SOCIETÀ LOCALI, MUSE
6 MUSEI DI ALTRE GENERAZIONI: MUSEI CIVICI DEL '
Questa prima parte dedicata alle origini dei musei civici piemontesi si conclude con un capitolo dedicato al panorama che ha fatto seguito alla grande stagione ottocentesca. Si tratta di una disamina mossa non solo dall'esigenza di inquadrare cronologie più attardate, ma anche dalla necessità di restituire premesse culturali e di metodo che nel corso nel '900 hanno segnato con forza il ruolo del museo locale.
In particolare l'attenzione viene rivolta a due stagioni, entrambe curiosamente incentrate sulle iniziative del cuneese. La prima è quella che prende avvio alla vigilia della prima guerra mondiale e che sostanzialmente si estende per tutto il ventennio. In questo periodo i concetti di "storia" e "tradizione" si muovono su terreni incerti, facili alla strumentalizzazione ma non per questo privi di interpreti coscienziosi. Tra questi, lo studioso Euclide Milano (1880-1959)1, che dalle
ricerche storiche seppe spostarsi con autorevolezza sul campo degli studi etnografici, e sulla base di questo duplice addestramento disciplinare promuovere la nascita del Museo Civico d'Arte e Storia di Bra (1918) e del Museo Civico di Cuneo (impostato dal 1920). Giocarono a favore della loro realizzazione il clima e la progressiva affermazione degli indirizzi culturali dell'epoca, che privilegiavano di questi due progetti la visione nostalgica del passato e un suo recupero strumentale. Non a caso Milano fu rimosso dall'incarico quando alla fase di progettazione del percorso espositivo doveva seguire quella necessaria di programmazione dell'attività dell'istituto.
Il secondo periodo preso in considerazione interessa invece i decenni centrali della seconda metà del secolo, quando il nuovo impianto metodologico che aveva investito le discipline umanistiche (la ricerca storica e storico-artistica, l'archeologia, l'antropologia) confluiva in quella che fu una felice stagione di pensiero e programmazione sulle sorti e sulla missione dei musei locali2. Questo si tradusse non solo nella sistematica revisione dei compiti e degli strumenti in
mano agli istituti già esistenti, che in non pochi casi nel recupero della dimensione territoriale poterono formulare una rinnovata identità, ma anche in operazioni più radicali, che sostenevano la nascita di nuovi presidi oppure affidavano finalmente uno scopo a realtà segnate da una crescita incerta o talora spezzata. Le ricerche sistematiche condotte su Cuneo e la sua provincia per più di un decennio fecero del capoluogo una sorta di cantiere pilota, dove una solerte attività sul campo e una salda adesione all'approccio interdisciplinare gettarono le basi per il rilancio definitivo del museo civico come museo del territorio.
Un sommario confronto tra quelli che possono essere considerati due punti di riferimento
1 R. Comba, E. Forzinetti (a cura di), Euclide Milano. Etnografo, erudito, poligrafo, divulgatore, atti delle giornate di studio (Bra e Cuneo, 22-23 marzo 2003), Cuneo 2004; C. Conti, Un intellettuale tra potere e cultura: Euclide Milano come erudito e uomo d'azione, in BSSSAA, n. 112, 1995.
2 Ne derivò un periodo di particolare fiducia nei confronti della gestione locale delle risorse culturali. In un contesto di questo tipo si possono collocare iniziative come quella dell'importante donazione di Filippo Scroppo al Comune di Torre Pellice: Museo pubblico/civico e arte contemporanea: esempio di Torre Pellice nel secondo dopoguerra: A. Balzola, P. Mantovani (a cura di), Filippo Scroppo e la Galleria d'Arte Contemporanea di Torre Pellice, catalogo della mostra (Torre Pellice 6-28 agosto 1994), Torino 1994.
186 per una fotografia delle presenze museali nella prima e nella seconda metà del secolo (I musei e le gallerie d'Italia di Francesco Pellati del 1922 alle Schede del Touring Club Italiano del 1980) rivela per il Piemonte una presenza di istituti che è all'incirca triplicata3. La quantità delle segnalazioni,
sebbene sia in parte da ascrivere a uno scandaglio più capillare del territorio e a una maggiore sensibilità nei confronti delle realtà più minute, indica comunque una crescita consistente del numero di musei, confortata anche dalla verifica delle date di istituzione. Una crescita che si deve indubbiamente al tentativo di impostare un discorso organico sulla pianificazione del territorio e sul'"uso sociale" dei beni culturali e che vedeva al centro, quali attori di primo piano, i musei più radicati localmente. A questo discorso non va disgiunto almeno un riferimento anche alla progressiva autonomia gestionale che, a partire dal decentramento regionale avviato nei primi anni '70, consentiva agli amministratori di tentare le proprie scommesse4.
