2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese
4.3 Donare per creare un museo, tra promozione delle arti e ritratto di una classe borghese: la Pinacoteca Viecha
4.3.1 Il testamento del notaio Antonio Maria Viecha
Ad Alessandria la nascita del Museo Civico seguiva di circa trent'anni la fondazione della locale Pinacoteca, nata in seguito alle disposizioni testamentarie lasciate dal notaio Antonio Maria Viecha113. In questo caso l'istituzione di un museo non poté essere sviata, poiché prevista
esplicitamente dalle clausole della cessione. Nella seduta del consiglio comunale del 12 dicembre del 1854 veniva letto il memoriale con cui il notaio alessandrino Antonio Maria Viecha legava al municipio una collezione di dipinti «cui Egli, stimolato dall'amore per le belle Arti, e mercé l'amicizia ond'era stretto con alcuni valenti Pittori, giunse a possedere nel trascorso di molti anni, non badando a sacrificio di sorta»114. Nel 1855, consegnando alle stampe la sua Storia di Alessandria,
Carlo A-Valle non tralasciava un sentito elogio all'iniziativa del dono, «altrettanto più prezioso, in quanto che non era in morte, ma vivente l'autore medesimo, il quale spogliavasi per generoso senso di filantropia di oggetti acquistati con tanti sagrifizi e custoditi con tanta predilezione»115. Lo
scopo del legato era quello di avviare la formazione di una pinacoteca pubblica, che il donatore richiedeva imponendo alcune condizioni:
1° Che l'accennata Collezione di Quadri sia collocata in una sala annessa a qualche Stabilimento Municipale
2° Che ne sia aperto l'accesso al Pubblico in quei giorni ed ore da determinarsi dal Municipio.
3° Che sia vigilato nel miglior modo, acciò nel lasciarne l'uso al Pubblico non vengano per
112Verbale dell'assemblea ordinaria dei soci, in «RSAA», A. X, gennaio-marzo 1901, pp. IV-V.
113 Cfr. S. Abram, Promozione delle arti e ritratto di una classe borghese: la donazione Viecha e la nascita della Pinacoteca
Civica di Alessandria, in V. Castronovo (a cura di), Alessandria dal Risorgimento all'Unità, vol. II, pp. 59-66.
114Verbale di seduta del consiglio comunale di Alessandria del 12 dicembre 1854, in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771, fasc. "Dono di quadri fatto dal Not.° Ant.° Viecha".
115 Carlo A-Valle, Storia di Alessandria dall'origine ai giorni nostri, Torino 1855, volume IV, p. 55. Sulla donazione e sulla consistenza della collezione: E. Filippelli, Notizie storiche sulla Pinacoteca Viecha e Civico Museo di Alessandria, Alessandria 1912; F. Gasparolo, I quadri del Migliara e la Pinacoteca Civica di Alessandria, in «RSAA», A. XXV, aprile- giugno 1916, pp. 2-92; S. Pinto, L'Ottocento, in C. Spantigati e G. Romano (a cura di), Il Museo e la Pinacoteca di Alessandria, op. cit., 1986, pp. 113-159.
129
imprudenza guasti i Quadri.
4° Che non sia mai permesso ad alcuno per qualunque causa di esportarli altrove. 5° Che mai se ne faccia distratto per qualsivoglia causa.
6° Che se ne formi un doppio inventario, uno per gli Archivi Municipali e l'altro per il donatore stesso116.
Il consiglio encomiava l'iniziativa di Viecha, che con la sua donazione veniva somministrando un «efficace mezzo di studio» per i suoi concittadini, che avrebbero potuto imitare i capolavori «del rinomatissimo pennello, in un genere di Pittura che fece epoca nel nostro secolo», uno stimolo alla generosità e alla responsabilità civica per altri potenziali donatori e l'occasione per la città di celebrare la più rinomata gloria municipale117.
La donazione rappresenta un episodio piuttosto precoce nel panorama non solo piemontese, ma anche italiano, di quel fenomeno che a partire da metà ottocento vide numerosi esponenti del notabilato urbano promuovere la nascita dei musei civici. Nei piccoli e grandi comuni dell'Italia risorgimentale la borghesia delle professioni, sempre più inserita nelle amministrazioni pubbliche, sposava cause filantropiche e mecenatistiche a favore dell'educazione, dell'assistenza e dello sviluppo economico e culturale. Su un binario alternativo a quello delle grandi collezioni di derivazione regia o nobiliare, le testimonianze d'arte e di storia erano affidate alle cure dei municipi per farne l'«imponente vetrina delle virtù della città»118.
