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In destructione et explanatione Castri Montis Bataglie

P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.2 G IOVANNI DA S IENA E LA RISTRUTTURAZIONE DEL CONTADO

2.2.2. In destructione et explanatione Castri Montis Bataglie

L'addensarsi delle iniziative fortificatorie approntate ex-novo, la capillare azione di ristrutturazione delle difese esistenti e la promozione di castra di popolamento non erano gli unici strumenti a disposizione del governo bolognese per affermare il proprio controllo nel contesto imolese entrato di recente all'interno del dominio. In un quadro territoriale composito e frastagliato, la sopravvivenza di nuclei di potere feudale che potevano contare su proprie enclave e manifestarsi antagonisti all'egemonia cittadina; uniti e tal volta alleati all'affollarsi di schiere di banditi che nel contado potevano trovare rifugio, sollecitavano il governo bolognese ad affiancare all'opera di potenziamento delle fortificazioni anche altri strumenti atti ad ampliare l'egemonia sul contado e garantire la sicurezza dei suoi abitanti. In taluni casi poteva essere utile ridimensionare il peso dei signori feudali sottraendo loro, anche mediante compravendite, i nuclei fortificati sui quali questi basavano il loro potere; in altre circostanze si poteva giungere alla distruzione di quei fortilizi, sfuggiti al controllo politico e militare della città, che si erano trasformati in rifugio permanente di banditi che li sfruttavano come base d'appoggio per scorrerie nei territori circostanti.

La distruzione della fortezza di Monte Battaglia operata dai Bolognesi nel 1390 sembra rientrare in quest'ultimo frangente. Si tratta di un castello attestato per la prima volta nel 1154280 situato a circa

715 metri sul livello del mare in cima ad una collina che si affaccia a occidente verso la vallata che raccoglie le acque del Rio della Crespa e a oriente verso quella del Rio del Lago.

La Descriptio Romandiole281 annovera Monte Battaglia tra i castra del comitatus di Imola posti in

279 Il Consiglio Generale in un primo momento composto da 500 membri viene ridotto a 400 nel 1377 e incrementato a 600 nel 1387, sotto il "Governo del Popolo e delle Arti" concentra la funzione legislativa con la possibilità di modificare la norma statutaria. I membri del Consiglio Generale, a cui partecipavano gli anziani, erano individuati tra i componenti delle Arti dal Podestà e dal Capitano del Popolo. Nel 1394 e poi nel 1398 e nel 1400 la funzione legislativa si complicò con l'Istituto dei Sedici Riformatori dello Stato di Libertà che potevano emanare vere e proprie leggi e norme. Le funzioni amministrative erano demandate agli Anziani e Consoli unitamente ai Collegi dei Gonfalonieri e dei Massari delle Arti. Anche il numero degli Anziani subì variazioni, passanfo da 16, a 12 e infine a 9 comprendendo a loro capo il

vexillifer iusticie, erano scelti dagli anziani uscenti e duravano in carica un bimestre con il dovere di rappresentare i

quartieri della città. Il Collegio dei Massari delle Arti e quello dei Gonfalonieri erano composti ciscuno da 16 membri e concorrevano all'azione esecutiva. RIFORMAGIONIE PROVVIGIONI 1961. pp. xxv-xxvi.

280 GADDONI – ZACCHERINI 1912, n. 140, pp. 189-190. Il castello fu ricostruito dopo le demolizione tardo trecentesche

probabilmente già nella seconda metà de Quattrocento. L'area del è stata oggetto di una campagna di scavi archeologici durante il 1988, mettendo in luce i resti di un recinto di circa 100 metri di lunghezza delimitante una superfice interna di forma allungata di circa 660 m2 fortificata da una torre quadrangolare di 6,17x5,77 m posta presso il laro nord-orientale;

i materiali usati dovevano essere stati in larga parte estratti dalla stessa pendice collinare su cui sorse il fortilizio. GELICHI - BRUBETTI 1988; V CONGRESSONAZIONALEDIARCHEOLOGIAMEDIEVALE 2009, p. 343 sgg.

