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I reperti del territorio: un difficile decentramento

2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

3.2 Il Museo di Antichità di Torino: accentramento dei saperi e dei repert

3.2.3 I reperti del territorio: un difficile decentramento

La possibilità di procedere ad alienazioni per perfezionare o correggere la fisionomia delle collezioni, secondo una consuetudine in uso presso i musei dell'epoca54, era oggetto di una

specifica disposizione del Regolamento del Museo Civico di Torino, a cui ci si appellò nuovamente nel 1881 per procedere alla cessione di un'ulteriore quantità di monete e medaglie55. Fino a che fu

attivo Ariodante Fabretti la concertazione tra l'attività del Museo di Antichità e quella della Società di Archeologia fu costante, favorita anche dalla presenza di Fabretti nel comitato direttivo del Museo Civico di Torino. Alla sua scomparsa le cariche videro una distribuzione diversa e si aprirono prospettive per una diversa collocazione dei reperti di antichità recuperati sul territorio. Nel 1895 il Municipio nominò suo sostituto all'interno del comitato direttivo Ermanno Ferrero, mentre la guida del Museo di Antichità era stata affidata a Ernesto Schiapparelli, che dal 1881 al 1894 aveva diretto il Museo Egizio di Firenze. In occasione della prima riunione del comitato per l'arte antica cui partecipò, Ferrero fece una proposta che andava in decisa antitesi con le scelte operate fino ad allora. Chiese infatti se non vi fosse modo di ottenere un po' di spazio per collocare nelle sale del Civico, possibilmente a lato della collezione preistorica, la collezione di memorie dell'epoca romana rinvenute in Piemonte e di proprietà della Società di Archeologica. La richiesta fu respinta appellandosi al Regolamento, che faceva esplicito riferimento a tre sole collezioni (preistorica ed

50 Gli scavi di Porta Susa sono documentati in AMC, CAA 1 – Dall'epoca della fondazione del Museo 1863 a tutto l'anno

1874, fascicolo 1855.

51 E. Micheletto, Documenti per la storia del Museo di Antichità di Torino, op. cit., 2006.

52 Non furono cedute le monete e medaglie relative alla storia di Casa Savoia e del Risorgimento, destinate invece alla sezione di Memorie Patrie del museo. Le sculture settecentesche di Troger, acquistate da Carlo Emanuele III, erano state collocate nel Museo di Antichità nel 1831 e qui restaurate nei primi anni '40 in occasione di un riallestimento: E. Micheletto,

Documenti..., op. cit., 2006, pp. 32, 39; S. Pettenati. G. Romano (a cura di), Il tesoro della città..., op. cit., 1996, scheda n. 260 di S. Pettenati. Sulla permuta si rinvia ad A. Piatti, Bartolomeo Gastaldi, op. cit., in c.d.s.

53 C. Maritano, Emanuele Tapparelli d'Azeglio, in I direttori del museo civico..., op. cit., in c.d.s.

54 «Simili vendite sono in uso in altri Musei fra cui quello degli Uffici a Firenze, soprattutto per duplicati, quand'anche oggetti di non tenue valore»: l'affermazione, contenuta tra le carte municipali del 1881, è riportata da C. Maritano, Emanuele Tapparelli d'Azeglio, op. cit., in c.d.s.

74 etnologica, storia del lavoro dall'epoca bizantina e arte moderna) e che quindi proibiva di estendere l'esposizione all'archeologia antica: un'opzione che, nella lunga e faticosa ricerca di identità e scopi, avrebbe rappresentato per il Civico una sorta di passo indietro.

Nei decenni precedenti la posizione di forza assunta dalla Società di Archeologia e Belle Arti era stata gravida di conseguenze per lo sviluppo dei musei locali piemontesi:

I rapporti privilegiati del direttivo della Società con la corte e con il Sovrano, ed un'attiva politica di cooptazione delle forze locali di cui era perno la prestigiosa qualità del Bollettino, finivano giocoforza con l'esercitare una azione limitativa sul decollo fuori Torino di istituzioni autonome, sicché non è un caso che i principali contrasti all'atto del rafforzamento degli uffici ministeriali che ha luogo negli anni '80 con l'istituzione dei Commissariati Regionali siano stati, per il Piemonte, non tanto fra capoluogo regionale e centri locali, ma tra l'autorità del Ministero e le resistenze di un polo autonomo già costituito56.

