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2.2 «Un tutto classificato razionalmente e per ordine cronologico»: il Museo Lapidario Bruzza e l'archeologia vercellese

4.1 L'«avere io sempre cercato, in tutti i modi, di essere utile al mio

4.1.3 La maturazione di una scelta pubblica

In merito agli incrementi raggiunti dal museo di Leone e alle difficoltà incontrate dal collezionista nel dialogo con la città e con i suoi amministratori si faceva carico lo stesso Carocci51,

che non perdeva occasione per elogiare l'attività dell'amico notaio e per evidenziare le visite illustri alle sue raccolte, come quella dell'onorevole Rocchetti, segretario generale del Ministero, nell'ottobre del 189252. Forse fu anche questa risonanza a consigliare al senatore Carlo Negroni

(collega di Leone all'interno della Società Storica Lombarda) e a Giuseppe Fassò (consocio della Società di Archeologia e Belle Arti di Torino) una visita alle collezioni nel 1891, «per farsi un giusto concetto per la distribuzione da darsi agli oggetti del Museo di Novara»53.

Con la municipalità vercellese Leone intratteneva un rapporto teso e controverso, che talvolta suggerì l'ipotesi di destinare a un'altra città le proprie raccolte54; le competenze di cui era

padrone gli valsero comunque ripetute nomine all'interno della Commissione Archeologica Municipale e, nel 1901, l'incarico di procedere al riordino del museo lapidario di padre Bruzza.

La destinazione pubblica delle proprie raccolte è intenzione che Leone aveva maturato fin dagli inizi della sua impresa collezionistica, come mostrano alcune precoci pagine delle sue memorie, in cui ricorda «lo scopo che mi sono prefisso e che continuo a mantenere fisso, quello cioè di lasciare a questa patria mia diletta una raccolta, sia pure piccola, di buone memorie, riguardanti la sua storia passata»55. Nel 1899, predisponendo le sue ultime volontà, il notaio

individuava così nell'Istituto di Belle Arti di Vercelli l'ente destinatario dei suoi averi56. Pochi mesi

49 C. Leone, Scoperta di antichità romane a Vercelli, in «Arte e Storia», A. IX, n. 30, 30 novembre 1890, pp. 227-228. L'anno precedente Leone aveva informato il giornale dei rinvenimenti di Pezzana, dove lui stesso si era recato per studiare il sito e raccogliere utili dati di scavo: C. Leone, Di alcuni oggetti antichi scoperti nel Vercellese, in «Arte e Storia», A. VIII, n. 7, 10 marzo 1889.

50 Gli articoli, pubblicati sul giornale «La Sesia», confluirono poi in un volume: C. Leone, Spigolature archeologiche, Vercelli 1894.

51 Per esempio: «Arte e Storia», A. VIII, n. 12, 30 aprile 1889; A. IX, n. 2, 25 gennaio 1890; nel 1889 era stata data anche notizia dei restauri condotti da Locarni alla parrocchiale di Borgovercelli, con una nuova facciata in «stile affatto consono all'antico edifizio» (A. VIII, n. 8 23 marzo 1889, p. 63).

52 La visita è ricordata in «Arte e Storia», A. XI, n. 23, 20 ottobre 1892.

53 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 335. Giuseppe Fassò, anch'egli corrispondente, aggiornava la testata fiorentina su come procedeva la crescita del museo: G. Fassò, Museo Patrio Archeologico, in «Arte e Storia», A. VII, n. 5, 15 febbraio 1888, p. 38.

54 A. Rosso, Il Museo del notaio..., op. cit., 2007, p. 76, fa riferimento all'idea di Leone di portare le proprie raccolte a Casale Monferrato, città che sembrava meglio comprenderne il valore.

55 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 118 (31 dicembre 1876).

56 Leone riservò all'istituto anche altre elargizioni, come nel novembre del 1888, quando in seguito alla nomina a Cavaliere d'Italia devolveva una somma di 2000 lire da utilizzarsi per istituire un premio riservato ai migliori allievi di architettura, pittura e scultura.

