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La forza dei donatori: Leone Fontana e la svolta sull'arte antica

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.4 Donare per perfezionare: le rotte del Museo Civico di Torino

4.4.4 La forza dei donatori: Leone Fontana e la svolta sull'arte antica

Il contributo di Avondo alla formazione, alla crescita e all'organizzazione del Civico di Torino fu, com'è noto, sostanziale, a partire dalla sua presenza in seno al Giurì fin dal 1863, poi nel Comitato Direttivo, fino all'incarico di direttore, che rappresentò un punto di svolta nell'ordinamento e nell'allestimento delle raccolte189. Le sue riconosciute competenze nell'ambito della produzione

pittorica, del collezionismo, del restauro e della tutela sono i presupposti di un impegno su più fronti rivolto allo sviluppo e al potenziamento del Museo, che soprattutto per la sezione dedicata alla "Storia del lavoro" poté godere di incrementi notevoli, frutto della sua affinata cultura di conoscitore, della sua confidenza con il mercato antiquariale e della sua generosità di munifico donatore. Dopo che il predecessore e amico d'Azeglio ebbe assicurato alle collezioni civiche alcuni vertici qualitativi e garantito così gli indirizzi di crescita dell'istituto, Avondo curò le acquisizioni secondo un'ottica tipologica e seriale, attento agli sviluppi internazionali in corso sulla scia del South Kensington Museum e forte di una competenza assoluta su qualunque tipo di manufatto, specie se di epoca medievale. Gli acquisti furono così rivolti a «elementi decorativi di interni, stipiti, porte, frontoni di

184 M. di Macco, Il «Museo Civico d'arte applicata alle industrie di Torino», op. cit., 1996, pp. 53-54. Eugenio Sismonda aveva donato al Civico nel 1858 anche la collezione di scienze naturali acquistata dal Museo di Alba: P. Astrua, Pio Agodino e il dibattito..., op. cit., 1996, p. 47.

185 F. Gamba, Relazione della commissione stata nominata dalla Giunta Municipale nella seduta del 27 aprile 1870..., cit. 186 C. Maritano, La direzione..., op. cit., in c.d.s.

187 E. Borbonese, Il Museo Civico di Torino. Guida, Torino 1884.

188 F. Ferro, La direzione di Vittorio Avondo, in Atti del seminario di studi sui direttori del Museo Civico..., op. cit., in c.d.s. 189 Oltre alla recente ricomposizione del ruolo di Avondo all'interno del museo (F. Ferro, La direzione di Vittorio Avondo, op. cit., in c.d.s.), per una lettura d'insieme degli infiniti fronti di impegno che caratterizzarono la sua lunga e densa attività si rinvia a R. Maggio Serra, B. Signorelli (a cura di), Tra verismo e storicismo..., op. cit., 1997.

146 camino, arredi, statue, gioielli, monete, scatole, tabacchiere, tappeti, costumi e tessuti, pizzi, nastri e scampoli, frammenti di parati in cuoio, oggetti in vetro e smalti, piatti e vasi in ceramica e porcellana, libri di preghiere, giochi di società, strumenti musicali, utensili. A questi si aggiunsero manufatti più propriamente legati al particolare interesse del direttore, come serrature, chiavi, battenti, coltelli, lame, borchie, placchette e medaglioni»190.

A metà degli anni '90, quando Avondo procedette alla radicale riorganizzazione del Civico, allestendo la sede separata di Corso Siccardi per le collezioni di arte moderna e riordinando la sezione di "Arte Antica" in via Gaudenzio Ferrari, il museo continuava a escludere nuove acquisizioni sul fronte dei dipinti antichi191, ma negli anni immediatamente successivi, complice la

rivalutazione per via storiografica della scuola pittorica piemontese192, il lascito di Leone Fontana fu

all'origine di una svolta decisiva. Pietro Toesca, rientrato a Torino nel 1907 per ricoprire la prima cattedra piemontese di Storia dell'Arte, nel 1909 ispettore presso l'Ufficio Regionale di d'Andrade e nel 1912 membro del Comitato Direttivo per l'arte antica del Museo Civico193, richiamava

l'attenzione sullo straordinario pregio della collezione Fontana e sulla necessità di provvedere a una sistemazione adeguata194.

