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Contra Faventiam: il primo incarico di Giovanni da Siena: la bastia di San Procolo Nel 1386, scoperta la congiura ordita da Astorgio Manfredi ai danni del governo bolognese,

P ARTE II: 1386-1400: G IOVANNI DA S IENA AL SERVIZIO DEL C OMUNE DI B OLOGNA

2.1. L' INIZIO DEL SINGOLARE PERCORSO DI ASCESA DI UN SENESE ALL ' INTERNO DELLA MACCHINA PUBBLICA BOLOGNESE

2.1.2. Magister bombardarum, faber et magister lignaminis.

2.2.3.2. Contra Faventiam: il primo incarico di Giovanni da Siena: la bastia di San Procolo Nel 1386, scoperta la congiura ordita da Astorgio Manfredi ai danni del governo bolognese,

quest'ultimo non tardò ad organizzare una brutale rappresaglia inviando una forza militare che oltrepassasse il Senio e sconfinasse nel faentino, danneggiando gli edifici, compromettendo i raccolti e spingendosi a minacciare Faenza fin sotto le sue mura. A servire da base d'appoggio alle incursioni e a stabilire un saldo baluardo al superamento del Senio i Bolognesi occuparono una

193 ZAMBELLI 1999, pp. 44-47.

fascia di territorio faentino in corrispondenza della testa del Ponte di San Procolo, erigendo qui una bastia funzionale alle incursioni e al contenimento di eventuali sconfinamenti del nemico195.

Il Ponte di San Procolo196 era situato a metà strada tra Imola e Faenza, lungo la via Emilia a

consentire l'attraversamento del fiume Senio che come osservato in precedenza costituiva la principale barriera naturale a protezione del confine orientale imolese. Al termine delle ostilità le trattative di pace consentirono ai Bolognesi di conservare la bastia incluso una porzione di territorio circostante misurata a cura di un perito faentino e di maestro Antonio di Vincenzo per Bologna197. I

trattati di pace del 24 agosto 1386 non solo consentirono ai Bolognesi di conservare non solo la bastia e l'integrità territoriale confermando il fiume Senio quale confine imolese ma di occupare permanentemente la parte del territorio faentino che consentiva l'accesso al ponte dalla sponda destra.

Il fortilizio allestito dai Bolognesi nel 1386 difficilmente poteva coincidere materialmente, come sostiene Corrado Ricci, con quello eretto nel 1356 dal cardinale Egidio di Albornoz e poi potenziato con un bastione nel 1363198, infatti le bastie generalmente si configurano come strutture difensive

campali ed estemporanee le cui strutture materiali erano destinate nella maggior parte dei casi alla rovina o ad essere smantellate al termine dei conflitti per i quali servivano come basi d'appoggio. La

195 GHIRARDACCI 1973, vol. II, pp. 404-405. «Ritrouandosi li Peppoli essere fuorisciti di Bologna, sopportando

malamente un tale lungo essilio, Taddeo figliuolo già di Giouanni, che fu Signore di Bologna, incognito venne al Monasterio de gli Angioli dell'Ordine de' Camaldoli fuori della Porta di S. Mama, doue era Priore un suo caro amico chiamato Frate Stefano, il quale per molte sue lettere era stato a pieno fatto capace de' suoi disegni, & il Frate gli haueeua fatto ogni larga promissione di aiutarlo a ripatriare. Stando adunque Taddeo in una calla nascosto, il Priore segretamente fa interndere la sua venuta a tutti gli amici di Taddeo, e li persuade ad aiutarlo: Eglino che molto l'amauano, più volte vennero a parlare segretamente col Peppolo, col quale alla fine conchiusero di pigliar una Porta della Città, e per un'altra Porta dare l'entrata ad Astore Manfredi, & al Conte Lucio Tedesco, che con ottocento cavalli era per tale effetto in ordine. E Taddeo per Porta di San Mama doueua con dugento Cittadini deì congiurati, entrare, e tutti insieme pigliare la Piazza, e piantarui un Gonfalone con l'arme de' Peppoli faceuano al detto Monasterio, cagionarono, che il detto Frate Stefano fu tolto a sospetto. [...] In tanto il Senato non poteua darsi pace, che Astorre Manfredi si fosse trapposto in questo trattato contro la Città di Bologna, & hauessse tolto in compagnia il Conte Lucio Tedesco, tanto essoso a Bolognesi in così fatta impresa, e chìegli ogni qual giorno non machinasse contro Bolognesi, fece congregare il Conseglio Generale, doue sopo lungo discorso fatto sopra gl'insulti da Astorgio Manfredi fatti contro la città di Bologna, senza, che pure uno contradicesse, si ottenne, che si douesse fare crudelissima guerra a Faenza. [ ...] Ragunati adunque tutti li soldati della Città a piedi, & a cauallo sotto la condotta di Egano Lambertini Capitano generale, il Senato gli mandò nel terrirorio di Faenza accioche facessero tutti quei mali, che fossero possibili, li quali gionti posero ogni cosa in ruina, scorrendo infino su le Porte di Faenza, tagliando le Viti, gli Alberi, e le Biade, e mandando per terra gli edificij. Poi vi fabricarono una inespugnabile Bastia, chiamndola la Bastia di San Procolo». 196 Il Ponte di San Procolo prendeva il nome dalla dedicazione di una pieve attestata nel IX secolo ma oggi non più esistente che si trovava all'interno dei confini faentini, lungo la riva destra del fiume vicino alla via Emilia

