2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese
4.2 Donare al Municipio: anticamera del museo e memoria della storia civica
4.2.2 Lasciti e donazioni al Municipio di Novara
Anche a Novara furono numerosi i lasciti pervenuti al municipio prima della creazione del
84 Francesco Negri era sindaco nel 1887, quando furono inaugurati i monumenti a Rattazzi, Lanza e Mellana.
85 G. Giorcelli, Per un Museo di Archeologia di Storia e di Arte in Casale, in «L'Avvenire Gazzetta del Monferrato», a. XXVIII, n. 1358, 23 aprile 1909. La vicenda è ripercorsa da G. Mazza, Le civiche raccolte, op. cit., 1995, in part. pp. 35-36.
86 A partire dal 1911, Giovanni De Marchi (che era stato presidente della Corte d'Appello di Casale nel 1882) donava un importante gruppo di dipinti, di cui facevano parte quattro opere del pittore settecentesco di origini casalesi Pier Francesco Guala (G. Mazza, C. Spantigati (a cura di), Le collezioni del Museo Civico di Casale..., op. cit., 1995, schede nn. 9-13; M. P. Soffiantino, Pietro Francesco Guala (Casale Monferrato 1698-Milano 1757), in G. Romano, C. Spantigati (a cura di), Da Musso a Guala, catalogo della mostra, Casale Monferrato 1999, pp. 162-199); Angelo Lanza, figlio del ministro, nel 1912 affidava al Comune tutte le decorazioni ricevute dal padre durante la sua carriera politica.
87 G. Mazza, La collezione Vitta, in A. Guerrini, G. Mazza (a cura di), Il polittico Spagnolo. Restauro di un dipinto del secolo
XV, Casale Monferrato 1996, pp. 25-30.
88 Il polittico fu acquistato dal Vitta sul mercato antiquariale con attribuzione a scuola lombarda; l'iscrizione nell'ambito della cultura spagnola a cavallo del 1400 si deve a Vittorio Viale: A. Guerrini, G. Mazza (a cura di), Le collezioni del Museo Civico. La Pinacoteca raddoppia..., op. cit., 2003, scheda n. 63 di A. Guerrini.
123 Museo Civico. La prima parte del XIX secolo rappresentò un felice momento di elaborazione culturale per la città89: s'infittirono le operazioni di committenza pubblica e privata, dal 1833 Carlo
Morbio pubblicava i suoi saggi sulla storia di Novara, mentre l'edizione della guida di Francesco Bianchini (Le cose rimarchevoli della città di Novara, 1828) disegnava una mappa aggiornata del patrimonio storico-artistico locale, su cui sollecitava implicitamente l'istanza di riconoscimento e tutela.
Nel 1833 Gaudenzio De Pagave stabiliva per testamento di lasciare alla città un cospicuo patrimonio in denaro, immobili da destinare a una istituzione assistenziale e soprattutto un gruppo di dipinti, stampe, disegni e libri, provenienti dalla collezione del padre Venanzio90. Si trattava di
una famiglia spagnola di antica nobiltà, facente parte dell'alto funzionariato milanese che seppe conquistare ruoli di fiducia anche sotto il governo austriaco. I legami con Novara risiedevano nelle origini di Antonia Solari, moglie di Venanzio e madre di Giovanni, e furono all'origine della scelta di donazione. Il sindaco Brielli e il consigliere civico Giacomo Giovannetti91, non appena poterono
prendere visione dell'eredità, ne colsero le potenzialità: «nella patria dell'illustre emulo di Raffaello, Gaudenzio Ferrari, e di altri insigni pittori» sarebbe stato onorevole e utile istituire una biblioteca e una pinacoteca, dove sarebbero confluite anche le opere degli allievi novaresi mantenuti a Roma dal Collegio Caccia e i vari capolavori che «la carità patria de' novaresi trarebbe dall'oscurità, ed obblio»92. La residenza di De Pagave a Milano, e quindi in uno stato diverso dal regno piemontese,
rese complicata l'importazione dell'eredità: i libri, le stampe e i disegni di architettura erano presenti in biblioteca all'epoca della sua apertura nel 1852; i quadri poterono arrivare solo nel 1864, a unificazione avvenuta.