Ad Avondo non sfuggiva il pregio della raccolta, donata dagli eredi alla città nel 1908 e composta di «ben 35 tavole, parecchie delle quali di grandi dimensioni, tutte di scuola piemontese della bell'epoca dell'arte, raffiguranti soggetti religiosi, dipinte quasi tutte da Defendente Deferrari, per cui hanno nel nostro Museo uno straordinario interesse»195. Formatosi nell'ambito degli studi

giuridici, membro dal 1880 della Regia Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria ed eletto nel 1900 senatore del Regno, Leone Fontana aveva stretti legami con l'amministrazione civica: dal 1897 sedeva in consiglio comunale e fin dal 1889 faceva parte del Comitato Direttivo per l'arte antica. Membro della Commissione Conservatrice per la Provincia di Torino a partire dal 1897, era figura certamente attenta al problema della tutela territoriale, che insieme all'interesse per la cultura figurativa regionale dovette essere alla base delle sue scelte collezionistiche. La sua collezione era ben nota ad Avondo, che proprio nel 1908 aveva liberato alcune sale del museo per la formazione

190 F. Ferro, La direzione di Vittorio Avondo, op. cit., in c.d.s.; S. Pettenati, Vittorio Avondo e le arti applicate all'industria, in R. Maggio Serra, B. Signorelli (a cura di), Tra verismo e storicismo..., op. cit., 1997, pp. 95-105. Oltre agli acquisti, occorre ricordare anche quanto Avondo legò al Municipio, nominato suo erede universale: oltre ad opere d'arte antica e moderna (che comprendevano fotografie, disegni, dipinti e l'intera collezione personale di oggetti antichi, tra cui l'Angelo di Gaudenzio Ferrari) lasciò una consistente somma in denaro destinata all'acquisto di opere e all'ampliamento della sede museale. 191 E. Borbonese, Guida di Torino, Torino 1898, p. 300.

192 M. di Macco, Avondo e la cultura della sua generazione: il tempo della rivalutazione dell'arte antica in Piemonte, in R, Maggio Serra, B. Signorelli (a cura di), Tra verismo e storicismo..., op. cit., 1997, pp. 49-60. Da ricordare, almeno, l'amicizia di Avondo con Alessandro Baudi di Vesme, direttore della Regia Pinacoteca e punto di riferimento per la storiografia artistica piemontese a cavallo del 1900: C. Spantigati, Alessandro Baudi di Vesme, in Dizionario biografico dei Soprintendenti Storici dell'Arte (1904-1974), Bologna 2007, pp. 68-73.

193 G. Romano, Pietro Toesca a Torino, in M. di Macco (a cura di), Toesca, Venturi, Argan. Storia dell'arte a Torino 1907-

1931, «Ricerche di Storia dell'arte», n. 59, 1996, pp. 5-16.

194 S. Baiocco (a cura di), Defendente Ferrari a Palazzo Madama. Studi e restauri per il centenario della donazione Fontana, Torino 2009.

195 Le parole di Avondo, parte di una lettera al Sindaco del dicembre 1908, sono riportate da M. di Macco, Avondo e la

147 del Museo del Risorgimento e che pur di esporre la collezione si dichiarava disposto a ricoverare nei magazzini ulteriori dipinti e i materiali destinati al museo storico della città. Lo straordinario corpus di opere di scuola piemontese spalancava le porte a nuove prospettive di acquisizione da parte del Civico, che già alla fine degli anni '90 aveva volentieri accolto i dipinti di Olivero e Graneri compresi nel lascito del pittore Angelo Beccaria196.

Le opere della collezione Fontana furono così esposte in una sala della Palazzina dell'arte moderna, da cui le avrebbe recuperate alla sezione d'arte antica Vittorio Viale nei primi atti della sua direzione. Una collocazione motivata dalla disponibilità di spazio e dalla contiguità tipologica della "galleria", ma che allo stesso tempo rendeva meno pressante quel dissidio tra arte "pura" e arte applicata che avrebbe tenuto banco negli anni successivi.

Il dono di Leone Fontana ebbe così la capacità di sollecitare e portare definitivamente alla luce una ulteriore "anima" del Civico, fissando in questo caso un punto di non ritorno. Si confermava allo stesso tempo il peso considerevole che i privati donatori rivestivano per le sorti dell'istituzione, tanto che nel 1913, nel corso di una seduta in cui si deplorava che i quadri della collezione Fontana portassero ancora una poco decorosa didascalia in cartone, il Comitato proponeva la pubblicazione di un opuscolo che insieme alla storia dei progressi del museo avrebbe dovuto riportare i ritratti dei maggiori donatori e benemeriti197. Tra questi avrebbe potuto

sicuramente figurare, insieme al senatore, il magistrato e poeta simbolista Giovanni Camerana, che all'incirca negli stessi anni (1905-1909) legava al museo un nucleo di circa 650 opere di Antonio Fontanesi. Si trattava di dipinti, disegni, incisioni, rami e una ceramica che contribuirono ad alzare notevolmente il valore delle collezioni di arte moderna, che potevano finalmente essere rappresentative di uno dei grandi protagonisti dell'ottocento piemontese e nazionale198.

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