197 Il trattato di pace stipultato tra Astorge Manfredi e i Bolognesi è parzialmente trascritto in APP II SP - 1386, agosto 24; si veda inoltre la traduzione della stessa in: GHIRARDACCI 1973, vol. II, p. 406. « ... venne finalmente alla detta pace,

che hauesse a durare secondo le conuetioni infrascritte. Prima. Che la Bastia, ò Fortezza edificata per gli Antiani di

Bologna sopra il territorio di Faenza in luogo detto la Pieue di S. Procolo, appresso il detto Ponte, con tutti gli edifici fatti, con fosse, e controfosse, rimanga al Commune di Bologna, mentre, che al detto Commune piacerà, con il territorio, che è fuori le fosse, e controfosse, che mirano verso Bologna infino al fiume, di modo, che si possi usare l'acqua del detto fiume, insieme con l'altro terreno misurato per Pietro de' Fenzoli da Faenza, con Antonio di Vincenzo da Bologna, e consignato, e terminato per li sudetti Ambasciatori. E prima misurando à misura, e perica del Commune di Faenza, cominciando per lo primo termine della fine del muro del Ponte di S. Procolo verso Faenza, e misurando verso la Villa di Trentole di S. Procolo in longhezza di pertiche vintiuna, andando dopo l'Argine del fiume. Che sopra la riva di detto fiume andando verso la Montagna insino al rivo chiamato il Rivo della Cella, che pone capo nel detto Fiume. Che misaurando dalla parte di sotto del detto fiume insino alle pertiche vintiuna, andando verso Faenza, doue sono, e deono essere pertiche ottantatre, e piedi otto; e sopra la detta linea allontanandosi dal detto Argine, e andando versol il detto fiume sono pertiche sette. E più, cominciando al fine delle dette ottantatre pertiche nouanta, e piedi sette. E cominciando al fine delle dette pertiche nouanta, e piedi sette, e ritornando verso il detto fiume, capitando al predetto riuo, doue la detta Bastia, ò Fortezza deue hauer l'acqua per le fosse, sono pertiche 59. continuando alle dette pertiche 59. e seguendo il riuo sudetto insino al fiume: tutto quel terreno nelle dette confina incluso, spetti al detto Commune di Bologna. ... ».

conservazione materiale di uno di questi dispositivi per trent'anni appare poco verosimile mentre è più plausibile che il sito su cui sia stata realizzata in precedenza una bastia, in virtù delle caratteristiche strategiche intrinseche della sua posizione, possa essere sfruttato in più di un occasione per impiantarvi un nuovo fortilizio.

