• Non ci sono risultati.

Giovanni da Siena e il Castello di Porta Galliera di Eugenio IV (1436-1443)

P ARTE III: 1400-1424: L ' ATTIVITÀ DI G IOVANNI DA S IENA DOPO LA PERDITA DELL ' AUTONOMIA CITTADINA : IL DOMINIO DELLA C HIESA

3.2. I L CASTELLO URBANO E LE RIVOLTE POPOLARI : RICOSTRUZIONI E ATTERRAMENTI DELLA FORTEZZA DI P ORTA G ALLIERA

3.2.3. Giovanni da Siena e il Castello di Porta Galliera di Eugenio IV (1436-1443)

Nel ventennio che seguì la ribellione del 1416 l'antagonismo tra le aspirazione egemoniche del

494GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 600.

495PIZOLPASSI 2001, p. 189: «Set inter hec castrum Galerie renovatum fuit non tamen de lapidibus prius set de terra cum

herba viridi et hoc propter festinantiam et vocatum castrum Viride». BENEVOLO 2006, p. 69.

496 GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 609: «Bisseto Zio di Baldesserra Coscia, già Giovanni XXIII hauendo per alcuni

giorni trattato coì Bolognesi, restò con essi d'accordo, che dandogli ottomila dugento cinquanta Ducati, consignarebbe loro il Castello di Galliera al Senato di Bologna, & al Popolo, & alle Arti, che allhora reggeuano la Città. Ne tolse adunque la tenuta il Senato, & vscito fuori il detto Capitano, subito il Popolo passò alla detta Fortezza, e cominciò a disfarla, & à mandarla per terra, così seguitando del continuo il Popolo, e le compagnie con vari stromenti stauano occupate à quella destruttione insino alla sera, la quale giunta, tutti ordinatamente co[n] le loro insegne spiegate al vento ritornauano co[n] allegrezza alle case loro a riposarsi».

papato e quelle autonomistiche dei Bolognesi si protrasse in un periodo di instabilità politica in cui la difficile ricomposizione di un equilibrio fra le parti portò all'instaurazione di una forma di governo «misto» segnato dalla difficile convivenza tra l'autorità pontificia e quella espressa dagli organi comunali, che a loro volta scontavano le rivalità tra fazioni, in particolare la competizione tra i Bentivoglio e i Canetoli497. Quando, Gabriele Condulmer, già legato di Bologna ed eletto nuovo

papa con il nome di Eugenio IV, ottenendo l'obbedienza dei Bolognesi, promise loro che avrebbe trasferito la sede del concilio convocato dal suo predecessore da Basilea a Bologna, la città viveva ancora in un clima di forte instabilità tanto che per garantire la sicurezza del pontefice, dei cardinali e dell'imperatore bizantino chiamati per l'evento, venne ordinata ancora una valto la riedificazione del Castello di Porta Galliera498.

Il cantiere prese avvio sul sito dell'antica fortezza il 28 dicembre del 1435499 e in poco meno di sei

mesi i lavori previsti furono completati. Anche in questo caso a dirigere la riedificazione fu Giovanni da Siena che però non era più un salariato del Comune: infatti almeno dal 1425 egli era entrato alla corte di Nicolò III d'Este, quest'ultimo in quanto signore di Ferrara, unito al pontefice da vincoli di vassallaggio, non poté certo sottrarsi nel concedere a Eugenio IV il servizio del suo ingegnere più esperto.

Due registri superstiti500, entrambi dell'anno 1436 conservano le annotazione contabili riguardanti il

cantiere secondo modalità di registrazione paragonabili ai registri 1 e 2 (1404-1406): il primo libro contiene in sequenza non particolarmente ordinata la successione delle attività giornaliere, il secondo è una raccolta di spese sostenute per materiali e manodopera simile al registro 2.

