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P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.5. P ER D EFENSORES A VERIS

2.5.1. Giovanni da Siena al servizio del Difensori dell'Avere e dei Diritti della Camera

Nata quale ufficio di natura straordinaria nel 1310, la magistratura dei Difensori dell'Avere a partire dalla metà del Trecento aveva visto ampliarsi la propria sfera di competenze tanto da diventare l'organo apicale deputato alla gestione dell'economia della città, esercitando le proprie competenze sulla gestione dei beni del Comune nonché sull'amministrazione delle entrate derivanti dall'imposizione degli estimi e dei dazi, oltre ad intervenire in materia di sindacato435.

Per quanto riguarda il nostro campo di indagine è importante sottolineare come i Difensori avessero non solo un ruolo centrale nel controllo intorno all'alienazione o all'acquisizione di beni pubblici, ma nell'erogazione delle risorse destinate ai cantieri delle opere pubbliche, estendendo la loro autorità anche nella regolazione delle trasformazioni intraprese da privati che avessero inciso sull'immagine urbana, cioè le demolizioni, le modifiche dell'ampiezza delle strade o la dilatazione degli edifici privati con la costruzione di muri, sporti e ponti aerei sulle vie pubbliche. Chiamati a esprimere un parere in merito i Difensori raccolsero nei loro registri atti di particolare interesse tra cui relazione e suppliche che avrebbero chiamato in causa la perizia di alcuni dei maggiori professionisti dell'epoca, reclutati per formulare responsi sulle trasformazioni edilizie e talvolta, tanto vicini alle attività di questa magistratura da comparire, in modo apparentemente incidentale, anche come testimoni in atti di varia natura.

Tra questi ultimi troviamo ad esempio un atto del 1392 concernente un giuramento prestato da un certo notaio «Antonius quondam Guillelmi de La Mola», chiamato di fronte ai Difensori dell'Avere a promettere di esercitare «bene et legaliter» il proprio mandato di «Aprobator Securitatis» e in quell'occasione tra i tre testimoni della scrittura troviamo proprio l'ingegnere Giovanni da Siena436

che nel mese di novembre dello stesso anno verrà chiamato in prima persona a impegnarsi formalmente di fronte agli stessi Difensori ad «assignare et reddere rationem» di 400 lire a lui destinate per il cantiere delle Rocca di Castel Bolognese437.

Nell'inverno del 1397 i tre magistri e ingegnerii Comunis Giovanni da Siena, Berto del Cavalletto e «Iacobum Cagnolum» furono inviati per conto dei Difensori ad ispezionare la proprietà di un certo «Zolum da Lamola» con il compito di valutare l'opportunità dell'intervento edilizio che lo stesso aveva in progetto da attuare. I periti furono chiamati a redigere ciascuno una relazione e in quell'occasione, Giovanni, esaminate le strutture, espresse un parare favorevole argomentato nella

434GRIFFONI 1902, Coll. 207.E-208A. «MCCCXCVIIII Die XXVII Decembris […] Et tunc Guaspar de Bernardinis,

Capitaneus Solaroli, dedit dictum Castrum Astorgio de Manfredis ad petitionem Antonii de Caxellis merzarii: qua de causa dictus Antonius de Caxellis, & dictus Cuaspar fuerunt banniti pro proditoribus, & fuerunt picti in Platea, & ad bordellum. & in multis aliis locis; et domus dicti Antonii fuerunt destructuae, quae erant in Strata Majori prope domos de Gozadinis».

