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La Clusa frascharum di Bertrando del Poggetto.

P ARTE III: 1400-1424: L ' ATTIVITÀ DI G IOVANNI DA S IENA DOPO LA PERDITA DELL ' AUTONOMIA CITTADINA : IL DOMINIO DELLA C HIESA

3.4. G LI INTERVENTI IDRAULICI ALLA C HIUSA DI C ASALECCHIO E AL C ANALE DI R ENO

3.4.3. La Clusa frascharum di Bertrando del Poggetto.

Nel frattempo le divisioni interne al governo cittadino combinate con l'acuirsi di un generale stato di belligeranza nell'Italia centro-settentrionale convinsero la classe dirigente bolognese a ricercare la protezione del legato pontificio delle terre italiane Bertrand du Poujet (Bertrando del Poggetto) che

567 GHIRARDACCI 1973, vol. II, pp.62-63. [1325]: «Questa sudetta rotta datta a Zappolino fù la maggiore ruina, che

giamai hausse hauuto il Popolo di Bologna, e fù si spauenteuole, che i Cittadini restarono di maniera sbigottiti, e confusi, che se Passarino seguitaua la vittoria, senza alcun dubbio haueua nelle mani la Città. Ma perche si fermò alla preda, & alla prigionia de gli huomini, & anco al dare molestia alle Castella di S. Giovanni, di Castel Franco, & altri, & al ruinare la Chiusa, & il Ponte di Rheno».

568 Le cause della rovina della chiusa lapidea di Casalecchio risultano un tema discusso a più riprese dalla storiografia, ma fino ad ora non è stato possibile individuare con certezza l'anno in cui la clusa de lapidibus rovinò definitivamente né le ragioni che ne determinarono la distruzione (MANARESI 2005, p. 86) di cui restano come testimonianza i possenti

ruderi che ancora si possono vedere lungo il fiume. Sulla causa della rovina della chiusa di pietra sono state formulate tra XVIII e XIX secolo due ipotesi: quella che fa riferimento ad un'azione di danneggiamento portata a termine da truppe nemiche e quella che associa il crollo a difetti strutturali. Quest'ultima versione, come, riporta il Masetti è stata espressa dal Lecchi, dal Frisi, ed da Eustachio Zanotti (MASETTI 1824, p. 494). Il Lecchi sostiene che gli artefici della

chiusa di pietra decisero di realizzare lo sbarramento in un punto in cui potevano appoggiare la struttura ai due fianchi di macigno che sporgevano lungo il fiume, sbagliando nel collocarla in un'area prossima alla valle di una cascata. La giacitura relativamente bassa e la posizione di derivazione del canale comportarono la necessità di costruire uno sbarramento eccessivamente alto che sottoposto alla pressione idrostatica di una piena finì col rompersi e rovesciarsi (LECCHI 1824). Il Frisi (FRISI 1777, p. 404) e lo Zanotti(NUOVA RACCOLTA 1821 tomo VII, p. 782) riportano alla

medesima versione: il primo aggiunge inoltre che la consistenza della struttura non era sufficiente ed il secondo che la rovina fosse imputata ad un non ben precisato difetto strutturale. Diversamente, ma senza richiamare evidenze documentarie, il Masetti giunse alla conclusione che la chiusa fosse stata distrutta dai nemici di Bologna, poiché il sito su cui si trovava non era sensibilmente più basso rispetto all'odierno e in secondo luogo resta difficile poter prendere in considerazioni difetti di costruzione in quanto: «le vestigia che di essa rimangono, provano in vece, e la mestria de' nostri antichi Architetti nella formazione de' cementi, e la robustezza di quel edifizio, il quale fabbricato in un anno, cinque secoli di continuo urto prodotto da un fiume impetuoso contro pezzi staccati e disuniti, non hanno bastato a distruggerlo totalmente.» (MASETTI 1824, p. 495). Sulla distruzione del manufatto e sulla sua ricostruzione più a monte

un'ipotesi è stata avanzata da Guidicini che riprende a sua volta il Vizzani: «...nel 1327 fu rinnovata dal Cardinal Beltrando Legato di Papa Giovanni in Italia per esser stata rovinata dai nemici e probabilmente dalle genti di Passerino Buonacorsi signor di Mantova. E qui si potrebbe congetturare che la Chiesa [=Chiusa] del 1327 rinnovata da Bertrando si fosse portata superiormente a quella del 1290 per un tratto di circa 70 pertiche, come si può desumerersi da alcuni resti di robusta fabbrica tuttora esistenti.» (Guidicini 1870, Vol III, p. 258). La congettura di Guidicini è rimasta isolata nella storiografia successiva sia per quanto concerne la causa della distruzione del manufatto sia per quanto riguarda il ruolo di costruttore esercitato da Bertrando del Poggeto.

