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SOCIETÀ LOCALI, MUSE

5.2 Un'inedita interpretazione della tutela: il Museo del Paesaggio di Pallanza

5.2.2 Il museo come «tempio del paesaggio vivente»

Il Museo procedeva quindi sia nella sua sezione di arte antica (che comprendeva anche una parte storica) sia con la Galleria d'arte del paesaggio, con i settori del paesaggio retrospettivo e moderno. Gli anni bellici e post-bellici impedirono a Massara di portare a compimento la parte di museo che avrebbe dovuto «rivelarne l'intrinseco carattere, la Sezione della villa e del giardino, ove si doveva compendiare l'architettura dei paesi, delle case, delle ville, dei giardini, descritta

82Sindaco di Pallanza a Soprintendenza ai Monumenti, Pallanza 8 agosto 1913, in SBAP, FdA, fasc. 537 "Pallanza Casa Viani".

83 Una copia della convenzione è conservata in ACS, AA.BB.AA., Divisione I 1908-1924, b. 839, fasc. "Castello di Invorio Inferiore, dipinti in affresco in un fienile".

84 A. Massara, Il Museo del Paesaggio..., op. cit., 1922, p. 192.

85 «La recente iscrizione degli affreschi tra i monumenti nazionali non giova alla loro conservazione: ultimamente furono sottoposti ad una lavatura eccessivamente energica. Dopo i dannosi effetti della dimenticanza sono da temersi quelli ancor più disastrosi dell'ammirazione paesana»: A. Massara, Il fregio dei duchi nel Castello di Invorio Inferiore, in «Rassegna d'arte», fasc. n. 4, marzo 1909, consultato in estratto.

179 nelle sue manifestazioni passate, suggerita nei suoi progetti per l'avvenire in armonia coi nuovi bisogni, questa sezione così importante perché aveva ad essere complemento della sezione d'arte pura e dimostrare che il paesaggio non si deve solo ammirarlo come panorama o quadro ma rispettarlo e realizzarlo nella vita»87. L'intento era quello di svincolare il concetto di paesaggio da

una fortunata formula commerciale e di farne il perno di una nuova scommessa locale. Massara teorizzava il paesaggio come «sorgente di vita» e come «scuola», formulando su queste basi gli scopi principali del museo:

1. Favorire lo studio delle bellezze naturali ed artistiche della regione e promuoverne la tutela a vantaggio dell'educazione artistica regionale.

2. Organizzare ogni anno esposizioni e manifestazioni artistiche regionali.

3. Promuovere con lezioni, pubblicazioni, conferenze, il rispetto e lo svolgimento delle forme architettoniche locali, con special riguardo alla casa e al giardino.

Nell'accezione di Massara il paesaggio non poteva essere solo oggetto di contemplazione artistica o naturalistica: il museo doveva essere «il tempio del paesaggio vivente, che i quadri non possono mai tutto contenere e che non è costituito solo di boschi, torrenti, rive, ma anche di case, monumenti antichi e nuovi, antenne per fili elettrici ed uomini che vi lavorano e costruiscono». Si trattava insomma di una sensibile ricerca dell'identità dei luoghi, esplicitamente intesa come tassello fondante della variegata fisionomia nazionale. Lontano da nostalgie stereotipate, la visione di Massara conciliava la conoscenza e il rispetto del passato con le istanze del progresso e dello sviluppo:

[...] in questo senso il paesaggio da difendere non è statico ma con una frase anche troppo usata oggidì dinamico: e perciò il compito da proporsi non è tanto di una catalogazione e conservazione di bellezze naturali (quante e quali sono?) già così difficile e pericolosa per i monumenti, ma piuttosto di un'opera di educazione e di persuasione perché il rispetto alla natura sia più sentito che imposto e la febbrile attività umana ne trasformi, non ne deformi i divini aspetti88.

La collezione di paesaggisti lombardi degli ultimi cinquant'anni era stata messa insieme grazie alla collaborazione del critico e storico dell'arte Raffaello Giolli (1889-1945), fondatore della rivista «Poligono»; Giolli aveva curato anche la sezione delle incisioni, che avevano come soggetto architetture e paesaggi prealpini. L'allestimento del 1915 presentava dunque le sale del paesaggio antico e moderno, del paesaggio architettonico, del bianco e nero, una sala del risorgimento, una geografica e demografica e uno spazio per le mostre temporanee.