435 UFFICIECONOMICIEFINANZIARI 1954, pp. 19-62.

436 APP. I - DOC 22 (1392, luglio 24). Giovanni fece da testimone in altre occasioni per le scritture dei Difensori dell'avere cfr. APP. I – DOC 34 (1393, febbraio 15); APP. I - DOC 84 (1411, settembre 7).

seguente scrittura:

«Referisse el vostro Zoane de Siena a una comissione la quale vui [= Difensori dell'Avere] li facesti a dovere vedere uno lavoro che volia fare Zolo da Lamola in la contrada [...] de Sam Pruogolo in la Capella de Sam Iacomo di Carbonixi la qual chosa sie confinada da l'una parte cum Piero Daimighioli, da l'altra parte una soa caxa zoe del dicto Zolo, denanci confina cum la via publica. El lavoro che vole fare lo dicto Zolo sie questo: una sponda de muro al paro de l'altra soa chaxa la quale sia a seguire cum la sponda de sopra e per questo io Zoanne si andà a vedere e axaminare quello lavoro e avendo facto cavare lo dicto Zolo uno cavamento segondo che siegue di sopra zoe *rghe* in la via publica, et in questo cavamento si vidi e tochai uno fondamento de muro de codali vechio e per tanto io Zoanne lodo e dechiaro segondo la mia consientia ch'el ditto Zolo si po hedificare e levare el ditto fondamento si come la soa sponda che è da lato de sopra no[n] passando el drieto la palastrata vechia e chosì segondo la mia consientia dechiaro, provedeti segondo vostra voluntà.

Io Zoanne da Siena suprascripti.»438 Un'altra perizia, oggi purtroppo irreperibile, fu redatta da Giovanni il 20 settembre del 1400 e trascritta da Corrado Ricci nella monografia dedicata al senese:

«Al nome de Dio amen adì XX de septembre [1400].

Magistri Iohannis de Sens ingignerii. Vezuto per comandamento de defenssori una sponda de muro in la caxa de lo herede de Garsedino in la capella de san Nicolò, lo quale a me pare (così) che a loro sia lecito dovere possere fare refare la dita sponda in questa forma del cantone della porta in lae sia piumbado el muro vero de sopra la dita porta e quello seguire apiumbo in fino a terra e cussi sia fato in lo cantone de verso levante sic che la parte de sopra del vechio si retruva essere a piumbo a tuta la sponda a due nuze zoe che racoglia dentro el piulo (?) e questo a me pare essere in la prima forma, siche per questo mese se innova provega la vostra signoria como a voi pare.

Zovane de guilglemo da Sena»439 La magistratura dei Difensori dell'Avere sopravvisse anche dopo la fine del “Governo del Popolo e dell'Arti” continuando a reclutare Giovanni per le attività istituzionali che questa ancora esercitava. Nel febbraio del 1406, con altri tre magistri: Taddeo di Pace, Nicola da Castel de'Britti e Giovanni di Enrico, il senese venne eletto e deputato «ad exstimandum expensasas factas in Porta Lamarum per Societatem et Massarium dicte Societatis», si trattava in questo caso di valutare i costi sostenuti per due case ristrutturate che si trovavano presso Porta Lame e di altri fabbricati compresi tra quest'ultima e il ponte, comprendendo uno «stechato» che circondava la struttura d'accesso alla città, la stima si estendeva inoltre alla fornitura di tre scale a pioli e ad altri interventi che comportavano la realizzazione di un nuovo ponte levatoio e la riparazione di un «receptum». Secondo i periti estimatori i lavori attuati avrebbero coperto la spesa di 99 lire e 5 denari, i Difensori stabilirono che la cifra stimata fosse corrisposta alla società sopra menzionata aumentata di 20 lire440. Nel giugno dello stesso anno Giovanni da Siena e Giovanni di Enrico furono poi

incaricati di ispezionare i lavori di riparazione che «Dominum Mateum de Garsandinis» stava portando avanti in quel periodo presso una residenza detta «Altabella»441.

