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Le principali fonti scritte: alcune considerazioni general

P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.2 G IOVANNI DA S IENA E LA RISTRUTTURAZIONE DEL CONTADO

2.2.1.2. Le principali fonti scritte: alcune considerazioni general

Le fonti prodotte all'interno della macchina pontificia negli anni immediatamente precedenti alla restaurazione del regime comunale sembrano fornire un quadro sintetico della capillare rete di fortificazioni che il “Governo del Popolo e delle Arti” si trovò ad ereditare suggerendo uno stimolante confronto tra il quadro degli anni '70 del Trecento e quello lasciato dapo quasi un quarto di secolo di interventi fortificatori di matrice comunale.

Come è noto. terminata la dominazione viscontea, la Chiesa riconquistò la città di Bologna estendendo la propria egemonia sulle terre della Romagna. Ispirato dalla volontà di ristrutturare il potere pontificio su questi territori mediante un riordino politico-amministrativo Urbano V promosse la redazione di nuovi estimi nel 1361 e nel 1367270 a cui seguirono a distanza di pochi

anni le compilazioni della Descriptio Romandiole (1371)271, della Descriptio Civitatis Bononie eiusque comitatus (1371)272 e dei Praecepta (1371)273. Le tre opere furono redatte dall'allora legato

Anglic di Grimoard e sono il risultato di una sistematica ricognizione della regione molto probabilmente prodotta a fini principalmente di ordine fiscale274. Si tratta di un accurato quadro

descrittivo dello stato dei luoghi ordinati secondo la ripartizione politico-amministrativa275 e i nuclei

269 ZANARINI 2006.

270 PINI 1976, pp. 88-89; ZAMBELLI 1999, p. 42.

271 Sulla Descriptio Romandiole si veda MASCANZONI 1985.

272 Sulla Descriptio Civitatis Bononie si veda DONDARINI 1991.

273 MASCANZONI 1985, p. 1 ivi nota 2.

274 MASCANZONI 1985, p. 3.

275 La ripartizione territoriale viene associata a dall'Anglic a quattro ambiti civili: il «territorium», il «comitatus», il «districtus», il «vicariatus» e ad uno ecclesiastico: la «diocesis». La nozione di «territorium» sembra indicare un'area dipendente dalla città di cui non sempre sembrano chiari i confini e le entità territoriali che lo compongono, sovrapponendosi o meno con il «comitatus» o con la «diocesis» (MASCANZONI 1985, pp. 92-93). Il «comitatus» sembra

profilarsi nell'opera di Anglico più chiaramente come ambito sottoposto al controllo politico-amministrativo della città del quale sono delineati i confini e le località che esso racchiude (MASCANZONI 1985, pp. 93-94; DONDARINI 1991, p.

126). Nel caso della Descriptio Romandiole si fa menzione del «districtus» di Imola a indicare una ristretta area del «comitatus» imolese su cui la città esercitava il potere giudiziario e i diritti di protezione e esazione secondo quanto previsto da suoi statuti. Imola risulta per questo un unicum rispetto alle altre città romagnole per le quali la nozione di «districtus» non viene introdotta in quanto il controllo della «civitas» era qui esteso all'intero comitato ( MASCANZONI

1985, pp. 94). I vicariati indicavano quegli ambiti territoriali di minore estensione in cui il vicario si sostituiva alla figura del podestà esercitandone le funzioni amministrative (MASCANZONI 1985, p. 95; DONDARINI 1991, p. 126 e sgg).

La «diocesis» generalmente identificava una stretta a corrispondenza tra il contesto geografico sottoposto all'influenza della sede vescovile e l'area sulla quale veniva esercitato il potere civile. Questa coincidenza sembra venire meno ancora una volta nel caso di Imola dove il «territorium» della città non coincide con l'area della diocesi ( MASCANZONI

demici276 con la loro consistenza demografica, le fortificazioni e le maggiori arterie di

comunicazione, nonché gli elenchi degli ufficiali pubblici e i contingenti militari preposti alla custodia dei fortilizi.

La Descriptio bolognese descrive un territorio organizzato in unità amministrative disposte secondo corone concentriche intorno a Bologna e difese da una rete di trentatré strutture fortificate di cui ben ben diciannove si trovano dislocate verso il Modenese e fornite dei reparti militari più consistenti277.

La Descriptio Romandiole traccia un censimento maggiormente composito che fornisce non solo informazioni del territorio di Imola ma anche di quelli di altre undici città (Faenza, Forlì. Cesena, Bertinoro, S. Leo, Sarsina, Ravenna, Cervia, Rimini, Adria e Comacchio). Solo dopo alcuni anni dalla redazione delle due descriptiones l'Imolese ricadde nell'orbita politica e militare del governo bolognese che trovandosi a gestire un territorio più vasto racchiuso da nuovi confini orientali, infittì gli interventi sulle fortificazioni anche nell'imolese, approntando interventi di ristrutturazione ma anche nuovi episodi edificatori e insediativi che ridisegnarono in modo profondo l'armatura territoriale posta a difesa della città egemone.