La raccolta di dipinti di Viecha era di particolare pregio per gli alessandrini perché conteneva numerose opere dell'«inarrivabile Cav. Giovanni Migliara nostro concittadino»119. La
produzione dell'artista si era caratterizzata fin dagli esordi per una non comune fortuna espositiva e di mercato, che accomunava predilezioni regie e importanti collezionisti di area lombarda e piemontese120. Tra questi ultimi il torinese Pietro Baldassarre Ferrero, che accanto all'amico
Migliara aveva riunito opere di rinomati maestri quali Palagi, Hayez e d'Azeglio121.
116Verbale del Consiglio Comunale di Alessandria del 12 dicembre 1854, inASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771, fasc. "Dono di quadri fatto dal Not.° Ant.° Viecha".
117Lettera di Antonio Maria Viecha al Signor Sindaco e Consiglieri del Municipio di Alessandria, Alessandria 5 dicembre 1854, in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771, fasc. "Dono di quadri...", cit.
118 A. Emiliani, Il museo, laboratorio della storia, in I musei, collana Capire l'Italia del TCI, vol. IV, Milano 1980, in part. pp. 37-40.
119 Cfr. n. 114.
120 Al 1823 risale la prima committenza da parte di Carlo Felice per Govone, poi seguito dalla vedova Maria Cristina; Carlo Alberto, che nel 1831 diede a Migliara la nomina di Cavaliere e nel 1833 quella di pittore di genere, gli commissionò due dipinti per la serie illustrante i fasti di Casa Savoia (uno dei quali fu presentato alla pubblica esposizione presso il Castello del Valentino nel 1832); nel 1834 Migliara partecipava infine alla realizzazione degli acquerelli per l'album del sovrano: P. Manchinu, Giovanni Migliara, scheda in P. Dragone (a cura di), Pittori dell'Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1800-1830, Torino 2002, pp. 345-6, con bibliografia.
121 M. C. Gozzoli, La collezione Ferrero, in E. Castelnuovo e M. Rosci (a cura di), Cultura figurativa e architettonica negli
Stati del Re di Sardegna 1773-1861, catalogo della mostra, Torino 1980, vol. I, p. 456; M. Tomiato, Collezionismo e committenza privata, in P. Dragone (a cura di), Pittori dell'Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1830-1865, Torino 2001, pp. 87-98; Eadem, Il collezionismo privato a Torino, in P. Dragone (a cura di), Pittori dell'Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1800-1830, Torino 2002, pp. 293-294 e scheda biografica di Pietro Baldassarre Ferrero a p. 335.
130 4.3.2 L'amore per le belle arti e la memoria della tradizione alessandrina
Gli studi finora condotti hanno privilegiato l'atto della donazione Viecha e la consistenza del nucleo migliarista, ma si sono soffermati meno sulla biografia di questo discreto e generoso notaio alessandrino, così come sul suo profilo di collezionista e mecenate. La famiglia Viecha era presente in città almeno dalla metà del secolo precedente; Antonio Maria (Alessandria 1789-1858) vi esercitava l'attività notarile e giuridica fin dal 1816, dopo averla ereditata dal padre Luigi122.
Consigliere municipale nel 1848, godeva di considerevole stima in città per la sua condotta morale e gli atti di beneficenza, ed era ricordato per aver «lasciato l'esempio dell'amore e della fede nelle istituzioni liberali»123. Il suo sostegno alla produzione artistica si era manifestato non solo in qualità
di acquirente ma anche favorendo l'impegno pubblico nella promozione delle arti fin dalla giovane età. Nel 1829 Pietro Civalieri ricordava lo zelo con cui Viecha, gerente della società finanziatrice, aveva promosso presso il municipio la realizzazione della medaglia dedicata a Migliara e commissionata allo scultore Alessandro Puttinati: già allora le qualità umane erano accostate all'amore «sviscerato» per le belle arti, di cui il notaio si faceva protettore in virtù della sua agiatezza economica124.
