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6.1 «Istruendo si educa»: Euclide Milano e i musei cunees

6.1.2 Il Museo di Storia e d'Arte di Bra

Nel 1914 Euclide Milano entrava a far parte dell'amministrazione braidese con l'incarico di assessore alla cultura, che ricoprì lungo tutto il corso della guerra e fino al 192027. Nello stesso

periodo la sua posizione politica approdava a un convinto interventismo, oggetto di propaganda dentro e fuori la scuola. L'incarico di assessore gli permise di affrontare prima di tutto la questione del Museo Craveri, che dopo la donazione al Comune nel 1890 veniva aperto di rado. Milano reclamava la presenza di personale organico e qualificato (almeno un direttore) e, già prospettando gli indirizzi di crescita in direzione di un più ampio museo civico, cominciava a sollecitare lasciti e donazioni e richiamava il Municipio ai suoi doveri educativi. Una delle sue prime iniziative, avanzata nel corso di una seduta del consiglio comunale dell'ottobre del 1914, fu quella di stabilire il diritto di accesso per la visita al museo, che fino al quel momento era sottoposto a una speciale approvazione da parte del Sindaco:

Occorre che si faccia come in quasi tutte le altre Città, dove l'ingresso ai Musei è gratuito almeno nelle Domeniche e nei giorni festivi: così il popolo nostro potrà recarsi, senza noie di sorta, a visitare quella raccolta scientifica che non solo gli procurerà distrazione, ma servirà anche ad educarlo ed a fargli amare la scienza e con essa la verità28.

Due anni dopo portò il consiglio municipale ad approvare una ulteriore proposta, che consisteva (come previsto fin dal 1884 dal lascito testamentario di Ettore Craveri a favore dell'educazione scolastica dei braidesi) nell'istituzione di una scuola serale di disegno primo nucleo di una scuola professionale che Milano considerava «indispensabile se vogliamo affrancare l'industria nostra dal predominio straniero conseguendo con la vera indipendenza politica anche quella economica»29. Nel settembre del 1917 presentava in consiglio comunale un'accurata

relazione sulla visita compiuta presso la Regia Scuola Professionale di Arti e Mestieri di Mondovì, di cui elogiava i gabinetti di fisica e chimica, di meccanica e costruzioni e quello «ricchissimo» di plastica e disegno, dove vi erano «modelli innumerevoli, accumulatisi col tempo sia per i continui acquisti - la Scuola data dal 1875 - sia perché il professore della materia e i più distinti scolari provvidero a farne dei nuovi. Per il disegno però si preferiscono ora i modelli naturali: foglie, fiori,

26 Sull'attività del biellese Alessandro Roccavilla nel campo degli studi di etnografia si rinvia a: P. Ciambelli, D. Jalla,

Alessandro Roccavilla, ethnographe par hasard, in «Le Monde alpin et rhodanien», I trimestre 2003 (Fondateurs et acteurs de l'ethnographie alpine), pp. 169-190.

27 E. Forzinetti, Fra ideologia, storia e comunicazione. La fondazione dei musei civici di Bra e di Cuneo nel quadro

dell'azione politica e della "visione della storia" di Euclide Milano, in R. Comba, E. Forzinetti (a cura di), Euclide Milano..., op. cit., 2004, pp. 89-108; A. Vissio Scarzello, Euclide Milano e il Museo di Storia e d'Arte di Bra, Pollenzo 2004.

28 Il brano è riportato in A. Vissio Scarzello, Euclide Milano e il Museo..., op. cit., 2004, p. 14. Il Regolamento del Museo Craveri fu così modificando, stabilendone l'apertura quotidiana e per i giorni festivi l'ingresso gratuito.

193 farfalle, ecc. presi in natura, non più artificiali. Ottimo sistema, che intanto riesce anche meno costoso»30.

L'opera di sensibilizzazione e la ricerca di materiali per il museo si protrassero per tutti gli anni di guerra31, mirando in particolare al nucleo archeologico, concentrato sui reperti dell'antica

Pollentia, poi seguito da quello storico-commemorativo, con la progettazione di una sala dedicata ai caduti braidesi nella prima guerra mondiale.

