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Interventi in materia d'acque 1 Mulino di Massa Lombarda.

P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.2 G IOVANNI DA S IENA E LA RISTRUTTURAZIONE DEL CONTADO

2.2.5. Interventi in materia d'acque 1 Mulino di Massa Lombarda.

Mentre i cantieri approntati per rinsaldare le fortificazioni procedevano a ritmi serrati, di pari passo si metteva mano alle questioni d'acque. Giovanni poteva allontanarsi per periodi più o meno lunghi dai lavori alle fortificazioni per dedicarsi agli interventi idraulici di territori non troppo lontani. Quando la prima campagna edilizia della rocca di Castel Bolognese doveva essere oramai a buon punto, Giovanni venne inviato a Massa Lombarda «pro constructione et laborerio clavicarum et aliorum molendini»324.

Massa Lomborda a dispetto del toponimo inveterato era stata annoverata dall'Anglic tra i castra dell'Imolese e di conseguenza era protetta da una cinta difensiva munita di un «fortalicium» (=rocca), negli anni '70 del Trecento, con una cifra demografica di 160 focularia lo sviluppo edilizio aveva travalicato il perimetro del castrum portando alla formazioni di borghi esterni di cui il numero e dislocazione non vengono meglio precisati dalla Descriptio 325. Sebbene Massa

pocoLombarda fosse un nucleo demico abbastanza consolidato, non lontano dal fronte orientale, sembra non rientrasse tra le priorità di potenziamento che i Bolognesi avevano riservato per altre località limitrofe. Durante gli anni 1382 e il 1384 la rocca fu oggetto di modeste riparazioni326 e nel

1387 Antonio di Vincenzo e «Magistri Petri Travaglie» furono impegnati nella costruzione di un ponte fisso prospiciente il fortilizio, oggetto di nuovi aggiustamenti compresa la «copertura domorum dicte roche»327, nel 1391 sI registrano spese per «feramentum» destinati «ad pontem et

pontesellam de novo factos in ampliatione dicti castri»328 ma tutti questi interventi appaiono di

scarsa entità a giudicare dalle modeste spese che comportarono.

Sotto il profilo degli investimenti per le infrastrutture idrauliche e dei manufatti per la molitura la situazione era diversa. Prima che la nota contabile del 17 giugno del 1392 ci desse conto che a Giovanni da Siena erano state destinate 336 lire per «clavicarum et aliorum» del mulino di Massa Lombarda; almeno dall'inizio dello stesso anno dovevano essere stati approntati interventi di una certa rilevanza, infatti in febbraio il depositario generale aveva già destinato 500 lire «pro laboreriis et construtionibus molendini et canalis Masse Lombardorum»329.

La responsabilità di gestione economica affidata a Giovanni sembra rispecchiarne un ruolo di coordinamento che si affiancava o si sovrapponeva a quello esercitato da Dino de Castelletto destinatario il 20 luglio di un primo compenso di 150 lire sempre per la realizzazione «clavigarum

324 APP. I – DOC 20 (1392, giugno 17).

325 MASCANZONI 1985; p. 145: «In diocesi seu territorio Imolensi: Castrum Masse Lombardorum, in quo est

fortalicium, ad cuius custodiam moratur unus castellanus pro Ecclesia cum X paghis et provisione florenorum X, recipit

quolibet mense a Camera...florenos XXXV. In dicto castro et burgis et pertinentiis eius sunt focularia...CLX. Homines

istius castri solvunt communi Imole decimam fructuum omnium terrarum et possesionum suarum. Item dicto castro moratur unus vicarius seu officialis, qui ministrat eis iustitiam et recepit in mense florenos...VI. Solvit pro

fumantaria...XVII libras, VI solidos, VIII denarios».

326 Nel 1382 Rocca di Massa Lombarda rientrò iu un capillare programma di risistemazione che aveva riguardato anche i fortilizi di San Pietro, Dozza, Plancaldoli, Tossignano, Sassadello (APP II ML - 1382, giugno 26), due anni dopo in piano analogo riguardò altre riparazione alla stessa rocca e agli altri fortilizi citati oltre anche alle rocche, di Cento, San Giovanni in Persiceto, Crevalcore, Castel Franco, la rocca magna di Piumazzo, il castello di Oliveto, «Montisbelli», Serravalle, Samoggia, «Batidici», Savigno e Bruscoli (APP II ML - 1384, dicembre 31).