montibus senza tuttavia fornire maggiori puntualizzazioni topografiche. Le difese del castrum

sembrano probabilmente risolversi in una struttura fortificata consistente in un mero recinto che a differenza delle cinte di pianura, ancora in larga parte consistenti in palancati combinati con terrapieni e fossati, poteva essere composta da agglomerati di lapidei estratti dalla pendice collinare su cui si fondava. Nella Descriptio non si cita, come ad esempio nel caso della vicina Tossignano che rivestiva anche il ruolo di sede vicariale, la presenza di un fortilicium o di una roccha quasi a rimarcare per Monte Battaglia l'assenza di anche un seppur ridotto ma stabile contingente militare. La cifra demografica degli individui che dipendevano da questo nucleo ascendeva a 135 focularia; mentre il dominio e la custodia di Monte Battaglia, stando alla laconica citazione della Descriptio restano sotto il controllo di un signore locale: «Sander de Campalmonte»282.

Vent'anni più tardi della compilazione del Cardinale Anglic, stando alla seicentesca cronaca del Ghirardacci283, il castrum di Monte Battaglia era divenuto luogo di rifugio per i banditi e i nemici di

Bologna che ne sfruttavano le strutture fortificate quale base operativa da cui muovere devastazioni nei territori limitrofi minacciando la sicurezza degli abitanti del contado imolese. I tentativi messi in campo dalle autorità politiche per debellare i disordini proliferati attorno alla fortezza sfuggita al loro controllo dovettero impegnare cospicue risorse pubbliche tanto che con un'efficace iperbole una cronaca anonima arriva ad affermare «ché questo castello costa al comun de Bologna più denari che non pesava»284.

ista castra et ville, videlicet: confinia dicti comitatus sunt districtus Imole, comitatus Bononiensis, Florentinus, Faventinus, Ravennatensis et territorium Ubaldinorum. Imprimis in dicto comitatu in montibus: Castrum Duccie, in quo est quoddam fortalicium seu roccha, ad cuius custodiam moratur unus castellanus cum otto famulis pro Ecclesia [...] In quo sunt focularia...CLXX. Castrum Corvarie in quo sunt focularia...CXXVI. Castrum Sassadelli de la Silva, in quo sunt focularia...VIII (Tenet dominus de Corvaria). Castrum Montis Morisini, in quo sunt focularia...XX. Castrum Plancalduli, situm in confinibus dicti comitatus iuxta comitatum Florentinum, prope Alpes, iuxta territorium Ubaldinorum, ad cuius custodiam moratur unus castellanus cum VIII paghis [...] In quo sunt focularia...XVI. Castrum Tausignani, in quo est unum fortilicium seu roccha, ad cuius custodiam moratur unus castellanus cum duodecim famulis pro Sancta Romana Ecclesia[...] In quo castro sunt focularia...CCCL. Item in dicto castro Tausignani moratur unus vicarius […]. Castrum Montisbatagle, in quo sunt focularia...CXXXV (Tenet Sander de Campalmonte). Castrum Guggi, in quo sunt focularia /Villa Orsarie in qua sunt focularia...XXXVII (Tenet Lambertinus de Sassadello et Ugucionus eius

filius). Castrum Vallismaiorus, ad cuius custodia moratur unus castellanus communis Florentini, cum una banderia

peditum. In quo castro sunt focularia...XLV (Tenet commune Florentinum). Castrum Cantagalli, in quo sunt focularia...XXXII (Tenet Lippus et Orsattus de Cantagallo). Castrum Montimaioris, ad cuius custodiam moratur unus castellanus pro domino Iohanne Albarghitini de Manfredis de Faventia. In cuius villa sunt focularia...XLVII (Tenet

dominus Iohannes Alberghitini de Manfredis de Faventia). Castrum Baffadi, situm in confinibus territorii Ubaldinorum.