La collezione di Venanzio, autore anche di opere a stampa su Bramante e Bramantino, era nota a Milano soprattutto per la straordinaria sezione di disegni, molto ammirata da Giuseppe Bossi che ne acquistò il gruppo leonardesco poi confluito a Venezia; di valore non inferiore il volume di incisioni, con opere di Dürer, dei maestri nordici ma anche di maestri italiani e francesi tra cinque e seicento (come Della Bella e Salvator Rosa), e la raccolta di disegni architettonici. Dei dipinti giunti a Novara faceva parte anche una tavola con l'Ecce Homo, esposta con l'attribuzione venturiana ad Antonello da Messina poi smentita da Longhi nel 195393.
Nonostante l'amministrazione non riuscisse ad approdare a un progetto di museo, nemmeno in occasione delle soppressioni, il Municipio continuava a essere il destinatario di donazioni significative, soprattutto a ridosso dell'unificazione nazionale. Nel 1860 giungevano infatti alla Biblioteca i due lasciti di Pietro Negri (1827-62) e Pietro Caire (1809-1884), mentre l'anno successivo Prospero Bollini (1793-1872), esule volontario a Firenze dal 1826, annunciava
89 C. Mossetti, La crescita della coscienza storica della città, in M. L. Tomea Gavazzoli (a cura di), Museo Novarese...., op. cit., 1987, p. 352.
90 A. Scotti, La collezione De Pagave, schede di B. Gorni e A. Papale, collana "L'arte nel novarese", Novara 1976. I disegni e le stampe passarono nel 1972 dalla Biblioteca Civica all'Archivio di Stato, ma una parte delle stampe di Dürer nel 1933 erano state prelevate dal direttore Alessandro Viglio e depositate al Museo Civico.
91 L'avvocato Giovanetti era stato il curatore della raccolta degli Statuti novaresi nel 1830. 92Ibidem, pp. 5-6.
124 l'intenzione di lasciare alla patria la propria biblioteca di 6000 volumi. Questi episodi sono legati a un collezionismo d'impronta storica e patriottica, ispirato alla celebrazione bonapartista e destinato a tramandare l'impegno civile di cui i singoli donatori erano stati partecipi94. Il mito di Napoleone
ebbe una notevole influenza a Novara, che sotto il suo governo fu il centro di uno dei tre dipartimenti del regno italico. Il collezionismo di argomento napoleonico era quindi coltivato da esponenti della classe dirigente che avevano costruito la propria carriera in quegli anni, e soprattutto in quel clima di rivoluzione politica e culturale all'insegna degli ideali di libertà e democrazia95. Principi che intorno alla metà dell'ottocento, nel pieno dell'epopea risorgimentale,
recuperavano una loro sentita attualità.
Il Negri, agiato e stimato borghese, noto pubblicista e autore di gli scritti apologetici sulla battaglia di Novara, lasciava un nutrito gruppo di medaglie napoleoniche96, tra cui le medaglie su
disegno di Appiani della serie delle Cinque battaglie, integrato successivamente dal volume di Millin sulla Histoire métallique de Napoléon, che il donatore auspicava potesse essere da guida per successive acquisizioni. Pietro Caire, noto studioso di numismatica, donava quasi simultaneamente un nucleo complementare, formato da circa cento medaglie dell'epoca della II Repubblica francese e di Napoleone III, insieme a un gruppo di dipinti secenteschi di area lombardo-piemontese97. Il bibliofilo e collezionista Prospero Bollini lasciava invece un insieme di
libri, incisioni e medaglie ricco e selezionato: si trattava di un insieme coerente, fortemente orientato al dibattito storico e politico risorgimentale, di cui lo stesso donatore aveva progettato l'allestimento in una sala a lui dedicata, per la quale aveva fatto realizzare mobili e arredi di gusto neoclassico. Alla sua morte nel 1872 i libri vi furono trasferiti insieme a una parte della collezione di quadri, acquerelli, miniature e stampe. I due curatori, il letterato Carlo Negroni e il pittore Cesare Morbio (parente di Carlo famoso corrispondente di Manzoni) operarono infatti una severa selezione, in particolare sulle stampe, privilegiando criteri di gusto e di qualità che penalizzarono fortemente la natura politica e ideologica della raccolta, compromessa anche nella sezione sul movimento purista, a cui Bollini era stato molto legato a Firenze. Mantenute le riproduzioni dei grandi autori classici, furono invece scartate le stampe a soggetto storico e napoleonico, così come furono ridimensionate le presenze di autori di cultura risorgimentale (come Paolo Toschi e Luigi Calamatta).