Stando a queste fonti apprendiamo che a coadiuvare Giovanni furono una coppia di ingegneri con i quali sembra non avevesse mai collaborato prima: Andrea da Civitella e Zanibone da Castelfranco. I tre ingegneri furono affiancati da due membri della nobiltà: Nicolò da Siena e Pellegrino da Rubiera501 che vennero nominati alla carica di soprastanti generali. Altri due componenti del

patriziato: Bartolomeo da Spoleto e Antonio da Civitella furono rispettivamente incaricati al reclutamento della mano d'opera e alla fornitura del legname necessario al cantiere. A coordinare le maestranze furono designati i magistri Cristoforo e Bartolomeo Fusaro che assunsero la carica di «sop[r]astanti ai maist[r]i e opere» mentre un certo Cesare da Pesaro venne nominato responsabile

497 La riaffermazione dell'autonomia comunale riconquistata a seguito al sollevamento del 1416 si dovette confrontare da subito con la politica egemonica messa in campo da Martino V per riportare il Bolognese sotto il controllo della Chiesa. Un negoziato durato quattro anni tra autorità ecclesiastiche e organi comunali si concluse con un patto tra le due parti apparentemente destinato a segnare un periodo di ritrovata stabilità: i Bolognesi riconobbero il dominio della Chiesa e si impegnarono a versare nelle casse del papa un censo annuo di 10000 fiorini mentre il pontefice concesse agli Anziani consoli di reggere il governo cittadino in assenza dei legati. Il delicato equilibrio raggiunto con questi patti fu presto compromesso dalle divisioni interne. Il tentativo di Anton Galezzo Bentivoglio di manovrare gli organi comunali ai cui vertici era riuscito a porre uomini di sua fiducia, sollecitò infatti il repentino intervento del pontefice che inviò Braccio da Montone ad assediare Bologna, dopo la fuga del Bentivoglio, la fazione avversaria dei Canetoli consentì nuovamente l'insediamento del legato: il veneziano Gabriele Condulmer. Prese così forma un governo «misto» che si reggeva sulla compresenza del legato e delle autorità comunali. Il nuovo equilibrio sopravvisse sino al 1428 quando i Canetoli, collocati membri della loro fazione a capo degli organi comunali riuscirono a cacciare il legato. La risposta di Martino V non si fece attendere e Bologna tra il 1428 e il 1429 fu stretta d'assedio dalle truppe pontificie. Il conflitto si concluse con una trattativa e la redazione di nuovi patti che ristabilivano la compresenza tra autorità ecclesiastica e comunale. Anche questi patti vennero meno quando il legato Giovanni Caffarelli, che si era insediato nel 1430, riattivò un regime repressivo portando ad un nuovo sollevamento della città e al ripristino dell'autonomia comunale. Solo con Eugenio IV, eletto pontefice nel 1431, si aprì la strada ad una pacificazione tra il Comune e l'autorità ecclesiastica giungendo ad accordo che riaffermava il dominio della Chiesa sulla città stabilendo che il concilio dei cardinali riunito a Basilea si trasferisse a Bologna. DE BENEDICTIS 1995; DONDARINI 2000, pp. 318-324.

498 CARAVALE 1978, p. 48; HAY 2000; BENEVOLO 2006, p. 75.

499 GHIRARDACCI 1973, vol. III, p. 46: «Alli 28 [di dicembre, 1435] si dà principio al detto castello e vi si fanno gli

argini d'ogni intorno, fortificando il luogo ove altre volte era edificato il castello, acciochè quivi potessero habitare li presidi con le machine et altre cose necessarie alla difensione di detto luogo».

500 ASBo, Comune, Uffici a competenza specifica, Ufficio dei fortilizi e di munizione dei castelli, b. 3, «Spese per il Castello di Porta Galliera (1404-1436), reg 5 (1436); reg 6 (1436).

della munizione. A registrare la contabilità di cantiere fu destinato il notaio Nicolò di Arnoldo da Padova502.

Alla raccolta del legname necessario seguirono i lavori per la riedificazione delle strutture eminentemente difensive, avviando il 9 gennaio del 1436 la realizzazione dei terrapieni su cui sarebbero sorti i palancati mentre il giorno successivo si diede principio al ripristino delle fosse perimetrali. Il progetto prevedeva che il nuovo castello combinasse funzioni militari e residenziali infatti il 13 gennaio abbiamo notizia che Giovanni da Siena, coadiuvato dall'aiutante Bartolomeo del Carro, sfruttando molto probabilmente l'articolazione di ciò che restava del Castelazo di Baldassarre Cossa, si trovava impegnato nella risistemazione del «Palazo de monssignore quando fo riesturato la fabrica». I lavori procedettero a ritmo incalzante e gìà il 22 febbraio la chiesa che si trovava lungo versante che guadava il Campo del Mercato poteva considerarsi ricostruita, successivamente venne ultimato il ripristino delle torri angolari e delle porte che ascendevano al numero di quattro, una sul versante nord dava accesso al ricetto esterno, una a sud lungo il fronte che guardava la Piazza del Mercato e due collocate sul versante occidentale: la Porta delle Pugliole, (verso la Strada di Galliera) e quella detta «de la bastia». Tra febbraio e aprile il grosso dei lavori comprendenti la riedificazione della torre maggiore fu portato a termina ma il cantiere proseguì ancora fino al 9 giugno mentre si aspetterà solo il 21 gennaio 1438 per allagare i fossati perimetrali503.

