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2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.4 Donare per perfezionare: le rotte del Museo Civico di Torino

4.4.3 Donatori al setaccio

La fisionomia del museo si perfezionava così per cessioni (come nel caso delle mitiche perforatrici Sommeiller usate per il traforo del Frejus, cedute nel 1875 alla Scuola di Applicazione e al Museo Industriale) e per un maggior controllo sulle acquisizioni. Una selettività dovuta anche alla cronica carenza di spazi, «che ci impedisce di rivolgerci alle famiglie patrizie ed ai ricchi cittadini

174 S. Pettenati, Emanuele d'Azeglio da collezionista a direttore di museo, in S. Pettenati, A. Crosetti, G. Carità (a cura di),

Emanuele Tapparelli d'Azeglio collezionista, mecenate, filantropo, atti della giornata di studio (Savigliano 1992), Torino 1995, pp. 51-64; M. P. Soffiantino, «Una collezione da nessuno tentata». Emanuele d'Azeglio, conoscitore della ceramica italiana del Settecento, ibidem, pp. 169-181; S. Pettenati, Il marchese d'Azeglio e il collezionismo ottocentesco, in Eadem, I vetri dorati graffiti ed i vetri dipinti, Torino 1978, pp. 49-63; C. Maritano, La direzione di Emanuele Tapparelli d'Azeglio, in Atti del seminario di studi sui direttori del Museo Civico..., op. cit., in c.d.s.

175 A. A. Piatti, Bartolomeo Gastaldi, op. cit., in c.d.s.

176 Le citazioni provengono da una lettera di d'Azeglio del 30 marzo 1874, citata da M. P. Soffiantino, «Una collezione da

nessuno tentata»..., op. cit., 1995, p. 172.

177 Il fondo fu messo a disposizione dall'anno della donazione delle ceramiche d'Azeglio fino al 1884: C. Maritano, La

direzione..., op. cit., in c.d.s.

144 per richiederli di depositare nel Museo gli oggetti degni di essere esposti in pubblica mostra»179.

Ma soprattutto un'idea ormai chiara di come si dovessero plasmare le raccolte municipali, che d'Azeglio provvedeva scrupolosamente a qualificare e indirizzare, mediante acquisti mirati (che si rivolsero in particolare alle ceramiche e ai tessuti)180 e applicando un filtro rigoroso all'ingresso di

lasciti e donazioni al museo. Un caso significativo, recentemente ripreso, riguardò per esempio la raccolta di reperti di scavo, incisioni, dipinti antichi, miniature, mobili e ceramiche donata al Civico da Carlo Proglio nei primi anni '80. La selezione fu drastica, in parte per la ristrettezza dei locali ma soprattutto perché la gran parte dei pezzi che componevano la raccolta del donatore risultavano inadeguati: «Cerco di rialzar con buone compere il carattere artistico del Museo e con quest'accettazione si disfarrebbe l'opera mia», dichiarava il marchese, contrastando anche l'opportunità di accettare doni per poi rivenderli o non esporli181. Il vaglio qualitativo interessava non

solo i nuovi acquisti ma anche alcuni dei materiali di più antica acquisizione, come il gruppo di monete e medaglie della zecca di Torino, oggetti di epoca romana, ma soprattutto armi e tessuti, ferri, bronzi e avori considerati di dubbia autenticità o valore di cui nel 1881 si proponeva la cessione, mediante asta, offerta d'acquisto o scambio con altri musei182.