In quo sunt focularia...XLVI (Tenent Ricardus, Lambertus, Leoncinus et Baldus de Saxadello). Castrum Saxadelli, ad cuius custodiam moratur unus castellanus pro Sancta Romana Ecclesia cum VI paghis […]».

282 Sandro de Campalmonte è tra i feudatari dell'Imolese, costruisce la propria biografia attraverso alleanze e discordie tra Frirenze, Bologna e Ferrara. Aveva ottenuto nel 1367 dal Comune di Firenze il Castello di Pagano che in precedenza era stato degli Ubaldini (ISTORIE FIORENTINE 1647, libro XIII, p. 663) ma secondo il reseconto del cardinale Anglic

Castrum Paganum già nel 1371 era tornato nelle mani degli Ubaldini. Sandro de Campalmonte dovette pagare

caramente il riassetto politico con il quale l'Imolese di mise sotto la protezione di Bologna all'istaurarsi del “Governo del Popolo e delle Arti”: nel 1381 è al centro di una controversia che vede confrontarsi le diplomazie di Ferrara e Bologna. In relazione a questa controversia si apprende che il Campalmonte i suoi Sudditi e Seguaci erano stati colpiti da una serie di condanne e bandi sul territorio Bolognese ed Imolese e nel 1376 i loro beni nell'imolese erano stati confiscati da Bolongna. Nel ricomporre la controversia i beni confiscati dal comitatus di Imola vengono restituiti al Campalmonte e ai suoi seguaci non limitandone su questi la podestà sin tanto che i rapporti con il Marchese di Ferrara si conservassero buoni, la località di Cornazano apparentemente alla base della disputa dovrà restare al Comune di Bologna vietando in tale contesto intromissioni del Campalmonte (GHIRARDACCI 1649, pp. 390-391.

283GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 444. [1390] «Ordinò anco il Senato, per ogni via fosse ruinata la Fortezza di

Montebattaglia, perchè ad ogni qual tempo diueniua ricetto de' banditi, e de' nemici della Città, che perturbauano dipoi gli habitatori di quei contorni, e mandata per terra, per alcun tempo giamai qusui non si potesse fabricare edificio, ò Fortezza alcuna. Fù data la impositione di quella ruina a Vgolino Boccadiferro Pretore del Contato d'Imola, il quale alle spese del Commune fece scielta di cinquecento guastatori, che la spianarono infino a fondamenti.».

284CORPUS CHRONICORUM BONONINSIUM, Vol. III, Cronaca A, 21-26, p. 423: [1390] «In lo dicto millesimo, adì 30

d'agosto venne in Bologna la frascha de Monte Battaglia, che s'era reso al comun de Bologna. Fu bona novella, ché questo castello costa al comun de Bologna più denari che non pesava.»

Sempre secondo il Ghirardacci il governo bolognese si risolse (una volta riconquistato il castello) di spianare la fortezza sino alle fondazione a spese del Comune assegnando a un certo «Vgolino Boccadiferro Pretore del Contato d'Imola» il compito di reclutare per la demolizione cinquecento guastatori285. Le cronache tacciono sull'identità di banditi che occupavano Monte Battaglia, sulla

narrazione di un eventuale assedio condotto dalle truppe bolognesi. Resta il silenzio anche sulle modalità della demolizione e su chi ne supervisionò l'impresa e se realmente quei cinquecento

guastatori scelti dal «Boccadiferro» bastarono di spianare «infino a fondamenti» le mura del

castello subito dopo la resa.

È molto probabile che gli uomini che occupavano il castello non fossero disposti a cederlo con facilità e gia nel giugno 1390 qualche operazione d'assedio doveva essere nel vivo. Dai registri delle

Provvigioni apprendiamo che in quello stesso mese su ordine dei Dieci Ufficiali di Balia venivano

destinati al «Massarolo super laboreriis» del Comune di Bologna una cifra abbastanza contenuta (18 lire, 14 soldi e 7 denari) ma utile a coprire le spese da sostenere «in certis ferramentis» necessari per una bastia che l'esercito bolognese stava evidentemente approntando quale avamposto da contrapporre al castello di Monte Battaglia286; il 24 giugno fa seguito una seconda disposizione

ancora indirizzata al Massarolo per rifornire il campo di «certa feramenta, cordis a balistis et ceram» per un totale di 64 lire287.

