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Le fortificazioni di Finale dalle origini ai primi anni del Quattrocento.

P ARTE IV: 1425-1439 G IOVANNI DA S IENA ALLA CORTE DI N ICOLÒ III D 'E STE

4.2. L A R OCCA G RANDE DI F INALE E MILIA

4.2.2. Le fortificazioni di Finale dalle origini ai primi anni del Quattrocento.

Il primitivo castrum finalese, eretto dalla comunità di Modena all'aprirsi del XIII secolo, rispondeva probabilmente a dinamiche demografiche, economiche e militari legate ad un processo di riorganizzazione territoriale promosso dal comune modenese per estendere il controllo della città sul contado e ricercare un nuovo equilibrio strategico all'interno dello scacchiere guelfo-ghibellino dell'area padana.

La nuova fondazione si inserì all'interno di un contesto ancora dominato da valli, boschi e da diversi corsi d'acqua. Per sostenere il popolamento del borgo si costruirono strutture difensive ancora piuttosto rudimentali ma adeguate a fornire una prima protezione agli abitanti e a ad offrire un rifugio sicuro alle genti del territorio circostante.

L'indagine documentaria e quella archeologica hanno restituito in proposito un quadro non dissimile da quello rilevato per altri castra di popolamento disseminati nella stessa regione726. Dai primi anni

del Trecento l'abitato era circoscritto da un perimetro probabilmente di forma quadrangolare, circondato da un'ampia fossa rafforzata con un terrapieno e una palizzata, mentre la presenza di strutture murarie sembra riguardare parti limitate del circuito difensivo. Lungo la cortina ovest l'accesso era protetto da un barbacane e dalla cosiddetta Torre dei Modenesi, in corrispondenza della quale si trovava la porta superiore del castrum che venne ricostruita in muratura e fornita di un ponte ligneo per l'attraversamento del fossato727. A sorvegliare l'accesso sul versante orientale si

trovava un recinto in muratura posto a cavallo del circuito perimetrale, addossato ad un mastio (probabilmente già risalente al XIII secolo) e dotato di una seconda torre con dimensioni più modeste che svolgeva plausibilmente le funzioni di rivellino728. I due nuclei fortificati, l'uno sorto

presso la Torre dei Modenesi e l'altro eretto attorno al mastio duecentesco, costituirono rispettivamente gli impianti originari della “Rocca piccola” e della “Rocca grande”729. La

compresenza di due rocche situate in lati opposti di un circuito difensivo come dispositivi di protezione per varchi del castrum, rappresenta un aspetto che accomuna Finale con altre realtà insediative poco lontane come Nonantola730, Castel Franco Emilia 731 o a Bondeno dove le strutture

della rocca si contrappongono alla cosiddetta Torre Marchesana732.

Nel caso di Finale le rocche erano state realizzate in aderenza al Naviglio di Modena che scorreva al centro dell'abitato lungo una direttrice Est-Ovest, In virtù di questa posizione le due strutture difensive controllavano contemporaneamente non solo il passaggio per le porte carraie ma anche il transito delle imbarcazioni per i varchi attraverso i quali il canale navigabile entrava all'interno del perimetro murato.

Il potenziamento delle fortificazioni finalesi, presidio strategico della principale via di comunicazione tra Modena e Ferrara, divenne un obbiettivo prioritario nella politica di difesa territoriale intrapresa da Nicolò III d'Este per fronteggiare un esteso quadro di conflitti

726 LIBRENTI 2006, p.183; FIORENTINI 1985; FRISON 1985.

727 CALZOLARI 2009a, pp. 30-31, le note 17, 18, 19, 20, 22, 23 e 24, p. 49.

728 GELICHI 1987.

729 Nel contesto basso padano del tardo medioevo le strutture fortificate di diversi castra registrano mutamenti significativi: in corrispondenza dei varchi di accesso vengono costruiti ulteriori manufatti di controllo costituiti da strutture di difesa rivolte sia all'esterno che verso l'interno dell'insediamento. L'articolazione di questi presidi, identificati con il termine rocche, si incentra su recinti, fosse, e rivellini che separano materialmente i luoghi della presenza militare da quelli della vita civile. LIBRENTI 2006, p.186. Per il caso di Finale sembra che il primo documento

in cui compaia il termine «rocca» risalga al 1346. Nelle fonti scritte precedenti a identificare il recinto addossato al mastio duecentesco si utilizzava il sostantivo «zirone». Cfr. CALZOLARI 2009a, p. 31

730 GELICHI – LIBRENTI 2005b, pp. 29-66.

731 LIBRENTI – ZANARINI 1998, p. 83 ivi note 35 e 39.

interregionali che andava via via deteriorandosi all'inizio del XV secolo733. Gli interventi promossi

da Nicolò vennero puntualmente registrati nella Chronica nova734 redatta da Giacomo Delayto735.

