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Il porto fluviale e le fortificazioni cittadine.

P ARTE IV: 1425-1439 G IOVANNI DA S IENA ALLA CORTE DI N ICOLÒ III D 'E STE

4.3. I L C ASTEL N UOVO DI F ERRAR a

4.3.3. Il porto fluviale e le fortificazioni cittadine.

La riva settentrionale del fiume compresa tra Castel Tedaldo e il castrum di via Porta San Pietro doveva essere destinata in larga parte alle attività portuali, la fascia parafluviale era qui articolata attraverso l'asse di via Ripagrande il cui toponimo ricorda ancora la prossimità al corso d'acqua e da una strada di disimpegno che correva parallela alla prima per tutta la sua lunghezza: via Volte; questi due percorsi rappresentano a tutt'oggi l'indizio topografico più eloquente di uno sviluppo urbano condizionato dalle attività mercantili fluviali.

Le prime notizie riguardanti le strutture portuali ci sono pervenute attraverso gli Statati emanati nel 1287 che menzionano tre porti collocati lungo la riva di fronte al borgo superiore e caratterizzati con denominazioni derivanti dalle dedicazioni di tre chiese poste nelle loro vicinanze e differenziati dalla provenienza dei merci che vi transitavano.

Il porto posto più a monte era quello di San Nicolò e prendeva il nome dalla chiesa omonima attestata dal 1106, era destinato ai mercanti che arrivavano a Ferrara dell'interno della pianura padana. Il porto di San Michele, sorgeva, in posizione intermedia, non lontano dalla chiesa omonima citata dal 969 ed era dedicato ai mercanti che venivano da Ravenna e dall'Adriatico risalendo il ramo del Po di Primaro. Infine, il porto di San Giacomo si collocava più a valle in riferimento alla chiesa omonima documentata dal 1086 ed era riservato ai mercanti provenienti dal Po di Volano e di Venezia891.

Le attività di scambio che gravitavano attorno all'area portuale erano per Ferrara garanzia di consistenti entrate che potevano affluire nelle mani dei ferraresi mediante l'imposizione di dazi e gabelle. La riscossione dei tributi richiese l'installazione di appositi uffici e nel 1385, a poca distanza dall'approdo, all'incrocio fra la Via di S. Paolo (Corso Porta Reno) e la Via Grande (Via Ripagrande) sorse un articolato complesso edilizio dedicato alle gabelle, con gli uffici e magazzini doganali.892

Se l'antico castrum prese l'appellativo castello dei cortesi in ragione della necessità di insediare all'interno del suo perimetro fortificato gli ufficiali fidati dei Canossa893, era una marcata esigenza di

controllare la città e le attività commerciali sul fiume894 che aveva spinto i canossani a erigere una

fortificazione all'estremità occidentale del borgo superiore coerentemente con uno stile di dominazione che utilizzava i castelli costruiti lungo i corsi d'acqua come perni fondamentali per la difesa militare dei territori soggetti895. In particolar modo la costruzione di un presidio militare

presso Ferrara costituiva un importante punto d'appoggio per le mire di conquista canossane indirizzate verso Bologna e Ravenna896.

Castel Tedaldo venne citato da Riccobaldo nella Chronica parva897 ma il primo storico ferrarese

891 STATUTA FERRARIAE 1955, VI, p. 407, 13-18: «Item statuantur tres portus super ripam Padi, ad quos debeant

arivare omnes forensses. Unus quorum sit ad portum Sancti Nicholay, ad quem arivent omnes naves venientes de partibus superioribus. Alius sit ad portum Sancti Michaelis et ibi arivent naves venientes per flumen Gaybane. Tercius sit ad portum Sancti Iacobi, ad quem arivent naves venientes per Padum de Codegoro et de Veneciis ». Si veda inoltre:

VISSER TRAVAGLI 1995, pp. 192-193; PATITUCCI UGGERI 2002, p. 9.

892 FAORO 2006, p. 11; VISSER TRAVAGLI 1995; FRIZZI 1848, vol. V, p. 252.

893 BOCCHI 1974, p. 83 e sgg.

894 Il controllo sui transiti mercantili consentiva ai signori di ricavare cospicue entrate dal ripatico e dalle altre contribuzioni connesse alla navigazione fluviale.

