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La parola concrezione oggettiva dello spirituale

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 131-133)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

9.9 La parola concrezione oggettiva dello spirituale

La rilevanza spirituale dell'esistenza833, il fatto che essa non si esaurisca “nel suo naturale

affermarsi nel corso delle vicende del mondo” e sia orientata “ad un rapporto con qualcosa di spirituale al di fuori di sé”, non sfuma, per Ebner, in un'inattingibilità di tipo mistico834, ma

trova un'espressione oggettiva nella parola. “L'espressione «oggettivamente» percepibile e

dunque accessibile ad una conoscenza oggettiva di tale essere orientato ad una simile relazione – scrive - si riscontra nel fatto che l'uomo é un essere parlante, che egli «ha la parola»”835.

La parola si manifesta, quindi, come il luogo epifanico dello spirituale, “la concrezione

«oggettiva» della vita spirituale”836, afferma Ebner. Essa porta ad espressione quella relazione

intima dell'io con il Tu, che, altrimenti, resterebbe confinata in un'interiorità inaccessibile ed ineffabile. L'io e il Tu – scrive ancora Ebner - “ci sono dati nella loro «interiorità» proprio

mediante la parola e nella parola”837. Nella parola “la vita spirituale dell'uomo é divenuta oggettiva nella sua soggettività, é divenuta soggettività oggettiva, per così dire, senza però annullare se stessa, come nel pensiero matematico”838.

Lo spirituale è intrinsecamente espressivo, relazionale, comunicativo. D'altra parte il linguaggio è intrinsecamente spirituale, e quella spiritualità porta alla luce, esprime in forma vivida. La spiritualità dell'uomo risulta, pertanto, “intimamente e inscindibilmente legata al

831 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 187-88. “E' la peculiarità della relazione pneumatologico-

verbale che lega l'uomo a Dio a promuovere e fondare la comunicazione dialettica con l'alterità a livello interumano”. A. Bertoldi, Il pensatore della parola etc., cit., pag. 62. L'autrice rileva la differenza con Buber in cui la relazione uomo-dio sarebbe guadagnata, non a partire da quella uomo-Dio, ma da quella uomo-uomo. A supporto di questa tesi si possono riportare queste affermazioni di Ebner: “Se nel chiarificarsi un pensiero una persona non può far altro che chiamare in aiuto la parola, allora si vede nuovamente come tutta la vita spirituale in noi é determinata dalla parola e per suo tramite nuovamente rimandata a un rapporto con lo spirituale al di fuori di noi”. Pertanto – conclude Ebner: “tutto ciò che di spirituale vi é in me, anche se io lo possedessi solo per me stesso - come é il caso di quando non ho altro da fare, se non chiarire a me stesso i miei pensieri con l'aiuto della parola - é solo un riflesso e un riflesso successivo di quel rapporto che vi é con lo spirituale al di fuori di me”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 175-76.

832 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 95. Più avanti la Ducci così precisa: “Si puó cosí avvicinare Duhaftigkeit

della coscienza umana all'altro appellativo con cui Ebner si compiace di individuare l'uomo: uditore della parola Horer des Wortes”. Ivi, pag. 97.

833 Vedi F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 137.

834 Anche Buber respinge ogni mistica dottrina dell'inabissarsi in sé: “chi si limita solo a "vivere interiormente" il proprio atteggiamento, chi lo attua solo nell'anima, per quanto possa essere pieno di pensieri é senza mondo; e tutti i suoi giochi, i suoi artifici, tutte le sue ebbrezze, gli entusiasmi e i misteri che accadono in lui, non sfiorano neanche la superficie del mondo ”, Io e Tu, in Il principio dialogico, cit., pag. 127.

835 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 137-38. 836 Ivi, pag. 281-82

837 Ivi, pag. 137-38.

linguaggio”. Citando Hamann, Ebner afferma: “l''essenza invisibile della nostra anima si manifesta mediante parole”839.

Che l'uomo sia un essere parlante è un fatto oggettivamente evidente. La parola, non quella asettica ed inespressiva, ma quella in situazione, espressiva, comunicante, viva, accade e accade tra. Perciò, essa interrompe l'identità chiusa dell'io e si propone come novità, irruzione di qualcosa che, nella sua stessa dinamicità, manifesta un'ulteriorità di senso. Lo manifesta proprio fenomenologicamente, perché si configura come gratuita. La parola non è mai qualcosa di scontato, di necessario e determinabile, ma qualcosa che porta in sé una differenza incatturabile, indeterminabile. “Il linguaggio – scrive il Nostro - non appartiene per sua

essenza alla vita naturale e nemmeno a quella psichica ma invece a quella spirituale…”840.