il 5 febbraio 1327 assunse le funzioni di signore della città. I conflitti di quegli anni avevano assorbirono una parte consistente delle risorse comunali e il legato si trovò così a dover operare con i denari che le spese militari non avevano dissipato, occorreva far fronte a numerosi problemi rimasti aperti tra questi quello della risistemazione della rete idrica e della chiusa del Reno570.

Durante l'autunno del 1327 su impulso di Bertrando, le autorità comunali assunsero in proposito diversi provvedimenti: il 5 ottobre vennero riuniti un gruppo di notabili cittadini «scientes de necessitate Cluxam frascharum fluminis Reni», rimarcando l'urgenza di riparare, fortificare e sgomberare dall'interrimento il canale di Reno «a domo posita in capite dicti chanalis et usque ad pontexellum qui est iuxta Canonicham», per l'occasione i frati «Blaxius Zexami» e «Frater Iohannes de Panicho» furono designati quali ufficiali deputati a ricercare e ad acquistare secondo il prezzo più conveniente «lignaminem et fraschas» per riparare e rinforzare la clusa frascharum oltre al canale di Reno e i suoi «discursoriorum». Il giorno successivo vennero nominati quali soprastanti dei lavori «Dominus Petrus Chastaldinis», «Dominus Iohannes de Bertolli de Rociptis» e «Magister Pellegrinus de Cluxis Ingignerius», ad essi spettarono i compiti di gestione della mano d'opera e le responsabilità economiche «in lignamine, feramentis, magistris et operariis, omne et totum ad que crediderint convenire et expedire pro reparatione, fortificatione et disgonbaratione dicte cluxe, chanalis et discensorum»; a coadiuvarli un notaio preposto alle registrazioni contabili. Lo stesso provvedimento fissò quale compenso di ogni giorno di servizio prestato 12 soldi per i soprastanti e l'ingegnere e 6 soldi per il notaio571. Con disposizione del legato del 10 ottobre venne ordinato al

depositario di destinare ai soprastanti «ellectis et deputatis [...] super laborerio Cluxe frascharum Reni et Canalis Reni» le prime 1000 lire che consentiranno di avviare a stretto giro i lavori programmati572, rimettendo successivamente in capo agli stessi soprastanti e all'ingegnere Pellegrino

della Chiusa, le responsabilità riguardanti il pagamento della mano d'opera nonché la copertura delle spese associate alla fornitura di legname e frasche a cui erano deputati i frati «Blaxius Zexami» e «Frater Iohannes de Panicho»573. Un secondo finanziamento di 500 lire fu erogato dal

depositario il 30 dello stesso mese per «Domino Petro Castaldi et Iohanne Bertolli de Rociptis vel alibi ipsorum suprastantium laborerio cluxe»574, sempre alla coppia di soprastanti vennero messi a

disposizione 600 lire con mandato del 6 dicembre575 a cui seguì il 5 gennaio 1328 una tranche finale

di altre 400 lire576.

Non è del tutto chiaro il termine temporale in cui la «refectione et reparatione Cluxe frascharum et Canalis Reni» furono portate a compimento; certo nell'estate del 1328 questi lovori dovevano essere ultimati in quanto il Bertrando dispose che il depositario trasferisse ben 2000 lire bolognesi ai «conductoribus Cluxe frascharum Reni Communis Bononie [...] pro parte solutionis [...]»577 il che

lascia pensare che almeno da questo momento le risorse destinate alla chiusa e al canale fossero fornite per l'ordinario mantenimento di una struttura che era stata pienamente rifunzionalizzata.