895 CASTAGNETTI 1985; VISSER TRAVAGLI 1995.

896 BOCCHI 1974, p. 82.

897 CHRONICAPARVA , rr. 492-499, pp. 136-138. «...civitatis primi incolae in duobus locis editioribus sedes larium

posuere, castella quoque duo fecerut in eis locis, aggeribus ac fossis munita. Primum in superiori parte fluminis, quod appellaverunt Castellum Thealti a nomine forsitan alicuius praepotentis ex eis, in qua regione nunc est ecclesia beati

ammetteva di non conoscere a quale Tedaldo facesse riferimento non soffermandosi oltre sui particolari delle vicende alla radice della sua fondazione. Diversamente la storiografia più recente attribuisce esplicitamente la costruzione del fortilizio a Tedaldo di Canossa collocandola nell'ultimo decennio del X secolo dopo che il papa gli aveva affidato il governo del comitato ferrarese898. La

correlazione tra il castello e il suo presunto fondatore è espressa per la prima volta solo nella rielaborazione del pieno Trecento della Vita Mathildis di Donizone899, il nesso fra il fortilizio e

Tedaldo fu poi ripreso nella letteratura del Quattro e del Cinquecento che in ambito ferrarese mirava al rilancio del canossano in relazione alle necessità politico-ideologiche che gli Este portavano avanti nel tentativo di vedere riconosciuto come legittimo il dominio dei territori ad essi sottoposti900. Come esponente di prima linea di queste istanze anche Pellegrino Prisciani901,

principale storico di corte del tardo Quattrocento, nelle sue Historie902 rilanciava la figura di

Tedaldo e ne associava la figura alla fondazione del castello omonimo903. Nella seconda metà del

Iohannis, et arx iuxta pontem sita, quae nunc dicitur Castellum Thealtum...».

898 BOCCHI 1974, pp. 80-81. L'edificio è testimoniato da un documento per la prima volta nel 1091 (VISSER TRAVAGLI

1995; MARZOLA, 1983, n. 69).

899 VITA MATHILDIS 1940. Cap. IV «Iste fuit dilectus a regibus et princibus: huiuc domibus papa dedit Ferrariam …

Iste dominus Tedaldus fecit edificari castrum in Ferraria quod vocavit nomine suo Castrum Tedadldi, et duravit usque ad tempora; illud castrum tenuerunt Veneti contra ecclesiam romanam et misit summus pontifex legatum nomine Pellagrum, qui venit Bononiam, et fecit predicare crucem contra Venetos, tandem dictum castrum fuit captum et ducuntur per fideles ecclesie, anno domini MCCCVIII». Sulla medesima linea appare la la cosiddetta Epitome di

Vigevano, si veda in proposito COLOMBO 1904, p. 18: «... tertius (Tedaldo è presentato come terzo figlio di Adalberto

Atto) fuit probissimus et Nbilissimus Marchio et propugnator ecclesie Romane. Huic domino Tedaldo dedit papa Ferrariam, Jn qua fecit Castrum quod vocavit nomine suo, scilicet Castrum Tedaldi. Quod duravit uscque ad tempora quo veneti eum acceperunt et tenuerunt contra ecclesiam. Et tunc fuit captum et diruptum a Legato pelagrua. MCCCVII», Ho qui riportato i passaggi individuati da Rossella Rinaldi che nel suo studio ha comparato le citazioni note

che mettono in relazione l'edificazione del castello e Tedaldo di Canossa: RINALDI 2004, pp. 80-81, ivi nota 11 e 13.

900 RINALDI 2004. Tra il XV e il XVI secolo gli Estensi si fecero promotori di indagini genealogiche atte ad individuare

una discendenza con Tedaldo di Canossa, la relazione con quest'ultimo, avendo egli ottenuto Ferrara senza l'opposizione del papato, avrebbe costituito un possibile motivo di riconoscimento del potere estense su Ferrara ed il suo territorio. 901 Per un profilo di Pellegrino Prisciani vedi ROTONDÒ 1960; ZANELLA 1992.

