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P ARTE III: 1400-1424: L ' ATTIVITÀ DI G IOVANNI DA S IENA DOPO LA PERDITA DELL ' AUTONOMIA CITTADINA : IL DOMINIO DELLA C HIESA

3.4. G LI INTERVENTI IDRAULICI ALLA C HIUSA DI C ASALECCHIO E AL C ANALE DI R ENO

3.4.1. Clusa de lapidibus e Clusa lignaminis

Baldassarre Cossa negli anni della sua dominazione ricorse abilmente al sostegno di quei ceti magnatizi e imprenditoriali che conservavano non pochi interessi in quelle attività produttive incentrate sul buon andamento di opifici costantemente bisognosi di energia idraulica; nonché in quei traffici mercantili per i quali era irrinunciabile disporre di vie navigabili percorribili e sicure. In secondo luogo era certamente consapevole che dal buon funzionamento delle infrastrutture idrauliche della città dipendeva anche l'efficienza dei mulini da grano, questione fondamentale per assicurare il soddisfacimento del fabbisogno annonario della popolazione e degli studenti dell'Università. Non stupisce che il mantenimento in efficienza della rete idraulica e dei dispositivi di captazione che regolavano le acque del Reno fossero uno delle principali preoccupazioni del legato che si risolse di affidare al più importante ingegnere del Comune una serie di interventi alla Chiusa e al Canale di Reno. Tuttavia prima di approfondire il coinvolgimento di Giovanni da Siena in queste questioni d'acque, vale la pena ripercorrere le tappe principali che segnarono le trasformazioni delle infrastrutture idrauliche bolognesi tentando di mettere ordine in vicende spesso complicate da fonti contraddittorie e da erronee e sedimentate interpretazioni della storiografia locale533.

Nel 1208, acquistando il diritto d'uso dell'acqua in eccesso dai «Ramisani», il Comune si era dovuto fare carico come contropartita della manutenzione perpetua della chiusa e del canale di Reno vietando inoltre l'edificazione di altri mulini lungo le sue rive534. Secondo alcuni autori poco dopo la

stipulazione della concordia del 1208 il Comune edificò una nuova chiusa e diede avvio al riassetto di un nuovo canale che a questa si raccordasse per poi prolungarsi verso l'area cittadina, ma occorre sottolineare cbe non sono state sino ad ora individuate a sostegno di questa tesi prove documentarie di nessun genere, al massimo si può pensare che durante la prima metà del XIII secolo si susseguissero interventi di imprescindibile manutenzione535.

Bisognerà aspettare la metà del secolo perché il Comune di Bologna faccia proprio un grandioso piano di potenziamento del canale che comprendeva la costruzione ex-novo di un imponente sbarramento presso Casalecchio di Reno. Nel 1252536 vennero adottati nuovi statuti e con essi fu

