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L'interesse per la storia vercellese, dalla passione alla tutela

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.1 L'«avere io sempre cercato, in tutti i modi, di essere utile al mio

4.1.2 L'interesse per la storia vercellese, dalla passione alla tutela

Camillo Leone non ebbe modo di seguire in prima persona le perlustrazioni archeologiche di padre Bruzza; l'interesse per l'antiquaria maturò in anni successivi, grazie all'amicizia con lo storico e numismatico vercellese Sereno Caccianotti, presentatogli dall'Angelucci e che come è stato ricordato consentì la pubblicazione delle Iscrizioni vercellesi. Caccianotti, possessore di una raccolta numismatica che aveva però donato alla città di Genova, nel 1877 accompagnò il padre barnabita a visitare le collezioni di Palazzo Langosco. Da quel momento Bruzza trasmise a Leone il forte interesse per l'archeologia, orientandone gli acquisti verso oggetti di antichità romani e sollecitando in lui il recupero dei reperti man mano scoperti nel corso di scavi sul territorio così come quelli ancora sparsi in piccole raccolte locali38. In seguito fu Ariodante Fabretti a guidare le

ricerche archeologiche di Leone: la loro conoscenza, avvenuta nel 1877 grazie a Edoardo e Federico Mella, ebbe modo di consolidarsi anche per il comune impegno presso la Società di Archeologia e Belle Arti di Torino, di cui Leone fu socio corrispondente dal 1890 e vice presidente per ben tre mandati. Qui non solo poté pubblicare i suoi contributi su ritrovamenti o acquisti di antichità39, ma poté soprattutto partecipare al dibattito più aggiornato sui temi della tutela e

condividere quelle istanze di conservazione delle patrie memorie che furono di sicuro indirizzo per la sua attività collezionistica.

Tra i visitatori delle sue collezioni, e successivamente amico e corrispondente fidato, occorre ricordare ancora Ermanno Ferrero, professore universitario e membro della Società di Storia Patria. La sua prima visita risale al maggio del 1889, quando si soffermò a lungo sulle raccolte di Leone40, in particolare sulle tavole acquistate dall'Opera Pia di San Luigi, collocate nella

sala di ricevimento, sulla collezione di vetri greci e romani e sui bronzi di Borgo Vercelli. Nel grande salone i due studiosi passarono in rassegna la raccolta di piombi e bolle papali e il medagliere; scesi al piano terreno, sotto l'atrio, per visitare le lapidi, proseguirono nella visita delle sale. Nella

35 F. Arborio Mella, Camillo Leone..., op. cit., 1910, pp. 13-14.

36 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 48 (30 giugno 1899). 37Ibidem, p. 486 (31 gennaio 1901).

38 L'intensa corrispondenza tra Leone e Bruzza è parzialmente riportata in G. Sommo, Vercelli e la memoria..., op. cit., 1982. Sulla collezione archeologica di Leone cfr. A. M. Rosso, La collezione archeologica del notaio Camillo Leone di Vercelli, in M. Venturino Gambari, D. Gandolfi (a cura di), Colligite fragmenta..., op. cit., 2009, pp. 273-280.

39 E. C. Ostellino e P. Bossi, Indici di 116 anni..., op. cit., 1992, p. 118. 40 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 276 (5 maggio 1889).

111 prima erano conservate le armi in pietra, bronzo e ferro, altre raccolte in bronzo, vetri romani di scavo, reperti dal sepolcreto di Galliate e figuline vercellesi; nella seconda vasi italo greci (molto apprezzati da Ferrero), la raccolta dell'Ospedale Maggiore41, armi, oggetti preziosi, pizzi,

ceramiche di varie fabbriche italiane ed estere, raccolte di vetri antichi e di Murano, porcellane di Vinovo; le ultime tre sale ospitavano antifonari, pergamene miniate, edizioni antiche dei tipografi vercellesi e gli immancabili libri.

Ferrero tornava spesso dall'amico vercellese, in particolare per lo studio dei pezzi romani in vista del supplemento alle iscrizioni di padre Bruzza. Nell'aprile del 1891 propose a Leone l'acquisto di oggetti antichi appartenuti al barone Gamba, direttore della Regia Pinacoteca, inviandogli alcune tavole fotografiche della raccolta con un elenco di quanto la baronessa avrebbe voluto cedere: si trattava di «varj servizi di porcellana di Vieux satin di Vienna, qualcheduna di Vineuve, terraglie di Urbino, Savona, piatti della China, armi, ecc. ecc. Insomma, una raccoltina di molti, svariati e numerosissimi pezzi antichi» a cui Leone dovette a malincuore rinunciare per i costi troppo elevati42.

L'impegno di Leone per la tutela dei monumenti vercellesi trovò alleati non solo in Piemonte. Una delle figure che contribuì a porre le vicende locali sotto i riflettori di un osservatorio nazionale fu quella di Guido Carocci: le pagine del suo giornale «Arte e storia» registrarono alcuni degli episodi più significativi legati al recupero del patrimonio storico artistico della regione. Le informazioni e i contributi raccolti erano frutto di solidi rapporti epistolari e di amicizia che Carocci intrattenne con i principali attori della conservazione presenti sul territorio. A Vercelli il referente più ascoltato fu proprio Camillo Leone, che più volte ospitò le visite dell'amico fiorentino43, coinvolto in

prima persona nella cronaca e nella riflessione sugli episodi cittadini, anche attraverso le pagine dei giornali locali. Per esempio nel 1884, quando Carocci prendeva spunto dagli episodi più recenti per suggerire una riflessione sull'efficacia delle commissioni conservatrici, in linea con un dibattito vivo anche sul piano nazionale:

È molto discutibile se queste commissioni, spesso chiamate per ironia Conservatrici, corrispondano al loro scopo ed al nome che portano, sia per la strana maniera della loro costituzione, sia per gli elementi che la compongono, elementi non sempre celti con giusti criteri e non sempre adatti a giudicare una certa data cosa. In quella novarese abbondano per esempio gli avvocati che si dilettano di numismatica, e per l'appunto nella questione dell'abside di Vercelli [...] toccò a due numismatici (persone sotto tutti i rapporti egregie e nella loro partita dottissime) l'andare a sentenziare sulle sorti di quel povero edifizio44.