A fornire ancora una volta una descrizione delle strutture del castello è la cronaca del Cherubino Ghirardacci504, secondo l'autore dell'Historia di Bologna la fortezza di Eugenio IV presentava

un'articolazione planimetrica quadrangolare con strutture difensive composte da torri angolari, fosse perimetrali e mura merlate. Le cortine non dovevano essere troppo sviluppare in altezza, forse in un precoce tentativo di ripensare i canoni medievali alla luce del progressivo perfezionamento delle armi da fuoco. A completare il quadro delle difese era un terrapieno spesso 20 piedi (7,6) che distava dalle mura del castello circa 8 piedi (3,04) e superandole in altezza cingeva l'area in cui erano situati gli edifici di acquartieramento dei soldati e il mastio centrale. Secondo un'erronea lettura proposta da Giancarlo Benevolo505 inserendo nel passaggio di Ghirardacci alcune indicazioni

topografiche improprie, questo terrapieno doveva collocarsi verso la città e quindi esternamente alle cortina muraria ma questa interpretazione appare inverosimile in quanto le fabbriche in cui

502 APP. I – DOC 1436

503 La cronologia degli ambiti di intervento è stata ricostruita da Giancarlo Benevolo basandosi su due registri supersti che danno conto dell'attività di cantiere per l'anno: ASBo, Comune, Uffici a competenza specifica, Ufficio dei fortilizi e

di munizione dei castelli, b. 3, «Spese per il Castello di Porta Galliera (1404-1436), reg. 5 (1436) e reg. 6 (1436). In

particolare per le prime fasi dei lavori le annotazioni riguardanti le spese per «fare le ripe per lo teraglio» (reg. 5, c. 5v), per «il palanchado del chastelo» (reg. 6, c. 34r), per la riapertura delle fosse (reg. 5, c. 6v), per l'avvio del restauro «al Palazo de monssignore quando fo riesturato la fabrica» (reg. 6, c. 64r) e la realizzazione delle quattro porte (reg. 6, cc. 48r, 50r, 30r, 43v). Sull'allagamento delle fosse si veda invece DALLA TUATA 2005, p. 264: «Adì 21 dito deno l'aqua ale

fosse del castello de Ghaliera, choamato Belvedere, che prima non v'era aqua». BENEVOLO 2006, pp.78-79.

504 GHIRARDACCI 1973, vol. III, p. 80: «In questa guisa giacevasi il detto castello. Era di figura quadrata con fortissime

torri per ogni canto, tutto cinto da una profonda fossa e d'ogni intorno mantellato di mura non molto alte con li suoi merli, corridori e mantegni di legno. Dentro le mura della città, dalla parte settentrionale, eravi una gran pianura quadrata più longa che larga, et dal mezzodì et dall'oriente haveva il Canale di Rheno, il quale anche dal settentrione, dietro le mura della città piegandosi all'occidente, per di fuore correva. Dall'occidente poi eravi la strada di Galliera, nell'angolo che fanno le mura del settentrione et la via di Galliera dall'occidente; quivi il detto castello due fiate dalla Chiesa fu fabricato et sempre fu dal popolo bolognese rovinato. Ora finalmente era stato ristorato da papa Eugenio [...] Era, come ho detto, il castello di figura quadrata con fortissime torri per ogni canto, tutto cinto da una profonda fossa et d'ogni intorno mantellato di mura non molto alte con li suoi merli, corridori, mantegni di legno, acciò li presidi potessero difensere sé et la fortezza et offendere il nemico con sassi e balestre; lontano poi dal detto castello circa piedi otto in dentro vi era un argine di terra, vimini et di legna composto di altezza maggiore delle mura, largo piedi 20, et la entrata al castello era d'ogni lato per una porta. Et perchè era congionta la fortezza con le mura della città, Filippo duca di Milano et Nicolò Piccinino fevero rovinare tre voltoni, che le erano congionti, acciochè non fossero ostacolo et cagione della perdita di essa. Dentro l'argine vi erano poi le habitazioni delli soldati et nel mezzo un torrione alquanto più alto di tutta la fabrica»

