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Emanuele Tapparelli d'Azeglio e la conferma artistico-industriale

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.4 Donare per perfezionare: le rotte del Museo Civico di Torino

4.4.2 Emanuele Tapparelli d'Azeglio e la conferma artistico-industriale

Nel dibattito che in quegli anni investì tutto il sistema dei musei torinesi il civico si sarebbe indirizzato verso l'arte moderna e verso «oggetti d'ogni specie sia dei tempi di mezzo, sia di epoca meno remota, ma di utile applicazione alle arti e alle industrie»169. Legge, industria, guerra e

politica, insieme all'indipendenza e alla fermezza, erano i principi ispiratori di un nuovo corso per la vita della città, scelti come soggetti delle allegorie che dovevano comporre la nuova decorazione

166 P. Baricco, Torino descritta, Torino 1869, pp. 621-625.

167 A. P. [P. Agodino], Museo civico di Torino, in «L'Arte in Italia», A. I, 1869, p. 132; P. A. [P. Agodino], Il Museo Civico di

Torino, in «L'Arte in Italia», A. II, 1870, p. 22-24.

168 C. Mossetti, Doni, depositi e acquisti dal patrimonio regio e dalle residenze reali per il Museo Civico di arte e industria:

1870-1880, in S. Pettenati, G. Romano (a cura di), Il tesoro della città, op. cit., 1996, pp.121-124. 169 P. A. [P. Agodino], Il Museo Civico di Torino, op. cit., 1869.

142 del Palazzo Civico170. Persa la scommessa politica mirata alla guida della nazione, la città di Torino

rincorreva il primato economico e si forniva di istituti di formazione mirati: il Museo Industriale per l'aggiornamento tecnologico e le raccolte del Civico per fornire esempi e campionature che dovevano raffinare l'estetica dei nuovi prodotti seriali.

L'occasione per una riflessione sistematica sugli indirizzi dell'istituzione giunse nel 1868, quando maturò la proposta di trasferire il Museo Civico nei locali di Palazzo Carignano. Il contesto era quello di una generale riorganizzazione degli istituti culturali della città, un processo che nel 1865 era faticosamente approdato alla decisione di trasferire le collezioni della Reale Galleria nel palazzo dell'Accademia delle Scienze. L'ipotesi di trasferimento rappresentò per il Civico l'occasione di progettare un nuovo ordinamento, affidato a una specifica commissione presieduta da Francesco Gamba, che nel 1869 assumeva la direzione della Galleria Sabauda. La relazione conclusiva dei lavori condotti, su cui avremo modo di tornare, portava una riflessione legata alla specificità dei musei municipali:

Allorquando un privato intraprende l'assunto di formare una raccolta artistica archeologica, deve por mente a non fare acquisti di cose, le quali tocchino alla mediocrità [...]. Diversa assai è la condizione di un corpo morale, o Municipio, il quale più per munificenza sovrana, o per generosità cittadina, che coi mezzi proprii viene talvolta a formare in breve tempo una raccolta cospicua e numerosissima, dovendo egli accettare anche le cose di poca entità, onde non avvenga di perdere quelle che hanno vero e reale valore artistico"171.

Il ruolo che le modalità di acquisizione avevano nello sviluppo del museo era dunque ben noto e per il Museo Civico si traduceva in molti casi nel rapporto con i donatori. Di fronte alla disomogenea entità delle raccolte di arte moderna ci si chiedeva per esempio se fosse opportuno «fare una epurazione» tra le numerose opere della galleria, ma si convenne di desistere per «ragioni di convenienza sciale e di riguardi personali» nei confronti di autori o donatori viventi e per non mettere «diffidenza e scoraggiamento nei largitori»172.

Naufragata l'ipotesi di trasferimento, rimasero invece le indicazioni che privilegiavano la direzione delle arti applicate173, i cui sviluppi furono convalidati più che dagli acquisti (comunque

significativi) dall'apporto di prestigiose donazioni. Tra queste le note eccellenze con cui il marchese Emanuele Tapparelli d'Azeglio, ancor prima di assumere il ruolo di direttore (1879-1890), arricchì il patrimonio museale, in particolare con la donazione della raccolta di porcellane della manifattura di Vinovo (1872, acquistata dal generale Federico Della Chiesa) e di maioliche e porcellane italiane

170Verbale della seduta del Comitato Direttivo del Museo Civico, 6 febbraio 1868, in AMCT, CAP 3.

171 F. Gamba, Relazione della commissione stata nominata dalla Giunta Municipale nella seduta del 27 aprile 1870 con

incarico di studiare e proporre un nuovo ordinamento del Museo Civico, Torino 1870, p. 5. 172Ibidem.

173 M. di Macco, Il «Museo Civico d'arte applicata alle industrie in Torino», in S. Pettenati e G. Romano (a cura di), Il tesoro

143 (1874), insieme al deposito dei vetri dipinti e graffiti a oro174. Il lascito di questa straordinaria

collezione era vincolato all'esposizione in specifici arredi, accanto ai dipinti e alle memorie dello zio Massimo che erano state oggetto di un'analoga donazione: si configurava così un nucleo fortemente rappresentativo della cultura e del ruolo politico di una delle più prestigiose famiglie torinesi, che significativamente trovava posto in alcune sale appositamente allestite175.

Sul d'Azeglio collezionista e direttore di museo godiamo oggi di un'ampia letteratura, che ha messo in luce la portata internazionale dei suoi interessi e della sua influenza, soprattutto grazie alla ventennale permanenza londinese per incarichi diplomatici dalla fine degli anni '40: nella capitale britannica, attraversata da un fervore edilizio di stampo neogotico e sede della storica Esposizione del 1851, il marchese aveva potuto maturare lo speciale interesse verso una più ampia documentazione della storia del gusto, specializzandosi in due settori collezionistici allora non così diffusi come quello dei vetri dorati e dipinti e delle ceramiche e porcellane italiane.

Con la donazione del 1874 d'Azeglio aveva imposto al Municipio di impegnarsi per un incremento sistematico della raccolta di ceramiche, sottolineando «l'utilità di dare ai nostri fabbricanti ed operai dei buoni modelli» e facendo leva sulla necessità di «cercare vie non battute e cose che possano far fermare per poco i forestieri che generalmente non ci guardano ma passano»176. La consegna delle sue collezioni sancì definitivamente la vocazione alle arti

applicate, cui il Municipio aderiva istituendo un fondo annuale straordinario di 5000 lire per l'acquisto di ceramiche177. Alla fine del 1875 Bartolomeo Gastaldi poteva presentare al Comitato

Direttivo il nuovo ordinamento della sezione storia del lavoro, «per il quale fu finalmente possibile esporre al pubblico in modo abbastanza conveniente la ricchissima collezione di ceramiche stata regalata al Museo da S. E. il Marchese d'Azeglio»178.

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