Gli scavi condotti a Carrù negli anni '70 dell'ottocento, che avevano portato al rinvenimento di tombe di epoca romana, sono uno dei numerosi casi in cui la mancanza di un tessuto istituzionale locale per la conservazione dei reperti fu compensata dall'intervento torinese. Nonostante la presenza fin dal 1875 di una Commissione conservatrice provinciale cuneese, nel 1877 la relazione sulle scoperte era inviata al Ministero da Carlo Promis in qualità di Ispettore per la provincia di Torino57. In seguito ai primi rinvenimenti fortuiti, derivanti dai lavori di sterramento

eseguiti per la costruzione della Torino-Savona, gli scavi erano proseguiti grazie all'intervento della Società di Archeologia e Belle Arti, determinando la destinazione dei reperti al Museo di Antichità. A distanza di pochi mesi il direttore Ariodante Fabretti informava il Ministero circa l'acquisizione: l'attività di studio e riordino procedeva con quella dei restauri, che nel caso di vasi frammentari o incompleti «ne diminuiscono le imperfezioni»; la parziale ricostruzione degli oggetti era funzionale alla loro esposizione: infatti i materiali di Carrù, mantenuti nel loro nucleo di provenienza, erano stati collocati nelle sale del museo in un armadio a parte, con «qualche distinzione che gli studi archeologici suggeriscono»58.

All'epoca dell'istituzione della Commissione provinciale, il Sotto prefetto di Alba, chiamato a pronunciarsi sulle collezioni archeologiche del circondario, riferiva del resto al ministero che quelle conosciute non rivestivano particolare importanza, a esclusione della raccolta di oggetti romani formata presso il Reale Castello di Pollenzo, «grazie alle cure delle persone addette all'assistenza dei lavori pel riattamento dell'antico Castello; ma oggidì deve essere alquanto diminuito nella

56 G. Kannès, Accentramento e iniziative locali..., op. cit., 1994, pp. 23-24. Il riferimento è a una sorta di ostruzionismo che d'Andrade ebbe a segnalare a Fiorelli nel 1889 assumendo la direzione della Delegazione regionale.

57Carlo Promis a Ministero della pubblica istruzione, 18 ottobre 1877, in ACS, AA. BB. AA., I vers., b. 20, fasc. 34 "Cuneo 1861-1881": Promis sottolineava come i rinvenimenti fossero in parte custoditi presso un signore del luogo, altri «in maggior numero da uno degli Ingegneri addetti ai lavori furono donati al Museo Civico di Modena ove attualmente sono conservati, e di questo ebbi conoscenza da quell'egregio Direttore Cav. Boni».

58Ariodante Fabretti a Ministero della pubblica istruzione, 14 gennaio 1878, in ACS, AA. BB. AA., I vers., b. 20, fasc. 34 "Cuneo 1861-1881".

75 quantità degli oggetti che possedeva al principio della sua formazione»59. Ricordava poi la

collezione depositata alla Villa di San Giacomo a Cavallermaggiore, di proprietà della famiglia della Veneria, originaria di Bra. Osservava inoltre come in quella città, smuovendo il terreno, emergessero spesso dei reperti che, pur trovandosi presso numerose famiglie della città, non costituivano delle vere e proprie collezioni.

Tra le carte del Ministero era custodito in proposito un articolo della Gazzetta di Bra a firma del collezionista e studioso di scienze naturali Federico Craveri, che riferiva di alcuni scavi condotti da un industriale per la raccolta di argilla:

Nello scorso giugno il piccone dei lavoranti cadde sopra dei ruderi che tosto apparvero essere recipienti in terra cotta racchiudenti le ceneri di umani cadaveri stati cremati.