902 Sulla tradizione delle Historiae di Prisciani vedi REPERTORIODELLACRONACHISTICAEMILIANO-ROMAGNOLA (SECC. XI-

XV) 1991, pp. 196-197.

903 RINALDI 2004 Riporto il passaggio trascritto da Rossella Rinaldi (pp. 171-173) del capitolo intitolato «Quibus

arcibus sive castellis Ferrarie urbs munita fuerit et sit, et de privatis turribus ad nullis per urbem sparsis » del

manoscritto del Prisciani conservato presso l'Archivio di Stato di Modena (ASMo, Manoscritti Biblioteca, 130, c. 19v): «Thedaldus Attonis filius et Bonifatii marchionis pater, Mathilda comitissa patris, ab Ottone imperatore primo nominis

eius, civitatibus Parma et Regio donatus, et ab Iohanne XIImo pontifice romano Ferraria, ut memine Ricobaldus in Vita Lotharii quarti, quibus princibus ob ingentes animi virtutes quibus undique relucebat predilectus fuit. Arcem in superiore Ferrarie ipsius suburbio posuit ab nomine principis et conditoris castellum Thedaldi nostros appellasse credimus. Licet Ricobaldus in Vita Henrici quinti scribat comitissam Mathildam eandem arcem anno MCI condidisse cum Ferrariensem populum ab Henrico sublevatum terrestri ac navali exercitu potentissimo dom[ina]sset ut in historicis nostris dicemus. Et quod Thedaldus fuerit arcis ipsius fundator [...] ent nobis p(ropter) castelli nomen monumenta dict(um) bibliotheca iam dicta monasterii Nonantulani, pontificalia que privilegia in quibus ut superiori etiam evocavimus capitula, verba hec [...] tur: Et Castellum Thedaldi cum omnibus allodiis quae in comitatu Ferrariense Bonifatius marchio adquisit (sic) possedit vestro in perpetuum monasterio confirmamus. Quae comitissa Mathilda de oblatione quam Sancto Petro et Romane Ecclesie dederit etc. Si ergo Bonifatius marchio castellum Thedaldi possedit, filia quoque illud non concedit, et verbum illud et absque dubio copulat: arcem igitur secundam hanc habuit urbis Ferrarie, licet bis et ter in bellorum funditus deletam ut in historicis aperiemus instauraverit ... Scripsit Cronica iam dicta, V, folio LXXXII, anno MCCCXXIIII mense iulii nostros patres illos pontem Castri Thedaldi et turrim ultra Padum contra arcem ipsam Thedaldi posuisse et complevisse. Quod nobis havos consonat credentibus Thedaldum eodem tempore quo castellum citra Padum sic et turrim ultra aedificasse operis perfectione sic exigente aut saltem Mathildam comitissam (...) er ho Ricobaldum credidisse comitissam arcem Thedaldi condidisse ut iam diximus. Et in testimonio pro hac sententia nostra adducimus eandem Cronicam, V, folio LXX, dicentem: Die XI mensis augusti, in dicto millesimo, scilicet MCCCVIIII, luna observavit et rubea stetit et cohoperta per magnam horam. Tunc Ferrarienses qui erant a latere Ferrarie insultum continue faciebant ad castrum Thedaldum et Bononienses et

secolo successivo Gaspare Sardi nelle sue Historie Ferraresi sosteneva che a dare il nome al castello fosse stata Matilde di Canossa che dopo averlo conquistato a seguito di una ribellione della città lo rafforzò e gli diede il nome del suo antenato904.

L'unico indizio dell'azione di Tedaldo su Ferrara resta la relazione con la fondazione di questo fortilizio. La discendente Matilde con l'ausilio della flotta veneziana e ravennate lo mise sotto assediò ed espugnandolo nel 1101905, dopo i restauri intrapresi più volte dsgli Este fu abbattuto

all'inizio del XVII secolo per far posto alla fortezza pontificia.

In ragione dell'assenza di placiti tenuti nella fortezza si è supposto che fin dal principio fosse stata concepita come avamposto militare privo di connotati residenziali906.