Le ispezione e le verifiche condotte da Giovanni dovettero proseguire negli anni seguenti; nel marzo 1411 è inviato a esaminare «porticam et domum» posti lungo la via della Porta di Santo

438 APP. I - DOC 47 (1397, febbraio 2).

439 Riporto fedelmente la trascrizione di Corrado Ricci che segnala il documento con la seguente collocazione

ottocentesca: «Arch. di Stato di Bol. Atti dei Difensori dell'Avere, Fasc. incompleto del 1440, c. 26r» (RICCI 1904, p. 39,

ivi nota 2). Purtroppo negli attuali elenchi degli atti prodotti dai Difensori dell'Avere si riscontra una lacuna tra il Liber

actorum, dal 3 gennaio al 31 dicembre 1399 e il Liber actorum, dal 1 gennaio al 31 dicembre 1405 ( UFFICIECONOMICIE FINANZIARI 1954, cfr p. 26).

440 APP. I - DOC 62 (1406, febbraio 16). 441 APP. I - DOC 68 (1406, giugno 30).

Stefano di fronte all'Ospedale di San Biagio. In questo caso egli si limitò a verificare che il proprietario del terreno oggetto di interveno, un certo «Iacobus de Bone», avesse la licenza per edificare in modo che tra la casa e i muretti del portico restasse una distanza di 7 piedi necessari per garantirne la percurribilità pubblica442. Nel 1413 fu inviato ad esaminare il laborerio intrapreso da

«Chechi de Frolerentia» che aveva deciso di qualificare il fronte della sua residenza «sitam Bononia in capella Sancti Antoni» con un balcone sorretto da tre pilastri «de lapidibus», anche in questo caso Giovanni espresse per i Difensori un pare positivo sull'opera, autorizzando il proprietario a portare a compimento i lavori che aveva già avviato443.

Ma la sfera di azione dei Difensori non si limitava alla regolazione degli interventi puramente edilizi privati che si ripercuotevano sul decoro degli spazi urbani: la magistratura estendeva le proprie competenze alla gestione dell'entrate camerali e quando nell'aprile del 1411, presero a circolare lagnanze riguardanti «de impositione facta occaxione reparationis facte super ripis Canalis Reni in contrata Casarie et Certose» i magistrati incaricarono Giovanni da Siena e Dino da Castelletto di esaminare la questione e individuare i contribuenti e quantificarne gli oneri444. Sempre

per i Difensori dell'Avere nel 1413 Giovanni produsse una relazione «super facto agerum Canalis Reni factorum in contrata Sancti Bertolli» con il compito di sostenere una dichiarazione riguardo all'imposizione fiscale associata alle spese sostenute per i lavori eseguiti445.

In quanto garanti dei beni pubblici i Difensori potevano anche regolare la gestione dei mulini da grano che fin dal XIII secolo erano sottoposti ad un forte controllo da parte dell'autorità pubblica. Proprio attraverso alcuni degli atti che riguardavano questa particolare prerogativa dei Difensori, apprendiamo che Giovanni nel 1411 vantava un cospicuo credito verso le casse comunali e che per ripianare i suoi debiti il Comune destinò al senese parte delle “entrate” provenienti dalla locazione del mulino di Castel Bolognese. Così il 26 marzo 1411 i Difensori dell'Avere concedettero prima a Giovanni da Siena la locazione del mulino di Castel Bolognese446, mentre il 31 marzo dell'anno

seguente compare come uno dei tre fideiussori che si impegnarono a garantire i magistrati in caso dell'insolvenza di «Iacobus vocatus el Rosso» nuovo conduttore del mulino, chiamato a versare alle casse pubbliche un'affitto annuale per la gestione della struttura molitoria447. A pochi giorni di

distanza da questo contratto, il 9 aprile, gli Anziani emananarono una disposizione indirizzata ai Difensori dell'Avere affinchè venissero assegnati a Giovanni i proventi del mulino di Castel Bolognese quale compensazione di un credito di 1500 ducati d'oro. Il Comune si impegnò in quell'occasione a risarcire l'ingegnere con 250 corbe di frumento che erano parte delle 340 che il conduttore «Rubeo de Gualteris» era tenuto a corrispondere all'autorità pubblica quale affitto annuo del mulino448.

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