L'approccio territoriale alla questione museografica ha avuto, per tutto il corso degli anni Ottanta e oltre, un riscontro significativo nell'ambito dei musei civici: studiosi e conservatori hanno formulato nuove ipotesi di interpretazione e sviluppo, con lo scopo di fornire nuovi strumenti di lettura del patrimonio locale. Grazie a una specifica attenzione alla dimensione peculiare delle specifiche realtà locali, in Piemonte sono stati mossi passi importanti verso una nuova consapevolezza delle risorse museali: partendo da una ricognizione storica dei nuclei collezionistici, si sono disegnati itinerari efficaci per la comprensione e l'interpretazione delle città e dei loro territori. Questo percorso, fondato su una rivisitazione consapevole delle raccolte civiche, è stato comune a molte istituzioni italiane e ha prodotto in alcuni casi esiti significativi, che hanno rappresentato indubbiamente un termine di paragone (uno tra tutti è sicuramente il Museo di Santa Giulia di Brescia).
In Piemonte la consentaneità delle diverse proposte deve essere attribuita, oltre che alle capacità dei direttori e dei loro collaboratori, alla volontà manifestata dall'allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte di intervenire sistematicamente sui musei della regione5,
condividendo con gli interlocutori locali la necessità di ragionare in termini di politiche culturali:
Il livello culturale di una città si giudica sempre meno dal prestigio del suo passato, bensì piuttosto dalla qualità e dalla quantità di competenti che la città riesce oggi ad aggregare e a garantirsi stabilmente, perché lavorino in modo solidale sui problemi della cultura cittadina,
3I musei e le gallerie d'Italia. Notizie storiche e descrittive raccolte da Francesco Pellati con prefazione di Corrado Ricci, Roma 1922, pp. 1-28; Capire l'Italia. I Musei. Schede, Milano 1980, pp. 17-30. Cfr. Appendice.
4 Per un inquadramento del coevo dibattito sui beni culturali: A. Rossari, R. Togni (a cura di), Verso una gestione dei beni
culturali come servizio pubblico: attività legislativa e dibattito culturale dallo stato unitario alle regioni, 1860-1977, Milano 1978; Atti del convegno sui beni culturali, (Torino, 1-2 luglio 1977), Torino 1978; G. Romano, Qualche aggiornamento e un documento politico sul tema dei Beni Culturali, in «Quaderni storici», A. XVIII, n. 51, fasc. III, dicembre 1982, pp. 1135- 1150; E. Tropeano, Beni culturali e servizi per la cultura nelle politiche delle regioni e degli enti locali, Ricerche e studi Formez, Roma 1984. Una lettura d'insieme in anni recenti è offerta da D. Jalla, Il museo contemporaneo. Introduzione al nuovo sistema museale italiano, nuova edizione, Torino 2003.
5 Assume il valore di una vera e propria dichiarazione d'intenti la mostra del 1978 con il relativo catalogo, che propone una rassegna storica dei musei piemontesi: G. Romano (a cura di), Musei del Piemonte opere d'arte restaurate, catalogo della mostra, Torino 1978.
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perché informino e tutelino, ricerchino e recuperino, affrontino nuove esperienze e ne sappiano comporre un repertorio «memorabile» per assicurare la stessa possibilità e gli stessi strumenti a coloro che verranno nei prossimi decenni; perché sappiamo insomma rendere la promozione culturale un servizio sentito come necessario per la qualità della vita e non un'opzione aleatoria.6
Sebbene sia stato sempre riconosciuto come la presenza di un museo fosse portatrice di lustro e attrattiva per la città e per i suoi visitatori, e fosse quindi possibile considerare il patrimonio culturale e la sua valorizzazione anche in termini di valore economico, negli anni successivi l'ingresso prepotente delle teorie sul marketing dei musei impose la svolta (talvolta purtroppo a senso unico) su cui molti musei locali cominciarono a rimisurare le loro potenzialità.