In mancanza di dati archeologici907 le principali fonti che ci informano sulla struttura di Castel

Tedaldo restano per il primo Trecento la Chronica parva e la pianta di Ferrara di Fra Paolino minorita: la prima ci informa di come il fortilizio fosse difeso come il castrum da un fossato e da un terrapieno, la seconda, pur scontando schematizzazioni e astrazioni ci restituisce l'immagine di una fortezza situata all'estremità del borgo superiore dotata di un perimetro apparentemente triangolare e di tre torri ai vertici, mentre un'altra struttura con funzioni difensive, lo fronteggia sulla sponda destra del Po908. I due fortilizi vengono poi rappresentati nella mappa del Prisciani909 e nella

anonima veduta tardo quattrocentesca di Ferrara910. L'immagine planimetrica del castello sul finire

del XVI secolo è fornita da due disegni di Marcantonio Pasi911 mentre una pianta della città di

Ferrara di Giam Battista Aleotti del 1605 mostra contemporaneamente elementi di rilievo e di progetto, sovrapponendo la planimetria di Castel Tedaldo e quella della fortezza pontificia912.

La pianta di Fra Paolino minorita (1322-1325) ci informa inoltre che la cinta fortificata della città comprendeva nella prima metà del Trecento oltre al Borgo di Sopra l'area attorno a Castel Tedaldo, il Borgo di Sotto e il Borgo Nuovo eretto attorno alla cattedrale, il tracciato settentrionale coincide con il percorso oggi occupato dal corso della Giovecca mentre sembrerebbe che l'area destinata a mercato del bestiame, vicino alla chiesa di San Francesco fosse già stato assorbito dalla città913.

Molto probabilmente la cintura difensiva cittadina era costituita da un terrapieno intervallato dalle dalle porte urbiche, in tempi diversi queste primitive difese furono potenziate con la costruzione delle mura in laterizio. Il versante orientale sembra sia stato costruito tra il 1314 e il 1316 da Pino Romandioli ad alio latere Padi insultum faciendo contra inimicos qui erant ultra Padum, quare per vim acceperunt turrim ultra Padum etc. Ergo Ferrarienses anno 1324 turrim ipsam non posuerunt si anni XIm ante vi expugnata fuit.»

904 RINALDI 2004, pp. 178-179.

905 BOCCHI 1974, p. 85.

906 BOCCHI 1974, pp. 81-82 ivi note 207-212.

907 GELICHI 2002; VISSER TRAVAGLI 1995.

908 BONDANINI 1973. Gli statuti del 1287 ci informano inoltre di turris que est in capite pontis Castri Thedaldi, -

(PATITUCCI UGGERI 1982, p. 8, nota 12; STATUTA FERRARIAE 1955, p. 68, 1; p 382, 16). L'Equicola riporta che nel 1511

«Adì 3 di Febraro fu ruinata la Torre chìera all'incontro di Castel thealto oltra Pò che fu edificata dalla Sra. Mathilda»

(BCAFe, Classe II, 349). Il castello era collegato alla sponda destra del fiume con un ponte alla cui estremità era un nucleo fortificato munito di una torre e di un fossato (poi definito castello di San Clemente: PATITUCCI UGGERI 1982, p.

8, nota 13) ubicato nei pressi della chiesa di San Giacomo (PATITUCCI UGGERI 1982, p. 9, nota 14; GUARINI 1621, p.

464). Castel Tedaldo, la torre sulla riva destra e il ponte che li collegava furono al centro della guerra del 1308 e ricostruiti entro il 1324 ma il ponte fu travolto dai ghiacci già nel 1325 (PATITUCCI UGGERI 1982, p. 8, nota 13;

CHRONICON ESTENSE 1908, p. 73, p. 92, e p. 95)

909 ASMo, Manoscritti della Biblioteca, n. 130, cc. 20v-21r. La pianta del Prisciani è stata trascritta in BORGATTI 1895.

Si veda inoltre il recente contributo in FOLIN 2010.