327 APP II ML - 1387, setttembre 19. 328 APP II ML - 1391, giugno 22. 329 APP II ML - 1392, febbraio 17.

molendini»330 e nel settembre seguente, per le spese sostenute «in reparatione molendini de Massa

Lombardorum», destinatario di oltre 340 lire331.

Oltre alla coppia dei due direttori dei lavori sembra che anche Berto del Cavalletto abbia offerto una sua consulenza nella riparazione dello stesso mulino come nello scavo delle canale che lo serviva332;

tra giugno e agosto il cantiere ricevette le consuete ispezioni che Antonio di Vincenzo che si recò a Massa Lombarda per tre volte333. Sempre Antonio, coadiuvato da un certo «Bartolomei de

Paltrenostris», redige una relazione riguardante l'indennizzo di «Paulo Zanzano» che aveva visto un suo casamento requisito e occupato dai soprastanti e degli ufficiali deputati ai lavori approntati a Massa Lombarda334. La costruzioni di impianti molitori, spesso connesse a importanti esborsi di

risorse pubbliche, facevano parte delle opere a cui erano spesso chiamati gli ingegneri e più in genere i magistri medievali, che si occupavano inoltre di realizzare una rete di canali in grado di derivate dai fiumi portate d'acqua costanti e regolari, funzionali all'attività dei mulini.

2.2.5.2. Ispezioni al fiume Reno

Lasciando Massa Lombarda e guardando con sguardo più ampio l'assetto idrografico della regione si può osservare come proprio i fiumi avevessero modellato la pianura tra Bologna, Ferrara e Modena, e lo sparigliamento dei rami de Po, del Reno e del Panaro, aveva alimentato vaste aree paludose che a fatica venivano recuperate all'agricoltura grazie a un processo di bonifica sorretto da ardui tentativi di colonizzazione. Alle comunità sparse nella pianura bolognese spettava il compito di recuperare le cosiddette terre marginali facendosi carico della manutenzione degli argini fluviali, ma in assenza di un coordinamento generale tra le comunità di uno stesso bacino idrografico, spesso in aperta competizione le une rispetto le altre, il regime idraulico era destinato a sorreggersi su un equilibrio precario, frutto di controlli frammentari che spesso lasciavano agli allagamenti la possibilità si sommergere le campagne duramente conquistate. Durante il XIV secolo sembra non resti quasi traccia di patti fra i centri limitrofi del contado bolognese attestati lungo il Reno affinchè fossero previsti elementi di pianificazione comune che tutelassero le comunità dei rischi delle esendazioni335. Quando, come nel caso del Reno, il fiume fuoriusciva dell'alveo, scompaginando le

aree di confine tra Bologna e Ferrara, si riaccendevano ogni volta controversie fra giurisdizioni incapaci di trovare accordi duraturi intorno alla struttura e al mantenimento del regime idraulico, trascinandosi in dispute secolari al cui ricomponimento la diplomazia tra Stati difficilmente riusciva a dare esito.

Sembra proprio rientrare in questo quadro la missione affidata nella primavera del 1394 ad Antonio di Vincenzo e Giovanni da Siena, inviati nelle terre di Finale Emilia o di Bondeno in «occasione reparationis fluminis Reni»336. Si trattava di un ispezione che di fatto avvenne già nel territorio

330 APP II ML - 1392, luglio 20. 331 APP II ML - 1392, settembre 20. 332 APP II ML - 1392, giugno 24.

333 APP II CB - 1392, giugno 14; APP II CB - 1392, giugno 27; APP II CB - 1392, agosto 13. 334 APP II ML - 1392, settembre 23.