114 prima, nell'ottobre del 1898, il comune di Cherasco aveva accolto l'analoga donazione da parte di Giovanni Battista Adriani, e la corrispondenza non pare casuale. Sono noti infatti i contatti tra i due collezionisti, che si erano conosciuti presso il Collegio dei padri somaschi di Casale Monferrato, dove Leone aveva compiuto i suoi studi da ragazzo57. Nel 1877 era stato lo stesso Adriani ad

accompagnare l'amico vercellese, nel corso di un lungo soggiorno a Torino, in ripetute visite agli archivi di stato, dove gli presentò «varii dotti personaggi» e favorì la «conoscenza personale col Signor Barone Gaudenzio Claretta, erudito e fecondo scrittore di patrie memorie»58.

La vocazione civica delle raccolte di Camillo Leone era nota ai vercellesi e Palazzo Langosco rappresentava una delle mete più interessanti per il visitatore della città:

Basta affacciarsi a quello spazioso cortile, che una svariatissima raccolta di epigrafi, di sculture, di laterizi, di musaici, di frammenti architettonici – la quale testimonia di tutte le civiltà per le quali è passato il nostro paese, dai tempi remoti alla Romana antichità alle manifestazioni dell'ultimo secolo – si mostra a fare comprendere tutta l'importanza che devono avere le collezioni del cav. Leone...59

Uno degli acquisti di Leone che aveva richiamato le maggiori attenzioni dei conoscitori e collezionisti dell'epoca fu quello della raccolta degli oggetti d'arte dell'Ospedale Maggiore di Vercelli, comprata nel 188860: lo stesso Avondo si mostrò interessato ad alcuni pezzi e riferì a

Leone che il marchese Emanuele Tapparelli d'Azeglio, all'epoca direttore del Museo Civico di Torino, si sarebbe volentieri recato in visita a Vercelli per ammirare questa straordinaria collezione. D'Azeglio era noto a livello europeo per essere uno dei più raffinati collezionisti di arti applicate e aveva arricchito le raccolte civiche torinesi di uno dei nuclei più preziosi, ossia la collezione di vetri dorati e graffiti e vetri dipinti: da Leone avrebbe potuto ammirare la cassetta nuziale della bottega degli Embriaghi, con le lastrine in osso intagliate delle Storie di Susanna e di Paride, la serie di placchette cinquecentesche sbalzate e ageminate, i vetri soffiati veneziani. Il contatto con l'ambiente torinese, e in particolare con quella sfera di collezionisti e attori pubblici impegnati nella raccolta di modelli per la produzione di oggetti industriali e la formazione del gusto, aveva stimolato in Leone una particolare attenzione per le opere di arte applicata, con acquisti numerosi e importanti anche sul fronte delle ceramiche.

Il tesoro dell'Ospedale Maggiore conteneva opere rare e preziose che raccontavano capitoli importanti della storia cittadina. Nel settembre del 1887 Leone visitava le collezioni in compagnia dell'amico fiorentino Guido Carocci: l'attenta osservazione degli oggetti contenuti nella sala a piano terra, adibita a museo, dove discutevano di vetri, ceramiche e lastre in bronzo, così come nelle sale del piano superiore, ricche di dipinti, arredi, smalti e mummie egiziane in pastiglia,

57 Leone frequentò il Collegio di Casale Monferrato dal 1840 al 1846: M. Gallo, Camillo Leone: lettere dal Collegio, in C. Leone, Una vita da museo..., op. cit., 2007, pp. 507-528. Si trasferì poi al collegio di Valenza, abbandonato per i fatti del 1848, per proseguire quindi gli studi a Vercelli e infine presso la facoltà di giurisprudenza di Torino.

58 C. Leone, Memorie 1876-1901, op. cit., 2007, p. 119 (31 maggio 1877). 59 D. Soria, Guida di Vercelli, Vercelli 1894, p. 56.

115 rivelava l'interesse del notaio, che nel suo diario riportava una lunga descrizione delle raccolte e della loro storia61. A distanza di circa un anno l'Amministrazione dell'Ospedale incaricava lo stesso

Leone di fornire una stima; dopo pochi mesi, con un'offerta considerevole che sbaragliò tutti gli altri pretendenti, nel febbraio del 1889 poteva ritirare gli oggetti e trasferirli nella propria abitazione.

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