Alla sua influenza si dovette inoltre la concessione di un sussidio municipale a Carlo Canigia (1802-1852), che in segno di ringraziamento realizzava nel 1839 per l'aula consolare del Palazzo Civico il bassorilievo con La città di Alessandria che premia le belle arti. Nella biografia dello scultore vergata da Maurizio Tarchetti, la fortuna e il sostegno ampiamente ricevuti dalla città natale erano riferite, oltre che al favore del Marchese Inviziati, alla «infaticabile premura ed amore alle belle arti» del notaio, che gli aveva procurato la pensione vitalizia e prestigiosi incarichi, tra cui le committenze da parte delle famiglie Casalini e Franzini125. Per lo scultore, autore anche del
monumento funebre per il padre Luigi (1755-1837)126, Viecha era un referente fidato, come
dimostra nel 1839 l'incarico a seguire le trattative e a curare il trasporto del busto di Giovanni
122 F. Miotti, Sulla Pinacoteca. Note storico-genealogiche sulla famiglia di Antonio Maria Viecha, il fondatore della civica
galleria, in «Nuova Alexandria», a. X, n. 1/2004, pp. 17-19. Il padre Luigi risulta nell'elenco degli associati al Vocabolario piemontese-italiano di Michele Ponza del 1833, mentre il fratello Francesco era membro della Riunione Artistico-Letteraria Alessandrina, per cui si rinvia a: M. Tomiato, I primi incrementi della Pinacoteca Civica: la donazione Castellani, in V. Castronovo (a cura di), Alessandria dal Risorgimento all'Unità, op. cit., 2009, pp. 66-69.
123Necrologia, in «Avvisatore Alessandrino», 1858, p. 196.
124 P. Civalieri, Memorie storiche di Alessandria. Parte III 1829-1836, a cura di R. Livraghi, G. Ivaldi, G. M. Panizza, Alessandria 2009, p. 22. Delle opere donate da Viecha al municipio faceva parte anche la statuetta in scagliola realizzata da Puttinati e raffigurante Giovanni Migliara, tuttora nelle collezioni civiche.
125 Il testo manoscritto di Maurizio Tarchetti (Biografia di Carlo Canigia scultore alessandrino) si trova in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1715. Tra i sostenitori alessandrini dello scultore viene citato anche il pittore Baudolino Rivolta, che favorì l'incarico per il monumento del Conte Gajoli. Sulla biografia dello scultore, con particolare riferimento ai legami con la città natale, si rinvia a F. Gasparolo, Carlo Canigia, in RSAA, A. IX (XXIV), aprile-giugno 1925, fasc. XXXIV (Serie III), pp. 170- 182, che definiva Viecha «uno dei suoi più affezionati protettori».
126 Il «genio che piange l'amara perdita del generoso Viecha», già segnalato da Monica Tomiato (M. Tomiato, Aspetti del
mecenatismo pubblico ad Alessandria nel secondo quarto dell'Ottocento: il caso di Carlo Canigia, in V. Castronovo (a cura di), Alessandria dal Risorgimento all'Unità d'Italia, vol. I, Alessandria 2008, p. 61) e posto al cimitero di Alessandria nella cappella di famiglia, era ricordato da G. B. Rossi, Sulla vita e sulle opere del cav. Carlo Canigia scultore, Alessandria 1870.
131 Migliara, uno dei più importanti tributi che la città offriva all'artista all'indomani della sua scomparsa e destinato a essere esposto nella sala del Consiglio Comunale. In quegli anni Canigia, di cui i biografi amavano ricordare il discepolato romano presso Canova, aveva raggiunto una notorietà che varcava i confini nazionali: dopo aver eseguito nel 1829 la «colossale statua» del Beato Amedeo per la chiesa della Gran Madre a Torino, l'anno successivo era stato chiamato in Spagna per i ritratti del sovrano Ferdinando VII e della Regina Maria Cristina. Negli anni successivi la fortuna dello scultore, legato all'ambiente intellettuale dell'abate Valperga, fu coronato dal favore di Carlo Alberto e dall'incarico per i busti di uomini illustri nel Palazzo dell'Università127.
La spedizione ad Alessandria del busto di Migliara era stata anticipata da una lettera in cui lo scultore, oltre a delegare a Viecha il disbrigo delle pratiche di dogana, sottolineava l'importanza che aveva voluto attribuire al monumento:
Il piede su cui posa l'effigie dell'immortale Migliara è di Alabastro Orientale, pietra la più preziosa, che ne faccio dono, onde far vieppiù risplendere in ricchezza la bell'azione della Città, a favore del celebre concittadino. La sud.ta pietra non è stata usata dagli antichi che per i busti degl'Imperatori, e fra i moderni l'ho adoperata io per i busti delle LL. MM. CC. che feci nel trentadue e vedrà V. S. Ill.ma che produrrà un bell'effetto assai migliore se fosse di marmo statuario come il ritratto. Le raccomando moltissimo che si abbia molta attenzione nello scassarlo, e di farlo vedere solamente a chi spetta, perché alla mia venuta voglio fare una pubblica Esposizione delle mie cose e d'altronde se tutti l'hanno veduto non interessa più allora.128
Il rapporto tra Giovanni Migliara e Antonio Maria Viecha è tradizionalmente ricordato dai contemporanei a suggello dell'amore per le belle arti manifestato dal notaio lungo tutto l'arco della vita. Nelle memorie di Civalieri l'amicizia fra i due era fatta risalire agli anni che ancora precedevano la celebrità del pittore, che ripagava con opere le prestazioni dell'amico notaio129.
