• Non ci sono risultati.

L'impegno municipale e la nascita della Società Archeologica

2.1 Il Museo Lapidario di Novara

2.1.2 L'impegno municipale e la nascita della Società Archeologica

Intorno al 1860, con l'abbattimento della Cattedrale di Santa Maria per il cantiere antonelliano e la consistente trasformazione dell'assetto urbanistico, un rinnovato interesse verso i documenti della storia novarese avrebbe aperto la strada a nuove iniziative di indagine, raccolta e salvaguardia dei monumenti. In quegli stessi anni nella vicina Milano, che insieme a Torino costituiva uno dei poli di riferimento per le scelte cittadine, dopo vari tentativi susseguitisi negli anni cinquanta, con regio decreto del 13 novembre 1862 si istituiva il Museo Patrio di Archeologia, frutto dell'impegno congiunto tra Municipio e governo nazionale11.

Di questa fase di rinnovata attenzione alle testimonianze cittadine fu partecipe anche il lapidario, a cui fu dedicata una pubblicazione illustrativa compilata dal canonico Carlo Racca nel 186212; l'autore dedicava un'appendice al duomo di Novara, che proprio dall'anno successivo fu

interessato dalle operazioni di demolizione e rifacimento. Nuovi incrementi coinvolsero così le raccolte del museo: vi confluirono avanzi romani venuti alla luce e vi furono trasportati i marmi del quadriportico, che insieme ad alcuni resti di San Gaudenzio formarono sotto il portico settentrionale la sezione medievale del museo13.

Il museo versava però ormai in condizioni precarie: il prestigio delle sue collezioni, che

8 M. L. Tomea Gavazzoli, La fortuna dei "marmi antichi" a Novara fra Otto e Novecento, in D. Biancolini, L. Pejrani Baricco, G. Spagnolo Garzoli (a cura di), Epigrafi a Novara. Il Lapidario della Canonica di Santa Maria, Torino 1999, pp. 23-28. La prima guida artistica della città testimonia il fervore di questi anni: F. A. Bianchini, Le cose rimarchevoli della città di Novara, Novara 1828.

9 O. Scarzello, Il Museo Lapidario della canonica..., op. cit., 1931.

10 Sulla collezione archeologica della biblioteca: M. C. Uglietti, La collezione della Biblioteca Civica, in M. L. Tomea Gavazzoli (a cura di), Museo Novarese..., op. cit., 1987, pp. 111-113.

11 R. la Guardia, L'Archivio della Consulta del Museo Patrio di Archeologia di Milano (1862-1903), Milano 1989; M. Tizzoni, Il

Civico Museo Archeologico di Milano, in C. Morigi Govi, G. Sassatelli, Dalla Stanza delle Antichità..., op. cit., 1984, pp. 547- 553: il museo, aperto nel 1867 nella sede di Santa Maria di Brera, fu poi trasferito nel Castello Sforzesco; qui nel 1900 fu inaugurato il Museo Artistico e Archeologico, frutto della fusione con il Civico Museo Artistico e dunque sede di convivenza tra un nucleo civico e uno statale.

12 C. Racca, I marmi scritti di Novara Romana con appendice sull'antico Duomo, Novara 1862. 13 O. Scarzello, Il Museo Lapidario della canonica..., op. cit., 1931.

48 custodivano preziose reliquie di storia locale divulgate già dalla letteratura umanistica di cinque e seicento, favorì l'intervento dello stesso Municipio14. Nel 1871 la proposta di avviare, in accordo

con il capitolo della cattedrale, una risistemazione delle raccolte fu avanzata al consiglio comunale dall'avvocato Carlo Negroni (Vigevano 1819 – Novara 1896). Docente universitario, fondatore del giornale locale «La Vedetta» e rappresentante locale eletto al Parlamento Subalpino, dal 1869 si era ritirato dalla professione e per tutto il decennio successivo, accumulando cariche e responsabilità su più fronti, era stato uno dei protagonisti della vita politica e culturale novarese15. Il

Comune stabiliva quindi la nomina di una commissione, che doveva provvedere al nuovo ordinamento del lapidario. Il vecchio edificio del chiostro fu restaurato, le didascalie furono rinnovate e aggiornate, e con le nuove accessioni fu incorporata la collezione epigrafica romana che da tempo si era formata nel cortile della basilica di San Gaudenzio16.

