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La deposizione di Giovanni XXIII: la crisi delle finanze bolognesi e lo stallo delle opere pubbliche

3.6 1416-1424 I NCERTEZZE POLITICHE E NUOVE COMMITTENZE

3.6.1. La deposizione di Giovanni XXIII: la crisi delle finanze bolognesi e lo stallo delle opere pubbliche

Con la deposizione di Giovanni XXIIl, avvenuta durante il concilio di Costanza il 29 maggio 1415, Bologna attraversò un nuovo periodo di instabilità interna. Nel gennaio 1416, privi di un solido riferimento politico, i Bolognesi, occupate le sedi del governo, elessero gli Anziani e i Sedici Riformatori assumendo d'urgenza una serie di provvedimenti per il rilancio della città che seppure avevano beneficiato, quale crocevia della politica pontificia, di un ruolo di primo piano, aveva fatto anche le spese di un programma di imposizione fiscale sempre più aspro, combinato con la spoliazione di molte delle sue risorse e la crisi di alcune delle principali attività cittadine. In modo particolare furono adottate dai Sedici Riformatori disposizioni per arginare il calo degli studenti che frequentavano l'Università, stabilendo condizioni particolarmente vantaggiose per i dottori dello Studio che vennero liberati da ogni onere, disponendo inoltre che il pagamento dei loro stipendi fosse garantito attraverso i proventi ricavati dai dazi sui bozzoli da seta, l'imbottato e il pesce nonché da una percentuale di imposta alla redazione di tutti i contratti642.

Il depauperamento delle risorse pubbliche attuato durante il governo del Cossa, poi Giovanni XXIII, aveva lasciato le casse comunali esauste, fu la gravità di quel dissesto finanziario che indusse gli

641 CAVAZZA 1937, p. 24.

organi di governo a rinunciare dopo due secoli alla proprietà dei mulini idraulici da grano predisponendone la vendita ad un consorzio di privati cittadini a cui prese parte, come già accennato in precedenza, lo stesso Giovanni da Siena643.

Il ripristino dell'autonomia comunale, seguita al sollevamento del 1416, si misurò fin dall'anno successivo con i disegni egemonici di Martino V, che dopo la caduta in disgrazia dei tre antipapi era salito al soglio pontificio l'11 novembre 1417. Si aprì tra autorità ecclesiastiche e comunali un periodo di lunghe trattative che culminò con un accordo mediante il quale il pontefice concesse agli Anziani di governare in assenza dei legati ma i Bolognesi si impegnarono a riconoscere la supremazia della Chiesa contribuendo alle casse pontificie con un censo annuo di 10000 fiorini. L'applicazione dei patti fu da subito ostacolata dagli antagonismi che attraversavano i ceti cittadini più elevati: al tentativo attuato da Anton Galeazzo Bentivoglio per instaurare un governo di stampo signorile fece seguito il repentino intervento pontificio, che forte dell'appoggio della fazione rivale dei Canetoli riprese il controllo della città. Da quegli eventi prese forma un governo «misto» che si reggeva cioè sulla compresenza di due apparati di governo: quello del legato e quello degli organi comunali, questi ultimi risultavano sempre più marcatamente controllati dalla ristretta cerchia delle famiglie nobili mentre i ceti intermedi, sostenitori del sollevamento e protagonisti sotto il “Governo del Popolo e delle Arti” apparirono oramai destinati ad essere esclusi dai processi decisionali644.

L'instabilità politica di quegli anni unita alla grave situazione delle finanze pubbliche mal si conciliava con la ripresa dell'attività edificatoria, la combinazione di questi fattori potrebbe aver certo sollecitato Giovanni da Siena ad allontanarsi da Bologna. Dopo essere stato per trent'anni al servizio del committenza cittadina, riuscendo a superare indenne le turbolenze di una sequenza impressionante di crisi e rivolgimenti politici accompagnati dal reiterato ribaltamento dei punti di riferimento istituzionali, il suo nome scomparve dalle le schiere degli stipendiari del Comune: nel mese di aprile del 1415, per l'ultima volta fu destinatario di un compenso pari a 92 lire e 10 soldi645.

Le annotazioni contabili immediatamente precedenti e successive a questa data riguardano esclusivamente voci di uscita: già tra il dicembre del 1414 e il novembre del 1415 egli risulta intestatario di diverse partite di debito per cui è chiamato a versare al Comune di Bologna una somma complessiva che superava le 390 lire, in parte dovute quale eccedenza rispetto al suo salario in parte legate a «certis laboreriis factis et fiendis» e «pro parte Rochetarum pro munitione Camere»646; nel febbraio dell'anno successivo il suo nome è nelle liste degli abitanti della cappella

di San Michele dei Leprosetti, chiamato a versare alla tesoreria una somma pari a 20 fiorini647

mentre ancora nel mese di maggio è obbligato a contribuire con 5 lire quali «subsidia pecuniarum habitarum»648.

Con 1415 si esaurisce quindi la fitta serie di note contabile che testimoniano lo stretto legame intercorso tra Giovanni e la committenza pubblica Bolognese. La città restò molto probabilmente al la base della vita del senese e della sua famiglia ma il deteriorasi della situazione lo spinse ad accettare nuovi incarichi lontano dalla città laddove l'apertura di vasti cantieri avrebbe necessitato della direzione di un ingegnere di grande esperienza e riconosciuto prestigio, mentre a Bologna occorrerà aspettare ancora un decennio perchè si apra una nuova stagione di imprese edilizie di una certa rilevanza649.

643APP. I – DOC 105 (EX DOC B-XXXI) (1416, febbraio 7).

644 DE BENEDICTIS 1995; DONDARINI 1997a, p. 43; DONDARINI 2000, pp. 318-324.

645 APP. I - DOC 101 (1415, aprile 9)

646 APP. I - DOC 100 (1414, dicembre - 1415 novembre) 647 APP. I - DOC 102 (1416, febbraio 15)

648 APP. I - DOC 104 (1416, maggio 5).

649 Si pensi alla costruzione del portale maggiore della Basilica di San Petronio, portata a termine da Jacopo della Quercia a partire dal 1425 (BORTOLOTTI 2004; BECK 1975) mentre si avvia la ricostruzione dell'ala destra del Palazzo del

Lagato in Piazza Maggiore, danneggiato da un incendio e riedificata su progetto di Fieravente Fioravanti (sugli interventi attuati da Fieravanti sul palazzo apostolico (Palazzo d'Accursio) in Piazza maggiori si rimanda a HUBERT

Ma la crisi che colpì la produzione edificatoria bolognese a metà del secondo decennio del Quattrocento sembrò non costituire infatti una battuta d'arresto per l'attività giovennea: egli aveva oramai raggiunto l'apice del prestigio e della fama tanto che oltre i Bolognesi alcuni dei più illustri principi italiani sembrano fare a gara per avvalersi dei sue competenze, tra di essi spiccano i nomi di Nicolò III d'Este, marchese di Ferrara, di Antonio (=Guidantonio?)650 da Montefeltro, conte di Urbino e Obizzo da Polenta, vicario di Ravenna651. È al servizio di quest'ultimo che Giovanni

passerà l'anno 1416.

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