Le prime informazioni che abbiamo sulla Bastia di San Procolo fanno pensare ad un dispositivo militare bisognoso di essere ancora rinforzato ma ugualmente in grado di ospitare un contingente militare. Le prime voci di spesa dei registri delle Proviggioni, risalenti ai primi di luglio, riguardano infatti le disposizioni indirizzate agli ufficiali del vettovagliamento (ufficiali «super farinis») per l'approvvigionamento dei soldati qui di stanza permanente199. Sappiamo inoltre che lo stesso

Antonio di Vincenzo, in qualità di massario venne inviato dai Bolognesi «ad campum nostrum contra Faventiam» proprio con il compito di disporre interventi «super fotificatione bastite»200; e

sempre lui redige dopo pochi giorni la relazione necessaria al depositario generale per emanare il 18 luglio un mandato di pagamento di 29 lire e 3 soldi indirizzato a «Petro Selvagno magistro lignaminis pro se et so[c]iis» per certi lavori non meglio identificati all'interno del fortilizio201. Gli

importi piuttosto contenuti fanno pensare che i lavori ordinati da Antonio di Vincenzo riguardassero interventi di fortificazione altrettanto circoscritti ma forse inseriti nel corpo di una struttura difensiva che per quanto primitiva doveva già soddisfare un certo grado di efficenza.

Una volta tracciati i confini della area di occupazione alla testa di ponte in territorio faentino come stabiliti dai patti di pace sopra citati il Comune di Bologna inizio a investire sul potenziamento della bastita risorse economiche fino a quel momento apparentemente ancora non dispiegate. Nuovi interventi presero forma con l'impiego di «Tadeo Pacis Magistro lignaminis» che ricevette già il 30 agosto 200 lire «pro reperatione et fortifichatione nostre bastite Sancti Proculi»202; mentre ad aprile

dell'anno successivo «olim deputato per Dominos Antianos super fortificatione bastite Pontis de Sancto Proculo» lo stesso venne pagato per lavori in «palanchis et ferimento» per un totale di 198 lire e soldi 8203.

A sovraintendere in qualità di soprastante sembra essere però Antonio di Vincenzo204. il quale è

presente sul luogo dei lavori solo sporadicamente, ma funge in più di un'occasione da tramite tra i flussi finanziari erogati dal depositario generale, le maestranze e gli stessi capitani posti a capo del contingente militare. L'ampio ruolo di coordinatore esercitato da Antonio emerge a più riprese: ad esempio in settembre: attraverso un certo «Bartolomeo de Savignio» si occupa del mandato di pagamento di quattro falegnami deputati a segare i legnami destinati alla costruzione; si occupa delle spese relative all'ispezione del confaloniere «Magistro Petro Travaglii», delle risorse destinate a coprire le spese sostenute dall'allora capitano della bastia «Nicolao de Panzachiis de Ronchastaldo»205. Tra la fine dell'estate e l'autunno gli spostamenti di Antonio di Vincenzo

dovevano essere frequenti e per almeno tre volte viene inviato per conto del Comune «in partibus Romandiole» per incarichi non meglio precisati206 ed il 27 novembre è di nuovo presente alla bastia

di San Procolo presso la quale reste quattro giorni «pro aliquibus secret[i]s negotiis»207.

Le assenze prolungate di Antonio di Vincenzo dalla bastia sembra non incidessero sul progresso dei lavori di potenziamento: un ruolo di coordinamento di natura sussidiaria «circa reparationem et fortificationem» era molto probabilmente svolto dal capitano del contingente militare «Ravagesio

199 ASBo, Comune, Governo, Riformagioni e provvigioni cartacee, b. 290, reg. 59, c. 6r (1386, luglio 2) 200 APP II SP - C 1386, luglio 3. Il depositario generale emette per Antonio un mandato di 18 lire. 201 APP II SP - 1386, luglio 18.

202 APP II SP - 1386, agosto 30. 203 APP II SP - aprile 11.

204 APP II SP - 1386, settembre 10. «seperstiti laborerio reperationis bastite nostre *po* Sancti Proculi» 205 APP II SP - 1386, settembre 20.

206 APP II SP - 1386, settembre 20; APP II SP - 1386, novembre 16; APP II SP - 1386, dicembre 6. 207 APP II SP - 1386, novembre 27.

de Savigno» che nel frattempo aveva sostituito «de Ronchastaldo»208. Ad esempio il 13 novembre il

capitano ricevette 110 lire per le spese «in beltreschis et aliis circa reparationem et fortificationem dicte bastite»209 il 15 dicembre Ravagesio ebbe ancora dal depositario generale 212 lire e 15 soldi

per lo scavo di fosse e redefossi e la costruzione di «guardiolas et saracinos»210.