Della commissione faceva parte lo studioso Giovanni Carnaghi, che intraprese la compilazione di un catalogo manoscritto del lapidario, provvisto di illustrazioni, trascrizioni e rappresentazioni topografiche, con la registrazione delle provenienze e dei donatori. Il catalogo, rimasto inedito, aveva impegnato il Carnaghi dal 1872 e il 187717: negli stessi anni nasceva a

Società Archeologica pel Museo Patrio e gli storici locali erano impegnati in un'ampia revisione storiografica utile all'inquadramento della raccolta. Rispetto al progetto museografico di inizio secolo l'approccio risultava però radicalmente diverso: mentre con Frasconi si era di fronte a una ricerca sul campo sistematica e frutto di un progetto culturale condiviso, negli anni '70 sembra prevalere una successione di episodici e talvolta casuali interventi di tutela, condotti in maniera disorganica, senza un reale piano scientifico e affidati alla buona volontà di studiosi, appassionati e privati donatori.

L'offuscamento progressivo della teoria del museo come strumento privilegiato dello sviluppo degli studi e della ricerca storica o del suo ruolo nella formazione di un orgoglioso senso di appartenenza alla civitas lasciava ormai campo aperto all'affermazione del gusto per il pittoresco e a un'interpretazione soprattutto estetica del reperto, pienamente integrata del resto nella prospettiva del gusto eclettico. Il frammento antico, osservato come oggetto a sé stante, avulso anche concettualmente dal contesto d'origine, subiva, per così dire, una sorta di strumentalizzazione in funzione decorativa e un annullamento storico, e si

14 M. C. Uglietti, Ricerca, studi e conservazione nell'archeologia locale degli ultimi cento anni, in M. L. Tomea Gavazzoli (a cura di), Museo Novarese..., op. cit., 1987, in part. p. 43.

15 A partire dal 1880, lasciati gli incarichi pubblici, si dedicò all'attività letteraria, con meriti che gli valsero le nomine a membro della Regia Deputazione di Storia Patria (1881), dell'Accademia delle Scienze di Torino (1885) e dell'Accademia della Crusca (1888). Nel 1890 fu nominato senatore, carica cui non poté dedicarsi attivamente a causa delle precarie condizioni di salute. Sulla sua figura si dispone di: M. C. Uglietti, Carlo Negroni e il suo tempo, Novara 1997.

16 O. Scarzello, Il Museo Lapidario della canonica..., op. cit., 1931.

17 La compilazione del catalogo si compiva nello sesso anno in cui a Berlino erano pubblicate le Inscriptiones del Momsen, dedicate alle epigrafi latine della XI regio augustea e probabile motivo della mancata pubblicazione da parte di Carnaghi: M. L. Tomea Gavazzoli, La fortuna dei "marmi antichi" a Novara..., op. cit., 1999. I manoscritti sono attualmente conservati presso la Biblioteca Civica di Novara, giunti per lascito testamentario dell'autore.

49

ricontestualizzava, a Novara non diversamente che altrove, in una composizione a mosaico di ben altro significato18.

Il lavoro sulle origini e l'interpretazione delle fonti epigrafiche aveva comunque beneficiato di una consistente revisione, anche grazie alle ricerche condotte dal Momsen che avevano collocato le iscrizioni novaresi in un panorama di confronti internazionali. Tra i corrispondenti locali in maggior contatto con il filologo tedesco compare la curiosa figura di Giuseppe Ravizza (Novara 1811 – Livorno 1885), anch'egli avvocato, studioso di storia e archeologia e noto per aver brevettato nel 1855 il "clavicembalo scrivano", primo prototipo della macchina da scrivere. Ravizza, cui si deve nel 1877 una riedizione tradotta e commentata della Novaria Sacra del Bescapé, aveva favorito la raccolta di are romane presso la chiesa di San Genesio nel paese di Suno, a nord di Novara. A seguito della demolizione dell'edificio sacro, Ravizza ne aveva recuperate alcune parti che insieme ad altri monumenti classici e medievali raccolti nei dintorni avevano dato vita a un museo lapidario19, di cui pubblicò il catalogo grazie all'appoggio dello stesso Momsen20.

L'interesse cittadino alla raccolta dei monumenti e al loro ordinamento all'interno di una istituzione di carattere pubblico sembrava cedere il passo a iniziative legate a singole individualità, le cui fortune e sfortune furono destinate a condizionare gli esiti del collezionismo municipale, come si osserva ripercorrendo le sorti della Società Archeologica.

La Società Archeologica pel Museo Patrio novarese tenne la sua prima seduta il 21 novembre 1874, a pochi mesi dalla creazione della Società di Archeologia e Belle Arti torinese e a circa un anno dalla prima riunione della Società Storica Lombarda, a cui aveva preso parte anche il novarese Carlo Morbio. Rispetto agli esempi citati, orientati in primo luogo al recupero delle fonti e alla promozione degli studi, la Società novarese scelse di dedicarsi in particolare alla conservazione degli oggetti, «un'opera concreta attiva e feconda» per stimolare la nascita di un'istituzione museale civica21. Sull'esempio della Società torinese, si proponeva di gestire la tutela

degli oggetti archeologici accanto alla Commissione provinciale. Insieme agli scavi archeologici si verificavano in quegli anni importanti trasformazioni dell'assetto urbanistico, con l'abbattimento delle antiche porte e delle mura di difesa, l'espansione dell'abitato, il restauro delle case nobili nel centro storico, gli interventi alla rete idrica e fognaria, l'impianto del nodo ferroviario, la demolizione della cattedrale di Santa Maria e la ricostruzione del Teatro Coccia22.

