• Non ci sono risultati.

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.5 Donare per educare: le raccolte scientifiche e di viagg

4.5.1 Collezionismo di etnografia

Alcuni nuclei di oggetti che soprattutto nella seconda metà dell'ottocento confluirono per donazione ai musei civici piemontesi riflettevano la diffusione di alcune discipline di recente affermazione. Una di queste interessava gli studi etnografici, sebbene i nuclei consegnati alla pubblica conservazione ed esposizione non sempre derivassero da un approccio disciplinare, ma

196 F. Ferro, La direzione di Vittorio Avondo, op. cit., in c.d.s.

197Verbale dell'adunanza del Comitato Direttivo del Museo d'arte antica e d'arte applicata all'industria, 17 aprile 1913, in AMCT, CAP 6.

198 Giovanni Camerana (1845-1905), magistrato di professione, era legato a letterati e artisti di Torino e Milano; amico di Fontanesi, ne fu l'erede fiduciario e ne eseguì la volontà testamentaria trasmettendo al Civico alla propria morte quanto aveva ricevuto dal pittore: R. Maggio Serra, Antonio Fontanesi e il legato di Giovani Camerana, in Eadem (a cura di),

148 mescolassero spesso aspetti tipici del gusto dell'epoca, come la passione per i viaggi, il fascino per l'esotico e il crescente interesse per la raccolta dei più vari e stimolanti repertori di ornato. In quest'ottica per esempio può essere compresa la raccolta etnografica che Ernesto Bertea nel 1872 donava al Museo Civico di Torino, a metà tra documentazione delle arti e dell'artigianato extraeuropeo e funzione di esempio per le arti decorative199. Pochi anni dopo il console onorario di

Panama, Giovanni Battista Donalisio, faceva dono di una piroga indiana e alcune armi in pietra e utensili provenienti dall'istmo e nel 1876 giungeva la collezione di oggetti mesoamericani da parte del diplomatico Zaverio Calpini. La collezione Calpini, composta di più di mille pezzi tra armi, vasi, statue e monili, ampliò considerevolmente la raccolta etnografica del museo, che si arricchiva così di importanti reperti della civiltà azteca. La fortuna di questi oggetti fu considerevole, sebbene al di fuori delle stanze del Civico, che nel 1895, in occasione del riordino e della nuova distribuzione delle collezioni, li cedette in deposito al Museo di Antichità insieme alla raccolta Donadio e a quella dell'ingegner Bottero, donata già nel 1864. Nel 1926, in occasione del XXII Congresso internazionale degli Americanisti a Roma, il Municipio di Torino prestava al Museo Pigorini 15 oggetti precolombiani, estratti dalle cinque vetrine etnografiche del Museo di Antichità che due anni prima erano state descritte e riprodotte sulle pagine di «Emporium»200.

Negli anni dell'impresa colonialista italiana le collezioni etnografiche registrarono importanti incrementi di oggetti provenienti dal continente africano. La testimonianza più consistente è data in Piemonte dalle raccolte novaresi, dove confluirono le donazioni dell'esploratore Ugo Ferrandi (1929), che tra il 1886 e il 1920 aveva viaggiato in Somalia e in Eritrea, e quella di Caterina Faraggiana Ferrandi (1937/40), che insieme alla collezione di scienze naturali (importante soprattutto per la sezione zoologica di animali imbalsamati) conferiva gli oggetti raccolti nella zona del Lago Vittoria dal marito Alessandro201.