All'indomani della conclusione del conflitto mondiale Milano era pronto per presentare il suo progetto di museo braidese, ormai infarcito di toni nazionalistici e patriottici32. L'impianto era

costruito su quattro sezioni, dedicate a Pollenzo (ritenuta la parte più ricca e interessante), alla storia di Bra, ai suoi uomini illustri e alle sue testimonianze d'arte. Nella parte dedicata agli uomini illustri, la sala ai caduti per la patria fu tra quelle che lo impegnarono maggiormente per la fiducia nel suo potere pedagogico, poiché «serbare ricordo ammirato e riconoscere dei concittadini che eccelsero [...] è stretto dovere civico, oltreché mezzo d'incitamento ai giovani verso le più nobili attività»33. Si trattava inoltre di una ferita ancora aperta per molte famiglie braidesi, che trovando

consolazione nel veder legittimato ed esaltato il sacrificio dei loro figli e mariti, aderivano con la donazione di foto e cimeli. Per la realizzazione della sala era stato chiamato il pittore torinese Giorgio Boasso, che la decorò con stemmi, iscrizioni e con i riferimenti ai principali luoghi della topografia bellica; le foto inviate dalle famiglie erano esposte in copie su zinco accanto a materiale bellico e alla copia autografa del celebre bollettino della vittoria inviato dallo stesso generale Armando Diaz.

Nel settembre del 1919, dopo averne seguito personalmente anche l'impostazione museografica e aver ottenuto la nomina di direttore (seppur a titolo gratuito), Euclide Milano poteva finalmente procedere all'inaugurazione: annesse al Museo Craveri, le sale di arte e storia, insieme alle nuove intitolazioni da lui stesso stabilite per alcune vie cittadine34, fornivano ai cittadini un

sistema di valori di facile accesso, dove il disegno pedagogico a favore dell'educazione popolare assumeva una dichiarata impronta nazionalista. Il consenso intorno all'operazione fu comunque parziale: le spese occorse per l'apertura, e soprattutto il sospetto che il museo si facesse portatore di un messaggio politico in grado di destabilizzare gli equilibri locali, furono argomenti di fronte ai quali Milano dovette più volte difendersi.

La sezione dedicata a Pollenzo e all'archeologia locale rivestiva per lo studioso l'interesse maggiore, non solo perché rifletteva uno dei suoi primi interessi di studio, ma soprattutto perché la qualità dei ritrovamenti e l'importanza rivestita dalla località in epoca romana rappresentavano le

30 La relazione di Milano è riportata in appendice a G. Griseri, Carlo Euclide Milano e il mondo della scuola, in R. Comba, E. Forzinetti (a cura di), Euclide Milano..., op. cit., 2004, pp. 165-199.

31 Milano stabilì una fitta rete di rapporti con le principali famiglie legate alla città; tra questi, Adolfo Gandino (il figlio del latinista Giovanni Battista), Mons. Teodoro Valfrè di Bonzo (vescovo di Vercelli poi cardinale e nunzio apostolico a Vienna), il conte Pippo Reviglio della Veneria, il conte Carlo Brizio di Castellazzo, il cav. Luigi Riva (cognato di Federico Craveri) e il generale conte A. Petiti di Roreto. Il Museo conserva tuttora un elenco manoscritto dei donatori a guisa di manifesto (pubblicato in R. Comba, E. Forzinetti (a cura di), Euclide Milano..., op. cit., 2004, p. 97).

32 E. Milano, Per un museo popolare di storia e d'arte braidese, Bra 1918.

33 Il brano è citato da E. Forzinetti, Fra ideologia, storia e comunicazione..., op. cit., 2004. 34 E. Milano, Per nuovi nomi a vie e piazze cittadine, Bra 1919.

194 due principali opportunità di far conoscere il museo ben al di fuori dei confini locali35. Per poter

esporre alcuni esemplari autorevoli Milano si rivolse anche alla Real Casa, da cui ricevette alcuni reperti tra quelli conservati presso il Castello di Pollenzo36. Con un comprensibile scatto d'orgoglio

Milano voleva anche interrompere la sfilza delle occasioni mancate, che negli anni precedenti avevano visto numerosi reperti recuperati sul territorio finire al Museo di Antichità di Torino o in mano a collezionisti privati. Oltre a sostenere la necessità di impostare un'attività di scavo sistematica in territorio pollentino, Milano non trascurava come sempre il versante didattico ed educativo, proponendo la creazione di una raccolta fotografica dedicata a tutti i monumenti di Pollenzo esistenti o noti, e provvedendo egli stesso alla realizzazione di tavole disegnate da collocare accanto alle didascalie per favorire la comprensione delle epigrafi37. Accanto ai continui

sforzi per assicurare al museo i reperti archeologici rinvenuti casualmente, Milano riceveva anche il supporto di alcuni specialisti attivi sul territorio, come per esempio Giuseppe Assandria, che a titolo gratuito aveva curato la classificazione della raccolta di monete antiche. Intanto sollecitava gli uffici della Soprintendenza e il Governo affinché avviassero campagne di scavo nell'agro pollentino per incrementare le collezioni del museo: la richiesta fu avanzata nel 1932 nell'ambito del Congresso di archeologia e belle arti di Cavallermaggiore38, la sede in cui Vittorio Viale, che dal 1930 dirigeva i

