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P ARTE IV: 1425-1439 G IOVANNI DA S IENA ALLA CORTE DI N ICOLÒ III D 'E STE

4.2. L A R OCCA G RANDE DI F INALE E MILIA

4.2.3. La Rocca Grande prima del 1425.

All'aprirsi del secondo quarto del XV secolo il potere di Nicolò III era una realtà politica

intervallo compreso tra il 1406 e il 1410 (Il 14 agosto di quell'anno, agli eredi di Bartolino fu rinnovata l'investitura dei beni feudali del padre) (CAMPORI 1882, p. 19, ivi nota 2)

744ASFe, ANAFe, matr. 40, pacco 1, notaio Giacomo Griffi, trascritto in FRANCESCHINI 1993, pp 105-106, doc. 259 del

21 aprile 1413.

745CALZOLARi 2009a, pp. 34-35 e nota 60 a p.52. Si tratta di: ASMo, Camera ducale, Mandati in volume, reg. 2, cc.

85v-86r, Atto scritto dai fattori generali al marchese d'Este, Ferrara 12 gennaio 1424 "pro fornaze Finalis", con allegato «Ricordo de la fornasa del Finale de Modena».

746ASMo, Mappario Estense, Grandi mappe, n. 156.

747Sul progetto di Terzo Terzi si rimanda a VAN BEREIJK 1990; PISA 1992.

748 Nella seconda metà del Cinquecento l'articolazione delle mura non doveva essere dissimile nelle sue dimensioni generali dall'impianto bartoliniano, ma certamente erano avvenuti nel corso del tempo alcuni ammodernamenti probabilmente localizzati nei punti più critici del tracciato. Oltre agli interventi documentati che trasformarono radicalmente la Rocca Grande dopo la morte di Bartolino, è possibile ipotizzare un tentativo di aggiornamento del perimetro difensivo dell'abitato al fine compensare i progressi delle più moderna artiglieria.

In particolare è stato osservato come l'articolazione planimetrica a forma circolare di quattro delle torri perimetrali, non dissimile dai modelli impiegati nelle mura dell'addizione erculea a Ferrara, rimandi ad alcune sperimentazioni che si stavano portando avanti nel corso della seconda metà del Quattrocento. In particolar modo ai torrioni circolari costruiti a Ferrara da Biagio Rossetti, infatti la presenza dell'ingenere è testimoniata a Finale in più di un'occasione; si veda in proposito RIGHINI 2009. pp. 69-70. Su Biagio Rossetti cfr. ZEVI 1960; FRANCESCHINI 1993; 1995; 1997 ad indicem.

749 ASMo, Cancelleria Ducale, Rettori dello Stato, Finale, busta 9/b. (5718/109), “Libretto d'asazi et da caze che sono

butato a terra, 1554”) In proposito vedi Pisa 1992, p. 8 sgg.; CALZOLARI 2009b, Doc. 35, pp. 173-179.

consolidata e riconosciuta e sebbene le turbolenze dei primi anni del suo regno si fossero oramai chiaramente risolte in favore del marchese di Ferrara, nuove energie furono spese sugli interventi alle fortificazioni dello stato, in primis quelle finalesi. Così nel 1425 Giovanni da Siena fu chiamato a dirigere il radicale rinnovamento della Rocca Grande adeguandone la struttura alle più moderne esigenze residenziali, e già due anni più tardi lo stesso ingegnere diede avvio all'edificazione di Castel Nuovo sulla riva del Po di Ferrara; in entrambi i casi si trattò di fornire le mura cittadine di castelli urbani che potessero rispondere contemporaneamente alle istanze difensive, abitative e di rappresentanza del rinsaldato potere principesco.

