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P ARTE III: 1400-1424: L ' ATTIVITÀ DI G IOVANNI DA S IENA DOPO LA PERDITA DELL ' AUTONOMIA CITTADINA : IL DOMINIO DELLA C HIESA

3.4. G LI INTERVENTI IDRAULICI ALLA C HIUSA DI C ASALECCHIO E AL C ANALE DI R ENO

3.4.2. Rovina della Clusa de lapidibus

Al chiudersi del primo decennio del Trecento le fonti scritte registrano nuovamente il decadimento della funzionalità del canale nonché il degrado a cui erano soggette le strutture che componevano lo sbarramento fluviale. Una riformagione del 24 ottobre 1309 rimarca l'urgenza di provvedere alla «reparatione, reactatione et perfectione Cluxe Reni» stabilendo che gli «Officiales Bladi» (deputati alla gestione delle riserve annonarie della città) raccogliessero risorse adeguate all'avvio dei lavori, recuperandole dalla vendita del frumento ai fornai cittadini secondo un prezzo prefissato dal Comune549. Un provvedimento del 10 gennaio dell'anno successivo ribadiva che, poiché la «clusa

Communis Bononie sit fracta», risultava impossibile fornire l'acqua necessaria al buon funzionamento dei mulini e si disponeva alternativamente di utilizzare per l'attività molitoria le acque del Savena, dell'Aposa e del Ravone, fissando a 100 lire la somma che i citati «domini presidentes Officio Bladi» avrebbero dovuto raccogliere e destinare ai lavori di manutenzione550.

Non è chiaro quale delle due chiuse fosse da ritenere «fracta» e in che misura i lavori di risarcimento della struttura avessero luogo. Restando alla cronaca del Ghirardacci sembra che in quel periodo fossero stati attuati solo interventi per lo sgombero del canale che risentiva di fenomeni di interrimento e che già il 22 gennaio 1310 questo potesse essere nuovamente alimentato derivandone le acque nei pressi della Canonica551.

Sempre secondo lo stesso autore il 29 aprile il Reno danneggiò la clusa de lapidibus552 e nel giugno

successivo, il Comune, affidati i lavori di riparazione ai frati Predicatori e Minori, diede avvio alla ristrutturazione con «buone pietre», approntando per l'occasione dei «ripari di legno» in ragione delle difficoltà tecniche che riguardavano l'attuazione dei lavori; nella stessa occasione si operò anche la fortificazione degli argini del canale a valle della chiusa lapidea553.

Stando agli atti del Comune, già nel dicembre 1323 la «Clusa Reni» (clusa de lapidibus) si mostrava a tal punto lesionata da essere definita «fracta et destructa» mentre ancora una volta i mulini del Canale di Reno restavano inattivi a causa della mancanza di acqua554. I consueti problemi

549 APP II CC - 1309, ottobe 24 550APP II CC - 1310, gennaio 10.

551 GHIRARDACCI 1973, vol. I, p. 537. [1310]: «Alli 22 di Genaro Bolognesi condussero di nuovo l'acqua del Rheno alla

Città cominciando alla Canonica, sopra nel luogo detto Gessetto, infino alle Moline della Città, cavando & sgomberando il detto Canale; percioche era talmente ripieno, che l'acqua poco vi veniua. Fu fatto anco simile del Canale, per cui si conduce l'acqua di Savena a Bologna».

552 GHIRARDACCI 1973, vol. I, p. 539. [1310]: «Alli 29 [di aprile] havendo l'acqua del Rheno rotto la chiusa di Rheno,

di maniera, che l'acqua più non veniua alle Moline della Città, il Senato vi fece buona provisione, & quella cura fu data alli frati Predicatori & Minori». Come in molte delle fonte scritte disponibili l'autore non chiarisce si si tratta della clusa lignaminis o della clusa de lapidibus, ma poiché il provvedimento assunto dal Comune per la riparazione nel mese di giugno (cfr. nota successiva) implica l'impiego di materiale lapideo sembra ragionevole che non possa che trattarsi della chiusa lapidea.

