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2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

3.1 Trasformazioni urbane e raccolte archeologiche

3.1.2 Dallo scavo al museo: problemi di giurisdizione

Gli sviluppi della disciplina, che guardava ormai a ogni singolo ritrovamento come a una preziosa fonte documentaria, autonoma rispetto al valore artistico o monumentale, favorivano un interesse diffuso su tutto il territorio nazionale verso la raccolta di reperti archeologici, all'origine di scavi e collezioni, pubbliche e private, condotte fin nei più piccoli centri22. Il controllo e il

coordinamento del ministero, che mirava alla creazione della carta archeologica d'Italia, avevano lo scopo di contrastare le speculazioni, spesso a favore del florido e avido mercato estero, e di preservare l'integrità dell'opera e dei dati di scavo. Lo stesso Fiorelli riconosceva, in questa mutata situazione, la necessità di adottare nuovi criteri anche per la creazione dei musei, che non potevano più rivolgersi esclusivamente agli studiosi:

[...] sanno tutti che prima di pensare al profitto delle scuole, ha l'obbligo il Governo di pensare alla tutela dei documenti veri della nostra storia più antica [...] bisogna adunque ai musei attuali accrescere la dovizia, coi soli tesori archeologici della regione propria, e

20 Sulla nascita del servizio nazionale di tutela, sui protagonisti e sul contesto in cui maturano scelte e dibattiti, restano imprescindibili i due volumi: M. Bencivenni, R. Dalla Negra, P. Grifoni, Monumenti e Istituzioni. Parte I. La nascita del servizio di tutela dei monumenti in Italia 1860-1880, Firenze 1987; Iidem, Monumenti e Istituzioni. Parte II. Il decollo e la riforma del servizio di tutela dei monumenti in Italia 1880-1915, Firenze 1992. Sulla circolare del 1865 si rinvia in particolare al primo volume, alle pp. 265-267 e 306-307. Per una ricognizione più orientata al dibattito sui musei e al ruolo delle élites

locali nelle commissioni conservatrici: G. Kannès, Nazionale, regionale, locale. Le istituzioni sorte in area alpina e il dibattito postunitario sull'organizzazione dei musei in Italia, in A. Audisio, D. Jalla, G. Kannès (a cura di), I Musei delle Alpi dalle origini agli anni venti, atti del seminario di ricerca, Torino 1992, pp. 161-177.

21 R. A. Genovese, Giuseppe Fiorelli e la tutela dei beni culturali dopo l'Unità d'Italia, numero monografico di «Restauro», A. XXI, n. 119, gennaio-febbraio-marzo 1992; F. de Angelis, Giuseppe Fiorelli: la «vecchia» antiquaria di fronte allo scavo, in «Ricerche di Storia dell'Arte», n. 50 (dedicato a L'archeologia italiana dall'Unità al Novecento), 1993, pp. 6-16.

22 Sull'archeologia italiana dell'Ottocento: S. Settis, Da centro a periferia: l'archeologia degli italiani nel secolo XIX, in L. Polverini (a cura di), Lo studio storico del mondo antico nella cultura italiana dell'Ottocento, atti degli incontri (Acquasparta, maggio-giugno 1988), Napoli 1993, pp. 299-334.

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fondare altri musei in quelle parti del Regno, che hanno diritto a custodire in un proprio istituto i documenti più autentici della loro storia23.

La funzione dei musei archeologici rientrava nel dibattito sulla tutela dei beni artistici e sull'insegnamento delle antichità nell'Italia postunitaria, e più in generale sul ruolo degli studi classici e sulle riforme del sistema d'istruzione24. Rispetto all'affermazione degli studi nei paesi

esteri (in Germania in particolare), in Italia numerose responsabilità erano attribuite alle carenze dell'insegnamento, sia universitario sia della scuola secondaria: in particolare si contestava la mancanza di pubblicazioni scientifiche, il contributo insufficiente alla tutela e l'inadeguatezza nell'ordinamento dei musei. Gli istituti dovevano essere provvisti di collezioni che garantissero una didattica anche dimostrativa, sull'esempio di quanto più comunemente era perseguito dalla cattedre di insegnamento scientifico25.