sarebbero stati alloggiati i soldati sarebbero dovute essere costruite in un interstizio di tre metri compreso tra le mura del castello e il terraglio. Quest'ultimo comprensivo di palancato presentava inoltre un'altezza superiore alle cortine murarie e per questa ragione sarebbe logico aspettarsi che costituisse la cerchia difensiva più interna, quella che come scrisse il Ghirardacci comprendeva al suo interno la torre maggiore. In altre parole, sebbene in mancanza ulteriori riscontri documentari sia difficile paragonare sotto il profilo strettamente topografico l'impianto del primo castello voluto da Baldassarre Cossa e quello di Eugenio IV, sembra prevalere in entrambi i casi l'intento di articolare la fortezza secondo una cortina perimetrale e un nucleo centrale munito di proprie difese e destinato ad ospitare quei corpi di fabbrica, che all'ombra della torre maggiore, ospitavano le funzioni residenziali.

Il nuovo castello urbano, sopportato dai Bolognesi in vista della promessa di quel salto di rango che la città avrebbe vissuto con l'arrivo dei cardinali e dell'imperatore bizantino, tornò a diventare il catalizzatore della rabbia cittadina quando fu chiaro che il pontefice, dopo aver stremato i Bolognesi con una fiscalità oppressiva, decise che il concilio non sarebbe più avvenuto a Bologna ma nella vicina Ferrara. Il malcontento spinse il Comune a ricercare il sostegno di Filippo Maria Visconti a cui sarebbe stata consegnata la città a patto che la fortezza di Porta Galliera fosse stata rasa al suolo. Secondo gli accordi il 20 maggio 1431 le truppe del duca di Milano entrarono in città e misero sotto assedio il fortilizio e il castellano privo di un numero sufficiente di soldati lo cedette alle milizie viscontee in cambio di 7000 fiorini. Tuttavia una volta occupata la fortezza il capitano di ventura Niccolò Piccinino, a capo delle milizie ducali, venne meno alla parola data stabilendo nel castello un contingente permanente di 400 uomini, dando così avvio ad una nuova stagione di dominazione viscontea.

Le aspirazioni bolognesi di riconquistare ancora una volta l'autonomia perduta trovarono sfogo solo cinque anni più tardi quando nella primavera del 1443 Annibale Bentivoglio, forte di un ampio consenso popolare, fece il suo ingresso in città, riprendendo il controllo della sua fazione e organizzando in breve tempo il sollevamento popolare che poteva contare questa volta anche sul supporto di truppe mercenarie reclutate dal Comune. L'assedio della fortezza giovannea era però destinato a complicarsi: le truppe viscontee controllavano saldamente i castelli del contado, le milizie del conte Luigi Dal Verme presidiavano la stessa area di Porta Galliera e i soldati guidati da Astorre Manfredi decisero di sferrare l'attacco alla città venendo però cacciati il 20 giugno. In rinforzo i Bolognesi poterono contare sul rientro dei fuoriusciti della fazione dei Canetoli che si erano per l'occasione riappacificati con i Bentivoglio, a questi si unirono rinforzi provenienti da Firenze e da Venezia. L'assedio si prolungò fino in agosto e solo dopo che Annibale Bentivoglio sconfisse Luigi Dal Verme presso San Giorgio di Piano, il 21 agosto, ritornato in città ottenne la resa del castello a prezzo di 3500 ducati, dopo quattro giorni i Bolognesi avviarono la quarta demolizione del fortilizio ma Giovanni da Siena questa volta non poté assistere alla demolizione del suo castello, egli infatti era morto cinque anni prima506.

3.2.4. Il castello e la cittadella di Giulio II della Rovere: il cantiere e la demolizione definitiva

Outline

Documenti correlati