553 GHIRARDACCI 1973, vol. I, p. 540. [1310]: «Di questo istesso anno del mese di Giugno Bolognesi fecero rifare la

Chiusa di Rheno di buone pietre, accioche con maggior commodo l'acqua venisse alla Città; & perchè difficilmente si poteva ciò fare, fecero alcuni ripari di legno e fortificarono gli argini del canale di sotto la detta Chiusa, saluando la fabrica fatta di nuovo dalla perte di sopra, che conduceua l'acqua alle Moline del Commune di Bologna; alla qual fabrica furono sourastanti gl'Ingegnieri de' frati Minori, & Predicatori, & altri eccellenti homini.».

554APP II CC - 1323, dicembre 9. Seguirono l'anno successivo gli interventi di riparazione. Stando alla cronaca del Ghirardacci le lesioni che interessavano la chiusa si riproponevano ogni anno durante i mesi invernali. GHIRARDACCI

di reperimento delle risorse destinate alle riparazioni si trascinano fino all'anno seguente, e ancora nel mese di maggio le autorità non erano state in grado di raccogliere le risorse adeguate555 così da

imporre una nuova collecta straordinaria556; la situazione era destinata tuttavia a complicarsi

ulteriormente. L'avvio dei lavori di riparazione era ostacolata anche dalle difficoltà di reperimento di sufficienti quantità di legname destinate ad approntare strutture funzionali per la clusa de

lapidibus «et maxime pro penacchis faciendis», a questo si sommava l'inadempienza dei fornitori di

mattoni, come nel caso del fornaciaio «Galaottus Thorexani» che si rifiutò di obbedire agli ordini stabiliti dai bandi e dalle grida disposti dal Comune per quell'occasione. Per porre rimedio alla situazione venne disposto il reperimento del legname necessario presso la terra di San Giovanni in Persiceto mentre venne ribadito l'obbligo dei fornaciai bolognesi di produrre mattoni esclusivamente per la chiusa e per nessun altra opera, così come dettato dalle necessità stabilite dai frati per ciascun mese di lavoro; si disponeva anche una pena pecuniaria per gli inadempienti, destinati inoltre a essere perseguiti dal Capitano del Popolo. Viene infine disposto che tutti i carreggi non potessero trasportare mattoni in altro luogo se non presso il cantiere della chiusa557.

Alla luce di queste fonti sembra che tutte le risorse materiali e umane nelle mani del Comune convergano verso un unico scopo. Nel mese di luglio il cantiere divenne però luogo di disordini e come era già accaduto in passato l'autorità e la sicurezza dei soprastanti, chiamati a controllare schiere di uomini in genere obbligati a prestare la proprio mano d'opera, vennero messe in discussione da certi laborantes le cui rimostranze si tradussero in veri e propri atti di violenza. Secondo una provvigione del 20 luglio del 1324 «multi, perversi et malitiosi homines» impiegati nel cantiere della Chiusa smisero di svolgere il lavoro come loro ordinato e «diabolico spirito instigati» dopo aver inveito contro «Muxottus de Sabatinis» e «Minus de Nicolai de Berchadelli» eletti quali «suprastantes laborerio cluxe», in segno di rivolta, armati di zappe, stanghe e picconi presero a colpirli con delle pietre. Contro l'insubordinazione si scagliarono certi uomini di Casalecchio e lo scontro che prese così avvio portò alla morte di uno dei rivoltosi. In ragione di questi eventi il podestà venne incaricato di punire i colpevoli e si dispose inoltre che i deputati ai lavori fossero scelti tra gli abitanti del comitatus bolognese ritenuti «sufficientes et bonos»558.

