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La chiusa di Casalecchio, il Canale di Reno e il Navile dopo Giovanni da Siena

P ARTE III: 1400-1424: L ' ATTIVITÀ DI G IOVANNI DA S IENA DOPO LA PERDITA DELL ' AUTONOMIA CITTADINA : IL DOMINIO DELLA C HIESA

3.4. G LI INTERVENTI IDRAULICI ALLA C HIUSA DI C ASALECCHIO E AL C ANALE DI R ENO

3.4.7. La chiusa di Casalecchio, il Canale di Reno e il Navile dopo Giovanni da Siena

Dopo le riparazioni promosse da Baldassarre Cossa la storia della chiusa dei successivi 150 anni si risolse molto probabilmente in una sequenza di limitati lavori di ordinaria manutenzione615 non

particolarmente degni di nota. Viceversa appare significativo ricordare le trasformazioni subite dalle

611 SMITH 1997, p. 13.

612 Smith 1972, p. 150; Magnusson - Squatriti 2000, p. 223.

613 Smith 1972, pp. 28-29, p. 180; Magnusson - Squatriti 2000, p. 224. 614 Smith 1972, pp. 51-52, p. 180; Magnusson - Squatriti 2000, p. 224. 615 ZANOTTI 2000, p. 85.

vie d'acqua a partire dal 1548 quando Jacopo Barozzi da Vignola e Jacopo Marcoaldo furono incaricati di eseguire un'ampia opera di risistemazione del Navile in modo da ripristinare la navigazione dal porto all'interno delle mura cittadine sino all'approdo di Corticella. Il progetto prevedeva di raddoppiare la capienza dell'alveo del canale, la costruzione di strade alzaie, di ponti, di porti e nuovi mulini. Stando al Vasari, la vastità del progetto e le complesse trasformazioni immaginate dal Vignola per la rete idrica di Bologna gli assicurarono una certa fama quale esperto in materia di idraulica: fruttandogli nuovi incarichi presso il pontefice e il Cardianal Farnese a Parma nonché l'invito fattogli da Venezia per la progettazione del nuovo ponte di Rialto616

Nel 1567 la Chiusa di Casalecchio era crollata in diversi tratti tanto da sollecitare l'intervento di Pio V che nello stesso anno emanò un breve che ne ordinava con urgenza la riparazione617. La necessità

di agire con celerità trovava la sua giustificazione ancora una volta nella volontà di preservare in efficienza la produttiva degli opifici e garantire al contempo la navigabilità verso Ferrara e l'accesso alle vie commerciali che conducevano all'Adriatico. Lo stesso breve affida la responsabilità dei restauri e delle riparazioni al Governatore o Legato Apostolico di Bologna coadiuvato da una deputazione di Senatori che non avessero interesse diretto nell'oggetto dei lavori; viene inoltre stabilito che le spese necessarie per l'impresa venissero ripartite tra tutti coloro che avessero tratto beneficio dalle acque derivate dal Canale di Reno618.

A seguito del breve emanato da Pio V nel 1567 si procedette alla ricostruzione della parte della chiusa che era crollata per una lunghezza di 10 pertiche e 5 piedi619. Nello stesso anno, nel 1571 e

nel 1574 si intervenne su altri due tratti lunghi uno 11 pertiche e 8 piedi, l'altro 10 pertiche. Durante questi lavori pare che lo scivolo della chiusa fatto in «pietra cotta, Sassi, Calcina», venne ricoperto con un assito ligneo per salvaguardarlo dagli effetti corrosivi dell'acqua620. Ulteriori lavori alle parti

in legno con funzione di protezione vennero eseguiti nel 1604 e nel 1623, altri di restauro furono compiuti nel 1633, nel 1641, nel 1652, mentre nel 1656 venne proposta la costruzione di un nuovo

boccaccio621.

