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Castelli urbani: la fortezza pontificia di Porta Galliera e le cittadelle viscontee di Porta del Pratello e Porta di San Felice.

Le vicende che segnarono la storia dei castelli urbani eretti tra il XIV e il XV secolo esemplificano la tormentata interazione tra una città smaniosa di autonomia e la dominazione di forze straniere, siano esse portatrici dalle rivendicazioni territoriali della Chiesa o sostenute delle ambizioni espansionistiche di quello stato regionale che con alterne fortune i Visconti tentavano di comporre nel cuore dell'Italia centro-settentrionale. Il più delle volte si trattava di una transizione di poteri favorita delle stesse divisioni che laceravano il corpo sociale cittadino, debolezze tali che spinsero diverse volte i Bolognesi a ricercare volontariamente la protezione della Chiesa. Da parte loro i pontifici, prendendo le redini della città, non esitarono ad erigere per ben cinque volte una fortezza a Porta Galliera, quale manifestazione tangibile del dominio ecclesiastico, e per altrettante volte, sulla scia di sollevamenti popolari il castello fu raso al suolo dagli stessi Bolognesi.

Le vicende del Castello di Porta Galliera non sono un caso isolato se paragonato alla sorte di gran parte dei castelli urbani basso-medievali: identificati dai regnanti quali strumenti prediletti per esprimere forza nel corpo della città attraverso un formidabile deterrente militare che tenesse a freno lo scoppio di moti di ribellione. Volendo formulare alcune considerazioni di carattere generale occorre osservare che nell'Italia settentrionale, almeno fino alla prima metà del XIII secolo, i castelli erano realtà del tutto estranee alla dimensione cittadina poiché sussisteva una corrispondenza tra organi di potere, legittimi titolari dell'autonomia comunale, e partecipazione di fasce anche ampie della cittadinanza; quegli stessi cittadini che componevano le fila dell'esercito a presidio delle mura. Sotto questa luce la presenza di un fortilizio urbano sarebbe stata del tutto inutile. È negli ultimi secoli del Medioevo, quando le città del nord, non furono più in grado di sostenere governi autonomi che i loro abitanti smisero di essere cittadine per diventare sudditi e in quanto tali essi divennero soggetti ad un regime di controllo che fondava le sue basi sulla forza e non sul consenso, ragione per cui i regimi signorili non poterono che dotare le città di castelli urbani in grado di ospitare contingenti militari e frenare le rivolte di una popolazione guardata con sospetto.62.

La (prima)63 costruzione del Castello di Porte Galliera venne promossa nel 1330 dal legato

Bertrando del Poggetto (Bertrand du Pouget) quale segno sintomatico nel posto che Bologna avrebbe occupato in quell'ambizioso progetto politico che Giovanni XXII (1316-1334) stava predisponendo per trasferire la sede della curia papale da Avignone a Roma64.

61 PINI 1993, pp. 129-131.

62 BOCCHI 1980, pp. 73-74. in generale sul castello quale simbolo di potere dispotico durante il periodo rinascimentale

si veda PEPPER 1973; RUBINSTEIN 1993.

63 Il castello di Bertrando sarebbe stato demolito solo quattro anni dopo. Nel secolo successivo si susseguirono tre ricostruzioni: le prime due, promosse dal legato Baldassarre Cossa nel 1404 e nel 1414 furono seguite da altrettanti atterramenti per mano dei Bolognesi rispettivamente nel 1411 e nel 1416; il quarto castello, ricostruito su ordine del pontefice Eugenio IV fu eretto nel 1436 ma durò solo fino al 1444; il quinto e ultimo, sorto per volere di Giulio II nel 1507 venne affiancato nel 1508 da una cittadella ma entrambi i fortilizi furono abbattuti definitivamente nel 1511. 64 L'obbiettivo di Giovanni XXII riservava non poche difficoltà poiché la stessa Roma risultava sconvolta dalle lotte interne tra le maggiori famiglie cittadine mentre più in generale le terre della Chiesa d'Italia erano attraversate da profonde lacerazioni che sembravo aprire la strada all'affermazione di forze ghibelline a scapito delle parti guelfe