Il trattato di pace sottoscritto il 24 agosto 1386211 non si sofferma sulla configurazione della bastia,

in forma laconica sappiamo che essa raggruppava «edificiis et contructionibus» (che verosimilmente ospitavano il contingente militare, le munizioni e i rifornimenti alimentari) e che era protetta da una corona di «foveis et redefossis» che venivano allagati grazie all'acqua derivata dal vicino fiume Senio. Con grande probabilità dei palancati rafforzati da «beltresche» cioè strutture fortificate aggettanti, componevano il recinto difensivo. Il legno doveva essere quindi il principale materiale da costruzione come del resto il frequente impiego di magistri lignaminis nel cantiere confermerebbe.

Per quel che oggi sappiamo attraverso le lacunose fonti scritte questo avamposto nato dallo sconfinamento dei Bolognesi oltre la frontiera nemica, difeso da un manipolo di militari e protetto da difese apparentemente ancora primitive e provvisionali, fu il luogo attorno al quale prese avvio la singolare vicenda biografica del giovane Giovanni da Siena. La prima traccia documentaria che ne parla è un mandato redatto il 17 dicembre 1386212 all'indirizzo degli Ufficiali della Condotta degli

Stipendiarii affinchè questi ultimi inseriscano nei loro registri un nome sino ad allora estraneo alle fitte liste dei salariati aò servizio del Comune di Bologna, si trattava di un forestiero: Giovanni di Guglielmo da Siena, presentato quale «magistrum bombardarum, fabrum et magistrum lignaminis». Il compito affidatogli concerne la permanenza presso la bastia di Ponte San Procolo con il patto di prestare il proprio lavoro quando sia necessario e costruire pozzi e forni («puteos et furnos»), strutture apparentemente semplici ma strettamente funzionali a garantire l'autosufficienza – anche alimentare - del fortilizio.

Piuttosto singolare è la doppia provenienza dei compensi che su base mensile concorrono a formare il salario di Giovanni, infatti egli percepisce 6 lire erogate direttamente dall'autorità comunale a cui si aggiungono 4 lire recepite da «Ravagesio de Savigno» capitano del contingente militare deputato alla custodia del fortilizio. Un doppio legame per cui i compiti di Giovanni non si risolvano nell'esercizio delle mere competenze tecniche al servizio del Comune ma riguardino anche parte integrante della dimensione militare che di fatto rimanda in forma autonome alla banderia d'istanza agli ordini di Ravagesio. Sotto il profilo meramente pecuniario un salario complessivo di 10 lire mensili metteva sullo stesso piano la retribuzione di Giovanni con il "salario base" degli Ingignerii

civitatis Bononie eletti e pagati secondo quando stabilito dalle norme statutarie emanate solo tre

anni più tardi213. Quello che è certo è che salvo i consueti ritardi nei pagamenti di tesoreria la parte

di salario dovuta del comune fu regolarmente versata mentre delle 4 lire promesse dal capitano queste sembra rimandare quasi ad una dimensione destinata a divenire di accordo privato e comunque estranea alle voci contabili della tesoriere comunale.

La famigliarità con la dimensione militare era molto probabilmente parte dell'esperienza che aveva portato alla formazione di Giovanni prima che questo entrasse al servizio di Bologna, lo stesso titolo di magister bombardarum ne faceva dichiaratamente un costruttore di macchine da guerra entrando a far parte di quella nutrita schiera di ingegneri-architetti che avrebbero sfruttato le loro abilità nel congegnare macchine militari per entrare a servizio dei governi del tempo. Anche la

208 APP II SP - 1386, ottobre 3. 209 APP II SP - 1386, novembre 13. 210 APP II SP - 1386, dicembre 15. 211 APP II SP - 1386, agosto 24. 212 APP. I - DOC 1 (1386 dicembre 17)

213 BRAIDI 2002, pp. 484-485: De ellectione et officio ingigneriorum civitatis Bononie. Rubrica. Il salario

dell'ingegnere comunale verrà fissato a 10 lire che poteva tuttavia essere incrementato in ragione di lavori commissionati dall'autorità pubblica.

qualifica di magistrum lignaminis non risulta per nulla estranea all'ambito bellico, questa è richiesta non solo per approntare i fortilizi quali la bastia citata ma occorreva nella produzione di macchine d'assedio e difesa, non da ultimo il temibile trabucco che continua ad affiancare le bombarde ancore bisognose di un lungo periodo di perfezionamento.