533 Si rimanda inoltre al punto introduttivo riguardante Torrenti, fiumi, canali: il quadro idrografico e la crescita

urbana bolognese durante il Basso Medioevo,

534 ASBo, Registro Grosso, I, cc, 178r-179v; PINI 1987, pp. 14-15.

535 FRESCURA NEPOTI 1975, p. 167.

536 FRATI 1869, pp. 505-507: Statuta Communis Bononie 1250, Liber IX, Rubrica CCCXXI, Codd. 52-67 - «De Clusa

Reni fatienda et aqua Reni conducenda Bononiam. Statuimus et ordinamus quod opus cavamenti aque Reni fiat taliter quod ipsa aqua Reni conducatur in foveas civitatis, et Clusa Reni debeat fieri de lapidibus, et alia que sunt facienda circha hoc secundum reformationem conscilii Comunis Bononie, cuius tenor talis est. Iten placuit maiori parti conscilii per Comune Bononie fiat statutum precissum, in quo contineatur quod opus cavamenti aque Reni fiat taliter quod ipsa aqua Reni conduceatur in foveas civitatis, et quod ipsa clusa Reni debeat fieri de lapidibus et alia que sunt facienda circa hec sicut consultum fuit per infrascriptos magistros et lectum fuit in isto conscilio quod tale est: Magister Albertus laborerii Sancti Petri, Magister Iohannes de Brixia, Magister Michael de la Musca, Magister Michael Lamandine in comuni concordia dicunt quod viderunt laborerium cluse secundum quod fieri de lapidibus potest in loco viso per potestatem et consules et ançianos et alios sapientes, et per multos magistros ibidem presentes; quam clusam oportet murari et est longa et mensurata quinquaginta quinque pertice, unde visa ratione expensarum dicte cluse potest fieri clusa et compleri per octo Milia bononinorum, faciendum Murum grossum viginti quatuor pedibus. Item viso et mensurato cavamento, quod oportet fieri a dicta clusa usque ad ramum ubi debet cadere aqua in ramo veclo summa perticarum a dicta clusa usque ad locum ubi debet mittere caput in lecto veclo capit et sunt quadraginte pertice; et potest fieri et cavari per sex milia libras bononinorum et summa precii dictarum perticarum et terreni est septingente xx lirarum bononinarum. Item dicunt dicti magistri quod si Comune Bononie sollet conducere aquam Bononiam potest fieri ad seralium Saragoçe, ita quod aqua curret per fosas veteras civitatis undique, et possunt fieri Molendina in foveis civitatis; et a porta Canonice de Reno usque ad seralium

promulgata un'apposita rubrica che annunciò la costruzione della nuova chiusa la cui struttura, recita il testo, «debeat fieri de lapidibus». Il progetto della chiusa in pietra venne redatto da

inzignerius Alberto537 e dai magistri «Iohannes de Brixia», «Michael De la Musca», «Michael

Lamandine». Secondo la rubrica statutaria i progettisti prevedero la costruzione di una struttura imponente in muratura di 55 pertiche di lunghezza e uno spessore di 24 piedi per una spesa complessiva che ascendeva agli 8000 bolognini. Sebbene la fonte scritta non indugi sulla collocazione topografica dell'intervento sembra chiaro, anche in ragione dei resti materiali ancora oggi visibili in situ, che il nuovo sbarramento lapideo sorse nell'alveo del fiume a monte del più antico punto di captazione approntato dai «ramisani»: fu infatti necessario pensare all'escavazione di un nuovo canale lungo 400 pertiche, in grado di collegare la chiusa al vecchio ramo che non poteva che essere alimentato che da uno sbarramento posto più a valle538. Il programma di riordino

idraulico previde inoltre di condurre l'acqua dalla Canonica verso la città, presso il Serraglio di Saragozza, attraverso una canalizzazione di millecentotrenta pertiche, che avrebbe alimentato le fosse della penultima cerchia muraria e fornito energia idraulica alle strutture molitorie.

Gli interventi pensati dal Comune richiesero un esborso di risorse davvero cospicuo e la la necessità di garantire una adeguata copertura finanziaria per la realizzazione della nuova chiusa sembra aver preoccupato le autorità bolognesi ben prima che queste esprimessero solennemente i loro programmi nella compilazione statutaria sopra menzionata, già due anni prima dell'emanazione della rubrica più volte citata, frammenti di un liber cridaciorum del 1250 contengono le prime tracce di una collecta, cioè di una tassa straordinaria i cui proventi erano destinati «pro Clussa lapidis Reni»539 (si tratta di una forma di tassazione che verrà poi più volte reiterata quando la

chiusa necessiterà di improrogabili interventi di riparazione negli anni successivi).

Quando fu avviato e durò il cantiere avviato alla metà del Duecento e quanto fu effettivamente realizzato rispetto ai progetti iniziali? Il programma fu completato molto probabilmente solo per le parti riguardanti la Clusa de lapidubus ed il canale di raccordo tra quest'ultima ed il ramus vetus mentre sembra non esservi traccia della scavo del tracciato che avrebbe condotto l'acqua in città. Probabilmente il vecchio ramo continuò a svolgere la sua funzione senza ulteriori interventi540.

In mancanza di ulteriori conferme documentarie l'arco temporale entro il quale furono portati a compimento i lavori potrebbe essere individuato a livello congetturale nel periodo compreso tra 1252 e il 1259, cioè in quell'intervallo di tempo che intercorre tra la comparsa della rubrica s e l'anno della redazione statutaria in cui essa venne ripetuta per l'ultima volta. Durante questo lasso tempo il rinnovamento dell'assetto del canale di Reno e la costruzione di una grandiosa struttura di sbarramento e captazione nell'alveo del fiume vengono complicati da un episodio edificatorio che sembra sino a questo momento passato completamente sotto silenzio.