Quanto si prolungò l'assedio operato dai bolognesi? Stando alla cronca A il castello si rese entro il 30 agosto 1390288 ma la reale durata delle operazioni belliche resta incerta, solo 13 ottobre il

depositario generale Francesco de Garisendi dispone il pagamento dell'ingegnere «Anthonio dicto Lopovero Pauli» che restò d'istanza «contra [...] Montebatagliam» per ben 117 giorni ricevendo un salario giornaliero pari a 12 soldi. Insolitamente il mandato non fornisce un termine temporale di inizio che ci avrebbe informato con sicurezza quando l'ingegnere prese effettivamente servizio, né la nota contabile indugia sulla qualità delle opere che egli svolse e tace se egli avesse o meno sovrainteso alle operazioni di atterramento avviate alla resa del castello289.

Viceversa appare più chiaro il mandato datato 3 ottobre 1390 eseguito dal Depositario Generale nei riguardi di «Magistro Iohanni Guillelmi de Senis Ingignerio nostri Communis» consegnandogli 104 lire, 5 soldi, e 4 denari per le spese sostenute per conto del Comune di Bologna «in destructione et explanatione Castri Montis Bataglie», come di consueto in accordo con i Difensori dell'Avere.290.

Terminata l'esperienza alla bastia di San Procolo Giovanni era tornato utile ai Bolognesei e risulta chiaro il ruolo da egli esercitato nella supervisione della demolizione di Monte Battaglia, esperienza che drammaticamente gli tornerà probabilmente utile quando più di un decennio dopo dovrà dirigere l'abbattimento del Castello di Porta Galliera fatto costruire su suo stesso progetto. Non possediamo maggiori informazioni sui tempi e sulle modalità dell'”epica” distruzione di Monte Battaglia, ma l'atterramento definitivo di certo non vide la sua conclusione nell'autunno del 1390 e anzi il governo Bologne di fronte all'inusitata impresa di smantellare in profondità le difese del castello, aveva sottoposto gli uomini del comitatus imolese a fornire ogni anno successivo un contributo coatto al prosieguo dei lavori di demolizioni.

L'azione enfatizzata nella cronaca del Ghirardacci di distruggere fino alle fondamenta della fortezza doveva rispecchiare un preciso contenuto simbolico che richiamava non troppo da lontano le demolizioni medievali urbane delle case degli sconfitti ma che in questo caso mirava ad affermare solennemente la supremazia della città sulle zone più riottose del contado facendosi garante della sicurezza e dell'applicazione della giustizia. Secondariamente è possibile che lo smantellamento portato in profondità mirasse al recupero di materiali da reimpiegare nell'addensarsi di cantieri che

285 GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 444, cfr. nota precedente.

286 APP II MB - 1390, giugno ?. 287 APP II MB - 1390, giugno 24.

288 CORPUS CHRONICORUM BONONINSIUM, Vol. III, Cronaca A, 21-26, p. 423: cfr. nota precedente.

289 APP II MB - 1390, ottobre 13. 290 APP. I - DOC 10 (1390, ottobre 3).

animavano la frontiera imolese.

La campagna di smantellamento approntata sotto la supervisione bolognese di Giovanni da Siena non fu quindi del tutto completa me avrebbe dovuto proseguire gli anni seguenti, questa volta evitando di attingere nuovamente alle casse del Comune di Bologna. Venne così disposto che i comitatini imolesi prestassero obbligatoriamente mille opere all'anno per proseguire ad oltranza nella demolizione del castello: in realtà nel quadro del riordino territoriale queste forze lavoro ben presto si dimostrarono più utili ad altri fini: già nel 1392 gli imolesi furono dirottati a sostenere opere di maggiore urgenza: a completare la Rocca approntata dallo stesso Giovani e a costruire i mulini a Castel Bolognese291.

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