Il Museo si dichiarava alieno dalla caccia al capolavoro e proclamava anzi la volontà di intervenire sulla crescita e sulle trasformazioni del territorio: di qui la centralità della "scuola d'arte paesana", che all'insegnamento per repertori e modelli intendeva sostituire l'insegnamento per

87Ibidem, p. 193. 88Ibidem, pp. 193-194.

180 esempi concreti, tratti sul posto, «forme ancor vive sotto il sole e la pioggia» in grado di sviluppare la tradizione locale. L'idea di un'arte "vivente" consentiva a Massara ulteriori considerazioni sui principi della conservazione e della tutela:

Il Museo non avrà bisogno del capolavoro, della rarità preziosa: ma rispettando e richiamando il rispetto ai quadri ed agli arredi sacri, all'opera d'arte lasciata nel posto per cui fu creata, vorrà raccogliere con umile religiosa cura l'oggetto che può andar disperso e che può suggerire forme ed idee all'architetto, all'artista, all'operaio.

[...] Mentre lo snobismo estetico e la speculazione antiquaria creano le industrie voluttuarie del lusso vano e delle antichità false che tendono ad impoverire ogni nostro paese spogliando le chiese degli arredi, le case dei mobili tradizionali, la SCUOLA D'ARTE PAESANA vuole che ogni oggetto rimanga sul posto per cui fu creato, che la lampada d'ottone della chiesa consacrata non si venda per illuminar il salotto profano, che si rispettino i nostri operai commettendo loro anziché l'immorale falsificazione degli oggetti antichi la costruzione in cui non eccellono meno degli arredi nuovi ispirati alla tradizione antica»89.

Alla riapertura post bellica del 1919 seguirono mostre, come quella dei divisionisti nel 1921, e interessanti occasioni di crescita e incremento che si protrassero per tutto il decennio successivo, sia sul fronte dell'arte moderna sia nell'ambito della tutela dei monumenti antichi. Lo dimostra il catalogo del 1930, edito a pochi anni dalla scomparsa di Massara ma tuttavia specchio del suo impegno e del compimento del suo disegno90. In copertina, dove era inserito lo stemma del

museo accompagnato dal motto «Ancor non me despero»91, era infatti ricordata la data di

fondazione del 1909 e nelle sue prime pagine erano riportati gli obiettivi messi a fuoco più di vent'anni prima dal fondatore.

Il museo risultava suddiviso in Museo Storico Artistico del Verbano e delle Valli adiacenti, Gallerie d'arte antica e moderna del paesaggio e Scuola d'arte paesana, insieme all'Archivio e alla Biblioteca Storica aperti agli studiosi. Nel porticato e lungo lo scalone d'ingresso erano depositati frammenti antichi, reperti archeologici e ricostruzioni di ornato (come l'antica balconata barocca che decorava l'edificio), miste a ricordi commemorativi della prima guerra mondiale. Nel Salone d'Onore aveva sede la Galleria d'Arte Antica, dove insieme ai medaglioni bramanteschi del castello di Invorio Inferiore erano esposte tele del XVI e XVII secolo, ferri battuti, manufatti in legno e antiche incisioni. Compariva anche il grande affresco che il restauratore Francesco Annoni aveva donato al museo dopo averlo strappato dalla chiesa milanese delle "case rotte" in piazza della Scala. Ai dipinti murali recuperati era poi dedicata una ulteriore "Sala degli Affreschi", dove erano esposti, insieme a un eterogeneo gruppo di sculture, disegni e arti decorative, gli affreschi

89Ibidem, pp. 196-197.

90Museo del Paesaggio. Catalogo con annessa guida dei Monumenti Storici, Artistici di Pallanza e dintorni, Pallanza 1930. 91 Il motto era ripreso da quello che il pallanzese Bortolotto aveva fatto incidere sulla fontana eretta nel giardino della propria casa, dopo aver curato e finanziato la costruzione di uno dei torrioni del Castello Sforzesco (la "Pallanzotta") per imposizione del duca Francesco Sforza. Una rappresentazione della fontana, dipinta ad affresco dal soldato Vanoli nel 1916, era inserita nel percorso di visita.

181 dell'oratorio di San Rocco, estratti nel 1879 da Antonio Zanchi in seguito a un'intricata ed emblematica vicenda92.