Saragoçe est repertum et mensutatum mille centum XXX perticas, et posunt intrare XL octo tornatorie terre faciendo

laborerium inter viam et fosam et in ampleça sex pertice, et potest cavamentum constari septem millibus nonagintis libris bononinorum. Summa terreni capit duo millia libros bononinos. Item dicunt de pontibus necessariis dicto laborerio et Cavamento, ubi fuerit oportuni. Summa est eius quod possint constari capit duo millia libros bononinorum faciendo pontes a dicta Canonica usque ad civitatem ubi necesse fuerit; et summa totius laborerii predicti capit et est viginti sex millia libras bononinorum et sexcentas viginti libras bononinorum;et quod statutarii et eorum notarii, qui prefuerunt hoc anno proximo ad faciendum statutum Comunis Bononie, ponant illud statutum in libris statutorum Comunis Bononie, ita quod precisse iuretur per sequentem potestatem; hoc salvo quod si in anno proximo futuro dicta laboreria non possent compleri propter maxima negocia que inminerent Comuni Bononie, quod de voluntate decem parcium conscilii possit prorogari ad faciendum compleri ipsa laboreria dum tamen precisse fiant; et si prorogabatur de voluntate decem partium conscilii quod non possit prorogari nisi a festo Sancti Michaelis proximi ad unum annum; et potestas Bononie qui temporis erit precise teneatur facere conpleri omnia predicta laboreria in dicto termino, et dictum statutum non possit cassari de libris statutorum Comunis Bononie, quousque dicta omnia laboreria completa fuerint».

537 Sull'opera di Alberto si veda NERI 1990. Cfr. anche ASBo, Difensori dell'Avere e dei Diritti della Camera, b. 41.

538 La collocazione topografica della prima chiusa eretta dai «ramisani» resta un punto del tutto oscuro. 539 APP II CC - 1250, dicembre.

Si tratta della costruzione di una «Clussam lignaminis», per la quale, durante la primavera del 1254 il Comune si preoccupò di reperire sufficienti materiali e mano d'opera. Durante il mese di maggio e di giugno i banditori leggono pubblicamente apposite grida indirizzate agli uomini della città e del suo distretto che disponessero di piante di rovere, castagno o altro legname affinché le fornissero al Comune per la fabbricazione della chiusa. Contemporaneamente vengono assunte restrizioni che riguardano la compravendita del legname destinato alla costruzione delle abitazioni oppure ad essere usato come combustibile. Le disposizioni vengono estese con modalità simili a chi disponesse di «codallas et sablonem». Viene ordinato infine a tutti i fabbri cittadini che vogliano produrre ferramenta per la chiusa di mettersi a disposizione dei soprastanti incaricati dell'impresa541.

Sembra evidente che le scarne formulazioni dei banditores siano finalizzate a reperire materiali e maestranze non per un intervento di riparazione e manutenzione di un manufatto esistente (ad esempio si potrebbe pensare alla più antica chiusa dei «ramisani») ma di una chiusa che doveva essere ancora costruita o come meglio recitano le fonti scritte: «ad faciendum Clussam Lignaminis qua debet fieri in Reno»542. In altre parole mentre i lavori della Clusa de lapidubus erano ancora

lontani dall'essere completati le autorità comunali, forse spinte dall'urgenza di potenziare l'alimentazione idrica del canale, concentrarono le loro energie sulla fabbricazione di una chiusa lignea (non compresa nel progetto del 1252), che pur non sostituendosi completamente la

costruenda chiusa di pietra avrebbe comunque svolto una funzione sussidiaria importante e

soprattutto, mediante l'impiego di soluzioni tecniche tradizionali, avrebbe richiesto tempi più contenuti perché entrasse in funzione. La scarsa documentazione disponibile non consente di pervenire con queste poche informazioni alla collocazione topografica di questa nuova «Clussam Lignaminis» che era tanto scontata per i contemporanei da non essere richiamata neppure negli atti pubblici più rilevanti, la formulazione di ipotesi a riguardo potrà però avvenire prendendo in considerazioni fonti documentarie di epoca successiva.