A questa idea prevalentemente "pedagogica" del museo archeologico, che dunque avrebbe dovuto seguire una crescita e un ordinamento uniformato ai programmi di studio, Fiorelli opponeva una priorità contestuale e territoriale per le collezioni. Questa posizione implicava la necessità di riconoscere un ruolo attivo alle istituzioni locali, sottoposte però alla funzione di controllo e coordinamento esercitata dal Ministero:

Non bisogna impedire ai comuni, alle province, ai privati lo scavo; un divieto siffatto sarebbe ingiusto, pernicioso, cattivo, distoglierebbe dall'opera che presta un interesse privato e locale che è potentissimo, e che deve pure concorrere [...]. Ma il Governo deve poter sapere ciò che è fatto in una parte o l'altra del paese26.

Fiorelli giungeva a formulare, nell'ambito di una normativa comune e specifica per gli scavi, «la necessità della istituzione dei musei regionali, i più adatti per lo studio storico di ogni Regno, e che questi siano diretti assieme agli scavi, e che vi siano custoditi i monumenti locali»27. Lo stimolo

alla creazione di musei locali era iniziativa che Fiorelli aveva assunto fin dagli inizi della sua responsabilità ministeriale, promuovendo la stesura dei cataloghi di tutti i musei e raccolte di

23 G. Fiorelli, Sull'ordinamento del servizio archeologico. Relazione del Direttore generale delle antichità e belle arti a S. E. il

ministro della Istruzione Pubblica, Roma 1883, p. 13, citato da R. A. Genovese, Giuseppe Fiorelli..., op. cit., 1992, p. 33. 24 Il tema è stato affrontato da M. L. Catoni, Fra «scuola» e «custodia»: la nascita degli organismi di tutela artistica, in «Ricerche di Storia dell'Arte», n. 50, 1993, pp. 41-52.

25 La Catoni ricorda per esempio la proposta Conestabile per ginnasi e licei, dove suggeriva l'allestimento di collezioni di gessi riproducenti ritratti, utensili, iscrizioni e monumenti antichi; l'uso didattico del museo giungeva fino alla possibilità di scambiare reperti originali fra musei italiani e anche con i musei stranieri: M. L. Catoni, Fra «scuola» e «custodia»..., op. cit., 1993, pp. 44, 46.

26Ibidem, p. 48.

27 Il testo, estratto da G. Fiorelli, Sull'ordinamento del servizio archeologico. Seconda relazione del Direttore Generale delle

Antichità e Belle Arti a S.E. il Ministro della Istruzione Pubblica, Roma, 1885, è riportato anche da P. Rescigno, Tra culto…, op. cit., 1994, pp.71-72.

67 proprietà municipale, nella convinzione che la loro pubblicazione sarebbe stata di stimolo alla nascita di nuove istituzioni e al potenziamento dell'iniziativa di tutela sui territori28.

In generale il concorso tra enti locali e organismi governativi si tradusse spesso in una sorta di competizione, come è stato rilevato per esempio dagli studi compiuti sul Museo Civico Archeologico di Bologna29. Le Deputazioni di Storia patria per l'Emilia, istituite nel 1860, grazie alle

competenze e agli interessi dei loro membri determinarono la nascita di numerosi musei della regione; d'altro canto il capoluogo emiliano, appena uscito dallo Stato pontificio, era impegnato a ribadire con autonomia la propria adesione al disegno di unificazione della penisola, che doveva passare per il riconoscimento dell'identità locale. Gli scavi archeologici e la destinazione delle raccolte costituirono così una delle occasioni di contesa tra l'organismo governativo della Deputazione e il Comune di Bologna30.

Gli scavi, gli studi e le collezioni di archeologia che proliferavano sul territorio piemontese, oltre a fare i conti con le iniziative di controllo e coordinamento di tipo statale, dovevano affrancarsi anche rispetto al ruolo tradizionalmente accentratore del capoluogo torinese, in particolare sotto il profilo culturale: una ricerca di legittimazione che come vedremo orientò anche l'ambito degli studi storici e artistici.