18Ibidem, p. 26.

19 M. C. Uglietti, Le are romane di Suno dalla chiesa di S. Genesio al museo di Novara, in «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte», II, 1983, pp. 73-78. Nella stessa area geografica negli ultimi trent'anni del secolo le ricerche archeologiche condotte sul posto erano confluite in altri due musei lapidari, ad Arona e a Domodossola: M. C. Uglietti,

Ricerca, studi e conservazione.., op. cit., 1987, p. 43 e n. 11; G. Bazzetta, Il palazzo Silva ed il Museo Galletti. 1519-1904, Domodossola 1904.

20 G. Ravizza, Catalogo primo del Museo Patrio di Suno ed Appendice alle memorie storiche, con spiegazioni ed

osservazioni di Teodoro Momsen, Novara 1877.

21 A. Viglio, La "Società archeologica pel Museo Patrio Novarese", in «BSPN», XI, fasc. IV, luglio-agosto 1917, pp. 109-118. Qui l'autore ricostruisce le vicende della Società a partire dal riordino delle sue carte.

22 A. Oliaro, Novara: da piazzaforte a città industriale, in A. Oliaro e A. Coppo (a cura di), Novara: l'evoluzione urbanistica

50 Il primo articolo dello statuto dichiarava lo scopo di «raccogliere, conservare, esporre ed illustrare gli oggetti antichi, i quali possono servire alla Storia Novarese», da perseguire con la creazione di un Museo da arricchire con doni e acquisti (art. 2) oppure con la partecipazione alle attività di scavo (art. 3). Progressivamente la Società riuscì a garantirsi la partecipazione del Municipio, che dal terzo anno di attività cominciò a delegare due consiglieri per la partecipazione alle sedute e a fornire un contributo annuo. Nel 1877, in occasione del Convegno degli Alpinisti della Sezione Valsesiana del Club Alpino, si giunse così all'apertura del Museo Civico. Tra i protagonisti delle attività societarie ritroviamo l'ispettore Antonio Rusconi, che nello stesso 1877 curò insieme ai concittadini più colti la pubblicazione di una raccolta di monografie novaresi23.

Intorno alla Società si era infatti riunito un nutrito gruppo di studiosi e appassionati, provenienti dalla borghesia delle professioni (ingegneri, avvocati, notai), dall'aristocrazia ma anche dal settore industriale e commerciale: un insieme eterogeneo, accomunato dall'orgoglio per questa iniziativa autonoma di carattere privato, a cui la presenza di membri qualificati come il numismatico Pietro Caire, il pittore e conoscitore Cesare Morbio e lo stesso Rusconi garantiva efficacia e iniziativa. Nel 1881 la richiesta al prefetto di contribuire al sostegno economico del «Museo Novarese, sorto coll'affetto e la pecunia di alcuni cittadini, ricco di preziosissimi cimelii, degno di tutta la considerazione del Governo», faceva leva sul ruolo di "Museo Provinciale" ormai riconosciuto dai novaresi24.

Nel primo quinquennio di attività il Registro dei Doni confluiti alla Società annoverava infatti più di 500 atti di donazione eseguiti da circa 200 cittadini, che devolvevano reperti archeologici ed elementi architettonici e decorativi risultanti dalle ristrutturazioni e dai numerosi cantieri che procedevano al rinnovamento urbanistico della città, ma anche importanti esemplari di oreficerie (come i due rilievi della donazione di Giovanni Gautieri del 1875), dipinti (tra cui Il profeta Osea di Defendente Ferrari, donato dal medico novarese Pierluigi Valdini) e numerosi esemplari di antiche monete d'oro. Tra i nuclei più significativi, giunsero la preziosa collezione di impronte in gesso delle gemme appartenute a Ennio Quirino Visconti, donata dall'orefice e antiquario Alessandro Scavini, e soprattutto la collezione di armi e arte antica devoluta per lascito testamentario da Giuseppe Morbio, figlio di Cesare (pittore e conoscitore, già sindaco di Novara e tra i fondatori della Società) e nipote del celebre storico Carlo. Tutti gli oggetti acquisiti erano inventariati ed esposti nelle prime sedi del Museo: prima in casa Bettini, dal 1876 in casa Serra e dal 1883 in alcuni ammezzati concessi dal Comune a Palazzo del Mercato, sede della Biblioteca Civica e destinato fin dall'origine al progettato Museo Civico25.

