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P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.4. N ON OBSTANTE REPRESALIIS

2.4.1. Giovanni da Siena catturato da Antonio de Caselli

L'assenza di mandati di pagamento in fovare di Giovanni per il biennio 1398-1399 potrebbe lasciare pensare a un temporaneo allontanamento dagli incarichi della committenza pubblica bolognese che tuttavia non significa che in quel lasso di tempo il senese non godesse più della privilegiata posizione di protetto del Comune. Come dimostra un provvedimento del marzo del 1398 sono le stesse magistrature bolognesi che intervengono «occaxione absentie dicti Magistri Iohanni» per sospendere durante il mese di aprile di quell'anno il processo legato a una controversia aperta tra lo stesso Giovanni da Siena e un certo «Bertum de Solarolis» da una parte e «dominam Britixiam uxorem Almixii de Sabadis» e «Iacobum Pleralis» dall'altra, senza meglio precisare se il procedimento riguardasse un progettista e i suoi committenti427.

Questo provvedimento era stato anticipato da una strana disposizione emanata il 25 gennaio con la quale si concedeva a Giovanni un salvacondotto perchè egli potesse spostarsi liberamente (come sembra fosse avvenuto fino a quel momento senza problemi) all'interno del dominio bolognese, protetto da rappresaglie da parte dello stesso Comune, di singole individui o comunità. Il provvedimento precisa però che il salvacondotto può cessare di essere valido in ragione dell'esito della sentenza che riguardava presunti danni causati da un certo «Antonium de Caxellis» e dai suoi «dependentibus» nella città di Siena, precisando che a tal riguardo che tale sentenza sarebbe stata emanata da una commissione composta da cinque «honorabiles cives» che si occuperanno della questione nell'arco temporale di 15 giorni428. Per quel che sappiamo fino a questo momento,

422 APP II CB - 1394, aprile 16. Il mandato è preceduto il 10 gennaio dall'assegnazione a Lorenzo di 150 lire. APP II CB - 1394, gennaio 10.

423 APP II CB - 1394, maggio 26. 424 APP. I - DOC 40 (1394, giugno 23).

425 APP II CB - 1396, agosto 17. Si veda inoltre il richiamo alle convenzione e patti stabiliti sullo sfruttamento delle acque del Senio tra i Bolognesi e Astorge Manfredi: APP II CB - 1396, luglio 31.

426 APP II CB - 1396, agosto 17 bis. Per le medesime opere sarà emanato a ottobre un ulteriore mandato di 1100 lire (ASBo, Comune, Governo, Riformagioni e provvigioni cartacee, b. 297, reg. 88, c. 37v (1396, ottobre 21).

427 APP. I - DOC 50 (1398, marzo 28). 428 APP. I - DOC 49 (1398, gennaio 25).

«Antonium de Caxellis» era un cittadino bolognese che svolgeva la professione di mercante e non stupisce quindi che il suo lavoro lo portasse sino a Siena e neppure che egli potesse essere coinvolto in quelle controversie commerciali destinate a degenerare in scontri violenti dando poi originea fenomeni di rappresaglia. Vale la perna a questo soffermarsi sul significato della nozione di rappresaglia ovvero di «uno degli istituti giuridici più singolari, e per molti versi sconcertanti, della civiltà economica e politica medievale»429. La rappresaglia trova le sue origini come pratica

consuetudinaria nel contesto dei commerci, in quelle azioni di violenza o danneggiamento a cui potevano essere sottoposti i mercanti che si fossero trovati in contesto stranero. Essa non identifica un atto di vendette fine a se stessa ma il tentativo del danneggiato ottenere un risarcimento dei capitali perduti a causa della spolizione dei denari, dalla sottrazione o danneggiamento delle sue mercanzie. Si trattava di una forma di ritorsione messa in atto dagli stessi soggetti danneggiati nei riguardi di altri mercanti appartenenti al medeisa città o territorio nei quali si fosse consumato il sopruso sopruso, indipendentemente che questi fossero stati o meno colinvolti direttamente della violenza subita; questo ultimo aspetto è forse il più sconvolgente perchè impicava una responsabilità estesa a tutti coloro che avessero consiviso la medesima appartenenza giuridica con il colpevole, ovvero a tutta la cittadanza di cui questo era parte. Occorre tuttavia sottolineare che il ricorso a tali forme di ritorsioni colmava il vuoto normativo determinato dalla mancanza di sedi giudiziarie adeguate in cui ricomporre le controversie che riguardassero i commerci in cui i soggetti in lite appartenessero a realtà politiche diverse. A partire dal XII secolo le autorità politiche tentarono di ricondurre l'istituto consuetudinario della rappresaglia in un quadro normativo, rendendola legittima solo nel caso in cui non fosse possibile sanare la lite in via bonaria tramite gli strumenti normativi del territorio responsabile o in forza degli accordi diplomatici intercittadini430.