Queste peculiarità concorsero certamente a favorire la permanenza del senese alla bastia di San Procolo ma resta difficile pensare che l'entrata in servizio in quel contesto non fosse stata promossa anche attraverso Antonio di Vincenzo che da nel ruolo di soprastante aveva supervisionato e ispezionato i lavori di rafforzamento del fortilizio.

Dai registri dell'Ufficio per la Condatta degli Stipendiarii emerge che Giovanni restò in servizio alla bastita di San Procolo in modo continuativo dal dicembre del 1386 al settembre 1387214, durante

questo arco temporale, troviamo ad aprile ancora traccia della compilazione di alcune note di spesa a cura del depositario generale per lavori fatti «in reparatione et fortificatione» ordinati dagli Anziani del Comune di Bologna a cui si sommavano le spese per la costruzione di un nuovo forno a cui si associano quelle necessarie in «assid[i]bus et ferramento» per 87 lire e 19 soldi.215.

Il 15 settembre del 1387 gli Ufficiali per la Condatta degli Stipendiari confermarono nuovamente il nome di Giovanni nei loro registri, con l'accordo di restare da quel momento d'istanza alla bastia di San Procolo «pro reparatione bombardarum» e altri compiti non meglio specificati, per la durata di un intero anno confermando un salario comunale di 6 lire mensili216.

Se ancora nel mese di ottobre si riscontra traccia di un mandato di 150 lire destinato a coprire le spese fatte e da eseguire ancora «in reparatione et fortifficatione»217, il mese successivo si ha

l'impressione che le risorse destinate alla guarnigione della bastia siano destinate a declinare inevitabilmente: alla fine di novembre del 1388 lo stipendio riservato al capitano venne quasi dimezzato da 22 a 12 fiorni e con lo stesso mandato cessava l'incarico di Giovanni da Siena quale «Ingignerium socium de banderia dicti Ravagexii»218. La disposizione tanto drastica rifletteva

quanto era stato assunto con provvigione del 17 novembre del 1388: compilato con l'ambizione di favorire da una parte la nuova fondazione del vicino Castel Bolognese quale centro amministrativo e militare della frontiera Imolese, e dell'altra era tesa a depotenziare la bastita nella quale era considerata oramai superflua la presenza di un ingegnerius al servizio della banderia in quanto, per lui, «nulum laborerium est fiendum de novo in dicta bastia»219.

Eppure già nell'autunno del 1389 il Comune di Bologna ordinò nuovi interventi di riparazione alla bastia, questa volta affidati a «Iohanni Francisci Chavacini Ingignerio nostri Communis» che qui supervisionerà lavori per complessive 382 lire e 7 soldi220, furono però davvero gli ultimi interventi

sul fortilizio.

214 APP. I - DOC 2 (1387, marzo 29, maggio 30, settembre 13). 215 APP II SP - 1387, aprile 4.

216 APP. I - DOC 3 (1387, settembre 15). Dai registri degli Ufficiali della Condotta degli Stipendiarii è documentata l'erogazione dello spipendio mensilie, seppure che alcune irregolarità per un'arco temporale di 10 mesi che sembra arrestarsi con il pagamento del mese di giugno liquidato il 4 settembre 1388 per un totale di 60 lire. APP I - DOC 4 (1387, ottobre 26, dicembre 7; 1388, febbraio 21, marzo 12); APP. I - DOC 5 (1388, maggio 30, luglio 17, agosto 8; dicembre 4).

217 APP II SP - 1387, ottobre 31.

218 APP. I - DOC 6 (1388, novembre 28).

219 ASBo, Comune, Governo, Provvigioni in capreto, b. 301, vol. III - liber B (1386-1390), c. 242r - 242v. (1388, novembre 17) «[...] Item que in Bastia Pontis Sancti Proculi in qua est deputatus unius ingegnerius et habet de salario in mense libras sex bononinas et scriptum est in una banderia peditum esistente in dicta bastita pro una pagha quia ad presentes nulum laborerium est fiendum de novo in dicta bastia et quia expensis inutilis omnino casetur a dicto salario sex libras bononinas in mense. [...]».

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