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Per «ritrovar l'armonia smarrita tra gli uomini e le cose»: l'impegno di Antonio Massara

SOCIETÀ LOCALI, MUSE

5.2 Un'inedita interpretazione della tutela: il Museo del Paesaggio di Pallanza

5.2.1 Per «ritrovar l'armonia smarrita tra gli uomini e le cose»: l'impegno di Antonio Massara

A Vercelli e Varallo l'intreccio tra iniziative di tutela e nascita dei musei locali si sviluppò a partire dall'ultimo quarto dell'ottocento in continuità con istituti culturali di più antica tradizione. Negli stessi anni il dibattito nazionale, impegnato a formulare una legge organica per lo stato unitario, sollecitò nuove iniziative anche in sedi periferiche. Alcune realtà, come quella di Pallanza, seppero maturare una più ampia consapevolezza del tessuto storico e culturale del territorio, approdando alla creazione del "Museo del Paesaggio" proprio negli stessi anni in cui Corrado Ricci a Ravenna gettava le basi della moderna concezione di tutela del patrimonio naturalistico66.

Il protagonista delle iniziative verbane fu Antonio Massara (1878-1926), storico locale e dal 1909 membro della Commissione conservatrice per la provincia di Novara67. I suoi studi

costituirono la premessa per il recupero e la salvaguardia di importanti testimonianze artistiche e storiche, e dalla sua intraprendenza nacque la rivista "Verbania", «durata quattro anni di buona lotta feconda per la coltura della regione verbanese [...] coll'intento di ritrovar l'armonia smarrita tra gli uomini e le cose»68. Dalle pagine del periodico Massara declinava la nozione di paesaggio

secondo significati naturalistici, storici ed estetici, facendone il perno di un ambizioso progetto culturale che guardava con sensibilità e preoccupazione all'antropizzazione del territorio:

I paesaggi pittoreschi, i monumenti antichi che vi incidono i segni di una storia millenaria, d'un culto della bellezza immortale, non si conservano ma si tollerano, forse più per un riguardo alla curiosità dei forestieri che per un'intima persuasione del loro valore. Le ville nuove che si vanno costruendo, lacerando i lineamenti nobili e venerandi delle colline antiche, dimostrano ben sovente pretese soverchie accoppiate a povere idee. Così le strade, i viadotti, le nuove opere create dall'industria ostentano un dispregio non necessario,

66 R. Balzani, Dalla memoria alla tutela: percorsi nel "paesaggio italico" fra Ottocento e Novecento, in A. Emiliani, C. Spadoni (a cura di), La cura del bello. Musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci, catalogo della mostra di Ravenna, Milano 2008, pp. 310-323, con bibliografia.

67 Collaboratore di diversi periodici novaresi, si dedicò in particolare allo studio della pittura novarese, di cui stese un catalogo ragionato delle opere della diocesi in occasione dell'Esposizione internazionale Mariana di Roma del 1904-1905, e alla raccolta di documenti sulle tradizioni locali: A. Viglio, In memoria di Antonio Massara, in «BSPN», A. XXI, fasc. I, gennaio-marzo 1927, pp. 98-104. Alla storia del museo e alla figura di Antonio Massara è dedicato il volume: AAVV, Museo

del Paesaggio. Museo Storico Artistico del Verbano. 1909-1979, sl 1979, in particolare: M. Cerutti, G. Margarini, F. sena,

Antonio Massara 1878-1926, pp. 15-49; R. Lodari, Antonio Massara: «in difesa del paesaggio», pp. 51-65; L. Luisi, Museo

del Paesaggio 1909-1979, pp. 67-99.

68 A. Massara, Il Museo del Paesaggio sul lago Maggiore in Italia bella, in «BSPN», A. XVI, fasc. IV, ottobre-dicembre 1922, pp. 189-201.

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e neppure speculativamente utile, d'ogni armonia coll'ambiente ove sorgono69.

Gli obiettivi della rivista erano trasferiti al progetto per l'istituzione di un Museo Storico Artistico del Verbano con sede a Pallanza, lanciato nel 1909 da Massara con un appello ai concittadini. Il compito del museo era «non di esaltazione ma di rivalutazione della regione: i cui tesori si volevano riscoprire non come fine ma come mezzo a raggiungere un fine più ampio e più alto, nazionale ed universale»70. Le sue sezioni dovevano comprendere le scienze naturali, la

storia, l'archeologia e l'arte antica, il folclore, il paesaggio e l'arte moderna71. Nello stesso anno si

teneva in città una Mostra storica ed artistica regionale, due anni dopo per iniziativa di Alberto Grubicy e con l'appoggio di Gaetano Previati una personale del pittore Achille Tominetti.