che in quel periodo ricopriva la carica di Cancelliere marchionale. Dalle sue parole apprendiamo che il 17 ottobre 1402 si diede avvio alla costruzione delle mura di Finale affidando la realizzazione materiale dell'opera ad Antonio Priore muratore mentre a Bartolino da Novara assunse in qualità di ingegnere del marchese la direzione dei lavori:

«MCCCCII. die XVII. mensis Octobris. Inceptum fuit murari Terram Finalis, inchoato primo fundamento eorum ad caput inferius Rocham in loco dicto Baladuro, per Magistrum Antonum Prioris maratorum, cui locatum erat opus illud; & primus lapis positus fuit per manus Magistri Bertholini de Novaria Ingeniarii Domini Marchionis, cuius ordinatione laborerium struebatur»736

A partire da quel momento si iniziò ad erigere una cortina in mattoni che gradualmente sostituì un sistema fortificatorio probabilmente ancora basato in larga misura su palizzate e fosse perimetrali. A dispetto dell'urgenza che apparentemente poteva avere suscitato il precipitare repentino degli equilibri internazionali i lavori iniziati nel 1402 non si conclusero in breve tempo, anzi si protrassero ancora a lungo, almeno fino al secondo decennio del Quattrocento737.

Delayto non riporta in dettaglio gli ambiti di intervento né tanto meno la sequenza delle fasi costruttive, sappiamo però che i lavori cominciarono in corrispondenza del lato “inferiore” (coincidente con il versante orientale) in un luogo detto «Baladuro» presso la Rocca Grande; quest'ultima, stando alla Chronica nova, non risulta essere esplicito oggetto di trasformazioni o adeguamenti ma viene citata dall'autore unicamente come riferimento topografico a indicare la zona in cui si iniziò ad erigere la muraglia.

Il laconico passaggio di Delayo non fa infatti menzione di un coinvolgimenti di Bartolino da Novara in eventuali trasformazioni di quegli impianti trecenteschi da cui sorsero la Rocca Grande738

733 Numerosi furono i fattori di instabilità locale e interregionale durante i primi anni di governo di Nicolò III: oltre alle ribellioni dei feudatari modenesi e reggiani si aggiunse un ulteriore elemento di incertezza rappresentato dalla morte di Gian Galeazzo Visconti, scomparso nel 1402. L'evento ebbe ripercussioni sugli equilibri dell'intera Italia settentrionale e lo stato visconteo andò in contro ad un processo di disgregazione. Ottobono Terzi, capitano di ventura precedentemente al servizio del Visconti, si impadronì di Piacenza, Parma e Reggio Emilia compromettendo il dominio estense sul fronte occidentale. A nord di Ferrara Francesco II da Carrara mostrava la sua irrequietezza verso Milano e Venezia. Sul versante meridionale Bologna attraversava una profonda crisi che dopo la breve signoria dei Bentivoglio la riportò nelle mani della Chiesa. Circondato su tutti i fronti il marchese di Ferrara, in modo diretto (Finale Emilia) o appoggiandosi al sostegno feudale (ad esempio Vignola) rafforzò i dispositivi difensivi nei punti nevralgici del territorio.

734 DELAYTO 1731, p. 974. L'originale della Chronica nova, nota anche come Annales Estenses, viene conservata presso

la Biblioteca Estense di Modena in due manoscritti: un codice membranaceo in folio del secolo XV (BEMo, Manoscritti, α.H.4.1) e un codice cartaceo in folio, in parte attribuibile al secolo XV e in parte al secolo XVI (BEMo, Manoscritti, α. J.5. 22).

735Per il profilo di Giacomo Delayto si veda: COMASCHI 1998; REPERTORIODELLACRONACHISTICAEMILIANO-ROMAGNOLA

(SECC. XI-XV) 1991, pp. 187-188; ANTONIOLI 2000, p.51.

736 DELAYTO 1731, p. 974.

737 CALZOLARI 2009a, p. 33.

738 Il passaggio della cronaca di Delayto riguardante la costruzione delle mura di Finale ad opera di Bartolino fu oggetto di un'interpretazione impropria che diede luogo a una consolidata tradizione storiografica che assegnava al novarese l'esplicito merito dell'edificazione della Rocca Grande. Come è stato recentemente osservato (CALZOLARI

2009a, p. 50 nota 44) la cronaca redatta circa un secolo e mezzo dopo da fra Paolo da Legnago, muovendo probabilmente da quanto scritto dallo stesso Delayto, per tramite di altri autori, erroneamente attribuì al novarese anche la realizzazione della Rocca (Grande) (FRA PAOLODA LEGNAGO, M, ms. meta sec. XVI, in ASMo, Biblioteca, n. 69, c.