Una buona occasione per procedere a una sorta di classificazione dei materiali su criteri di qualità fu colta nel 1882, quando il Municipio decise di inventariare tutti gli oggetti di sua proprietà. La direzione del Museo credette utile fornire all'amministrazione uno schema generale dello stato patrimoniale, suddividendo gli oggetti esistenti nel locale del Museo in due categorie: quelli che avevano «carattere assoluto o relativo per essere esposti al pubblico» e che costituivano «per così dire la parte vitale e reale del Museo» (erano indicati circa 3000 pezzi di cui 300 nella raccolta di arte moderna, 2400 storia del lavoro e 300 nella raccolta preistorica ed etnologica) e gli oggetti che «o perché di merito secondarissimo o perché non hanno carattere d'arte o di pregio d'antichità, o perché capitati casualmente nel locale del Museo più a titolo di temporaneo albergo che non a scopo d'esposizione» giacevano nei magazzini. Quest'ultima categoria presentava circa 3500 oggetti «della natura la più svariata», tra cui troviamo però anche la raccolta di acquerelli di De Gubernatis («non esponibili, tranne una dozzina che già sono esposti, perché di poco merito e interesse e quindi occupanti inutilmente uno spazio prezioso») e quindici dipinti antichi provenienti dal legato Sismonda (da unirsi agli altri già esposti in Municipio per esporli tutti insieme in qualche sala del palazzo civico), insieme a gessi e calchi, busti di uomini celebri, progetti di monumenti, quadri moderni già tolti dall'esposizione, le sculture in marmo della signora Baricalla Ciarella (mai esposte perché «prive di merito d'arte»), falsi, duplicati, monete e medaglie183.

Il legato di Eugenio Sismonda, risalente al 1870, consisteva in quarantacinque dipinti del

179 Così Gastaldi si esprimeva nella relazione sull'andamento del Civico per l'anno 1875 (ibidem).

180 Gli acquisti operati dal d'Azeglio si avvalsero delle sue note qualità di conoscitore e dei suoi estesi contatti con collezionisti e antiquari di tutta Europa: S. Pettenati, Le collezioni tessili del Museo Civico di Torino, in Le collezioni civiche di tessuti, atti del seminario (Modena 1986), Bologna 1990, pp. 61-65; C. Maritano, La direzione..., op. cit., in c.d.s.; C. Maritano, Per una "storia del lavoro": la collezione di tessuti, in G. L. Bovenzi e C. Maritano (a cura di), Tessuti, ricami, merletti. Opere scelte, in part. pp. 7-10; C. Maritano, Le ceramiche di palazzo Madama. Guida alla collezione, Torino 2008. 181 C. Maritano, La direzione..., op. cit., in c.d.s.

182 L'elenco degli oggetti, datato 2 dicembre 1881, si trova in AMCT, CAA 13.2. 183Segretario del museo a Sindaco di Torino, Torino 1 luglio 1882, in AMCT, CAA 13.3.

145 Sei e Settecento che il colto esponente del mondo scientifico torinese aveva fatto oggetto di un collezionismo opportunamente accostato a quello sabaudo184. Ma nel museo che stava prendendo

forma non fu possibile accogliere al completo un nucleo di questo tipo: la citata commissione presieduta nello stesso anno da Gamba per definire il nuovo ordinamento del Civico, in riferimento ai quadri antichi ipotizzava addirittura la devoluzione alla Regia Pinacoteca, e solo per rispetto dei donatori e delle loro volontà, per non ostacolare successive largizioni e per evitare che gli eredi dei donatori procedessero al ritiro delle opere, si era stabilito di conservare i dipinti, quali «complemento del museo medievale»185. Le tele del lascito Sismonda furono così sottoposte a una

rigida selezione, che negli anni a seguire portò a esporre in museo solo una quindicina di esemplari e a sistemare i rimanenti presso vari uffici municipali186. La Guida del 1884 continuava a

rispecchiare la posizione defilata dei «quadri di scuola antica», collocati nell'ultima sala del primo piano (dedicato alle memorie storiche e alla pittura moderna) e ricondotti come sempre a nient'altro che al «generoso dono di privati»187. Il loro destino continuò a essere problematico anche sotto la

direzione di Vittorio Avondo (1890-1910), che nel 1899 si oppose alla rinnovata proposta avanzata in sede di consiglio comunale di trasferire i dipinti di maggior pregio alla Sabauda188.

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