910 FOLIN 2004b

911 CECCARELLI 1998b

912 BCAFe, Fondo cartografico Crispi, serie XV-5. Cfr. CAVI 2004.

della Tosa, vicario del Re di Napoli Robertò d'Angiò914, il versante settentrionale lungo l'attuale

corso Giovecca fu eretto tra il 1325 e il 1339915, il tratto orientale che racchiudeva l'ampliamento

attorno al Castel Tedaldo oltre il canale di Santo Stefano fu probabilmente chiuso da mura entro il 1374916.

Lungo il lato meridionale adiacente al fiume gli Statuti del 1287 avevano decretato già in quel tempo la costruzione di un tratto di mura917; ma la Chronica Parva redatta tra il 1313 e il 1317,

riporta come la città fosse difesa su tre lati mediante lata fossa, aggere et vallo, con torri al di sopra al terrapieno918 mentre il fronte meridionale doveva essere ancora privo di mura poichè il fiume

doveva essere considerato ancora un valido elemento di difesa, infatti la città era munita quidem est

a meridie tanto fluvio aquis profundo919. La rappresentazione schematica di Fra Paolino minorita del

decennio successivo mostra sul versante del fiume un tracciato merlato continuo ai lati est e ovest che tuttavia resta un elemento troppo incerto, data la schematicità della raffigurazione, per poter costituire un indizio sicuro dell'avvenuta costruzione di una struttura difensiva in muratura parallela al fiume.

L'anno 1374, in cui Bartolino da Novara realizzò il suo celebre rilievo delle mura urbane920

(riportato da Pellegrino Prisciani come strumento per redigere la sua pianta tardo quattrocentesca di Ferrara921), è stato assunto come termine entro la quale la città poteva presentarsi come interamente

circondata da mura ed anche il versante lungo il fiume doveva essere difeso da una cortina in muratura922.

Dalle fonti iconografiche e dai resti materiali si può desumere che le strutture delle mura meridionali erette nel Trecento fossero rafforzate sul lato interno da contrafforti sormontati da arcate e coronate con merli923 e forse solo successivamente dotate di un apparato a sporgere su

beccatelli924.

Nel 1385 in occasione della festa di San Michele fu posta la prima pietra di una nuova fortezza urbana che prese il nome dal santo omonimo e fu nota in seguito come Castel Vecchio, questo

914 PATITUCCI UGGERI 1982, p. 55 ivi nota 84; VISSER TRAVAGLI 1995, p. 194.

915 BONDANINI 1973, p. 73 e sgg.; VISSER TRAVAGLI 1995, p. 194.

916 Nel 1374 Bartolino da Novara eseguì il rilievo del perimetro delle mura: FIOCCHI 1985; VISSER TRAVAGLI 1995, p.

194.

917 STATUTA FERRARIAE 1955, LXVIIII p. 68: «Quod fiant galte turris que est in capite pontis Castri Thedaldi et quod

unus murus fiat a latere civitatis iuxta Padum.

Statuimus quod potestas futura hinc ad festum sancti Michaelis teneatur facere fieri galtas turris que est in capite pontis Castri Thedaldi, secundum quod sapientibus fore videbitur oportunum. Et a latere civitatis iuxta Padum versus castrum domini marchionis fiat unus murus, qui extendatur a capite pontis usque ad viam que est iuxta dictum castrum, et quedam volta murata cum portis fiat, et fiat murus a latere sicut placebit domino marchioni, potestati et vicecomiti Ferrarie, coram quibus ipse potestas predicta duxerit proponenda.»; VISSER TRAVAGLI 1995, p. 194.

918 CHRONICAPARVA, C. 479 C; PATITUCCI UGGERI 1982, p. 49 ivi nota 73.

919 CHRONICAPARVA, C. 479 C; PATITUCCI UGGERI 1982, p. 52 ivi nota 76.

920 Il rilievo è riportato nel manoscritto di Pellegrino Prisciani (ASMo, Manoscritti della Biblioteca, n. 13, cc. 6v.-7r.) ed è stato trascritto in BORGATTI 1895 pp. 66-71. Il rilievo si presenta come una sequenza ordinata di misurazioni che

non forniscono in realtà dati sulla natura materica o le caratteristiche del circuito difensivo che si desume sia una cortina laterizia in relazione all'intestazione che precede l'elenco delle misurazioni riportate da Prisciani: «Mensura Ambitus

murorum ferrariae Urbis: et extra muros: et intra: per Bartolinum de novaria Ingeegnerium collecta die XV Maij anno 1374».