In una linea di coerente continuità con le devoluzioni già effettuate, giunse alla città di Novara anche il legato dei fratelli Pampuri, figli di Giacomo (valente ingegnere al servizio di Napoleone) e amici di Bollini. Nel 1867 Giovanni, brillante avvocato impegnato nell'amministrazione civica con incarichi sul fronte culturale e assistenziale, donava alla biblioteca
94 Il tema del collezionismo ottocentesco novarese di carattere storico è approfondito in: M. Albertario e S. Borlandelli (a cura di), La memoria di Napoleone. Storia e collezionismo nella Novara dell'Ottocento, Novara 2007.
95 Tra le collezioni di tema napoleonico, oltre a quelle citate di seguito, vanno ricordate le stampe dei Fasti di Andrea Appiani, giunte alle collezioni civiche nel 1985 con il lascito Rognoni.
96 Di questa prima donazione fu edito l'elenco a stampa: Collezione di cento sessanta medaglie storiche napoleoniche.
Dono alla città di Novara del Signor Pietro Negri il 2 febbraio 1860, tipografia Girolamo Miglio, sd.
97 Tra questi, una Maddalena assegnata a Francesco Gianoli (ma all'epoca creduta copia da Cambiaso) e due Santi attribuiti alla scuola di Daniele Crespi.
125 tutti i propri libri e una tabacchiera in oro; Giuseppe, membro della Commissione conservatrice provinciale e tra i fondatori della Società Archeologica, nel 1890 legava alla città libri, dipinti e circa cinquanta medaglie, tra le quali un prezioso gruppo napoleonico con gli esemplari eseguiti da Carlo Lavy. Il respiro di cui era portatore questo consistente lascito voleva con ogni probabilità travalicale i confini delle memorie patrie e proporsi come occasione di apertura a una cultura più ampia. Il suggerimento giunge da una nota manoscritta rinvenuta tra le carte dei fratelli Pampuri, che così commenta la storica guida del Bianchini del 1828:
... questo libro è scritto in stile sufficientemente corretto e talvolta elegante; ma esso non riguardando che la storia di una sola città di pochissimo riguardo non riesce interessante che agli eruditi della medesima. Una immensità di simili libri da 5 secoli in qua si va stampando, essi riempiono le biblioteche, ma non arricchiscono lo spirito.98
Intorno alla metà degli anni '70 dell'ottocento, in corrispondenza con le iniziative che avviarono la costituzione di un museo civico, i cittadini novaresi risposero con importanti donazioni, che andarono a incidere anche sul patrimonio di carattere storico artistico accumulato negli anni dal Comune99. L'ingresso più consistente cadde nel 1890, con la collezione di Giuseppe Morbio,
che dopo il lascito De Pagave rappresenta l'incremento più importante giunto alle raccolte municipali. La famiglia Morbio si era caratterizzata lungo tutto il secolo per una particolare attenzione alle testimonianze storiche e artistiche della città. Il padre di Giuseppe, Cesare, decurione della città e pittore dilettante, era stato tra i fondatori della Società Archeologica e presidente della commissione per il museo lapidario dal 1871 al 1876; dal 1873 regalava periodicamente per l'arredo del municipio un proprio dipinto raffigurante un episodio della storia cittadina. La sua collezione si componeva di più di cinquanta dipinti, un'armeria di altrettanti pezzi storici, antichità, arti decorative e sculture. Tutti questi oggetti si trovavano allestiti nella casa di famiglia: i dipinti (soggetti religiosi, ritratti e nature morte, prevalentemente di scuole secentesche dell'Italia settentrionale, accanto a tavole più antiche, come gli Angeli gaudenziani e una Pietà quattrocentesca, rubati nel 1974) erano disposti lungo le pareti del "salone dei quadri"; le sculture medievali erano talora allestite con gusto "da lapidario" sulle mura del giardino, le armi erano esposte singolarmente oppure accostate a formare dei trofei.
L'anno in cui Giuseppe Morbio cedeva alla città la propria collezione era lo stesso in cui si concludeva l'esperienza della Società pel Museo Patrio e contemporaneamente prendeva avvio la gestione civica del museo cittadino. Una partenza però in salita, a cui nemmeno questa donazione riuscì a conferire la spinta necessaria: seguirà infatti circa un ventennio di sostanziale inattività, da parte delle istituzioni ma anche dei donatori.
98 La citazione è tratta da M. Albertario e S. Borlandelli (a cura di), La memoria di Napoleone..., op. cit., 2007, pp. 79-80. 99 Si ricordano per esempio la donazione della Maddalena di P. F. Gianoli (Pietro Caire, 1875), le placchette milanesi del XVI secolo (Giovanni Gautieri, 1875), la tavola con la Madonna de Rosario, di pittore dell'Italia settentrionale del 1600 circa (Ruspa, 1875) e la tempera con il Profeta Osea di Defendente Ferrari (Valdini, 1875).