La Galleria d'Arte Moderna comprendeva quattro sale, con dediche a Eugenio Gignous (1850-1906), «il quale seppe dare l'interpretazione più profonda e più attraente del nostro paesaggio», a Guido Boggiani (1861-1902) e all'«apostolo dell'arte divisionista» Alberto Grubicy. Nell'ultima sala una vetrina conteneva il progetto di restauro della chiesa romanica di San Remigio che l'architetto Febo Bottini aveva donato alla Città. Seguiva la sala del bianco e nero e gli ambienti destinati alle mostre temporanee, che in mancanza di programmazione ospitavano opere di giovani artisti locali destinate ala vendita.

Il Museo Storico del Verbano comprendeva una parte retrospettiva (con incisioni, vedute, fotografie e documenti storici), una sezione dedicata alla storia dei trasporti, cimeli e ricordi di uomini illustri, minerali, le raccolte numismatica e archeologica e la Sala Storica Cadorna, sacrario e omaggio agli eroi della grande guerra. La sala della Scuola d'Arte Paesana raccoglieva infine oggetti di uso domestico e rurale, ceramiche, giocattoli, merletti, costumi, mobili, «tutte improntate a quelle linee decorative paesane delle nostre vallate così caratteristiche e geniali, che purtroppo, il modernismo va trasformando, devono essere di scuola e guida al piccolo artigiano, all'operaio nelle varie estrinsecazioni della sua opera, nei suoi lavori».

Il catalogo si chiudeva significativamente con la Guida dei monumenti e cose notevoli di Pallanza e dintorni. Nel 1922 il parlamento aveva votato la legge sulla tutela delle bellezze naturali ed era nato il Comitato nazionale per la difesa dei monumenti e dei paesaggi italici, con perno nel Touring Club e di cui Massara faceva parte93. Il museo di Pallanza aveva potuto rinvigorire la

propria missione, e tra i primi obiettivi Massara aveva individuato la difesa dell'Isola dei Pescatori sul Lago Maggiore. Il sostegno a un principio di tutela consapevole della "mobilità" dei luoghi si traduceva nella conservazione del loro "carattere", «quel carattere espressivo ed onesto, che le ha procurato la stima e l'amore dei viaggiatori, degli artisti e dei poeti»:

Ora noi abbiamo bisogno non che il paese conservi un volto immobile ma che serbi il suo carattere intimo. E qui la legge non mi basta.

Nell'Isola dei Pescatori non abitano più pescatori. Quelli che vi sono non possono far valere il loro amore (e il loro dolore!) contro la potenza ignorante degli albergatori e speculatori [...]. Ed ecco qui il compito preciso del Museo del Paesaggio: diminuire il numero di questi ignoranti che credono che un albergo di tipo zurighese e con rèclames luminose attiri di più di una onesta locanda italiana costrutta con bei loggiati fioriti, fornita di buona cucina casalinga; che il gusto di chi ha avuto la fortuna di potersi costrurre un villino, consista nel tirar su quà un castelletto medioevale di cartapesta, là un padiglione di stile viennese, più in là un pasticcio d'architettura moresca senza mai pensare ad una casetta o ad un palazzo in beata armonia coi luoghi e colle costruzioni che dalla chiesa alla casupola, dal due al

92 P. Astrua, Gli affreschi dell'oratorio di San Rocco a Pallanza, una pagina poco nota all'insegna della tutela, in Ricerche

sulla pittura del Quattrocento in Piemonte, Torino 1985, pp. 175-187.

93 Nel 1927 il segretario provinciale del partito fascista, il barone C. E. Basile, procedeva alla nomina di una commissione provinciale per il novarese: Una Commissione provinciale per la tutela e valorizzazione delle bellezze artistiche e naturali della nostra regione, in BSPN, A. XXI, fasc. I, gennaio-marzo 1927, p. 131.

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settecento, son tutte quanto mai diverse ma tutte con un'onesta aria di famiglia paesana94.

L'obiettivo di Massara era dunque quello di intervenire sulle scelte di crescita e di trasformazione del territorio immettendo elementi di conoscenza e sensibilità verso le sue forme storiche e i suoi tradizionali talenti. Una prospettiva cui lo studioso era giunto precocemente ma che negli anni a seguire avrebbe subito consistenti manipolazioni.