921 Si veda in proposito FOLIN 2010.

922 Tale posizione si ritrova in FAORO 2006, p. 12.

923 Ad esempio un'immagine planimetrica della fine del Cinquecento del tratto contiguo a porta Paola si trova in BCAFe, Raccolta Aleotti, n. 186. Una visione in alzato del tratto sul fronte interno contiguo a Castel Tedaldo è in ASMo, Amministrazione Finanziaria dei Paesi, b. 278, n. 2546. «Disegno del Cochapano de la San Martina». Per un'immagine di fine Quattrocento sul lato esterno si veda l'anonima veduta dal fiume in FOLIN 2004b.

castello venne realizzato per ordine di Nicolò II d'Este nel corpo della città demolendo gli edifici che erano stati costruiti nel cosiddetto Borgo Nuovo, in un area compresa tra le mura settentrionali ed il palazzo della Corte Vecchia925. Il castello, progettato da Bartolino da Novara, fu realizzato in

corrispondenza delle mura settentrionali inglobando la Torre dei Leoni (posta a guardia di una delle porte urbiche) che divenne una delle quattro torri angolari disposte ai vertici di un cortile quadrangolare racchiuso da una struttura muraria con base a scarpa e protetto da fossato. Il fortilizio fu inoltre messo in collegamento con il complesso dal palazzo marchionale.

Le ragioni della costruzione del Castello di San Michele sono solo in parte legate alla volontà di potenziare le difese cittadine sul versante Nord; le fonti cronachistiche mettono infatti in relazione l'edificazione della fortezza con il sollevamento popolare che qualche mese prima avere mostrato a Nicolò II d'Este un profondo senso di vulnerabilità. Per tale ragione l'edificio fu concepito in primo luogo come macchina militare repressiva nei confronti di potenziali rivolte cittadine nonché luogo di rifugio per i principi in caso di pericolo o in circostanze estreme come via di fuga verso le campagne circostanti926.

Come Castel Tedaldo il Castel di San Michele rispondeva non a logiche residenziali ma ad esigenze militari, tuttavia a differenza del primo, che non interferì con la città (che solo in un secondo tempo gli crebbe attorno) il secondo si collocò come elemento estraneo nel cuore del tessuto urbano. Nei primi anni di regno di Nicolò III d'Este furono intrapresi diversi interventi alle fortificazioni cittadine: furono approntate nuove difese presso Sant'Antono927, riparata e rafforzata la porta di sotto928, nel 1394 Castel Tedaldo, che era considerato ancora un caposaldo militare strategico per la

difesa della città lungo il fiume, subì consistenti interventi di ricostruzione929 e l'anno seguente ne fu

ricostruita la porta su modello di Bartolino da Novara930; il versante nord-occidentale delle mura

925 In seguito alla conquista del potere, gli Estensi fecero della residenza degli Adelardi sulla piazza la loro dimora chiamata anche palazzo di Corte o Corte Vecchia.

926 Sulla costruzione del castello come macchina repressiva dei sollevamenti interni vedi BOCCHI 1985 e FOLIN 2004a.

Sull'evoluzione della struttura dell'edificio vedi BORELLA 1985 e 2004. Sulla rivolta ferrarese del 1385: LOW 1984

927 DELAYTO 1731, col. 908: «[1393]. Die XVI Septembris. Principiatum fuit laborerium muri & portae de novo

provisae fieri pro barbachano & claustro introitus Burgi Sancti Antronii juxta Ferrariam versus Burgum Ploppae apud caput pontis Sancti Georgii super ripa».

928 DELAYTO 1731, col. 911 D: «Eodem Anno [1394] Porta inferior Civitais Ferrariae, quia informis erat, nihil

habens moderni decoris, nec fatis valida, provisione Consilii praefati Domini Marchionis reparari & fortificari coepta fuit, in optimam formam fabricata successive, & fovea excetera recavata».

929 Per questi interventi si veda ROSEMBERG 1997 p. 46 e nota 1 a pp. 201-202. Riporto di seguito le citazioni delle

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