126 4.2.3 L'adesione alla celebrazione del Risorgimento
Ad Alessandria la nascita del Museo Civico, che si aggiunse alla Pinacoteca di più antica fondazione, fu il risultato di uno sforzo corale orientato a restituire la documentazione del proprio passato. Nel 1884 la città aveva infatti partecipato alla Mostra Storica allestita nel Tempio del Risorgimento Italiano all'Esposizione di Torino100. Le testimonianze offerte (legate in particolare ai
moti del 1821, alla figura del concittadino mazziniano Andrea Vochieri, condannato e fucilato per la sua partecipazione alla Giovane Italia, e alle guerre di indipendenza) erano state raccolte presso le famiglie alessandrine sotto la guida di una speciale Commissione. Ne faceva parte Giovanni Dossena, che al termine dell'esposizione propose che i prestatori donassero gli oggetti al municipio per creare «la base di un museo storico del nostro Comune», da accrescersi nel tempo con l'acquisizione di ulteriori documenti e con il ricovero dei materiali di scavo101. La Commissione
per la Mostra storica del Risorgimento nella seduta di fine anno approvò la «sapiente e patriottica proposta» di istituire il Museo Archeologico Municipale, inviando una circolare ai prestatori con cui si richiedeva il conferimento degli oggetti. Nel 1885 si costituiva quindi la Commissione Municipale di Storia, d'Arte e di Archeologia, che a partire da questo primo nucleo doveva favorire l'incremento delle collezioni, alimentato negli anni a seguire quasi esclusivamente sul fronte archeologico 102.
Fecero eccezione alcune donazioni di piccola portata, come per esempio le fotografie offerte alla Società dal corrispondente Annibale Civalieri Inviziati, che suggeriva di avviare una raccolta fotografica che «potrebbe venire in ajuto alla Storia Alessandrina»103 e che nel 1892 aveva
segnalato due lapidi alessandrine di età napoleonica poste all'ingresso della Biblioteca Reale di Torino: con la mediazione del senatore Rattazzi, le due lapidi giunsero in dono dall'amministrazione della Real Casa, con l'indicazione però di evitare qualsiasi celebrazione, poiché «il ricordo che consacrano quelle epigrafi non è lieto»104.
La conservazione delle memorie storiche rimase comunque un canale vivo: ne resta traccia anche in questo caso con riferimento all'epopea napoleonica, che proprio nell'alessandrino aveva visto la nascita già nel 1847, per opera di Giovanni Antonio Delavo, del Museo della Battaglia di Marengo105. Un filone rievocativo e nostalgico in cui si colloca anche il lascito di Elia
Levi Deveali, comprensivo della poltrona di manifattura parmense che nel testamento del 1873 era
100 G. I. Armandi, Guida-ricordo di Torino e dell'Esposizione Nazionale italiana, Torino 1884; cfr. par. 3.2. 101 A. Pesce, Cesare Di Negro-Carpani e il Museo Civico..., op. cit., 2007, in part. pp. 88-90.
102 Sull'operato della commissione si rinvia al § 3.2.
103Lettera di A. Civalieri Inviziati alla Commissione, 28 ottobre 1887, in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771. Altre donazioni furono quelle del geom. Enrico Guidetti Serra (un disegno raffigurante il passaggio del Principe Borghese in Alessandria nel 1809), del canonico Giuseppe Peretti e del tesoriere municipale (banconote di età napoleonica).
104 ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771, fasc. "Doni di S. M.". Si trattava della targa in bronzo posta all'inaugurazione della fortezza della città e di una lapida posta in commemorazione della Battaglia di Marengo.
105 S. Pinto, Il Municipio e l'immagine della sua storia, in C. Spantigati e G. Romano (a cura di), Il Museo e la Pinacoteca di
Alessandria, op. cit., 1986, pp. 151-152; sulla recente riapertura del museo, segnato da decenni di difficile sopravvivenza: Il nuovo museo della battaglia di Marengo , Alessandria 2008.
127 ricordata per essere appartenuta all'imperatrice Maria Luigia106.
In occasione del centenario della battaglia (14 giu 1900) era previsto di ospitare in città un congresso storico, a cui affiancare una Esposizione napoleonica da tenersi entro locali appositamente costruiti dal Municipio. L'idea e l'impostazione dell'iniziativa si dovevano al Barone Alberto Lumbroso, noto per i suoi studi storici (nel 1894 aveva dato alle stampe il suo Saggio di una bibliografia ragionata per servire alla storia dell'epoca napoleonica) e che nel 1904, in seguito al terribile incendio che ne danneggiò gravemente i fondi, donò alla Biblioteca nazionale di Torino circa 26.000 volumi, stampe e manifesti riguardanti il periodo napoleonico.