41 Gli oggetti acquistati dall'Ospedale erano riposti in una vetrina con pannelli intarsiati; a Ferrero, che chiese se si trattasse di un'opera di Pietro Piffetti, Leone riferiva di aver recuperato la vetrina da un salumaio e che era stata realizzata dall'intarsiatore vercellese Marola detto il Fiorino.

42 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 332 (5 maggio 1889).

43 Nel settembre del 1885 parteciparono insieme al III Congresso storico italiano presso l'Accademia delle Scienze di Torino e alla successiva gita nella città di Saluzzo, dove immaginiamo si posano essere soffermati su Casa Cavassa, che in quegli anni il marchese d'Azeglio provvedeva a restaurare, sotto la direzione di Avondo, in vista della donazione alla città. 44 G. Carocci, Una questione artistica a Vercelli, in «La Nuova Vercelli», 9 novembre 1884 (cfr. G. Sommo, Vercelli e la

112 La presenza di Carocci dovette essere utile a Leone anche nel mettere ulteriormente a fuoco intenti e opportunità collezionistiche, come quando nel 1891 acquistò dalla libreria Bocca di Torino una raccolta in sei volumi di carte geografiche, disegni, vedute di città e fortificazioni, con varie piante dell'antica Vercelli e del suo territorio, proponendo al bibliotecario comunale Cesare Faccio «di fare un elenco di tutte le piante, disegni di architettura, di monumenti, di fortificazioni ecc. che interessare possono questa nostra antica città, per quindi, se fosse del caso, anche farne una pubblicazione»45: intenzioni che richiamano la il coevo interesse per la documentazione

topografica, che nella Firenze di Carocci e Corrado Ricci avrebbe condotto a specifiche proposte museali. Maturava infatti nel collezionista vercellese la volontà di documentare con la storia anche le trasformazioni della città, conservando per esempio i campioni delle decorazioni che nel 1847 erano state poste nel teatro municipale dall'architetto Leoni.

I "vandalismi" vercellesi furono oggetto su «Arte e Storia» di numerosi articoli in particolare nel 1884, anno in cui Carocci era giunto in Piemonte in occasione dell'Esposizione torinese e, come registrano i diari di Camillo Leone, aveva dedicato alcuni giorni alla visita di Vercelli. Oltre al già citato caso della polemica contro gli "absidiofobi", episodio in cui fu cruciale l'interessamento di Leone per arginare la manomissione dell'antica chiesa di San Marco, il periodico di Firenze si occupò anche della chiesa di San Pietro della vicina Gattinara. Tra il 1884 e il 1885 fu il maggiore Angelucci a farsi portavoce della vicenda, testimoniando a più riprese la demolizione degli ambienti interni dell'edificio medievale e protestando calorosamente per l'intenzione di procedere anche sulla facciata, una «facciata di chiesa del medioevo, tutta d'opera laterizia con tetto a due pendenze, e tre porte a sesto acuto, occhio (forse era una rosa) sopra la principale, con archetti trilobati nella cornice, fregi, cornici, formelle dentrovi figure a basso rilievo, il tutto di terra cotta. Cose stupende per il tempo, che accenna il fine del XV secolo, e ben conservate»46. L'attenzione

richiamata sull'episodio portò il prefetto di Novara a convocare d'urgenza la Commissione Conservatrice47, fino a che il Ministero per mezzo del Regio Ispettore Federico Mella non diede

ordine di lasciare integra la facciata48.

Negli anni successivi Leone pubblicò su «Arte e Storia» alcuni contributi in materia di archeologia, sfruttando le pagine fiorentine per sollecitare il Municipio e i responsabili del Museo Bruzza a ritirare quanto emerso da demolizioni e scavi cittadini, provvedendo a riordinare i reperti del museo e a munirli «delle indispensabili indicazioni, onde servano di schiarimento a coloro, che

45 C. Faccio, C. Leone, Una preziosa notizia bibliografica e una buona idea, in «La Sesia», 3 febbraio 1891 (cfr. G. Sommo,

Vercelli e la memoria..., op. cit., 1982, pp. 107-110).

46 Angelucci si scandalizzava che il progetto fosse opera proprio del successore dell'architetto Mella (l'ing. Locarni), che mai avrebbe approvato un tale intervento, e si interrogava sui mancati provvedimenti da parte della commissione provinciale: A. Angelucci, Un nuovo vandalismo, in «Arte e Storia», A. III, n. 51, 21 dicembre 1884, pp. 402-403.

47 A. Angelucci, La facciata della chiesa di S. Pietro in Gattinara, in «Arte e Storia», A. IV, n. 13, 29 marzo 1885, pp. 99-100. 48Notizia, in «Arte e Storia», A. IV, n. 14, 5 aprile 1885, p. 103; A. Angelucci, Chiesa di S. Pietro in Gattinara. Quanto è

costata sino al gennaio del 1884 e durante quell'anno e quanto costerà il suo compimento, ibidem, A. IV, n. 15, 12 aprile 1885, pp. 116-117.

113 volessero fare una visita al detto museo lapidario Bruzza»49. Le notizie dei ritrovamenti e degli studi

condotti furono oggetto anche di una serie di Spigolature archeologiche vercellesi, pubblicate nel 1894 sulla stampa locale50.

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