570 DONDARINI – DE ANGELIS 1997, p. 23.

571 APP II CC - 1327, ottobre 5-6-8.

572 APP II CC - 1327, ottobre 10. Il primo affidamento delle risorse esclude ad un primo livello il coinvolgimento e la responsabilità diretta dell'ingegnere Pellegrino della Chiusa, in realtà anche nella disposizione del 6 ottobre la sua nomina quale soprastante risulta ambigua e nell'indicazione delle retribuzioni (seppur pariterica) si differenziano infatti «superstites et ingignerisis [=ingignerii] a rimarcare così la differenza tra un ruolo di norma assegnato a membri del ceto nobiliare bolognese eletti appunto quali soprastati (nel nostro caso «Dominus Petrus Chastaldinis», «Dominus Iohannes de Bertolli de Rociptis») e la posizione prettamente tecnica occupata dall'ingegnere.

573 ASBo, Comune, Governo, Riformagioni e provvigioni cartacee, b. 222, reg. 30, c.13r: «provixio Petri Castaldi et sociorum et cluxe et eorum arbitri»; ibidem c. 13v: «provixio Petri Castaldi et sociorum et fratrum laborerio cluxe» (1327, ottobre 19).

574 APP II CC - 1327, ottobre 30. 575 APP II CC - 1327, dicembre 6. 576 APP II CC - 1328, gennaio 5. 577 APP II CC - 1328, agosto 27.

Come si può notare sin qui, dal programma di Bertrando del Poggetto fu esclusa la clusa de

lapidibus che con molta probabilità era stata irrimediabilmente danneggiata in precedenza; gli

interventi si concentrarono esclusivamente sulla riattivazione della clusa frascharum che, seppur con una certa cautela, non poteva che coincidere sotto il profilo topografico con la clusa lignaminis approntata per la prima volta nel 1254 e poi più volte oggetto di riparazione. Non sembrano esserci elementi per sostenere che il legato spostasse lo sbarramento ligneo più a monte dando forma ad una struttura ex novo: il cantiere del 1327-1328, come attestano le fonti primarie, venne circoscritto alla massiccia riparazione e al rafforzamento di strutture esistenti. Da questo momento il sistema di captazione non si basò più sul doppio sbarramento clusa de lapidibus-clusa lignaminis (o

frascharum), restò solo a quest'ultima l'esclusivo compito di condizionare il deflusso del fiume,

derivandone con regolarità le acque nel Canale di Reno per i fabbisogni della città. 3.4.4. Decostruzione di un mito: la chiusa di Egidio Albornoz.

Nel 1360 il legato pontificio Egidio Albornoz, dopo aver sottratto all'Oleggio la città di Bologna, l'aveva posta nuovamente sotto il dominio della Chiesa che ne avrebbe conservato il governo fino alla rivolta del 1376. Nel 1521, Giovanni Ginesio da Sepulveda578, allievo del Collegio di Spagna di

Bologna (costruito grazie al lascito testamentario dello stesso Albornoz), diede alle stampe l'opera encomiastica in latino Liber gestorum Aegidi Albornotii. Nonostante l'opera sia apparsa a molti come un'esaltata biografia del cardinale, la cui attendibilità è stata messa fortemente in discussione a più riprese da studi anche non troppo recenti579, l'aura mitica costruita dal Sepulveda intorno alla

figura del cardinale, quale promotore di grandiosi interventi idraulici, ha finito con influenzare diversi studiosi alimentando in primo luogo la confusione che caratterizzò l'origine e le trasformazioni del Canale e della Chiusa del Reno. L'autore del Liber gestorum si spinse infatti ad affermare inverosimilmente che fu l'Albornoz ha ordinare per primo lo scavo ex nihilo del Canale di Reno580 adombrando in tal modo per qualcuno l'ipotesi di un significativo intervento di

(ri)costruzione della Chiusa di Casalecchio nei primi anni '60 del Trecento581.

578 Giovanni Ginesio da Sepulveda, nato a Pozoblanco in Andalusia nel 1490 e all'età di 25 gli fu destinata una borsa di studio dal Collegio di Spagna di Bologna dove studiò sino al 1523. Nel 1521 diede alle stampe il Liber gestorum Aegidi

Albornotii. Conseguita la laurea in Teologia lavorò presso la curia romana e nel 1536 fu designato quale storiografo

ufficiale di Carlo V. Per il quale scrisse il De rebus gestis Caroli V che fu pubblicata postuma solo nel 1780. Il Sepulveda morì nella sua città natale il 17 novembre 1573. Cfr. MANARESI 2005, p. 93 ivi nota 14.