Fatto questo doveroso inciso torniamo alle vicenda di Giovanni da Siena, ed in particolare a quanto emerge da una petizione da egli stesso presentato il 31 marzo 1400431 alle magistrature bolognese

proprio in ragione di fatti che l'avevano reso bersaglio di un atti di rappresaglia. Secondo quando riportato dal senese (e giudicato corrispondere alla verità dalle autorità) nel gennaio dello stesso anno, il mercante «Antonius de Chasellis» aveva catturato Giovanni tenendolo prigioniero nella Rocca di Castel Bolognese. Lo scopo del sequestro era ottenere dall'ingegnere un riscatto che ne avrebbe permesso il rilascio pari a 500 ducati d'oro. Si trattava di un risarcimento che Antonio vantava per ragioni di rappresaglia; a copertura di danni e ingiurie che egli avrebbe dovuto sopportare durante un arresto subito proprio a Siena a causa di certi «negociis Ligi de Lodovicis» in tempi non meglio precisati, ma che potrebbero probabilmente riferirsi a fatti risalenti proprio a quel pocedimento giudiziaro che lo vide protagonista nel 1398, citati, senza scendere troppo nei particolari, nel salvacondotto emanato a favore di Giovanni nel gennaio di quell'anno. Senza via di scampo il senese corrispose in quell'occasione ad Antonio un riscatto di 670 lire e 19 soldi. Tornato in libertà, l'ingegnere, forte del rapporto di protezione del Comune di Bologne, non esitò a richiedere alle autorità di essere risarcito per il torto subito. La petizione venne puntualmente accolta: forte della votazione favorevole di un ampissima maggioranza del Consiglio dei Seicento, le autorità del Comune, dopo aver confiscato tutti i beni posseduti da Antonio Caselli a Russo432 e

stimati dai magistri «Guidonem et Iohannem Panizellum» per un valore complessivo di 550 lire bolognesi, vennero assegnati a Giovanni da Siena quale indennizzo delle perdite subite433.

In vertità non dovette essere difficile per il senese trovare un solido appoggio nelle autorità

429 TANZINI 2009, p. 199.

430 TANZINI 2009, pp. 199-201.

431 APP. I - DOC 52 (1400, marzo 31; 5 aprile; 8 aprile e 9 aprile). 432Odierna frazione del Comune di San Lazzaro di Savena.

433 I beni confiscati ad Antonio Caselli erano tutti situati a «Russi» (nel comitatus bolognese) e coprendevano un appezzamento di 18 tornature di terra «aratorie beduste vidate et arborate» con una casa «cupata plana», fornita di «furno et arra» situati in luogo detto «Becaselle» per un valore di 180 lire; un secondo appezzamento di 19 tornature di terra «vineate, bladate et arborate» con pozzo, in luogo detto «Lechaxelle» corrispondenti a 350 lire; infine un terzo appezzamento di terra prativa di quatro tornatura prossimo a «Lechaxelle» per un valore stimato di 20 lire.

Bolognesi perchè come ricorda Matteo Griffoni nel suo Memoriale, al chiudersi del 1399 Antonio Caselli aveva favorito il tradimento del capitano del castello di Solarolo Gaspare de Bernardini, che cedette il castello in bano ai bolognesi ad Astorge Manfredi, quali traditori del Comune vennero banditi e delle loro figure ne furono fatte pitture infamanti in Piazza Maggiore, sulle mura del bordello cittadino e in altri luoghi, infine quale massima ritorsione nei confronti di Antonio venne rasa al suolo la casa che questo possedeva in Strada Maggiore accanto alla residenza dei Gozzadini434.

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