Oggetti extraeuropei erano spesso depositati quale testimonianza di carriere diplomatiche o militari condotte in paesi lontani, come nel caso della collezione di oggetti birmani donata nel 1887 dal torinese Bernardo Scala e quella coreana del tenente della Regia Marina Ernesto Filipponi di Mombello202, ma soprattutto sotto la direzione di Avondo si qualificarono quali esempi

delle arti applicate e della storia del lavoro, come le stoffe di Antinoe donate da Emile Etienne

199 R. Maggio Serra, Uomini e fatti della cultura piemontese nel secondo Ottocento intorno al Borgo Medievale del Valentino, in M. Cerri, D. Biancolini Fea, R. Pittarello (a cura di ), Alfredo d'Andrade..., op. cit., 1981, pp. 25-26; A. S. Fava, Storia delle collezioni etnologiche del Museo Civico, op. cit., 1978. Per una rassegna documentata delle raccolte etnografiche confluite negli anni '70 del'ottocento al Museo Civico di Torino si rinvia inoltre a: A. Piatti, Bartolomeo Gastaldi, op. cit., in c.d.s., con bibliografia.

200 G. V. Callegari, La raccolta di oggetti precolombiani del Museo di Antichità di Torino, in «Emporium», vol. LX, n. 355, luglio 1924, pp. 450-457; una versione ridotta dell'articolo era stata pubblicata dalla rivista «Torino», n. 5, 1926, pp. 177- 179.

201 A. Antinori, 1929: il Museo Etnografico Ferrandi, in M. L. Tomea Gavazzoli, Museo Novarese, op. cit., p. 99; G. G. Bellani, 1937: la collezione naturalistica del Museo Faraggiana, ibidem, pp. 103-105; M. Carla Uglietti, Il museo etnografico Faraggiana Ferrandi di Novara. Storia della collezione, in Sì e no padroni del mondo. Etiopia 1935-1936. Immagini e consenso per un impero, Novara 1982, pp. 147-148.

149 Guimet nel 1902 e i tessuti copti e gli stampigli giapponesi inviati da Robert Forrer nel 1903203.

Sul territorio piemontese le raccolte, più o meno organiche, di oggetti provenienti da paesi e culture lontane in genere riflettevano gusto, cultura, predilezioni ed esperienze di singoli viaggiatori o appassionati. Il Medio e l'Estremo Oriente, le Americhe e l'Oceania incrociavano le rotte di una borghesia curiosa, che volentieri faceva dono alla città natale di quanto testimoniava le proprie imprese militari, imprenditoriali, scientifiche o di semplice svago, oggetto anche di una letteratura esotica che nella seconda metà dell'ottocento trova ampia diffusione in tutta Europa.

In molti casi era sufficiente frequentare le capitali del vecchio continente per immergersi nell'esplorazione di paesi remoti, come testimonia la collezione di oggetti orientali donata alla città di Ivrea nel 1874 da Pier Alessandro Garda (1791-1880)204. Secondo una moda diffusa tra le

residenze signorili del secondo settecento, Garda crebbe nella casa paterna a contatto con una ricca raccolta di oggetti cinesi. Costretto all'esilio per trascorsi rivoluzionari205, ebbe modo di

frequentare le capitali europee, dove l'interesse per la Cina e il Giappone era nutrito dai padiglioni delle Esposizioni universali e dagli interessi etnografici suggeriti dal recente colonialismo206. Il

collezionismo europeo si rivolgeva sempre più alla ricerca dell'arte orientale originale, reperita non solo attraverso le stoffe, i piccoli arredi e le porcellane, ma ricercando anche altri manufatti, quali ad esempio le armi e i bronzi. Per un italiano le occasioni di acquisto si presentavano prevalentemente oltreconfine, e questo valse anche per Garda, che si suppone abbia effettuato gran parte dei propri acquisti sul mercato antiquario francese.

I suoi interessi erano rivolti non solo a una generica predilezione di gusto, anzi erano l'esito di un'estrema curiosità, che lo portò a raccogliere i materiali più disparati nel tentativo di cogliere i documenti della vita quotidiana: gli oggetti di carattere etnografico rappresentano circa un terzo della sua collezione, composta di bronzi, porcellane, mobili laccati, armi, tessuti, costumi del teatro Nô, strumenti musicali, lacche, vasi cloisonné e numerosi oggetti d'uso.