Nel 1914 la rivista «Pagine d'Arte» presentava l'iniziativa del museo, mettendo in risalto il ruolo «di un gruppo di nobili e generosi patrizi del Verbano» che avevano costituito il capitale di fondazione72. Fin dalle origini il riferimento territoriale si sforzava di smarcarsi rispetto a una

eventuale impronta localistica: secondo quanto promosso dal Comitato nazionale per la difesa del paesaggio, nato sotto gli auspici del TCI e presieduto da Rava, il riconoscimento degli elementi del paesaggio e la promozione della loro difesa non poteva che procedere per circoscritte aree territoriali, ma nell'ottica di un disegno più ampio. In alcune aree (come nella vicina Svizzera) si era verificato negli ultimi anni un risveglio dei criteri di valutazione economica del paesaggio, cui occorreva reagire con il «soffio di una educazione che penetrasse le fibre della coscienza popolare colla forza di un sentimenti tradizionale e direi quasi religioso»:

Si conserva spesso e si restaura un punto solo che perde ogni valore tra ciò che lo circonda e troppo spesso si ricostruisce un falso antico. Si dichiara (on troppo scarsa giustizia distributiva) questo o quell'edificio monumento nazionale. La luce proiettata su un punto addensa l'ombra sul rimanente della città e del paese ove si rovina e si saccheggia. Ma il peggio è che ciò che intorno ai monumenti conservati si ricostruisce: dalla fredda riproduzione accademica dei così detti stili alle novità stravaganti ed esotiche73.

La fortuna turistica di alcune aree, soprattutto nelle vallate montane del nord del Piemonte, fu alla base di decisioni contraddittorie: se per un verso suggerì operazioni di valorizzazione e salvaguardia del patrimonio storico artistico, in altri casi fu motivo per privilegiare la costruzione di moderne infrastrutture e servizi ricettivi che non di rado compromisero antiche preesistenze. Un caso emblematico fu quello del convento di Santa Maria delle Grazie a Varallo, dove nei primi anni del '900 l'ipotesi di demolizione del chiostro fu oggetto di preoccupato intervento da parte degli organi ministeriali, mentre tra le fila degli amministratori cittadini (compreso l'Ispettore locale

69Ibidem, p. 191. Qui Massara riporta le parole con cui aveva tratteggiato il programma di «Verbania» sulle prime pagine della rivista.

70 A. Massara, Il Museo del Paesaggio..., op. cit., 1922, p. 191.

71 G. Pizzigoni, Verbania Museo del Paesaggio, in A. Audisio, D. Jalla, G: Kannès, Musei delle Alpi..., op. cit., 1992, pp. 139-141.

72 A. Massara, Il Museo del Paesaggio in Pallanza, in «Pagine d'Arte», A. II, n, 4, 1914, pp. 54-56. 73Ibidem, pp. 55-56.

176 Federico Tonetti74) continuava a essere sostenuta l'ipotesi di abbattimento a favore della

costruzione di una nuova sede scolastica. L'attenzione sul complesso, dove Gaudenzio Ferrari aveva lasciato nella chiesa una delle sue opere più celebrate, era mantenuta viva dagli studi che a livello internazionale continuavano ad alimentare la fortuna critica dell'artista varallese75. Gli

oppositori locali, guidati dal pittore Pier Celestino Gilardi, trovarono il sostegno di personalità note (Gustavo Frizzoni, Francesco Malaguzzi Valeri, Guido Carocci, Diego San'Ambrogio) che, oltre a sollecitare la vigilanza del Ministero, portarono a discutere il caso sulla stampa specialistica nazionale:

Ed allora, in questi bei tempi di utilitarismo industriale, in cui comincia a poter sembrare saggio consiglio quello di affidar la tutela dei monumenti nazionali alla Società italiana degli

albergatori e all'Associazione per il movimento dei forestieri, vorrei provarmi a far capire, a

qualche varallese fautore della demolizione, che una gran parte della folla signorile che viene d'estate a popolare Varallo e la Valsesia, e a portare molta animazione e molto denaro, ci viene anche perché Varallo riesce una cittadina simpatica, con quel suo carattere un poco arcaico che sembra essersi immobilizzato e come fossilizzato, vicino al sorgere degli alberghi e delle villette ben adorne76.

