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SOCIETÀ LOCALI, MUSE

5.1 Varallo: la Società di Conservazione e la Pinacoteca

5.1.1 La palestra del Sacro Monte

A Varallo, così come a Vercelli, la nascita e lo sviluppo dei musei locali è strettamente legata alle vicende e ai protagonisti che nella seconda metà dell'ottocento si fecero carico delle istanze di tutela e salvaguardia di monumenti e opere d'arte.

Le esigenze di decorazione e manutenzione del Sacro Monte storicamente avevano garantito alla città e più in generale a tutta la valle il consolidarsi di una forte tradizione artistica e artigianale, legata in particolare alle pitture murali e alla scultura lignea e individuata quale leva per la promozione dello sviluppo economico locale19. La Valsesia vide così una consistente diffusione

di scuole d'arte e di disegno (a Borgosesia, Alagna, Riva Valdobbia, Valduggia, Mollia, Sottile di Rossa, Scopa, Piove, Campertogno e Alzo). A Varallo già nel 1778 era stata fondata la Scuola di Disegno, sotto gli auspici del re di Sardegna: con la sua istituzione la produzione artistica legata al Sacro Monte, ma soprattutto la sua conservazione e restauro, stabilirono con l'istituto un legame privilegiato20. Direttori e insegnanti della Scuola erano infatti i restauratori, gli architetti e i pittori che

17 G. B. Cavalcaselle, Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti di Belle Arti e sulla riforma dell'insegnamento

accademico, in «Rivista dei Comuni Italiani», A. III, fasc. IV, 1863, pp. 33-56. Il testo, riedito in estratto nel 1870 e nel 1875, nasceva quale nota indirizzata al Ministro della Pubblica Istruzione.

18 Sulle posizioni di Cavalcaselle in tema di restauro si rinvia a: Cavalcaselle e il dibattito sul restauro nell'Italia dell'800, numero monografico di «Ricerche di Storia dell'Arte», n. 62, 1997.

19 Per un panorama sugli artisti valsesiani: C. Debiaggi, Dizionario degli artisti valsesiani dal secolo XIV al XX, Varallo 1968; sull'ambiente culturale varallese, sulla nascita e i protagonisti delle scuole e società locali si rimanda a: M. Rosci, S. Stefani Perrone, Pinacoteca di Varallo recuperi e indagini storiche, catalogo della mostra, Varallo 1981; E. Ballarè,Raccontare un museo. Ambiti culturali e processi costitutivi della Pinacoteca di Varallo Sesia, Milano 1996, pp.15-36; S. Stefani Perrone (a cura di), La città nel Museo. Dipinti, disegni, sculture dei luoghi e oggetti d'arte a Varallo fra ottocento e novecento, catalogo della mostra, Varallo 1998, pp. 11-21.

20 P. Calderini, Per l'antica Scuola del Disegno, Varallo 1903; L. C. Bollea, La Regia Scuola di Varallo di Disegno e la Regia

162 contemporaneamente operavano sui principali monumenti locali, come Rocco Orgiazzi e Giovanni Avondo21. Avviarono i propri studi presso la Scuola anche Benedetto e Gaudenzio Bordiga, che

grazie al perfezionamento milanese divennero tra i più apprezzati incisori attivi a cavallo del 180022. Gaudenzio in particolare si dedicò allo studio dell'arte valsesiana, pubblicando le Notizie

intorno alle opere di Gaudenzio Ferrari nel 1820 e la Guida al Sacro Monte di Varallo nel 1830. Tra il 1819 e il 1837 la direzione dei restauri pittorici e plastici del sacro Monte fu affidata proprio ai fratelli Bordiga: nel 1837 Benedetto stilava una dettagliata relazione sui restauri diretti insieme al Geniani, corredandola con un insieme di norme da seguire per i restauri e la manutenzione delle cappelle. Il fratello Gaudenzio fu intanto tra i primi a consegnare all'Incoraggiamento un ruolo di tutela e conservazione delle opere, donando alla Società alcuni frammenti di affresco risalenti a Ferrari. La Scuola di Disegno di Varallo fu in parte sostenuta anche dal collegio Caccia di Novara, che la arricchì di modelli in gesso e libri e per la quale nel 1842 acquistò un palco mobile perché gli allievi potessero meglio studiare gli affreschi dei più noti artisti valsesiani.

La centralità del disegno per lo sviluppo delle belle arti esprimeva non solo l'aggiornamento varallese rispetto al dibattito coevo23: a Varallo l'esercizio di riproduzione delle opere di Gaudenzio

Ferrari presenti al Sacro Monte e in Santa Maria delle Grazie si affermò quale pratica fondamentale all'interno della Scuola, configurandosi sempre di più (come vedremo) quale strumento conoscitivo e conservativo.