Divulgata la notizia di questo scoprimento i cittadini recaronsi a frotte sul sito delle escavazioni, ed in pochi giorni tutte le reliquie dissotterrate vennero sparpagliate prendendo ciaschedun visitatore quel pezzo che meglio poté agguantare. […] Sarebbe stato opera degna dell'epoca nostra studiosa, che queste reliquie appena scoperte venissero gelosamente liberate dall'argilla in cui giacevano, che persone capaci assistessero al lavoro dei manovali, e chi sa quali dati utili alla scienza si avrebbero potuto raccogliere; invece come sempre succede in simili casi, i lavoranti avidi di lucrare il tesoro che a lor idea vi fosse nascosto, distrussero, ovvero rovistarono alla rinfusa quelle macerie, salvando gli oggetti più appariscenti quali dei lumi ceramici, un bicchiere di vetro colorito in verde (che io non vidi), alcune monete corrose dal tempo riducentesi in polvere, vari lacrimatoi di vetro, ed uno specchio di metallo che mi venne rimesso dal mio fratello D. Ettore60.

L'intervento di dilettanti o di persone inesperte rappresentava una della principali minacce non solo per la perdita dei dati di contesto dello scavo, ma soprattutto per i rischi di dispersione; in altre situazioni la possibilità di controllare la destinazione dei reperti poteva diminuire però anche a fronte di scavi condotti dagli archeologi, soprattutto se stranieri. Di un caso cuneese si occupò lo stesso Fiorelli: giunto a conoscenza che il parigino Emilio Rivière era stato autorizzato dal Ministero degli esteri a intraprendere scavi nella vallata di Tenda alla ricerca di testimonianze preistoriche, esprimeva le proprie perplessità:

Ottimo al certo è il proposito del Sig. Rivière, e potrà altresì riuscire utile agli studi, se il modo ond'egli lo porrà ad effetto sia per essere quale le buone regole della scienza archeologica più moderna richiedono. Tuttavia l'esperienza ammaestra come delle ricerche e delle scoperte del Sig. Rivière non si potranno giovare punto i Musei regionali, giacché in passato lo stesso […] inviò in Francia le cose trovate da lui nelle escavazioni delle Grotte dei Balzi Rossi presso Ventimiglia, ch'egli aveva comperate espressamente per eseguirvi scavi archeologici61.

59Sotto prefetto a Ministero della pubblica istruzione, 2 giugno 1875, in ACS, AA. BB. AA., I vers., b. 20, fasc. 34 "Cuneo 1861-1881".

60 Federico Craveri, Antichità romane dissotterrate vicino alla Cappella di San Giovanni Lontano, in «La Settimana. Gazzetta di Bra», anno I, n. 32, 6 set 1874 (ma l'articolo porta la data del 21 agosto 1874), pp. n.n.

76 I dubbi su Rivière erano stati confermati a Fiorelli sia dall'ispettore di Ventimiglia sia da Luigi Pigorini, che riferiva di averlo incontrato al Congresso preistorico di Bologna nel 1871: Rivière era noto tra gli scienziati solo per le ricerche paletnologiche fatte ai Balzi Rossi, e sulla scorta del suo mediocre profilo scientifico era bene stare in guardia dal farlo lavorare in Italia62.

I reperti archeologici del territorio, quando non furono oggetto di distrazioni o di un mercato spiccio, spesso trovarono agile ricovero presso collezionisti privati: la loro rete di scambi e relazioni determinò il destino di numerose raccolte. Nel Piemonte della seconda metà dell'ottocento i canali di rinvenimento e passaggio dei reperti di scavo disegnano un fitto reticolo che gli studi stanno progressivamente chiarendo63. Di seguito l'esame di alcuni casi consente una lettura delle

dinamiche in atto e per la conoscenza di alcune realtà che contribuirono alla nascita dei musei civici.

3.3 Alessandria: la dimensione della "provincia" e la nascita del Museo

Civico

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