Bologna attraversava in quel momento una profonda crisi che dal secolo precedente si nutriva delle lotte interne mentre la debolezza politica del Comune rendeva la città vulnerabile agli appetiti delle signorie che dominavano gli stati vicini. Proprio a seguito della clamorosa sconfitta inflitta da Passerino Bonaccolsi, signore di Mantova, a Zappolino nel 1325, i Bolognesi preferirono rinunciare alla propria autonomia e porsi sotto la protezione di Bertrando del Poggetto che guidava l'esercito pontificio in Italia65 e che occupò la città il 5 febbraio 1327 senza incontrare alcuna resistenza66.

Bologna, seconda per importanza tra le città italiane della Chiesa solo a Roma, collocata in una posizione altamente strategica per i collegamenti sud-nord, divenne da questo momento il fulcro della politica legatizia in Italia: immaginata quale testa di ponte per il recupero delle altre terre che Chiesa rivendicava nella penisola. Per questo è molto probabilmente che la città fosse stata individuata quale prima tappa del ritorno del pontefice in Italia e dunque destinata ad ospitare temporaneamente la curia papale prima della riconquista di Roma67. Sotto questa luce possono

essere letti gli interventi promossi da Betrando dal 1327 al 1329: volti a potenziare le difese cittadine con la sostituzione dei palancati con struttura in muratura, al miglioramento della rete viaria cittadina con la selciatura di Piazza Maggiore e del Carrobbio, al ripristino delle strutture di captazione del Canale di Reno e delle strutture portuali.

Il programma edilizio culminò nel marzo 1330 con l'avvio del cantiere della prima fortezza di Porta Galliera68. Vennero nominati quali «superstites laborerii castri domini nostri legati» mastro Andrea

di Bonaccursio e i frati Lombardino da Cremona e Tebaldino di Rodolfo69 mentre furono impiegati

quali ingegneri i due scultori senesi Agnolo di Ventura e Agostino di Giovanni70 responsabili del

progetto fin dalla scelta del sito. La struttura sorse in un area ancora non edificata vicina al Campo del Mercato, a cavallo del versante settentrionale dell'ultima cerchia difensiva, così da offrire una valida difesa quanto alle minacce esterne al perimetro urbano quanto una protezione verso i pericoli che potevano provenire dalla città stessa. La scelta del sito, sempre confermata dalle successive ricostruzioni quattro-cinquecentesche, si mostrò particolarmente utile a tale fine, consentendo di controllare contemporaneamente la spianata del Campo del Mercato (Campus fori) a sud, l'accesso di Porta Galliera e della via omonima a ovest, e le uscite dei principali corsi d'acqua della rete idrica cittadina a nord.

Come chiarisce il cronista Giovanni Ronco nel suo Compendio della storia di Bologna l'impresa, portata a compimento nel 133271, diede forma ad una struttura complessa che combinava esigenze

militari con le istanze residenziali di una corte papale, infatti «Fu riputata la più forte cittadella d'Italia e di magnifica fabbrica […] essendovi appartamenti comodi e decorati in tanta copia che

(BENEVOLO 2006, p. 31 e sgg).

65 Dopo una serie di insuccessi politici il pontefice decise di inviare in Italia un suo nipote, Bertrando del Poggetto (c. 1280-1352), nominato legato della sede apostolica «in partibus Lombardie» ed impegnato a contrastare con azioni belliche ad ampio raggio le componenti ghibelline, ma le prime azioni belliche mise in campo nella pianura padana si tradussero in un elenco di sconfitte. Le truppe pontificie presero allora a concentrare le forze lungo la via Emilia allo scopo di conquistare in primis la città di Bologna e la Romagna e da qui avviare il recupero delle terre ecclesiastiche. 66 GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 76.