Musei Civici di Torino, presentava il suo intervento sulla necessità di creare in regione un archivio fotografico dei monumenti e degli oggetti d'arte39. Campagne di scavo autorizzate furono condotte

nel 1934, nel 1936 e nel 1937, ma Euclide Milano, che la vicenda politica stava progressivamente relegando in una inesorabile parabola discendente, non poté assumere ruoli diretti e in diversi casi dovette assistere alla decisione della Soprintendenza di ricoverare i ritrovamenti presso il museo torinese40.

Nella raccolta delle testimonianze d'arte Milano riuscì a coinvolgere numerosi donatori locali e a comporre un nucleo significativo di opere dal sei all'ottocento, senza escludere esemplari

35 G. Cravero, Euclide Milano e l'archeologia pollentina, in R. Comba, E. Forzinetti (a cura di), Euclide Milano..., op. cit., 2004, pp. 117-144. Nel 1921 Milano entrò a far parte della Commissione Conservatrice dei Monumenti.

36 L. Mercando, Raccolte antiquarie e testimonianze archeologiche, in G. Carità (a cura di), Pollenzo. Una città romana per

una "real villeggiatura" romantica, Savigliano 2004, in part. pp. 29-33 (La nascita del "Museo di Storia e d'Arte" di Bra e i «ricordi della città romana di Pollenzo»).

37 Nel 1929 erano registrati due grandi quadri con le iscrizioni romane di Pollenzo e l'eliografia relativa a una planimetria su cui erano stati rappresentati i resti romani individuati da Giuseppe Franchi di Pont e Carlo Randoni a inizio '800: cfr. G. Cravero (a cura di), Salve, o sacra rovina. Il Piemonte tra archeologia e riscoperta del classico, catalogo della mostra, Bra 2002.

38 E. Milano, Sulla necessità di scavi archeologici nella Provincia di Cuneo, in Atti e Memorie del Primo Congresso

Piemontese di Archeologia e Belle Arti. Cavallermaggiore (6-7 agosto 1932), in «Atti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», vol. XV (1933), pp. 276-280.

39 V. Viale, Necessità di un archivio fotografico dei monumenti e degli oggetti d'arte del Piemonte, ibidem, pp. 158-161. All'epoca i Musei Civici torinesi potevano fare affidamento solo su alcuni fondi privati, mentre a livello istituzionale era conservato presso la Soprintendenza ai Monumenti l'archivio fotografico di Alfredo d'Andrade. La città di Milano si era mossa su questo fronte con un più anticipo: M. Miraglia, M. Ceriana (a cura di), 1899, un progetto di fototeca pubblica per Milano: il "ricetto fotografico" di Brera, Milano 2000.

195 della produzione contemporanea41. Alla sua attività di promotore e agli acquisti da lui effettuati si

devono infatti l'ingresso nelle collezioni museali di alcune opere rappresentative della cultura figurativa locale, come la Madonna in gloria con bambino e santi attribuito alla cerchia del Molineri, ma anche dipinti che ammiccavano a una cultura di stampo internazionale, come le due copie del San Gerolamo e della Maddalena penitente di Valentin de Boulogne, che Milano acquistò nel 1925 credendoli di Jusepe de Ribera. Doni e acquisizioni indulgevano inoltre su testimonianze della storia braidese, come il grande dipinto secentesco della Fiera dinnanzi al Santuario della Madonna dei Fiori di Bra, oppure su opere di artisti legati alla città per origini o consuetudine, come Pietro Paolo Operti (1704-1793), Agostino Cottolengo (1794-1853) e Tommaso Festa (1819-1879). Un'attenzione speciale era stata infine riservata a Giovanni Piumati (1850-1915)42, presente in

museo sia con propri dipinti sia con esemplari delle pubblicazioni dei codici leonardeschi da lui trascritti e annotati, mentre le presenze di artisti contemporanei si attestavano su testimonianze prevalentemente locali afferenti a un filone accademico43.

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