La lettera con cui nel 1874 Garda si rivolgeva al Sindaco di Ivrea per fare dono della propria collezione era accompagnata da un Memoriale; qui il donatore esprimeva chiaramente l'intento di preservare l'unità della raccolta, con lo scopo di conservarne gli oggetti e di dare motivo

203 G. Careddu, Antinoe: temi figurativi nei tessuti copti del museo civico d'arte antica di Torino, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», n. 53, 2001-2002, pp. 73-79.

204 Per un inquadramento della figura di Alessandro Garda e della sua collezione si rimanda a: Museo Civico Pier

Alessandro Garda Ivrea. Sezione Orientale. Catalogo Provvisorio, Ivrea 1984; M. P. Borriello, Il Museo P. A. Garda. Cronaca e dibattito di fine '800, in «Bollettino della Società Accademica di Storia ed Arte Canavesana», n.14, 1988, consultato in estratto; D. Pasinato (a cura di), Progetto museo, ibidem, consultato in estratto; M. S. Koyama, F. A. Vitali (a cura di), Lacche orientali della collezione Garda, Collana Quaderni del Restauro, n.12, Milano 1994; K. Harada, M. S. Koyama, G. Paternolli, Kinkô. I bronzi orientali della collezione Garda, Ivrea 2005.

205 In seguito alla revoca della Costituzione da parte di Carlo Alberto, Garda fu condannato alla confisca dei beni e alla galera perpetua; visse in Spagna, a Parigi, in Inghilterra (con cui partecipò alla rivoluzione spagnola) e nel 1928 si trovava in Perù tra le fila dell'esercito di Simon Bolivar: M. P. Borriello, Pier Alessandro Garda patriota e collezionista, in Eadem, Il Museo P. A. Garda..., op. cit., 1988, pp. 12-23.

206 I porti Giapponesi si aprirono al commercio con l'Europa e l'America solo nel 1854 e fino al 1870 il paese era accessibile solo ai diplomatici: Paola Mantovani, Pier Alessandro Garda uomo d'armi e d'avventure e raffinato collezionista, in K. Harada, M. S. Koyama, G. Paternolli, Kinkô..., op. cit., 2005; M. P. Borriello, La raccolta Garda e il collezionismo estremo- orientale fra chinoiserie ed etnografia, in Eadem, Il Museo P. A. Garda..., op. cit., 1988, pp. 24-33.

150 di lustro alla città, e dava disposizioni affinché si mettessero in evidenza l'entità e il valore dei pezzi, che dovevano essere ordinati all'interno delle vetrine secondo la loro origine, il genere e la qualità. Per la fruibilità del museo considerava indispensabile che vi fosse almeno «come in varie piccole città Dipartimentali e Circondariali della Germania, dell'Austria, della Francia e della Svizzera, un conservatore [...] capace di spiegare l'origine e li pregi degli oggetti che nelle varie sale vi son raccolti»207. Il vincolo della titolazione ("Pier Alessandro Garda") avrebbe infine

assicurato alla città la memoria questo illustre eporediese animato da patriottico affetto.

Il Comune accolse prontamente l'offerta e acquistò per l'erigendo museo il Palazzo Giusiana, sede anch'esso di una collezione di oggetti orientali che Garda provvide a comprare per unirli alle proprie raccolte. L'inaugurazione, avvenuta nel 1876, funzionò da apripista non solo per ulteriori donazioni (alcune dello stesso Garda), ma soprattutto per il Municipio, che cominciò a raccogliere nelle sale alcuni oggetti accumulati nel corso del tempo e sparsi per i vari uffici. Il carattere di collezione dedicata all'oriente andò progressivamente ad affievolirsi a favore di istanze di tutela e di ricerca legate alla storia, all'arte e alla cultura locali, tanto da imporre già nel 1885 una ridefinizione del ruolo del museo, cui è stato fatto cenno nel contesto delle raccolte archeologiche (paragrafo 3.3).

Outline

Documenti correlati