A questo punto si precisano i contorni della pneumatologia di Ebner, il cui peso specifico, nella riflessione del '900, consiste proprio nell'essere una pneumatologia della parola, una spiritualità espressiva e comunicativa. Se, infatti, si considera lo scopo di tutta la sua riflessione, si scopre che esso è quello di arrivare “nella molteplice frantumazione della sua

vita alla relazione giusta”841. Ciò avviene nel solco della lezione di Kierkegaard, ma

contrapponendosi ad ogni intimismo, individualismo e misticismo. Nell'intento di rifondare il rapporto dell'uomo all'uomo, quel rapporto di cui aveva misurato la crisi negli anni terribili della guerra, Ebner trova, in effetti, in Feuerbach, piuttosto che in Kierkegaard l'autore di riferimento. “Ci sono solo due realtà spirituali: Dio e l'io. – osserva Ebner - Questo in ultima

analisi si trova già in Kierkegaard. Ma per comprendere realmente la verità di questo non basta aver letto Kierkegaard”842.

Ebner è convinto, quindi, che la pneumatologia non debba solo proporre una lettura dell'io reale e concreto, ma anche una riflessione sul senso ultimo del linguaggio. In questo, seguendo Hamann, si proietta verso quello che, a torto o a ragione, è stato definito realismo

dello spirito843. Da Scheler apprende, poi, che l'uomo é tale perché ha la parola, pervenendo

a formulare i tratti di una nuova antropologia e di una nuova etica. In Ebner, infatti, come ha scritto E. Ducci, quella intuizione “dilata il proprio contesto: la parola nella sua

massima significanza offre la chiave interpretativa della natura dell'uomo e del dinamismo che lo specifica”844. “La focalizzazione della parola nell'uomo” è, quindi, operata da Ebner “in maniera che tutto da lei prenda senso, anche la valutazione di una guerra mondiale, di un'economia in sfacelo, di una problematica sessuale che si va snaturando”845.

Tutti questi riferimenti, tuttavia da soli non sono sufficienti a spiegare il perché la parola diventi in Ebner il luogo della mediazione. Questa mediazione è verticale, nella misura in cui la parola media tra l'uomo e Dio, ed è orizzontale, nella misura in cui media tra gli uomini. A tale assunto lo porta, infatti, esclusivamente la riflessione sul prologo giovanneo, perché la parola cui fa riferimento Ebner è, innanzitutto, la Parola che era “in principio ed era presso

Dio, e Dio era la Parola” (Gv. 1,1). In sé tale Parola è relazione. La Parola (il Logos) è dal principio rivolta a Dio (presso Dio), intimamente relazionata e relazionantesi con Dio. Essa

spiega come la tuità, nel suo fondamento ultimo, sia anamnesi di un'esperienza interiore di rapporto, di una comunionalità che è quella trinitaria. Ma la Parola è anche Colui che si fece

839 Ivi, pag. 146-47.

840 Ivi, pag. 234-35.

841 F. Ebner, Schriften, vol. I, cit., pag. 21.

842 F. Ebner, Schriften, vol. I, cit., pag. 32. Per Ducci, la pneumatologia della parola è "la faccia altra di

Kierkegaard". Vedi La parola nell'uomo, cit., pag. 208.

843 “Ci sono solo due realtà spirituali: Dio e l'io. – osserva Ebner e la riflessione risale a quegli anni- Questo in ultima analisi si trova già in Kierkegaard. Ma per comprendere realmente la verità di questo non basta aver letto Kierkegaard” F. Ebner, Schriften, vol. I, cit., pag. 32.

844 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 73. 845E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 126.

carne e venne a mettere le tende tra di noi, il Cristo storico, e, solo in quanto fondata in Lui, diventa concrezione dello spirituale, tuità esperibile, mediazione efficace fra Dio e l'uomo e fra gli uomini fra di loro.

Sulla base della lezione giovannea, Ebner rinviene, quindi, nell'incarnazione il nodo cruciale. In tal caso, ci pare che quello che manca come esplicitamente teorizzato in Ebner sia, in realtà, contenuto, forse inviluppato, nel riferimento alla Parola del Prologo giovanneo. Ebner non sviluppa debitamente il nesso fra il tu umano e il Tu-Dio, ossia fra la relazionalità orizzontale e quella verticale, perché questo, per lui, è già implicito nella Parola che è, al

tempo stesso, il Cristo della fede e il Gesù storico846.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 131-133)

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