579 COLLIVA 1977, p.61: «Oltre a grossolani errori cronologici e topografici, è proprio l'interpretazione di alcuni grandi

fenomeni che risulta falsificata o formulata in termini semplicistici ed inaccettabili, così da rendere quegli stessi fenomeni, prima che inconcepibili, addirittura grotteschi»,

580 SEPULVEDA 1521, Liber tertius, p. XXXI: «Ad hunc modu reddita sibi Bononia [...] Aegidii beneficio pristina

dignitate, magno tamen bono bono carebat, non solum ad pulchritudinem et ornamentum, sed etiam ad quottidianos usus necessario, nullo siquidem fluvio interlabente Bononiam, sed ae praeter fluente quide propius passuum tribus millibus, assiduo dispendio longius ab urbe oppidanos excedere ad coficiendum frumentum necesse erat. Res no modo gravis, sed bellum gerentibus minime tuta. Quo animaduerso Aegidius, ut Bononienses suo beneficio a tanto incomodo liberaret, utque urbs honestior simul, et munitior redderet, partem reni, qui Bononiam a tertio lapide praeter labitur. qui fluvius in plurimos magnosque usus civitatis cessit. Namolae aquariae frequentes intra moenia aedificatae, pistrinorum necessitatem, et longius excedendi molitionis causa incommodum substulerunt».

581 MASETTI 1824, p. 496: «Dopo tutto quanto abbiamo fin qui raccontato, ognuno ben ravvisa quanto sia esagerato il

racconto di questo storico [=Sepulveda] . Sono persuaso che fra le innumerevoli beneficenze di che fu prodigo l'incomparabile Albornozio, verso la sua prediletta Bologna, vi sia pur quella d'avere risarcito, e avvantaggiato il suo Canale, e fors'anche d'aver ricostruita la chiusa di Casalecchio; ma non si può ammettere certamente, che fosse egli il primo ad aprire cotesto canale, mentre siam certi che esisteva anche prima nel 1208» e a p. 495: «Lascerò ad altri il pensiero di precisare con maggior sicurezza, se pur sia possibile, l'epoca di che si parla; in quanto a me, dagli indizj surriferiti, sembrami assai probabile che la costruzione della chiusa attuale rimonti all'epoca del Cardinale Albornozio: mi tiene in questo pensamento il considerare l'animo grande di quell'illustre porporato, le magnanime sue gesta, la gelosia de' nemici co' quali ebbe a combattere, e più di tutto gli indubitati vantaggi da lui procurati al nostro canale».

Negli anni della dominazione visconetea, cioè prima del ritorno di Bologna nelle mani della Chiesa, le infrastrutture idrauliche erano state soggette alle devastazioni di un lungo periodo di belligeranza durante il quale le truppe dei Visconti avevano saccheggiato a più riprese il territorio costringendo i bolognesi, stretti dall'assedio, a supplire alla mancanza dell'energia idraulica con la costruzione di macine e pistrini. Così, nel riprendere le redini della città. l'Albornoz vide prioritaria la necessità di rimettere in efficienza il sistema delle acque e tra i primi provvedimenti assunti dispose il recupero della bastia che era stata costruita presso la Canonica di Casalecchio, divenuta ricetto di ribelli, che impedivano di ripristinare il normale funzionamento del Canale di Reno582. Ma

ad essere teatro delle azioni ostili del nemico non era solo il Canale di Reno; i problemi dell'insicurezza si estendevano ai corsi d'acqua della pianura: le stesse truppe degli Ungari chiamate a rinforzo dei pontifici contro i Visconti, depredavano i mercanti che rifornivano di merci la città spingendo poi i loro saccheggi al resto del comitatus bolognese, mentre i traffici con Ferrara erano compromessi poiché il corso del Navile era in più parti devastato, interrato o occupato dalla vegetazione583.

Proprio con lo scopo di riparare il Canale di Reno e il Navile per rilanciare l'attività molitoria e i traffici mercantili con Ferrara, vengono assunti una serie di provvedimenti per dare avvio ai lavori necessari al loro ripristino584: il 9 novembre del 1360 vengono individuati cinque responsabili «ad

eundum extra portam per ripam Canalis Reni reparandi»585; il 13 novembre, scelti quali soprastanti