335 ZANARINI 2000, p. 134.

336 APP. I - DOC 39 (1394, maggio 9). Per la prima volta un mandato dà conto di un incarico congiuntamente assegnato a Giovanni e ad Antonio di Vincenzo, quest'ultimo viene interpellato in materia idraulica riguardo al Reno in diverse altre occasioni. Nel settembre del 1392 affiancato da Dino da Castelletto, Antonio si occupa dell'irregimentimamento del fiume Reno in vari luoghi («ad terram Galerie et turim Virge ac etiam ad turim Cocenno» e per la stessa ragione i due sono iniviati in autunno dello stesso anno «ad terras Centi e Finalis» (ASBo, Comune,

Governo, Riformagioni e provvigioni cartacee, b. 296, reg. 77, c. 19v (1392, settembre 7); ibidem, c. 26 r (1392, ottobre

3)). Nel 1386 Antonio di Vincenzo fu chiamato ad esprimere una consulenza in mertio ad una controversia che contrapponeva le comunità di San Giovanni in Perisceto e quella di Cento in relazione ad una chiusa realizzata nell'alveo del fiume Reno dai Centesi con grave danno degli uomini di San Giovanni (ASBo, Comune. Governo,

sottoposto alla signoria degli Este, a breve distanza da Ferrara, laddove il fiume si appresta a raggiungere il corso principale del Po e poco più lontano si dirama il Naviglio che risale fino a Modena intercettando le acque del vecchio Panaro. L'estrema propaggine settentrionale del dominio Bolognese si trovava di qualche chilometro più arretrata rispetto questi luoghi, ricadendo nel territorio tra Pieve e Cento, già profondamente plasmato dal corso del Reno. La perlustrazione portata a termine dai due ingegneri rifletteva la consapevolezza che l'equilibrio di quelle aree più a monte restava per sua natura indissolubilmente connesso con l'assetto assunto dal fiume stesso verso la foce e che il miglioramento della situazione degli argini doveva necessariamente coinvolgere una pianificazione con la parte ferrarese. Dopo neppure un mese dal sopralluogo dei due ingegneri, a riprova di un tentativo di concertazione da parte bolognese il notaio «Iacobo de Blanchittis» venne inviato a Ferrara in missione diplomatica quale ambasciatore «pro facto fluminis Reni»337.

2.2.5.3. Consegna dei Mulini a Cento e alla Pieve

Il 30 ottobre del 1396 il depositario generale registra un mandato di pagamento a favore di un certo «Baldo Alberti Cambii» inviato presso i castelli di Cento e di Pieve338 accompagnato dagli ingegneri

Giovanni da Siena e Berto del Cavalletto con al seguito un nunzio e un famulo. Si trattava di una missione di tre giorni preordinata all'atto di consegna di di un numero imprecisato di mulini dell'area centopievese ai conduttori incaricati da quel momento di prenderne possesso339. In questo

caso il ruolo di Giovanni da Siena come di Berto di Cavalletto sembra assimilabile a quello di garanti delle funzionalità e del buono stato delle strutture molitorie realizzate però non da loro, in altre parole la funzione esercitata dai due ingegneri sembra sovrapponibile a quella di collaudatori, apparentemente estranei fino al quel momento alle operazioni di cantiere siano esse approntate ex- novo o frutto di un lavoro di riparazione.

Bologna aveva seguito per Cento e per Pieve come per i territori dell'Imolese recentemente incamerati politiche territoriali del tutto analoghe fondate sul potenziamento delle fortificazioni e su programmi di popolamento combinati con il riassetto del sistema idraulico, la regolazione dei fiumi, lo scavo di nuovi canali, la costruzione e il restauro delle strutture molitorie. Dalla buona funzionalità dei mulini delle comunità del contado dipendevano le principali lavorazioni che avrebbero permesso di sfruttare a pieno la produzione cerealicola, potenziata dalla messa a coltura anche delle terre marginali, contribuendo in tal modo ad assicurare quel fabbisogno annonario di cui il regime Comunale non solo era il principale garante (quasi in un quadro monopolistico) ma anche Provvigioni in capreto, vol. III, cc. 24r-v (1386, dicembre 31). In proposito a questa controversia vedi ZANARINI 2000,

pp. 134-135 e relative note).