67 BENEVOLO 2006, pp. 37-38.

68 DE BURSELLIS 1929, p. 40; GRIFFONI 1902, p. 39; M. A. BIANCHINI, Cronaca di Bologna, BUBo, ms, 294, c. 28v.

69 BENEVOLO 2006, p. 40.

70 GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 95: «[il legato] chiamò adunque a sé Agnolo et Agostino sanesi ottimi ingegnieri, et

eccellentissimi scultori […] e discorrendo sopra ciò, impose loro che d'ogni intorno lustrassero Bologna, et eleggessero un luogo dove la detta fortezza si havesse a fabricare per tenere tutta la città i difesa et offesa, secondo il bisogno corrente. Considerato molto bene il sito della città, giudicarono li famosi ingignieri, che il luogo vicino la Porta di Galliera fosse d'ogni altro più atto, per fabricarvi la detta fortezza, si per la temperie dell'aria, come anco per la commodità delle acque, e fattone un bellissimo dissegno, piacque grandemente al legato, e nel detto luogo si principiò il detto fortissimo castello». Su Agnolo di Ventura e Agostino di Giovanni si veda anche VASARI 1906, p. 437.

sembrava dovere servire per abitazione d'un Papa con numerosa corte»72. Agli appartamenti

destinati alla corte che costituivano il «palatium» si aggiungevano gli edifici della munizione e della guarnigione, la «capella magna» e probabilmente una seconda cappella di dimensioni più contenute73.

Sebbene al suo arrivo Bertrando del Poggetto era stato accolto come un liberatore e l'esercizio della sua forte autorità aveva ìn principio riappacificare le divisioni fra fazioni, il prezzo imposto alla città era divenuto insostenibile, egli infatti rafforzando un regime dispotico e svuotando di forza politica le istituzioni comunali, aveva sottoposto i Bolognesi ad una crescente pressione fiscale; il Castello di Porta Galliera, da ultimo, aveva assorbito le risorse e le energie dei Bolognesi che ben presto finirono per considerarlo il simbolo più odioso di un regime divenuto tirannico.

Già nell'agosto nel 1332 la campagna militare pontificia in Italia appariva oramai sull'orlo del fallimento: il pontefice aveva rinunciato a spostarsi da Avignone a Bologna dove i rapporti tra il legato e la città si facevano sempre più tesi sfociando nella rivolta del 17 marzo 1334. Gli insordi cinsero d'assedio il Castello di Porta Galliera dove il legato era rimasto solo con il suo seguito e privo di truppe adeguate. In seguito a complicati negoziati i Bolognesi concessero al legato di lasciare la fortezza incolume con il suo seguito personale. Il 28 marzo i Bolognesi presero il castello avventandosi sui prelati e i funzionari pontifici che lì si erano rifugiati. Nei giorni successivi si diede avvio ad una campagna di demolizioni che atterrò il castello sino alle fondamenta74.

Il Castello di Porta Galliera eretto da Bertrando del Poggetto non fu l'unica fortezza urbana costruita nel cuore della città: a seguito dell'occupazione viscontea fu eretta nel 1351 una cittadella tra la Porta del Pratello e la Porta di San Felice e poi atterrata nel 1377, sempre i Visconti realizzarono ancora tra la Porta del Pratello e il canale Cavaticcio nel 1402 una seconda cittadella che venne demolita per ordine di Baldassarre Cossa nel 1404. Il sito delle fortezze viscontee, seppure diverso da quello del Castello di Porta Galliera sembra riservare un'attenzione comunque viva rispetto alle arterie di comunicazione e ai percorsi d'acqua, infatti sia nel rocca trecentesca che in quella realizzata nel secolo successivo fu privilegiata la vicinanza alla Porta di San Felice, che doveva costituire il varco d'accesso preferenziale per chi giungeva da Milano, mentre la prossimità alla Grada e al Cavaticcio permetteva di controllore l'uscita e l'entrata del canale di Reno in città 75.

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