Per avere invece la prima accurata descrizione dello sbarramento occorre aspettare il 1738 quando il perito G. Andrea Taruffi riportò in una sua relazione che la chiusa aveva una lunghezza pari a 417 piedi bolognesi (158, 46 metri), una larghezza di 90 piedi bolognesi (34,20 metri) ed era coperta di grossi assi di rovere fermate con 105.300 cavicchie di ferro622. Nella seconda metà del Settecento il

Calindri ci restituisce una seconda descrizione che pur riportando una lunghezza quasi doppia dell'intero sbarramento fornisce preziose precisazioni su diversi dettagli costruttivi:

«Consiste la suddetta chiusa in un ammasso di grossi sassi e calce incassato a più cubi e prismi in una tessitura di grossi pali squadrati di quercia con la più squisita maestria disposta, e per ogni verso connessa e fortificata, e da grossi pali e tavoloni per diritto e per traverso disposti difeso nel suo petto e nella sua 616TUTTLE 2002, p. 75.

617 RACCOLTADILEGGI 1838, vol II, Dell'ordinameto amministrativo in oggetti di acque, pp. 5-6: «Orde rationis exigit,

et vigor postulat aequitatis, ut qui ex aliqua re commodum consequuntur, etiam exinde incommodum, quando praesertim necessitas urget, sentire debeant; Cum itaque, sicut accepimus, admodum necessarium sit, ut de praesenti Clusiam Casalecchi vulgariter vocata in Territorio Bononiae existens penitus fere diruta, reparetur, ac restauratur, ut aqua Fluminis Rheni contineri, et per Rivum, seu Canale, Bononiae transmitti possit, ex cujus aquae decursa plurimis Comitatus, cunctisque ipsius Civitatis Bononiae Molendinis aqua ad molendum subministratur, multaque, ac magna Aedificia, quae ibi constructa sunt, tum ad sericum, tum ad chartam conficiendum, et elaborandum apta redduntur, necnon aquaeductus a Bononiae prope Ferrariam navigabilis efficitur; denique infinitae aliae commoditates,

quampluraque beneficia tam Civitati, quam Comitatui Bononiensis afferuntur». C'è chi ha attribuito i lavori promossi in questa circostanza al Vignola ma non sussistono sino ad ora fonti scritte a sostegno di questa tesi. CHIERCI 2007, p. 8.

618 Ibidem.

619 ZANOTTI 2000, p. 85, riprende il contenuto di ASBo, Collezione Tognetti, vol. s. o. K 11, «Bonacursi per la Chiusa

di Casalecchio e Canale di Reno». 620 Ibidem

621 Ivi, p. 87.

schiena; coperto nella sua superficie di pietre cotte, o dicansi mattoni, per lo più posti in coltello, e da calce fermati e legati ne quadri incassati da altrettante travi di quercia unite l'una all'altra con grossi e lunghi chiodi di ferro con testa schiacciata nelle piaghe, e morse o morsature opposta fatte per ben connetterle. La lunghezza di questa chiusa è di 800 piedi bolognesi [304 m] e la larghezza di novanta [34,20 metri]. ...A maggiore conservazione di questa gran mole ... con grossi tavoloni di quercia vien coperta tutta la sua superficie descritta e questi vengono fermati da lunghi e grossi chiodi di ferro»623

Una terza relazione del 1893 riporta come la chiusa presentasse ancora in quell'epoca una copertura di tavoloni di rovere di spessore di 15 cm ancorati con cavicchie di ferro e pali raccordati alla massa murale mentre le soglie e alcune parti dello sdrucciolo furono dotate di un rivestimento in lastre di granito di spessore di 10-12 cm. La chiusa misurava 160,45 metri sul ciglio superiore dello sdrucciolo e 138, 65 metri su quello inferiore, mentre la larghezza media era pari a 34,55624. La

superficie complessiva è stata calcolata in 5.210 metri quadri, di cui 4.041 coperti mediante tavolato e 1.169 in granito. La copertura lignea sarà progressivamente sostituita con lastre di granito sino al primo dopoguerra e poi con lastre di arenaria sino al 1946625

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