23 A. Rusconi, C. Morbio, P. Caire, G. Fassò, P. Zambelli, C. Negroni, G. Imazio, C. Cerruti, R. Tarella, Monografie novaresi, Novara 1877.

24Rapporto del signor Ispettore degli Scavi e Monumenti del Circondario di Novara, cav. Avv. Antonio Rusconi, in «Foglio periodico della Prefettura di Novara», 18 novembre 1881, supplemento al fasc. 25, pp. 1206-1215.

25 I dati sull'attività della Società e sugli sviluppi dell'iniziativa museale sono tratti, oltre che dal citato testo di Alessandro Viglio, dalla ricomposizione di M. L. Tomea Gavazzoli, La "Società Archeologica pel Museo Patrio Novarese": 1874-1890, in Eadem, Museo Novarese..., op. cit., 1987, pp. 430 e segg., con la ricostruzione dei principali nuclei collezionistici acquisiti dal Museo. Nel 1879 la collezione ammontava a 3320 oggetti, tra cui pergamene, libri, manoscritti, autografi, incisioni, carte topografiche, fotografie, quadri, materiale archeologico, monete, medaglie, oreficerie, fittili e altra suppellettile, costituendo un insieme di straordinario valore per la documentazione della storia cittadina.

51 A dimostrazione della credibilità raggiunta e delle sue riconosciute capacità, la Società divenne punto di riferimento anche per il Prefetto, impegnato in quegli stessi anni a far applicare le prime normative di tutela: impartendo ai vari comuni le istruzioni ministeriali, avvertiva infatti i sindaci dell'esistenza della società e dell'opportunità di affidarle tutti i ritrovamenti preziosi. Il Municipio stesso, per deliberazioni inerenti restauri di edifici monumentali, si informava sul loro valore storico presso l'associazione, cui chiese per esempio documentazione sulla Torre delle Ore e sul Palazzo Pretorio. Nel 1878, a fronte della necessità di compilare l'Inventario dei Monumenti e la Bibliografia Archeologica del circondario, anche la Commissione Provinciale per la Conservazione dei Monumenti si rivolgeva al gruppo novarese, che promuoveva esplorazioni e seguiva gli scavi in corso appoggiandosi all'esperienza di Rusconi e alle competenze di Caire26,

che nel frattempo offrivano con le loro pubblicazioni memorie e approfondimenti sulla numismatica novarese, sulla pittura locale e sulle scoperte archeologiche27.

A questa prima entusiastica fase seguì un periodo di decadimento: venuta meno la presenza dei promotori, anche la partecipazione dei soci si affievolì, affrontando la fase più buia tra il 1886 e il 1890, quando il patrimonio finanziario, artistico, archeologico della Società fu consegnato al Comune, che nel dicembre del 1890, pochi mesi dopo lo scioglimento dell'associazione, prese in consegna il Museo Patrio di Novara. Nonostante la costante affezione agli studi di alcuni personaggi come Raffaele Tarella (già direttore del giornale «La Vedetta», civico bibliotecario e Regio Ispettore)28, per una effettiva ripresa del progetto museale occorre attendere

qualche anno, e soprattutto una nuova stagione culturale, sotto la guida di Alessandro Viglio (provveditore agli studi e direttore della Biblioteca) e Giovanni Battista Morandi, direttore del museo e dell'Archivio Storico della città: nel 1907 la nascita del Bollettino Storico per la Provincia di Novara e il lancio della Società Novarese di Storia e Arte saranno così il fulcro di un rinnovato impegno che ancora vedrà affiancati gli studi storici e gli interventi di conservazione e tutela del patrimonio artistico.

26 M. Carla Uglietti, Ricerche e attività archeologiche di Novara nella seconda metà dell'800, in Atti del Convegno di studi nel

centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli 1987, pp. 111-120.

27 Le puntuali comunicazioni di Rusconi, che scriveva al ministero in qualità di Regio Ispettore, furono rese note da G. Fiorelli, Scoperte archeologiche nel Novarese, in «Notizie degli scavi di antichità», 1882, pp. 125-126.

28 G. B. Morandi, Raffaele Tarella 1831-1908, necrologio, in « Bollettino Storico per la Provincia di Novara», A. II, fasc. I, gennaio-febbraio 1908, pp. 3-6: «Lo apprezzarono il P. Grossi, il Nay, il Bollini anima fine di artista e di bibliofilo, il Pampuri, il Negroni, il Ferrero, il Venturi, il Cipolla, il Gabotto, il Casini, e, tra gli stranieri, il Wüstenfeld, il Mommsen, Iohn Rhys».

52

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo

Outline

Documenti correlati