Giacomo Geniani24, anch'egli incisore e allievo dei fratelli Bordiga, e che dal 1830 era

titolare della cattedra di "geometria pratica e disegno" presso la Scuola, nel 1831 fu l'ideatore e fondatore della Società d'Incoraggiamento, creata con lo scopo di promuovere lo studio del disegno e favorire per i meno abbienti gli studi nel campo delle belle arti. Dal 1836 la Società si occupò anche della gestione della Scuola-Laboratorio di Scultura in legno Barolo, cui erano demandati in particolare i restauri alle sculture lignee del Sacro Monte25. L'Incoraggiamento era il

destinatario di doni e opere d'arte, anche grazie alla consistente elargizione e al patronato della regina Maria Cristina nel 1836. La raccolta di opere nasceva all'interno dell'Istituto in una prima fase con finalità didattiche, ma in seguito fu destinata a evolversi in direzione della conservazione. La formulazione definitiva degli Statuti Organici della Società recitava infatti che lo scopo era quello «precipuamente di promuovere lo studio del disegno applicabile eziandio alle Arti Meccaniche», ma che accanto al progresso dell'industria era «altresì giovevole a curare la conservazione dei

21 Rocco Orgiazzi, architetto, pittore e disegnatore, occupò per primo la cattedra di professore di disegno; nel 1799 gli subentrò il pittore Giovanni Avondo (1763-1829), erede della lunga tradizione di frescanti e decoratori valsesiani attivo anche come progettista e restauratore per il Sacro Monte. Cfr. C. Debiaggi, Dizionario..., op. cit., 1968, ad vocem.

22Ibidem.

23 P. Astrua, Ludovico Costa ed il dibattito sulle arti in Piemonte nella prima restaurazione, in Conoscere la Galleria

Sabauda. Documenti sulla storia delle sue collezioni, Torino 1982, pp. 53-85. 24 C. Debiaggi, Dizionario.., op. cit., 1968, ad vocem.

25 G. Romerio, La Società d'Incoraggiamento allo Studio del Disegno in Valsesia, Varallo 1926. Dal 1866 la Società d'Incoraggiamento avrebbe gestito anche il Museo di Storia Naturale, che don Pietro Calderini aveva affiancato alla Regia Scuola Tecnica istituita nel 1859: E. Ballaré, Raccontare un museo..., op. cit., 1996, pp. 37-49.

163 particolari monumenti d'antichità in Pittura e Scultura esistenti»26.

L'intraprendenza locale per la difesa e la conservazione delle opere d'arte portava così nel 1875 alla fondazione della Società per la Conservazione delle opere d'arte della Valsesia, in seno alla quale prese corpo la formazione del museo di Varallo. Promotore dell'iniziativa era il pittore Giulio Arienta (che ne divenne prima vicepresidente e poi direttore), insieme a numerosi soci dell'Incoraggiamento; le finalità espresse erano quelle di provvedere al restauro del Sacro Monte e dei monumenti locali e di favorire l'incremento della Pinacoteca27. Nello stesso 1875 nasceva a

Torino la Società di Archeologia e Belle Arti e a Novara la Società Archeologica pel Museo Patrio, alla cui direzione stava il valsesiano Giuseppe Fassò, intimo amico di Arienta e come lui corrispondente della nota rivista fiorentina «Arte e Storia» di Guido Carocci.

La compenetrazione tra Incoraggiamento e Conservazione fu all'origine della stretta connessione tra istanze di tutela e finalità didattiche, ma fu anche elemento di continuità per l'incremento della Pinacoteca. Le quote degli associati erano raccolte da un comitato nominato da influenti cittadini di Varallo e servivano «ai restauri, al mantenimento e all'acquisto di lavori d'arte, e alla conservazione», con il compito anche di «disporre in apposito luogo gli oggetti artistici acquistati dalla Società o ad essa donati»28: la Società di Conservazione si svilupperà infatti nel

tempo assumendo un ruolo gestionale per le raccolte pubbliche valsesiane.

Il significato votivo del Sacro Monte e la difficoltà di manutenere un complesso tanto ampio di architetture, dipinti e arredi favoriva una commistione, facilmente ambigua, tra conservazione e aggiornamento degli apparati decorativi. Modifiche e sostituzioni all'interno delle cappelle erano possibile fonte di incremento per la raccolta museale intrapresa, che assumeva così l'aspetto di raccolta di modelli ed esempi di studio e allo stesso tempo memoria storica delle stagioni artistiche valsesiane. Si trattava di una situazione comune a numerose realtà monumentali italiane, che nel caso dei luoghi di culto affrontavano inoltre i rischi di dispersione, furto e spoliazione. La nascita dei musei in relazione al ricovero di resti di monumenti e decorazioni derivanti da interventi di ripristino ha segnato per esempio la basilica di Loreto29; a Varallo la questione assunse la dimensione di un

vero e proprio scontro metodologico, giocato sul campo delle scelte di restauro.

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