La leva sul "carattere" e sull'"anima" dei luoghi fu infatti, com'è noto, l'alibi con cui il fascismo procedette a una retorica definizione delle proprie politiche culturali. La trasformazione degli spazi pubblici e dei paesaggi urbani doveva necessariamente sacrificare il passato e il suo recupero veniva imbrigliato da nostalgie e sentimentalismi, come dimostrano per esempio le tappe che intorno al 1930 accelerarono la costituzione del Museo di Roma con la figura di Antonio Muñoz95. La difesa degli elementi della tradizione veniva progressivamente ancorata a principi

selettivi e non di rado pretestuosi: una situazione che incise anche sullo sviluppo degli studi etnografici, e sui destini di alcune figure come quella di Euclide Milano che rappresenta nel cuneese il primo e consistente traino verso la costituzione dei musei civici.

94 A. Massara, Il Museo del Paesaggio..., op. cit., 1922, pp. 199-200.

95 S. Abram, Il museo di storia della città, in AAVV, Il Museo storico. Il lessico, le funzioni, il territorio, atti del convegno di studi a cura del Museo Storico Italiano della Guerra, Museo Storico in Trento e ICOM Italia (Rovereto – Trento, 22-23 giugno 2007), in corso di stampa.

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APPENDICE

5a. Il carteggio tra Antonio Massara e Corrado Ricci.

documento: Antonio Massara a Corrado Ricci, Pallanza 15 ottobre 1912, in ACS, Divisione I 1908- 1924, b. 110.

Ch.mo Comm. Corrado Ricci, Roma.

Sono in attesa di decisioni sugli affreschi della Casa Viani di Pallanza che si deve demolire. Si deve al Museo ed a me d'aver ottenuto dal Municipio che si stanziasse apposito fondo pel trasporto di detti affreschi che altrimenti dato il disinteresse della cittadinanza sarebbero andati perduti, non essendo la casa Viani monumento nazionale né meritando di essere in sé stessa. [...] Certamente in un paese ove fosse sentito più vivo il culto delle memorie anche la casa potrebbe restare. Ma Ella sa troppo meglio di me quanto bisogna concedere in cambio di quel che si ottiene. Quante case antiche e loggiati e cancellate a Pallanza come a Suna come ad Intra (neppur citate nell'elenco degli edifici monumentali) bisogna spiare e proteggere da possibili manomissioni! [...] C'è poi il palazzo Dugnani con soffitti a cassettoni, affreschi, ringhiere di ferro battuto già manomesse, ove con pressioni, raccomandazioni, promesse spero far entrare tirandolo per le corna il Museo del Verbano in occasione del congresso della Dante del 1913. Ed una volta installato il Museo in quel palazzo signorile penserò [...] a farlo rispettare [...].

documento: Corrado Ricci ad Antonio Massara, Roma 24 ottobre 1912, in ACS, Divisione I 1908- 1924, b. 110.

Egregio Dottore, ho speranza di poter salvare dalla distruzione non soltanto gli affreschi ma anche la stessa Casa Viani che il Municipio vorrebbe sacrificare per la costruzione di un rettifilo. Il Sopraintendente ai monumenti di Torino ha già infatti studiato un progetto che permetterebbe di conservare la casa, facendo passare sotto di essa anche per mezzo di portici la costruenda strada; in pendenza delle pratiche relative si è notificato al Municipio, per mezzo del Prefetto di Novara, il divieto di fare qualsiasi lavoro attorno a casa Viani. Se l'edificio potrà essere conservato si penserà più tardi a restaurare gli affreschi, se invece le pratiche già avviate dovessero fallire convengo anch'io che la soluzione migliore sarà quella di riportare sulla tela gli affreschi affinché siano conservati nel Museo.

È poi da tempo che mi preoccupo del problema della pubblicità in rapporto al paesaggio, ma allo stato attuale della nostra legislazione in materia si è completamente disarmati. Ho iniziato perciò delle pratiche col Ministero delle finanze per addivenire alla imposizione di una tassa fortemente proibitiva sugli annunci, quale già esiste in Francia, e che rappresenta certamente il mezzo più sicuro per fermare questa nuova invasione barbarica. La informo ancora che si è scritto al Sopraintendente ai Monumenti di Torino affinché proponga i provvedimenti necessari per la Casa Moriggia di cui Ella lamenta le deplorevoli condizioni, e anzi assicurandola del mio continuo interessamento per codesta regione non seconda alle altre per le bellezze artistiche e naturali, mi confermo coi più cordiali saluti.

documento: Antonio Massara a Corrado Ricci, Pallanza 15 marzo 1914, in ACS, Divisione I 1908- 1924, b. 839, fasc. "Castello di Invorio Inferiore, dipinti in affresco in un fienile".