Alla mostra dovevano figurare «ritratti, autografi, medaglie, ricordi d'ogni genere e su qualunque fatto o persona di quel tempo [...] Della riuscita dell'Esposizione fanno fede i membri dell'apposito Comitato, che hanno a loro presidente Federico Masson, il possessore della più completa e più tipica raccolta di ritratti, documenti ed oggetti d'ogni genere, tutti su Napoleone, sulla sua famiglia e sulla storia di quegli anni fortunosi»107. Masson era uno storico francese noto
per gli studi su Napoleone, di cui aveva pubblicato insieme a Guido Biagi gli scritti inediti dal 1786 al 1793108, e i suoi libri avevano raggiunto una discreta popolarità, grazie al suo stile «scorrevole e
brillante»109. L'organizzazione della mostra napoleonica, a cui il comune contribuiva anche con lo
stanziamento di un fondo per il Comitato ordinatore, coinvolse i membri della Società storica alessandrina, all'epoca diretta da Lorenzo Bordes: alcuni verbali delle assemblee dei soci registrano infatti la presenza di collezioni cittadine che potevano essere utili al progetto espositivo (come gli oggetti e le memorie «di pregio» possedute dalla famiglia Mathis)110; d'altro canto la
«Rivista», a partire dal numero di aprile-giugno del 1899 e per tutto l'anno successivo, pubblicò una serie di fascicoli speciali interamente dedicati agli studi sull'età napoleonica nell'alessandrino. la circostanza sollecitò la donazione di alcuni cimeli, come il bicchiere usato da Pio VII mentre si recava all'incoronazione di Napoleone da parte degli eredi del deputato Paolo Ercole111.
Le «mutate condizioni amministrative» del municipio fecero arenare il programma, che si
106Ibidem, scheda 9; ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771, fasc. "Lascito di Levi Deveali Elia di alcuni oggetti d'antichità"; F. Gasparolo, Doni Elia Levi Deveali al Museo di Alessandria, in «RSAA», A. VII, serie III, fasc. XXVIII, ottobre-dicembre 1923, pp. 382-383.
107 A. Lumbroso, Il Congresso storico napoleonico di Alessandria per il centenario di Marengo, in Nuova Antologia», a. XXXIV, fasc. 660, 16 giu 1899, pp. 720-724.
108Napoleon inconnu: papiers inedits (1786-1793) publies par Frederic Masson et Guido Biagi accompagnes de Notes sur
la jeunesse de Napoleon (1769-1793) par Frederic Masson, Parigi 1895.
109 «Fra coloro, cui la letteratura napoleonica va debitrice di opere importanti e geniali, merita il primo posto Federico Masson. Egli ha poco più di sessant' anni, e, fin da giovine, si fece segnalare per il suo amore alla storia ed alla bibliografia. Fu per parecchio tempo bibliotecario al ministero degli affari esteri; e si acquistò la simpatia e l'amicizia del principe Napoleone, il quale, prima di morire, lo incaricò di classificare tutte le carte importanti possedute dal principe stesso, e che si trovano nel castello di Prangins. Più di venti volumi ha pubblicato il Masson sulla storia moderna di Francia, e specialmente sulla vita di Napoleone; egli è riuscito, per mezzo del suo stile scorrevole e brillante, a render popolari i suoi scritti, i quali hanno, in breve volger di tempo, acquistata una ben meritata celebrità»: «La Bibliofilia», A. X (1908- 1909), vol. X, p. 403.
110 Verbale dell'assemblea generale dei soci, in «RSAA», A. VIII, gennaio-marzo 1899, p. 3. Gli oggetti napoleonici appartenuti al conte Mathis furono depositati al museo dall'assessore Luigi Germano nel 1898 (Lettera del direttore della Biblioteca Civica al Sindaco di Alessandria, 6 agosto 1898, in ASAL, ASCAL, serie IV, b. 1771).
128 ridusse quindi «ad una solenne commemorazione che sarebbe stata tenuta in Alessandria il giorno 14 Giugno 1900 da una distinta individualità cultrice delle discipline storiche (scelta nella persona del Comm. Prof. Bertolini della Università di Bologna), alla pubblicazione di documenti dell'Epoca Napoleonica da farsi a cura del Municipio, e in una gita illustrativa ai campi di Marengo»112.