La portata delle iniziative promosse durante la gli ultimi tre decenni del Trecento può essere misurata dal confronto tra la stato delle fortezze e degli insediamenti attestato dalle descriptiones del 1370 (quando ancora regnava la Chiesa) e il susseguirsi serrato delle deliberazioni del comune di Bologna tra il 1376 e il 1400, quando le riaffermate autonomie comunali investirono diffusamente risorse finanziarie e umane tra il Bolognese e l'Imolese, registrando l'apertura di un impressionante numero di cantieri. Le deliberazioni consiliari che contengono tracce di quegli interventi sono conservate presso l'Archivio di Stato di Bologna e sono suddivise, per il periodo di nostro interesse, in due serie denominate Provvigioni e Riformagioni cartacee e Provvisioni in

capreto278.

Le Provvigioni e Riformagioni cartacee riguardanti il periodo del “Governo del Popolo e delle Arti” (1376-1400) si compongono di 47 registri, ciascuno prodotto da un notaio preposto nell'arco di un semestre, registrando una grande varietà di provvedimenti tendenzialmente di ordine esecutivo ed espressioni dei poteri degli organi collegiali: si tratta di atti di svariata natura che possono riguardare le disposizioni assunte dagli organi collegiali oppure le licenze, i salvacondotti e i mandati di pagamento. Nel nostro caso risultano di particolare interesse i mandati emanati dal depositario generale che danno conto delle spese inerenti la costruzione di opere pubbliche quali le strutture difensive e le infrastrutture idrauliche, informandoci, pur attraverso asciutte note contabili, dei programmi edificatori messi in campo dallo stato: menzionando le località coinvolte, i nomi dei

276 I tre principali tipi insediativi mnzionati dal Anglic sono la «civitas», il «castrum» e la «villa»; sebbene non risulti sempre agevole desumere con certezza le caratteristiche alla base di questa classificazione possono essere presi in considerazione alcune generalizzazioni. Il rango di «civitas» veniva riconosciuto a quegli abitati che ospitavano una sede vescovile e che in genere erano connotati da un ruolo politico e amministrativo preminente esercitato su di un territorio da questi dipendente. In linea di massima questi nuclei erano associati ad una certa consistenza demografica ed erano protetti da una o più cerchie difensive. Anche i «castra» di popolamento erano difesi da fortificazioni perimetrali quali fossati, terrapieni e palancati e in alcuni casi vere e proprie mura. A somiglianza della «civitas» il tessuto sociale ed economico dei «castra» era animato dalla presenza di mercanti e artigiani. La presenza di strutture fortificate garantiva la sicurezza necessaria all'insediamento racchiuso al loro interno costituendo inoltre un rifugio per le popolazione del territorio circostante in caso di pericolo. Il «castrum» rappresenta inoltre un centro di una certa importanza all'interno delle maglie politico-amministrative, ospitando ufficiali pubblici e contingenti armati. Il termine «villa» sembra indicare infine un nucleo demico di ridotta importanza amministrativa consistente in un abitato rurale di dimensioni contenute composto di casali o casolari e privo di strutture difensive perimetrali. (MASCANZONI 1985, pp. 97-

100; DONDARINI 1991, pp. 132-133).

277 Il numero di fortificazioni preposte a difesa del Bolognese sembrerebbe inoltre ascendere a trentacinque, aggiungendo Nonantola e Bazzano che non vengono menzionate nella Descriptio bolognese ed erano in quel momento sotto il controllo degli Este. DONDARINI 1991, pp. 124-125. Nel 1371 i confini del contado bolognese racchiudevano un

estensione geografica minore rispetto a quella raggiunta al volgere del secolo grazie a una politica marcatamente espansionistica che segnò come prima tappa la concessione del vicariato di Imola a cui seguì un cospicuo investimento nel rafforzamento delle fortificazioni del nuovo fronte orientale.

principali protagonisti chiamati a supervisionare i cantieri, e tal volta le tipologie di fortificazioni messe in opera.

Le Provvisioni in capreto annoverano sei volumi pergamenacei che contengono le deliberazioni emanate sempre nel periodo 1376-1400 dagli organi del potere comunale, tra queste quelle assunte dal Consiglio Generale che assurgevano a una vera e propria produzione legislativa e quelle di natura più segnatamente amministrativa disposte ad esempio dagli Anziani e Consoli, dai Collegi dei Gonfalonieri e Massari delle Arti o dai Difensori dell'Avere279. In materia di governo del

territorio gli atti a carattere esecutivo potevano ad esempio esprimere le misure da mettere in campo per la creazione dei castra di popolamento, il riconoscimento di determinati status politico- amministrativi ai nuovi insediamenti e decidere sulla dislocazione e la consistenza dei contingenti militari preposti alla custodia della fitta maglia dei fortilizi, oppure ancora contenere tracce di accordi con gli Stati contermini e le progressive acquisizioni che incrementarono i confini del territorio bolognese ben oltre quelli ereditati dalla dominazione ecclesiastica interrotta dalla rivolta del 1376.

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