Alcuni dei disegni di Migliara provenienti dalle raccolte di Viecha testimoniano la consuetudine tra i due nelle dediche di affettuosa amicizia130.
Le esposizioni dell'Accademia di Brera sancivano annualmente la fortuna degli artisti
127 M. di Macco, La galleria ottocentesca di uomini illustri nel Palazzo dell'Università di Torino, in A. Quazza, G. Romano (a cura di), Il Palazzo dell'Università di Torino e le sue collezioni, Torino 2004, pp. 111-142; L. Avataneo, I «monumenti dei dotti» dai documenti dell'Archivio Storico dell'Università di Torino, ibidem, pp. 143-166; L. Levi Momigliano, L. Tos (a cura di), Eufrasia a Masino. Progetti illuministi e sentimenti romantici, Torino 2001.
128Lettera di Carlo Canigia a un non meglio specificato "Cavaliere", Roma 23 marzo 1839, in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1770.
129 Una traccia di questa testimonianze è fornita fin dagli anni '20 da numerosi atti rogati dal notaio Viecha per diversi esponenti della famiglia Migliara.
130 M. C. Gozzoli, M. Rosci, G. Sisto, L'opera grafica di Giovanni Migliara in Alessandria, Alessandria 1977, cat. n. 162 (Vecchio seduto tra le rovine di un'abbazia, disegno a matita, con dedica «Gio. Migliara all'Amico Antonio Viecha») e n. 163 (Capriccio, disegno a matita con dedica «Gio Migliara per fare visita all'amico Viecha»). Anche Francesco Mensi, nell'inventario della Pinacoteca da lui compilato nel 1877 in qualità di conservatore, riferiva che uno dei disegni di Migliara era «Dono dell'Autore al Fondatore della Pinacoteca per il capo d'anno»: Testimoniali di stato e consegna degli effetti mobili e degli oggetti d'arte esistenti nei locali ad uso Pinacoteca Viecha, 1 giugno 1877, conservato presso il Settore Musei del Comune di Alessandria.
132 operanti a Milano; Giovanni Migliara, che vi esponeva fin dal 1812 e che nel 1822 era stato nominato socio accademico, partecipava ogni anno con numerosi dipinti (ammirati per la perizia tecnica con cui ritraeva paesaggi, scene di interni e soggetti di carattere storico), con i ricercatissimi fixés dipinti su seta e con opere all'acquerello, particolarmente apprezzate per l'inconfondibile restituzione degli effetti di luce. Scorrendo gli elenchi delle opere s'incontrano i nomi dei principali committenti e acquirenti dell'artista, tra i quali i marchesi Arconati e Trivulzio, il conte Pio Bolognino, alcuni artisti vicini al Migliara come Alessandro Sanquirico e Giovanni Battista Dell'Acqua, e una folta schiera di amatori borghesi. Sul fronte del collezionismo piemontese, più volte rappresentato grazie alle opere dalle raccolte di Pietro Baldassarre Ferrero e di Gaetano Bertalazzone d'Arache, nel 1833 era esposto in mostra il Portico superiore di un convento di Cistercensi con alcuni monaci intenti a diversi uffici pel signor Antonio Viecha di Alessandria131.
L'anno precedente Migliara aveva compiuto un viaggio nei territori del Piemonte e della Savoia, una pratica rinnovata periodicamente lungo la penisola per trovare soggetti di ispirazione per i suoi dipinti.
Di natura diversa erano i viaggi di formazione che i rampolli dell'aristocrazia e dell'alta borghesia compivano in giovane età alla scoperta delle bellezze artistiche e paesaggistiche del paese. Fu proprio in procinto d'intraprendere il «viaggio d'Italia» che Antonio Maria Viecha, nel 1818, procedette alla stesura del suo primo testamento, capostipite di sette successive disposizioni che forniscono alcuni nuovi elementi utili a far luce non solo sugli averi del notaio ma soprattutto sulla maturazione dei suoi intenti132. L'eredità da lui lasciata nel 1818 e nel 1823 includeva
unicamente cifre in denaro, destinate prevalentemente ai familiari; dal 1838 subentrava invece l'urgenza di determinare la sorte delle proprie collezioni d'arte. Il motivo scatenante era dichiarato nella prematura e repentina scomparsa (avvenuta l'anno precedente) dell'illustre concittadino e «desideratissimo Amico» Giovanni Migliara, tragico episodio che troncava la speranza di veder approdare ad Alessandria il dipinto a olio raffigurante la chiesa di San Marco a Venezia, che il pittore aveva desiderio di donare alla città in segno di gratitudine per le onorificenze ricevute133.