98v = p. 274 num. Moderna: «In quest’anno [1402] fu principiato a murare el Castello cioe la Rocha dal Finale de Modena per maestro Bertolino da Novara inzegnro»).

Nella prima edizione delle Memorie edite dal Frassoni l'impegno di Bartolino viene circoscritto unicamente alla (ri)costruzione delle mura (FRASSONI 1752, p. 57: «Questo principe [Nicolò III d'Este], quantunque distornato dalle

guerre che non poco l'inquietavano attese con tutta sollecitudine ad ergere nuovamente le mura del Finale dirupate da' tempi, e dalle vicende; al quale lavoro diedesi cominciamento il giorno de i 17 di ottobre millequattrocento due per

o la Rocca Piccoli739. Si potrebbe ipotizzare che nell'ottica di una riorganizzazione apparentemente

così incisiva del sistema difensivo non si possa del tutto escludere un intervento di aggiornamento delle strutture che ruotavano attorno al mastio duecentesco e alla Torre dei Modenesi che del resto questi erano i principali capisaldi della difesa cittadina. Tuttavia, anche ipotizzando che un simile intervento avesse avuto luogo sarebbe difficile spiegare in proposito il silenzio di Delayto, certo consapevole della portata ideologica di simili imprese edilizie e particolarmente attento nel descrivere gli interventi costruttivi intrapresi sotto il regno di Nicolò III.

Maggiori dettagli sono emersi dalla ricognizione archivistica: dallo spoglio documentario apprendiamo che per la costruzione delle mura il marchese promosse la costituzione di una società

ad hoc a cui presero parte maestro Antonio muratore, figlio del fu maestro Alberto di Ferrara,

maestro Antonio da Ariano e maestro Ugolino fu Maffeo di Ferrara; il contratto stabilì un compenso di 15 soldi per ogni migliaio di mattoni messi in opera regolando al contempo gli obblighi reciproci dei soci che si fecero carico del vitto e dell'alloggio degli operai provenienti in larga parte da Ferrara740. La produzione delle ingenti quantità di mattoni fu garantita da fornaci poste in loco,

gestite da una società composta da Bartolino da Novara, da Giuliano Gualenghi (notaio camerale con diverse proprietà nel territorio finalese)741 e da Antonio da Bondeno fornaciaio742. Dopo la morte

di Bartolino743 furono i suoi tre figli ed eredi Giorgio, Giovanni Benedetto e Francesco che,

opera di quel Bartolino Novara ... ». Nella successiva edizione (FRASSONI 1778, p. 35) la notizia viene così riportata: «e

di poi in ottobre del 1402 giunse il riferito celebre ingegnero Bortolino Novara a formare diverse fortificazioni, ed a riattare le mura, che malamente scrivonsi dall'Equicola e dal Sardi allora solamente innalzate».

La letteratura ottocentesca sostenne più o meno apertamente il coinvolgimento dell'ingegnere lombardo nel rinnovamento della Rocca Grande, si veda in proposito il Campori che in questo caso diede alle parole di Delayto una lettura quantomai forzata (CAMPORI 1982, p. 17: «Narra infatti il contemporaneo autore degli Annali Estensi [Delayto],

come al 17 ottobre 1402 egli [Bartolino da Novara] ponesse la prima pietra delle nuove fortificazioni e della rocca nella terra di Finale sul Panaro, le quali si eressero sotto la direzione di lui.»). Anche Corrado Ricci non si discostò di molto dalla questa posizione, scrive in fatti che: «Le mura e la Ròcca del Comune di Finale furono nel loro complesso costruite nel 1402 da Bartolino da Novara. Qualche parte della ròcca preesistente, Bartolino potè forse conservare. […] ...resta sempre il fatto che le mura e la rocca furono in sostanza ricostruite intorno al 1402 » (RICCI 1904, pp. 52-

53).

739 E' stato recentemente ipotizzato senza richiamare evidenze documentarie che: «L'intervento di Bartolino da Novara non riguardò solo la riedificazione della cortina muraria e sicuramente la sua opera opera progettuale comprese anche la riedificazione della Torre marchesana. Alla fine dei lavori l'edificio prenderà il nome di Rocca piccola del Finale … » (RIGHINI 2009. p. 70). Della medesima opinione Calzolari: «A lui [Bartolino] si può tutt'al più attribuire la

ristrutturazione della Torre dei Modenesi e della Rocca piccola […] l'analisi del manufatto superstite evidenzia infatti come l'apparato a sporgere e le merlature della rocca differiscano da quelle della Rocca grande, mentre presentano stringenti analogie con il Castello estense di Ferrara, opera sicura di Bartolino». (CALZOLARI, p. 34). In realtà resta arduo

un confronto con l'apparato a sporgere del castello di Ferrara in quanto questo fu “smerlato”per lasciare il posto alle balaustre marmoree costruite nel Cinquecento. Molto probabilmente i beccatelli del castello di Ferrara subirono operazioni di rimaneggiamento. La soluzione trilobata, ancora ben conservata alla sommità della Torre Marchesana (posta a sud-est del Castel Vecchio), variata nei beccatelli della Rocca Grande, non si riscontra invece nella Torre dei

Modenesi.

