, Zum Problem der Sprache und des Wortes, in Schriften I. Fragmente, Aufsätze, Aphorismen. Zu einer Pneumatologie des Wortes , a cura di F. Seyr, Kösel, München 1963, pag. 675. Traduzione it. in S. Zucal, Lineamenti del pensiero dialogico, cit., pag. 50.

536 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 118.

537 F. Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., pag. 178. 538 N. Petrovich, La voce dell’amore, cit., pag. 112.

539 “Così io si erige sempre in contrapposizione, esso è sempre sottolineato, sempre accentuato, è sempre un ‘ma

io’”. Ivi, pag. 178.

540 F. G. Friedmann, Franz Rosenzweig neues Denken. Sein Beitrag zum jüdisch-christlichen Dialog, in W. Schmied-

diviene quell'io che poc'anzi pretendevamo essere il no originario fatto suono” - scrive541.

Nelle relazioni fondanti della persona, quali quelle fra il bambino e la madre, l'identità presuppone un'irriducibile alterità. Questa alterità, ci dice la teologia, è in prima ed ultima istanza l'alterità del Padre che ci ha chiamati per nome e ci ha fatti persona. L’uomo meta-

etico era plasmato dalla sua caparbietà e dal suo carattere in un mutismo impenetrabile542.

L'Io umano prima dell'esperienza del Tu di Dio era “come un anonimo numero della

molteplicitá del reale”, “come un semplice ente del reale e una pura oggettivitá”543.

L'uomo nominato da Dio è invece chiamato ad uscire fuori. Quando Dio gli si rivolge, infatti, gli conferisce una consistenza personale ed egli non può più sottrarsi alla sua responsabilità.

La relazione Dio-uomo si individua, quindi, come “il punto di Archimede per sollevare e

rovesciare l’universo cosmico-storico”544 che minaccia con la sua necessità impersonale la

libertà di Dio e dell’uomo. L’urgenza della libertà spinge verso terre nuove e cieli nuovi, perché la creazione si protende verso la rivelazione, anzi, è già rivelazione. La presenza dell'uomo permette, infatti, il passaggio dall'una all'altra. Il Dio nascosto si rende manifesto nella creazione, perché nell'uomo si riflette come in un'immagine verace. L'uomo è posto espressamente quale tu di Dio, tu a cui è stato dato di rispondere. A questo tu Dio si rivela personalmente.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 85-87)

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