«Vachinum de Merzanachis» e «Raimondum de Manzolino» vengono eletti dagli Anziani altri quattro incaricati «pro solicitando laboratores qui laborant ad Canalem Reni»586. L'erogazione delle

risorse finanziarie parte dopo due giorni, quando cioè il depositario comunale riceve mandato per destinare le prime 300 lire a «Berto de Primadiciis officiali deputato super reparatione, sgonboratione et fracturis Canalis Navigatorii ad portum Machagnani», lo stesso giorno i soprastanti «Raimondus de Manzolino» e «Iohannis de Mezinilanis» ricevono 200 lire «super reparatione Canalis Reni incipiendo iuxta Bastitam Caxalicli de Reno»587 il che lascia

apparentemente pensare che le strutture di captazione della Chiusa di Casalecchio (a monte della bastia) non fossero state soggette a danni da parte di truppe nemiche o dei ribelli, mentre gli interventi di maggiore urgenza si collocavano infatti a valle della Canonica.

A conferma di questa supposizione è anche una supplica redatta nell'aprile dell'anno seguente da un gruppo di conduttori di filatoi disposti sul Canale di Reno che chiedono di essere esonerati dal pagamento della tassa prevista per ciascun filatoio per il 1360, infatti per un periodo di circa un anno essi sostengono di non aver potuto disporre dell'acqua necessaria per le loro attività in quanto il Canale di Reno, in occasione degli eventi bellic già menzionati, era stato distrutto dalle parti della bastia di Casalecchio588.

Se nell'autunno del 1360 gli ufficiali dell'Albornoz si concentrarono sulla riparazione del Canale di Reno per la riattivazione delle attività industriali mentre l'obbiettivo prioritario dell'anno seguente divenne la sicurezza ed il rafforzamento delle vie d'acqua di cui si intendeva preservare l'efficienza. Durante il mese di febbraio del 1361 vennero assunti in tal senso una catena di disposizioni: furono nominati 16 sapientes, quattro per ciascuno dei quartieri della città, con il ruolo di consulenti riguardo alle riparazioni della «Turis de Alberghatis», del fiume Reno e del Canale Navile. Unitamente agli Anziani i 16 sapientes elessero otto «bonos viros» esperti in materia, con il compito di perlustrare le rive del fiume accompagnati da uno o due «forensibus» dal ponte del Reno sino alla terra di Cento così da individuare «omnem viam et modum fortificandi dictum flumen ut inimici

582 DONDARINI – DE ANGELIS 1997, pp. 29-30; ZANOTTI 2000, pp. 318-319.

583 APP II CC - 1360, novembre 6. 584 APP II CC - 1360, novembre 6. 585 APP II CC - 1360, novembre 9. 586 APP II CC - 1360, novembre 13. 587 APP II CC - 1360, novembre 15. 588APP II CC - 1361, aprile 30.

non possint transire citra dictum flumen». I sopralluoghi si estesero al Navile con l'obiettivo di individuare il luogo su cui installare una bastia così da rendere sicura la navigazione per le merci dirette alla città. I sapientes e i boni viri elessero successivamente quattro mercanti deputati «ad ordinandum, inveniendum et describendum omnem quantitatem peccuniam necessariam» per la costruzione del fortilizio che dovrà sorgere presso il ponte di Coloreto589 a protezione dei traffici

mercantili minacciati dai ribelli che ancora trovano ricetto nei castelli del bolognese. Quali soprastanti alla costruzione della bastia di ponte Coloreto vengono nominati «Buglante de Primadiciis, Nicolaus de Laigonis, Vachinus de Merzanachis» e «Bertolinus Vichini de Bechadelis con il compito presenziare ai lavori, mentre «Bertus de Primadiciis» viene incaricato dalla città di fornire al cantiere «victualia, ferramentum et alia» e il mercante «Nicolaus Albicini Actichontis» è designato quale responsabile economico della liquidazione dei lavoratori e delle maestranze specializzate («magisterii legnameii, feramentum»)590.

Dalla disamina di questi documenti si può affermare senza dubbio che l'Albornoz abbia effettivamente adottato provvedimenti fondamentali per riportare in efficienza e salvaguardare il sistema di canali bolognesi ma che per quanto riguarda gli interventi di riparazione del Canale di Reno essi si addensarono a valle della Canonica laddove si erano verificati i danneggiamenti causati dagli eventi bellici. In mancanza di prove documentarie i danni della guerra sembrano non avere intaccato l'integrità della clusa lignaminis e della prima parte del condotto, del resto se ciò fosse accadudo l'urgenza di riparazione o ricostruzione sarebbe dovuta essere in cima al programma di intrapreso dal cardinale nei primi due anni del suo governo.

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