Sul tema era autorevolmente intervenuto lo stesso Antonio Massara, che aveva dedicato a Gaudenzio alcuni dei capitoli più ampi dei suoi interessi di studio e che nel 1905 partecipava alla pubblicazione Il Chiostro di Santa Maria delle Grazie a Varallo che ripercorreva le ipotesi che si erano susseguite a proposito della conservazione77. La frequentazione dei luoghi gaudenziani di

Varallo doveva aver stimolato e favorito la sensibilità del verbanese per i dati di contesto fisico e paesaggistico, soprattutto pensando all'itinerario del Sacro Monte e alla sua tipica contiguità tra arte e natura.

A Verbania per la prima volta si voleva accostare al termine museo («che può significare un recinto sacro e vigilato da tradizionali deità immobili») a quello di paesaggio («che significa non

74 Federico Tonetti (1845-1912), impiegato presso l'Agenzia delle Imposte, fu impegnato fin ai primi anni '80 all'interno dell'Amministrazione Civica; membro della Deputazione di Storia Patria e di svariate società storiche, fu attivo nella conduzione e nella redazione di svariati periodici locali, prevalentemente di area liberale. Scrisse diverse guide storico- topografiche della Valsesia (Guida storica e pittoresca della Valsesia, 1871; Piccola Guida alla Valsesia con cenni storici, topografici e statistici, 1881; Guida illustrata della Valsesia e del Monte Rosa, 1891) e, in seguito alle disposizioni dell'onorevole Paolo Boselli del 1889 per favorire lo studio dei dialetti, il Dizionario del Dialetto Valsesiano preceduto da un saggio di Grammatica. Fu ricordato principalmente per la Storia della Valsesia e dell'alto Novarese (1875-1881, ripubblicata a partire dal 1911) e per il Museo Storico ed Artistico Valsesiano (1883-1891): A. Sella, Federico Tonetti, in «BSPN», A. VIII, fasc. III, maggio-giugno 1914, pp. 97-114.

75 S. Butler, Ex voto: an account of The Sacro Monte or New Jerusalem at Varallo-Sesia, with some notice of Tabachetti's

remaining work at the Sanctuary of Crea, Londra 1888; E. Halsey, Gaudenzio Ferrari, Londra 1904. Sulla presenza di Samuel Butler su territorio piemontese: A. Durio, Samuele Butler e la Valle Sesia: da sue lettere inedite a Giulio Arienta, Federico Tonetti e a Pietro Calderini, Varallo Sesia 1940; R. Rinaldi (a cura di), Un inglese nelle valli di Lanzo: dalle note di viaggio di Samuel Butler, Lanzo Torinese 1995.

76 M. Labò, Il chiostro di Santa Maria delle Grazie in Varallo, in «L'Arte», 1906, p. 73.

77 AA.VV., Il chiostro di Santa Maria delle Grazie in Varallo, Novara 1905. Cfr. la recensione di M. Labò in «L'arte», 1906, pp. 70-73.

177 il cliché stereotipo dei panorami naturali ma l'aspetto intimo profondo e continuamente mutabile sotto le impronte della vita umana della visibile scena del mondo»). Il ventaglio di documentazione da raccogliere risultava ampio e onnicomprensivo, ma secondo un'accezione che non era tanto l'erede della variegata ricomposizione tipica dei musei civici ottocenteschi, quanto piuttosto il riflesso di una concezione dell'identità locale capace di includere settori disciplinari che erano oggetto delle più recenti speculazioni. Primo tra tutti il paesaggio, contemplato anche come motivo di ispirazione per la produzione artistica locale, da raccogliersi nella "Galleria del Paesaggio", e le tradizioni popolari.

L'attività di vigilanza sulle opere del territorio rendeva inoltre Massara particolarmente attivo sul fronte della tutela, che poteva trovare nel desiderato istituto il luogo di ricovero e ricomposizione. La sua speciale sensibilità nei confronti del paesaggio incontrava le attenzioni di Corrado Ricci, che fu corrispondente di Massara e suo sostenitore nelle battaglie a favore della salvaguardia dei monumenti e delle bellezze naturalistiche verbanesi78. Uno dei loro dialoghi

epistolari, avvenuto in occasione della minacciata demolizione di Casa Viani, fu occasione di un interessante scambio di riflessioni79. Da pochi mesi Massara aveva individuato nel secentesco

Palazzo Viani Dugnani, lasciato libero dalle scuole, la sede ideale per il Museo Storico-Artistico del Verbano80. Una sede desiderata anche perché indispensabile per l'incameramento delle opere a

rischio di dispersione, come potevano essere per esempio gli affreschi di Casa Viani in corso di demolizione, e perché la destinazione a museo ne sarebbe stata la miglior garanzia di tutela.