La prosecuzione dei lavori sembra registrare un nuovo intoppo a settembre quando le risorse pecuniarie a disposizione sembrano terminate e diviene urgente recuperare le quote della collecta straordinaria che in molti sembrano avere evaso559; ai provvedimenti tesi a colpire gli evasori, il 5

ottobre si somma una disposizione che ordina al depositario generale e agli altri depositari del Comune di raccogliere 2000 lire per portare ancora avanti il «laborerio Cluxe Reni de lapidibus»560.

Infine il 13 febbraio del 1325 l'assenza di risorse non solo porta l'autorità pubblica a ribadire la necessità di esigere dai «malpaghi» la collecta non ancora versata ma anche ad approvare una disposizione per recuperare denari dai proventi della distribuzione del sale «in civitate, comitatu et districtu Bononie»561.

Nel mese di maggio, quando ancora i la ristrutturazione della clusa de lapidibus non si poteva dire conclusa562, si dispose una spesa di 700 lire per diversi lavori: «in fraschis castaneis, lignamine,

feramento, magistris, laboratoribus et aliis rebus necessariis pro reaptatione rive Canalis Navigii que

reparata, e fortificata quanto mai fosse, perchè ogni Anno nel tempo della vernata ... quasi sempre ruinava ... per commune parere [la nuova chiusa] fù fabricata di pietre cotte, e di calcina». Vedi in proposito anche Zanotti 2000, p. 308. 555 APP II CC - 1324, maggio 23. 556 APP II CC - 1324, luglio 18, 557 APP II CC - 1324, giugno 27. 558 APP II CC - 1324, luglio 20. 559 APP II CC - 1324, settembre 8. 560 APP II CC - 1324, ottobre 5. 561 APP II CC - 1325, febbraio 13. 562 APP II CC - 1325, maggio 8.

fracta erat prope cluxam», includendo anche interventi «super Caxellam de Cluxa e de subtus dictam Caxeellam», «cavamento Canalis de Cluxa usque ad Caxellam de saxo», la riattivazione della chiusa del fiume Savena, la rifunzionalizzazione dei mulini e del canale (di Savena?) e ancora «in portis et paramento de novo factis ad Caxellam de Cluxa Reni». Una seconda voce di spesa di quaranta lire riguarda il compenso di «Magistro Petro filio Iohannini Galiani de Caxaliclo pro quadam rivadella Canali Navigii prope Caxellam»563.

I lavori alla clusa de lapidibus sembrano continuare ancora, e il reperimento di risorse finanziarie venne rinnovato per l'ultima volta con un provvedimento emanato nel mese di giugno564 ma

l'impresa non fu in realtà mai ultimata.

Il 21 agosto del 1325 il Comune decise di sospendere i lavori. Alla base di questa improvvisa battuta d'arresto sembra esserci una volta ancora un «deffectum magne peccunie» per cui pianificare i successivi lavori diviene impossibile, ma agli occhi dell'autorità non si trattò di abbandonare il progetto per sempre ma di rinviarne il completamento all'anno successivo quando il nuovo gonfaloniere, dopo il suo insediamento, avrebbe dovuto riunire i «ministrales, confalones, sapientes et sindicos sui consilii» occupandosi di portare l'opera a compimento con mezzi adeguati.

In verità l'attenzione del governo bolognese da questo momento si spostò dalla riparazione dalla

clusa de lapidibus alla riattivazione della clusa frascharum ossia di quello sbarramento fluviale