Nel 1269 la Clusa de lapidubus con il canale che la raccordava alla città erano completati e già si disponevano ulteriori interventi. In quell'anno venne affidato a un certo Ubertino Fantaluzzi l'appalto per diversi lavori sul canale dalla «clusa nova lapidea de Reno usque navilium vetus»: contratto prevedeva l'ampliamento e la costruzione di una banchina lungo il tratto compreso grosso modo tra la Chiusa e la Canonica; questa struttura doveva essere edificata lungo la parte verso il Reno, larga in alto 8 piedi e 10 verso il fondo; dalla Canonica verso la città sopra la banchina doveva inoltre essere realizzata una strada. I materiali utilizzati vengono identificati con le espressioni «de lapide et calcina» e «de bonis lapidibus coctis et calcina mitadegna» lasciando nell'ambiguità l'uso esclusivo o misto di pietra e mattoni cotti543.

Durante l'ultimo quarto del secolo il canale e le imponenti strutture di captazione, furono bisognose a più riprese di lavori di manutenzione e rifacimento come attestano le fonti cronachistiche per gli anni: 1278, 1288, 1289 e 1294544. Verso la fine del Duecento sembra che il buon funzionamento del

sistema si fosse compromesso e nel marzo 1295 il Comune si risolse di approvare un imponente programma di ristrutturazione del canale e delle chiuse. Il progetto fu approvato a seguito del sopralluogo condotto da un gruppo di rappresentanti del potere politico (il capitano del popolo con quattro anziani e consoli) accompagnati da 16 «magistri et ingegnerii», questi stabilirono in via prioritaria la rifunzionalizzazione della «Clusam lignaminis» riparandola con l'impiego di 40.000 pali e 6400 carri di frasche, al fine di incrementare la portata d'acqua a beneficio dei mulini.

Vengono inoltre previsti interventi sul tracciato del canale di non facile interpretazione topografica: dopo aver esaminata la situazione della «Clusa de lapidibus» si deliberò di scavare il «canale vetus [...] incipiendo ad canale novum veniendo ad Clusam lapidis», in secondo luogo, al fine di condurre

541 APP II CC - 1254, maggio 8 e 13; APP II CC - 1254, giugno 5. 542 APP II CC - 1254, giugno 5.

543 ASBo, Archivio del Comune, Procutatori del Comune, Libri Contractuum, 15, 1269, cc. 16v-17r. FRESCURA NEPOTI

1975, p. 170;

acqua ai mulini e alimentare il Navile con più efficienza e minor spesa del Comune, si decise lo scavo di un nuovo canale «per brainam Canonice de Reno [...] in ramo qui est iuxta Clusam [...] dimittendo versus Renum pro ripa» prevedendo per alcuni tratti la realizzazione di opere di contenimento in muratura o argini di terra, si programmò infine lo sgombero del «navigium vetum unsque ad alium [...] incipiendo a clusa de petra usque ad ramum vetus».

Si dispose per tali lavori che le diverse comunità del districtus di Bologna fossero chiamate a prestare la loro opera negli scavi ed il Comune stabilì per l'occasione che il podestà avesse pieni poteri nel punire coloro che avessero offeso i «magistros et ingegnerios» chiamati a supervisionare i lavori545.

L'anno seguente con rogito di Andrea di Petriziolo del 24 aprile546, «Enrico de Comis del fu

Bonacossa abitante in Capella S. Pietro»547 fu incaricato per un arco temporale di 10 anni dello

sgombero e della pulizia del canale di Reno per quel tratto che era stato appena ampliato a seguito della disposizione del 22 marzo 1295 e che dalla Clusa lignaminis (riattata l'anno precedente) si prolungava poco più a valle alla Clusa de lapidubus e da qui si protraeva sino al Saiguatorium della Canonica di Reno. La successione delle due chiuse da monte verso valle così come emerge da questa testimonianza costituisce un'informazione decisiva per la comprensione di un quadro topografico sino a questo momento di non semplice comprensione, consentendo, seppure con la dovuta cautela, di tracciare una prima sintesi delle trasformazioni che interessarono le strutture di captazione del canale di Reno durante la seconda metà del Duecento.