Ricci, che con Massara si confrontava anche sul tema della pubblicità in rapporto con il paesaggio, forniva il proprio sostegno sollecitando l'interessamento degli uffici pubblici: sia il Prefetto sia il Sindaco di Pallanza si rivolgevano quindi al Ministero per chiedere la sospensione del divieto di demolizione, assicurando ogni sforzo possibile per effettuare, sotto la sorveglianza di d'Andrade, «il distacco degli affreschi ivi esistenti per trasportarli in località riparata nel cortile del Palazzo Dugnani, progettata sede del Museo Storico Artistico del Verbano, e per ricostruirvi come meglio sarà possibile cogli affreschi stessi, colle corniciature, coi davanzali, colle spallette e coi cappelli delle finestre, la facciata della casa a demolirsi»81. La vicenda non approdò a una felice

conclusione: i fratelli Porta, restauratori milanesi e operatori di fiducia della Soprintendenza, erano stati incaricati di procedere allo strappo degli affreschi, ma dopo svariati tentativi le pessime condizioni dell'intonaco li costrinsero a desistere. Su iniziativa di Massara e dell'Ispettore locale Febo Bottini si era dunque ipotizzato di salvare dalla demolizione alcune porzioni di intonaco,

78 Massara fu nominato Consigliere dell'Associazione Nazionale per i Paesaggi e i Monumenti Pittoreschi d'Italia nel 1909 e Consigliere del Comitato Nazionale per la Difesa del Paesaggio e dei Monumenti Italici nel 1913. Con l'aiuto del direttore generale alle Antichità e Belle Arti Corrado Ricci erano anche state depositate in museo tre opere della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (la Faticosa salita e Amsterdam di Delleani e Che pace a Ganna!... (Eco del funerale del Grandi)

di Vittore Grubucy): Al Museo del Paesaggio, in «Pagine d'Arte», A. V, n, 5, 1917, p. 112. 79 Cfr. Appendice n. 1.

80 A. Massara, Il Palazzo Dugnani-Viani in Pallanza e la sua nuova destinazione, in «Verbania», n. 2, febbraio 1912, consultato in estratto.

81Sindaco di Pallanza a Ministro della Pubblica Istruzione, Pallanza 6 novembre 1912, in ACS, AA.BB.AA., Divisione I 1908-1924, b. 839, fasc. "Castello di Invorio Inferiore, dipinti in affresco in un fienile".

178 impresa anch'essa fallita per il crollo della parete dipinta82.

Procedevano intanto gli accordi tra Municipio e Museo, giunti nel gennaio del 1914 a una convenzione che prevedeva il trasferimento dell'istituto in Palazzo Dugnani83, a condizione che si

impegnasse a restaurare le sale dell'edificio e a renderle accessibili al pubblico. Come ricordava Massara alcuni anni dopo, la sostenibilità del recupero era garantita dall'«appoggio di alcuni pochi generosi tra i molti ricchi del Lago Maggiore [...]. Gran parte delle somme raccolte andarono spese per la ripulitura e il restauro degli ambienti ridotti in uno stato d'abbandono pietoso»84.

Massara, riferendo trionfante a Corrado Ricci in merito al recupero dell'edificio, si rivolgeva nuovamente a lui per ricevere consigli e supporto di fronte a una nuova iniziativa di tutela, ossia la salvaguardia di un fregio affrescato presso il castello di Invorio Inferiore. Già nel 1909 aveva pubblicato un contributo in cui descriveva i medaglioni dipinti, recanti ritratti dei duchi di Milano e collocati in una loggia divenuta di proprietà privata pochi decenni prima85. La loro situazione

risultava al momento decisamente compromessa, anche a causa di un recente e maldestro tentativo di restauro. Il Ministero garantì l'impegno da parte della Soprintendenza: d'Andrade si fece così mediatore nelle trattative di vendita e assicurò il contributo governativo, cui si aggiunse per la riuscita dell'impresa quello del mecenate locale Marco De Marchi. I dipinti furono staccati in sei parti, riportati su tela e montati su telaio dal milanese Francesco Annoni.

Marco De Marchi fu «il Genius loci, il principe dei fondatori dell'istituzione», grazie al quale la Galleria del Paesaggio aveva potuto raccogliere un importante nucleo di opere di Eugenio Gignous e Guido Boggiani, «intorno alle quali si andò a stento cercando di formare, anche a semplice titolo di deposito, una collana di quegli autori (da Mosé Bianchi a Bazzaro) che furono interpreti del paesaggio verbanese, ed immisero una sana corrente d'aria purificatrice nella viziata arte lombarda dell'ultimo cinquantennio»86.

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