posto a mante della chiusa lapidea e in precedenza chiamato anche Clusa lignaminis perché caratterizzato da una struttura di pali lignei infissi nell'alveo del fiume combinati con la disposizione di frasche che ne proteggevano la superficie dello scivolo («mantello») e contemporaneamente ne qualificavano l'aspetto agli occhi dei contemporanei. La «Cluxa de Fraschis» alla fine dell'estate del 1325 minacciava in parte la rovina e ritenendo impossibile posticiparne la riparazione poiché «nec posse in verne refici», al fine di evitarne il collasso con il conseguente danno per le attività molitorie e la riscossione della «gabella grossa», le autorità dirottarono repentinamente le risorse finanziarie destinate all'ultimazione dei lavori della chiusa lapidea alla riparazione della clusa frascharum. I lavori necessari per la riparazione e la manutenzione furono affidati «ad incantum» alla presenza del consiglio degli ottocento secondo «meliorem condictionem et pro minori pretio» per un periodo di gestione di due o almeno un anno, specificando nella provvigione che qualora non si sia potuto individuare un affidatario l'opera venisse svolta ancora una volta per conto dei Frati Predicaori e Minori che già si erano occupati della chiusa lapidea565. Il 18 ottobre gli interventi di rifacimento e manutenzione della clusa frascharum per l'arco temporale di un anno furoono assegnati dal consiglio a «Aiglexi Matei notarii

pro se et sociis» a sue spese per un compenso di 3550 lire bolognesi, confermando ancora una volta i costi straordinariamente elevati degli interventi idraulici messi in campo dai Bolognesi per mantenere in efficienza la loro rete idrica. Per finanziae l'opera si ribadisce inoltre che le risorse raccolte ed ancora da recuperare per la «Cluxam Lapideam» dai frati deputi siano trasferiti ai nuovi «conductori» della clusa frascharum566.

Il dispendio di inusitate risorse finanziarie destinate al buon funzionamento delle strutture di captazione come del reticolo di canali artificiali rispecchiava l'importanza vitale che questo sistema aveva per il sostentamento della città, per le attività economiche, per la sua difesa militare e per i traffici commerciali; proprio per il loro carattere strategico, le strutture di captazione e sbarramento dei fiumi le fece diventare più volte il bersaglio prediletto degli eserciti stranieri, che ostruendo i canali e devastando le chiuse di Casalecchio miravano a piegare la popolazione cittadina compromettendo la trasformazione del grano e l'approvvigionamento annonario. A riprova di queste

563 APP II CC - 1325, maggio 15. Probabilmente con il termine «caxella» si indicava una struttura di seervizio della chiusa di Casalecchio che poteva essere luogo di deposito di materiali da costruzioni «Magistro Petro» può rifornirsi infatti di «omnes palos et vettas de castaneo et alias res qua erant in Caxella de Cluxa».

564 APP II CC - 1325, giugno 17. 565 APP II CC - 1325, agosto 21. 566 APP II CC - 1325, attobre 18.

considerazioni, quando durante l'autunno del 1325 il conflitto tra Bolognesi e Modenesi raggiunse il suo apice, le truppe di Rinaldo (Passerino) di Bonaccolsi, alleato di Modena, dopo aver inflitto una clamorosa sconfitta all'esercito bolognese durante la battaglia di Zappolino (15 novembre 1325) devastò il contado, le terre di San Giovanni in Persiceto e Castel Franco e si spinse fino a Casalecchio a «ruinare la Chiusa e il Ponte di Rheno»567. La cronaca del Ghirardacci che riporta

questi fatti, non precisa quale delle due chiuse si trattasse, ma di fatto da questo momento in poi la menzione di clusa de lapidibus scompare dagli atti del governo bolognese che dopo il 1325 non ordinerà più lavori di perfezionamento o manutenzione lasciando adombrare l'ipotesi che i danni inflitti dal Bonaccolsi fossero per i Bolognesi irreparabile tanto da segnare la definiva rovina e l'abbandono di questa grandiosa opera idraulica568.

Durante il 1326, a dispetto della riformagione del 21 agosto dell'anno precedente, e nonostante l'impegno e le risorse degli anni precedenti, non di dispone infatti alcun intervento di completamento della clusa de lapidibus. Nel settembre 1326 a preoccupare il governo bolognese è infatti la riparazione della clusa frascharum ed il risarcimento della «rupta Canalis qui est iuxta dictam Cluxam et Canale Reni» disponendo così una nuova assegnazione ad incantum dei lavori di riparazione e manutenzione per la durata di un anno569.

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