184 Come già le è stato annunciato, alfine il mio lungo voto per cui ho dovuto tanto combattere è stato realizzato. Il palazzo settecentesco Dugnani-Viani, d'uno stile barocco sobrio ed elegante, ch'era stato condannato ad irreparabile rovina, mercè la sua nuova destinazione a Museo rinasce a nuova vita. I restauri che già si vanno facendo dimostrano, com'Ella potrà sincerarsi in una Sua auspicata visita, che n'era degno più d'ogni altro dei pochi antichi palagi del Verbano scampati al guasto edilizio di questi ultimi anni [...].

Le fotografie da me pubblicate [...] non riusciranno mai a descrivere la condizione miserabile in cui sono abbandonati questi affreschi, rimasti a decorare nulla più che un lurido fienile, per l'uso colonico a cui venne quel decrepito fabbricato destinato da qualche secolo. Neppure i contadini giudicano quella casa degna d'essere da loro abitata e gli affreschi per forza di cose lasciati alla mercé degli elementi o del primo monello o pazzo che vi capiti sono in continuo pericolo. E creda che non metto nelle mie parole abbondanza di esagerazione. Ora a me è venuta un'idea che mi pare potrebbe mettere un definitivo riparo a questa deplorevole condizione di cose con vantaggio dell'arte e degli interessi di tutti. [...] Il nostro Museo demolendo delle tramezza che ostruivano e deturpavano il piano superiore del palazzo Dugnani ha ripristinato una galleria di più di quindici metri di lunghezza, con un bel soffitto a lacunari in legno dipinto, che servirà di gaio luminoso vestibolo alle Sale del Museo. Tale galleria certo ornata ai suoi tempi di opere d'arte sparite col saccheggio subito da quel palazzo rimane ora colla sua lunga parete terribilmente vuota. [...] Una galleria rimasta senza fregio e un fregio rimasto senza galleria... la conclusione vien da sè. Ed eccola. Quando la Stato favorisse col suo concorso la rimozione di quegli affreschi per collocarli colle debite condizioni e garanzie nella Galleria del palazzo Dugnani, il Museo potrebbe trovare facilmente i fondi necessari (ed ho già affidamenti in proposito da un generoso mecenate) per l'acquisto degli affreschi [...]. Nel paese d'Invorio la cosa sarebbe da tutti vista bene per gli stretti rapporti che sono tra quel paese e il Lago Maggiore (pareva già parte della provincia di Pallanza) e per la menzione onorifica che giustamente si farebbe nel Museo del paesaggio del piccolo borgo isolato sulla montagna... Pallanza così ospiterebbe nel suo miglior palazzo quei duchi di Milano che lasciarono in questo nostro lago tanti segni della loro preponderanza in un periodo che fu anche del maggior fervore economico ed artistico per la nostra regione. Lo dimostra la tradizione avvalorata dalla storia di quel Bertolotto di Pallanza detto il Pallanzotto (di cui si parlò in "Verbania") che punito dal duca Francesco Sforza a costruire a sue spese una torre del castello di Milano fece poi dipingere nella sua casa una fontana perenne col motto "Ancor non me despero". Forse un tal motto converrà ancora ripetere in qualche decorazione del nostro Museo del Paesaggio come segno augurale d'un risorgimento più conscio di questa città e della sua bella regione che richiamandosi alle sue più nobili tradizioni non dispera di liberarsi da nuove tirannie forestiere che ne impoveriscono le naturali risorse e ne deformano la pura e italiana fisionomia. A me la cosa par così bella e buona non solo per sè ma per gli effetti morali che ne deriverebbero a vantaggio della coltura artistica locale così pervertita su queste frontiere, che io confido ch'Ella ch'è sempre così largo d'aiuto alle più lontane iniziative che promuovano il risveglio artistico vorrà approvarla e suggerirmi la miglior via da tenere per la più sollecita attenzione [...].

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