740 ASFe, ANAFe, matr. 17, pacco 1, notaio Agostino Caffarelli, atto del 27 agosto 1402, trascritto in FRANCESCHINI

1993, pp. 67-68, doc. 145, 27 agosto 1402 (ivi, anche doc. 146 dello stesso giorno, con l'impegno di altre maestranze). La trascrizione del documento si trova anche in CALZOLARi 2009b, doc. 33.

741Sui possedimenti di Gualenghi vedi DEAN 1990, p.161.

742ASFe, ANAFe, matr 40, pacco 1, notaio Giacomo Griffi, trascritto da FRANCESCHINI 1993, pp 105-106, doc. 259 del

21 aprile 1413. Sulla fornace M. Calzolari rinvia inoltre ad un decreto di esenzione del 1393 che si trova in ASMo,

Cancelleria ducale. Leggi e decreti. Reg A-2, 1392-1396, Alberto e Nicolò III d'Este. c. 24 r = p. 49, "Decretem in

favorem fornacis terre Finalis", Ferrara, 1 gennaio 1393 (CALZOLARI 2009a, p. 33. e pp. 50-51 nota 47).

743S. L'Occaso individua la data di morte di Bartolino in un intervallo tra il 30 ottobre 1408 (quando risulta ancora vivo) e il 21 settembre 1409 (quando risulta deceduto). Cfr. L'OCCASO 2005, p. 64. Precedentemente il Campori aveva

citato in uno scritto del 1855 un'indicazione fornitagli dal Cittadella il quale gli avrebbe segnalato l'esistenza di un rogito di Nicolò da Consandolo del 13 ottobre del 1405. In questo atto lo stipulante era menzionato quale figlio del q.

Bertolino ingegnero estense, di conseguenza il novarese doveva essere a quella data già defunto (CAMPORI 1855, p. 392,

subentrati al padre; nel 1413 questi si impegnarono con gli altri due soci a restituire a Nicolò III 1500 lire in eccedenza rispetto ai lavori realmente portati a termine744.

Nel 1424 il marchese divenne proprietario di un terzo di una fornace e i fratelli da Novara espressero il loro desiderio di vendergli anche la quota in loro possesso, ma la compravendita incontrò le perplessità dei Fattori Generali che giudicarono i terreni a disposizione della fornace non sufficienti alla produzione dei mattoni necessari per il «lavorero» previsto, e suggerirono in alternativa che Nicolò prendesse in locazione la struttura per due o tre anni (in ragione dei presunti tempi di costruzione) oppure che i mattoni venissero acquistati a Ferrara (in virtù di un prezzo di mercato più contenuto)745.

L'assetto planimetrico delle mura di Bartolino può essere desunto da un disegno eseguito nel 1553 da Terzo Terzi746 per illustrare un progetto (mai attuato) di un ampio e aggiornato perimetro di

fortificazioni alla moderna che avrebbe dovuto sostituire l'antico recinto quattrocentesco oramai destinato alla demolizione747. L'elaborato grafico mette contemporaneamente a confronto l'articolato

sviluppo della cintura difensiva concepita da Terzi con il rilievo delle mure bartolinaiane, queste ultime sono individuate da un tracciato di forma rettangolare intervallato dal profilo esterno della

Rocca Piccola e della Rocca Grande (nella mezzeria dei lati corti) e di alcune torri: due di pianta

quadrangolare agli angoli nord-ovest e nord-est, quattro con una base a forma circolare due delle quali poste agli angoli sud-ovest e sud-est e le altre due al centro dei lati lunghi. Ciascuna delle due

rocche sembra inoltre fronteggiata da una torre collocata sulla riva opposta del Naviglio di

Modena748.

Un idea della struttura in elevazione può essere ricava dal cosiddetto Libretto d'asazi749, redatto nel

1554 per registrare il computo dei lavori di demolizione, nonché dall'osservazione diretta di un relitto di struttura oggi inglobato da un edificio posto sul lato nord del Naviglio750. Apprendiamo

così che le cortine murarie erano merlate e rafforzate sul versante interno da contrafforti sormontati da archi ogivali a sostegno del camminamento di ronda mentre il versante esterno era ulteriormente irrobustito dalla presenza di diversi torresini.

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