Ricapitolando, si può dedurre che i progetti previsti nella rubrica statutaria ripetuta dal 1252 al 1259 furono attuati solo in parte: fu portato a termine lo scavo di un canale di raccordo tra il punto di captazione dove sarebbe sorta la Clusa de lapidubus sino all'inizio del «navillum vetus» (il tratto dell'antico Canale di Reno dalla Cononica548 alla città); nel 1254, mentre i lavori della Clusa de lapidubus languivano, il Comune si risolse di costruire più a monte ed ex nihilo la Clusa lignaminis.

Per questa ragione si può pensare che in quel periodo il completamento del nuovo condotto che giungeva alla chiusa di pietra fosse a buon punto tanto da essere prolungato sino alla nuova chiusa di legno, quest'ultima alimentò il canale fino all'ultimazione della clusa de lapidibus e successivamente svolse probabilmente una funzione sussidiaria. Nel 1269 a partire dalla chiusa di pietra scendendo verso valle, il canale di Reno venne rafforzato con una banchina fortificato mediante l'impiego di strutture in laterizio e pietra che probabilmente costituirono il principio di quell'incamiciatura muraria ancora oggi osservabile: questi interventi sembrano non coinvolgere anche il tratto di canale compreso tra le due chiuse anche se è ragionevolmente ipotizzare che la delicatezza della posizione di questo tratto all'interno del sistema e la sovra-esposizione alle piene avesse convinto il Comune a fornire in tempi non troppo lontani da questi analoghe protezioni in muratura.

La funzionalità della Clusa lignaminis e del canale di Reno decadde progressivamente mentre diveniva sempre più impellente la necessità di incrementare la portata d'acqua destinata ai mulini e

545 APP II CC - 1295, marzo 22. GUIDICINI 1868, Vol III, pp. 256-258. Le operazioni di scavo comportarono anche

l'esproprio di terreni privati. vedi in proposito GUIDICINI 1868, Vol III, p. 258.

546 Si tratta di un rogito riportato da Guidicini di cui lo studioso riporta la collocazione del suo tempo all'interno dell'Archivio di Stato di Bolonga, purtroppo ad oggi questa fonte risulta irreperibile e non inclusa negli elenchi dell'istituto di conservazione, si riporta di seguito quanto scritto dall'autore delle Cose notabili della città di Bologna: «Li 24 aprile 1296 a rogito di Andrea di Petriziolo come dal libro del memoriale de' contratti fol. 22 verso, Enrico de Comis del fu Bonacossa abitante in Capella S. Pietro assume di sgombrare, e purgare il canale, ossia acquedotto di recente fatto nel Comune di Casalecchio di Reno per quel tratto che si è ampliato, e dilatato dalla Chiusa di Reno fatta poco fa fino alla Chiusa di pietra, che è nel corpo del Reno, e da detta Chiusa di pietra fino al Saiguatorium (o Saquatorium che è il paraporto inferiore della Canonica ii quale ha sfogo nel fiume Reno) fatto di quà dalla Canonica di Reno verso Bologna, il quale contratto sarà durabile per anni 10 decorrenti dal giorno d'oggi ecc. e ciò per lire 850 di Bolognini pagati da fra Egidio depositario del Comune a detto Enrico, il quale offrì in sigurtà tanto della somma ricevuta, che delli assunti lavori quindici dei primari Cittadini di Bologna». GUIDICINI 1870, Vol III, p. 258.

547 Verosimilmente quel «Magister Henricus de Sancto Petro» che si ritrova nella diposizione trascritta in: APP II CC - 1295, marzo 22.

alla navigazione sul Navile: nel 1295, dopo una lunga serie di interventi di manutenzione, si provvide a potenziare, allargandolo, il tratto del canale a partire dal «navillum vetus» sino alla

clusa de lapidibus e intraprendendo al contempo la ristrutturazione della Clusa lignaminis in modo

che la captazione delle acque continuasse a funzionare grazie all'impiego simultaneo di due sbarramenti posti non troppo lontano l'uno dall'altro.

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