Per quanto riguarda l'iniziativa promossa dal marchese d'Este a Finale, si può ritenere che questa fu uno dei casi più significativi di una tendenza, sempre più diffusa tra Quattro e Cinquecento, che vide la conversione delle fortezze, con finalità quasi esclusivamente militari, in impianti maggiormente complessi, predisposti per le funzioni difensive e per quelle di una dimora signorile. A livello generale il processo di conversione comportò spesso una pluralità di trasformazioni che diede forma a organismi edilizi pluristratificati751, allo stesso modo, quando Giovanni intervenne

sulla Rocca Grande di Finale, egli si misurò ancora una volta con una struttura preesistente che conservò solo in minima parte per lasciare spazio ad un consistente ampliamento in grado di modificarne significativamente l'assetto due-trecentesco.

Per comprendere l'organizzazione della struttura su cui intervenne il senese occorre prendere in considerazione quanto emerso da una campagna di scavi archeologici intrapresi durane gli anni '80 del Novecento. La lettura delle strutture materiali ha infatti messo in luce diversi indizi che possono far luce sull'evoluzione del fortilizio, interessato a più riprese da considerevoli interventi di adeguamento.

Secondo le indagini degli archeologi il corpo più antico della Rocca Grande sembra verosimilmente coincidere con il mastio datato agli inizi del Duecento: il manufatto fungeva da torre di avvistamento ma anche da porta urbica, presentava infatti due aperture ad arco con doppia ghiera situate lungo i lati Est ed Ovest. Nella prima metà del Trecento venne realizzato un imponente recinto in muratura di cui il mastio occupava la mezzeria del lato settentrionale, contestualmente, per permettere l'innesto delle nuove murature sulla struttura preesistente, vennero tamponate le due porte ad arco sopra citate. Venne quindi realizzata una seconda torre, di più modeste dimensioni, databile anch'essa ai primi del Trecento, questa venne costruita sul lato orientale del recinto, probabilmente in corrispondenza del nuovo accesso che sostituì le porte del mastio ora chiuse. Il recinto presentava un tracciato quadrangolare, di questo sono state individuate le strutture di fondazione per i lati est, ovest e sud, mentre è stato ipotizzato che la posizione e lo sviluppo del lato nord coincidessero con quelli del muro che raccorda il mastio al corpo nord-occidentale dell'attuale rocca. Dai rilievi eseguiti è emerso che il recinto delimitava un cortile di circa 440 metri quadrati, con una struttura a sacco in laterizi e uno spessore di circa 1 metro752.

L'organizzazione trecentesca, così come emersa dalla campagna di scavi, sembra non lasciare spazio ad ambienti predisposti per accogliere degnamente il passaggio del marchese. Secondo il Frassoni, prima dell'intervento giovanneo, i marchesi utilizzavano come loro residenza la Rocca

Marchesana, cioè la struttura che prese forma in corrispondenza della Torre dei Modenesi (Rocca Piccola). Al tempo di Nicolò III l'edificio era considerato oramai del tutto inadeguato e per tale

ragione si promosse un profondo mutamento, trasformando il fortilizio trecentesco in una dimora principesca753. Secondo una modalità espositiva tutt'altro che insolita per un'opera storiografica

scritta durante il Settecento, il Frassoni non richiama evidenze documentarie a riprova delle sue parole. Gli impianti trecenteschi della Rocca Piccola e della Rocca Grande erano del resto accomunati probabilmente da una grande semplicità e anche una comparazione risulta inutile per

751 LIBRENTI 2006, p. 182.

752 GELICHI 1987, pp. 9-13.

753 FRASSONI 1778, p, 41. «Quando logora dal giro di quasi mille anni la Rocca Possente Marchesana, né più capace nel

suo circuito di servire all'abitazione del Principe, risolvette Egli di formasi altro alloggiamento nella Rocca del Comune Finalese».

assegnare in via congetturale all'una piuttosto che all'altra la funzione di residenza estemporanea, tutt'al più si può pensare che quando si mise mano alla Rocca Grande tra il 1425 e il 1430, fosse preferibile per il marchese soggiornare presso la Rocca Piccola piuttosto che al centro di un cantiere in piena attività.

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