337 ASBo, Comune, Governo, Riformagioni e provvigioni cartacee, b. 296, reg. 83, c. 29r (1394, giugno 4): «Iacobo de Blanchettis notario pridie transmisso in ambaziatorem Ferariam pro facto fluminis Reni quas ex relatione Defensorum expendidit libras viginti octo et solidos duodecem bononinos...libre XXVIII, solidi XII».

338 Le terre di Cento e Pieve, situate nella pianura settentrionale al confine con gli Stati Estensi, avevano beneficiato di un certo grado di autonomia prima dell'istaurarsi dell'ultimo regime comunale bolognese, quest'ultimo, orientato come più volte ribadito in precedenza a comprimere l'autodeterninazione delle comunità locali, riuscì anche per il contesto centopievese ad imporre l'egemonia cittadina a scapito delle strutture giuridiche che tutelavano un certo grado di indipendenza di queste realtà decentrate. Dal 1381 il Comune era riuscito ad ottenere dal vescovo di Bologna l'affitto di queste terre mentre nel 1392, Bonifacio IX aveva emanato una bolla il 4 novembre che consentiva di inglobare queste terre nel dominio bolognese unitamente ad altri possedimenti. I meccanismi di irrobustimento delle difese di queste aree recentempente incorporate sotto il regime bolognese non sono dissimili da quelli applicati nell'Imolese. Già nel 1378 il Comune aveva affermato la sua salda presenza a Cento con l'avvio della costruzione della Rocca a cui se ne aggiunse una seconda a partire dal 1387 presso la Pieve. ZANARINI 2006. pp. 13-14 e relative note.

339 APP. I – DOC 43 (1396, ottobre 30). Sempre stando allo medesimo mandato «Baldo Alberti Cambii» fu inoltre inviato a Castel Bolognese per tre giorni «ad povidendum de rebus necessariis pro molendino Castri Bolognesii sive clusa dicti molendini».

il controllore e il principale investitore di capitali.

I mulini di Cento e Pieve oggetto della consegna del 1396 a cui prese parte Giovanni facevano parte di quel programma di riassetto idraulico, di ristrutturazioni e di potenziamento delle strutture molitorie che il Comune aveva promosso per quei territori almeno a partire dall'estate del 1393 quando sembrano venire destinate le prime consistente risorse «pro laborerio molendinorum et canalis Centi et Plebis». Dall'elenco delle note contabili rinvenute non è chiaro se si trattasse di solo due mulini, uno per Cento e l'altro per Pieve, o di un numero più elevato di strutture, viceversa sembra chiaro che gli interventi messi in campo includessero l'escavo di una canale e vi rientrassero in parte il restauro di edifici esistenti e in parte l'erezione di nuovi mulini. In questa occasione «Magistri Iabobi Francisci de Palis superstitis et officialis super laborerio cavamenti molendini Centi» è chiamato non solo ad occuparsi del canale che conduce l'acqua ai mulini ma la sua responsabilità è estesa alle strutture molitorie esistenti ovvero «circha reparationem molendinorim castrorum Centi et Plebis». I cantieri sembrano proseguire anche l'anno successivo quando ritroviamo nei registri delle riformagioni anche una seconda figura che affiancava «Iacobo Francisci de Palis» nell'impresa, si tratta di «Iacobo Nicolai de Iohanittis» che già il 13 marzo del 1394 aveva terminato i propri compiti quale «officiali et superstiti super laboreriis molendinorum nuper costructori in terris Plebis et Centi» ma che solo a quella data, come copertura delle spese già sostenute nell'impresa, era destinatario imprimis di una cifra esorbitante: 5000 lire; l'edificazione dei mulini con la costruzione delle fortificazioni risultava senza dubbio tra i capitoli più onerosi delle uscite comunale, la ripartizioni di queste cifre nelle voci di spesa di cantiere risulta come già visto un operazione indistricabile salvo che siano gli stessi registri redatti a nome del depositario a tenerne conto in via eccezionale, come nel caso dei mulini di Cento e Pieve dove è indicata la voce di spesa per la fornitura di ferramenta e quella riguardante diverse miglia di «lapidum coctiorum» prodotte dalle fornaci340.

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