La presenza in alcune località di insigni testimonianze dell'antichità in alcuni casi favorì la rivendicazione di un presidio locale per la conservazione dei reperti, come avvenne per esempio nel caso della città di Susa. La sua notorietà a inizio secolo era giunta fino a Canova per i due torsi loricati ritrovati tra le mura della città nel 1802 e immediatamente ricoverati all'Accademia delle Scienze31. La fortuna degli scavi condotti in prossimità delle mura romane si protrasse per decenni,

favorendo in loco il culto degli studi di antichità. Al celebre Arco di Augusto era intitolato un componimento del poeta e pubblicista valsusino Norberto Rosa (1803-1862), che vi inseriva l'auspicio che si potessero raccogliere tutti i documenti utili a testimoniare il passato della città. L'idea fu ripresa dal figlio Ugo, appassionato di studi storici segusini, che nel 1884 guidò l'istituzione del Museo Civico32. Una prima proposta (avanzata nel 1875 in seno al Consiglio

Provinciale di Torino) si era in realtà rivolta alla creazione di un museo circondariale di antichità da collocarsi a Susa: alimentato dalla ripresa degli scavi archeologici, l'istituto avrebbe anche arginato

28 Alcune testimonianze in tal senso sono riportate in G. Kannès, Accentramento e iniziative locali: le origini delle collezioni

astigiane nel contesto dei musei italiani fra Ottocento e primo Novecento, in Museo Archeologico di Asti. La collezione dei vetri, Asti 1994, p. 16.

29 Sulla nascita e lo sviluppo dei musei civici in rapporto con le trasformazioni urbane e gli scavi archeologici a Bologna: C. Morigi Govi, G. Sassatelli, Dalla Stanza delle Antichità al Museo Civico..., op. cit., 1984.

30 G. Fasoli, Gli archeologi nella Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna, in C. Morigi Govi, G. Sassatelli,

Dalla Stanza delle Antichità..., op. cit., 1984, pp. 33-35; C. Morigi Govi, G. Sassatelli, D. Vitali, Scavi archeologici e musei. Bologna tra coscienza civica e identità nazionale, in «MEFRIM», n. 113-2, Roma 2001, pp. 665-678.

31 E. Castelnuovo, M. Rosci, Cultura figurativa e architettonica..., op. cit., 1980, vol. I, cat. n. 200 (L. Levi Momigliano) e 201- 202 (Franco Rosso); per una lettura critica della vicenda conservativa dei torsi segusini, oggetto delle spoliazioni francesi, si rinvia a:M. B. Failla, Restauri in Piemonte tra governo francese e Restaurazione, in C. Piva. I. Sgarbozza (a cura di), Il Corpo dello Stile. Cultura e lettura del restauro nelle esperienze contemporanee. Studi in onore di Michele Cordaro, atti del seminario di studi (Roma 2004), Roma 2005, in part. pp. 235-236.

32 L. Carli, La donazione del cofanetto e la formazione del Museo Civico di Susa, in C. Bertolotto (a cura di), Un Cofanetto

68 l'inesorabile dispersione dei reperti, sparsi tra collezionisti privati e mercato. Andò in porto l'ipotesi civica, che riscosse un immediato riscontro registrato dall'adesione di numerosi donatori, che vi fecero confluire reperti archeologici, oggetti antichi e rarità. Nel 1885 il Sindaco di Susa, su richiesta del collega alessandrino, ben esprimeva le aspettative riposte nella raccolta di antichità:

Nella nostra antichissima città si erano già da tempo rinvenute lapidi, frammenti di statue, di bassirilievi, di canali etc. che presentavano una certa importanza archeologica, e ben dimostravano la vetusta loro origine.

In seguito poi allo scoprimento delle Terme Graziane, sorse il pensiero di raccogliere tutte queste preziose memorie ed instituirne un Museo Civico di antichità.

Questo Municipio pertanto nominò una Commissione direttrice, gli concesse un apposito locale in stabile Comunale annesso alla Biblioteca Civica, popolare, circolante; gli accordò un fondo di primo impianto; gli diede un Regolamento [...] ed infine deliberò di stanziare annualmente una somma per le spese occorrenti per la sua conservazione.

Con queste disposizioni le cose procedono in modo soddisfacente.

Ogni anno poi si arricchisce questo Museo con nuovi oggetti che sebbene o rotti, o corrosi dal tempo, saranno tuttavia preziosi per la storia antica, ed havvi a sperare che col tempo raggiungerà un'importanza per la scienza archeologica33.

A queste raccolte si unirono nel 1885 l'osservatorio meteorologico, la biblioteca e la collezione di scienze naturali dell'appena dissolta sezione locale del Club Alpino Italiano, contribuendo così a quella variegata fisionomia tipica dei musei civici locali.

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