L'opera era rimasta infatti a uno stadio di bozzetto e, sebbene la vedova avesse deciso di farne comunque dono all'amministrazione civica, insieme a un acquerello raffigurante la Porta Ticinese di Milano sotto la neve, queste poche opere agli occhi dei non esperti non sarebbero state sufficienti per farsi «una giusta ed adeguata idea dei magichi tocchi del suo impareggiabile pennello, e degli effetti di luce che sapeva così ben maneggiare per cui veniva da tutti proclamato il Pittore della luce». In città si sentiva così il peso di una perdita irreparabile, aggravata dal fatto di non
131Atti della Cesarea Regia Accademia delle Belle Arti di Milano : discorsi letti nella grande aula del Regio Cesareo Palazzo
delle Scienze e delle Arti in Milano, Milano 1833, p. 63.
132 Per i testamenti dal 1823 al 1854, citati in F. Miotti, Sulla pinacoteca..., op. cit., 2004, ringrazio Fausto Miotti e Carlo Bianchi per avermi generosamente facilitato il loro reperimento. Tutti sono conservati in ASAL, NA, alle seguenti collocazioni: II versamento, Notaio Carlo Archini, vol. 182, f. 274, 23 gennaio 1823; II versamento, Notaio Francesco Vignoli, vol. 4207, f. 198, 16 giugno 1838 e vol. 4208, f. 254, 2 agosto 1839; III versamento, Notaio Giovanni Sacco, vol. 516, f. 107, 7 settembre 1848 e vol. 525, f. 35, 17 luglio 1851; IV versamento, Notaio Antonio Legnani, vol. 1668, f. 173, 8 agosto 1854. A questi va aggiunto il testamento del 1818 appena citato: II versamento, Notaio Carlo Archini, vol. 181, f. 58, 2 novembre 1818. Salvo indicazioni diverse, le citazioni riportate in questo paragrafo sono tratte dai testamenti elencati. 133 Viecha chiederà a Teodolinda Migliara una copia di questo dipinto, che sarà parte del dono al Municipio.
133 possedere alcun dipinto finito di mano dell'illustre compatriota: con l'intento di supplire a questa mancanza, Viecha si era quindi deciso a disporre il legato nei confronti del municipio, cui lasciava tutti i dipinti a olio, i disegni e gli acquerelli indicati in un elenco scritto di suo pugno e depositato tra le carte di famiglia.
La morte di Giovanni Migliara aveva spronato le disposizioni di Viecha a favore della patria comune quale avvio per la costituzione di una pubblica pinacoteca ma anche quale sincero tributo di amicizia134. L'intenzione, meditata quindi dal notaio ben prima dell'atto di donazione del 1854,
sull'onda di un profondo rammarico, cadeva tra l'altro in anni in cui la pratica di devolvere le proprie collezioni a favore dei musei civici non era così diffusa come lo sarebbe stata qualche decennio più tardi. A quelle date, infatti, si contavano solo rari episodi, sebbene di estrema rilevanza, come quello dello scrittore e collezionista Paolo Tosio, che nei primi anni '30 aveva legato al comune di Brescia le sue ricche raccolte d'arte (ereditate poi nel 1846), o quello della straordinaria donazione di Teodoro Correr che segnò nel 1830 la nascita dei Musei Civici di Venezia135. Anche in Piemonte
si erano registrate iniziative analoghe. Nel 1833 Gaudenzio De Pagave stabiliva per testamento di lasciare alla città di Novara un cospicuo patrimonio in denaro, immobili da destinare a una istituzione assistenziale e soprattutto un gruppo di dipinti, stampe, disegni e libri, provenienti dalla collezione del padre Venanzio, che stimolarono nell'amministrazione civica la prima ipotesi di museo municipale136. La città di Torino invece nel 1837 aveva ereditato la raccolta degli acquerelli
di Giovanni Battista De Gubernatis, che con il testamento del 1835 aveva stabilito di lasciare le sue ottocento e più opere di pittura alla moglie, destinandole alla sua scomparsa alla Città di Torino, perché le esponesse nelle scuole di disegno con il vincolo del divieto di alienazione. Entrato in possesso delle opere già nel 1840, il Comune le espose l'anno stesso in due occasioni pubbliche, per poi farne uno dei pilastri con cui procedere nel 1863 all'istituzione del Museo Civico137.