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L’Ascensione di Isaia e la scrittura visionaria

Il resoconto di Ascensione di Isaia, 6-11 sembra potersi iscrivere nella dina- mica che da un’esperienza psicotropa connessa a una ritualità pubblica o collettiva, e come tale forse legata a diverse modalità di rimessa in atto di testi e/o precedenti considerati autorevoli, giunge a innescare una vera e propria esperienza di contatto diretto con l’oltremondo messa per iscrit- to da personale specializzato e, quindi, divulgata a collettività più o meno ampie9.

Il racconto di Ascensione di Isaia, 6-11 è una descrizione di natura visio- naria in cui un gruppo si rifà a Isaia per meglio corroborare alcuni assunti in merito a una particolare interpretazione della fi gura di Gesù; l’uso del personaggio di Isaia, al di là di tutto, permette di mettere in bocca a un’im- portante fi gura della tradizione ebraica alcune predizioni (almeno stando all’ottica pseudepigrafi ca del testo) che dovrebbero svelare la reale natura di Gesù. Come già ricordato, nel racconto Isaia, venuto a Gerusalemme insieme a suo fi glio Yosab (secondo la versione etiopica), profeta anch’egli, raggiunge il re Ezechia nel palazzo reale e con questi inizia un colloquio proprio all’interno della sua camera (cfr. 6,1-5). Nel frattempo i dignitari, che si sono radunati nell’anticamera e hanno accolto Isaia in piedi, si ac- comodano sui loro seggi insieme a quaranta profeti convenuti anch’essi per l’occasione. Dopo che Isaia ha iniziato a profetare a gran voce così da esser udito anche fuori dalla stanza, il re fa entrare nella camera i profeti e la gente che si trova nelle stanze contigue, compresi i dignitari, e tutti restano nella stanza del re fi nché cessa l’esperienza di contatto diretto con il sovrannaturale vissuta da Isaia.

Il testo specifi ca anche in che modo gli astanti si posizionano: quattro profeti, Michea, Anania, Gioele e Yosab, si siedono in posizione di onore alla destra di Isaia, e mostrano quindi una sorta di precedenza sui dignitari, che nell’anticamera regia sedevano invece su dei seggi. Il contatto diretto con il sovrannaturale di Isaia suscita una reazione immediata negli ascol- tatori, per cui essi si pongono in ginocchio e innalzano a Dio un canto di

lode (cfr. 6,6-9). Il canto di esultanza non interrompe l’esperienza di Isaia, sebbene, improvvisamente, alla parola ispirata succedano in lui il silenzio e la vera e propria uscita dal sé. Il profeta, proprio perché tace all’improvvi- so, è ritenuto soprattutto dai profeti come il protagonista di un’ascensione celeste, mentre gli altri lo reputano morto (cfr. 6,10-14). Terminata l’estasi, Isaia si accinge a esporre le rivelazioni che ha ricevuto. La comunicazione, però, è riservata a un gruppo ristretto composto di uomini spirituali, cioè i profeti, il re e tre dignitari. I presenti innalzano quindi un inno di rin- graziamento a Dio per la rivelazione mentre Isaia sigilla le proprie parole riservandole per l’ultima generazione (cfr. 6,15-17). Il testo a questo punto si dilunga a riportare quanto Isaia avrebbe visto e vissuto nel suo viaggio per i sette cieli, oltre a un annuncio della discesa del Signore al compimen- to del tempo, discesa che avviene proprio attraverso i sette cieli, e una serie di visioni che servono a chiarire l’identità del Signore disceso (chiaramen- te identifi cato con Gesù di Nazaret; 7,1-11.38). Segue a questo punto una esortazione di Isaia ai profeti che lo accompagnano in cui si specifi ca di non divulgare in alcun modo il contenuto del resoconto (11,39-40). Ecco il testo nelle diff erenti versioni in cui è attestato10.

Etiopico Latino (nella versione

di De Fantis)

Slavo E Isaia gli fece giurare che

non avrebbe parlato al po- polo d’Israele, né avrebbe dato queste parole per trascriverle a un uomo, e allora le leggeranno.

Ed egli scongiurò loro di non annunciare al popo- lo di Israele e di non dare queste parole a nessun uomo per essere scritte. «Ma quante saranno le cose dette nei profeti che il re comprenderà, <tante voi comprenderete>».

E li scongiurò di non an- nunciare ai fi gli di Israele né per essere trascritte dare queste parole ad uomo al- cuno. «Ma quanto dal re comprenderete delle cose dette nei profeti, tali cose comprendiate».

Il passo in slavo è evidentemente corrotto. La versione latina, a ogni modo, conferma che nella parte fi nale del resoconto doveva trovarsi un accenno alle parole di Isaia che, pur non essendo destinate alla divulgazione, con- ducevano alla reale comprensione del senso nascosto nei testi profetici. Come osservato da Norelli (1995, p. 594):

Tra le parole profetiche da comprendere vi era certo in primo luogo il libro cano- nico di Isaia, e tra l’altro probabilmente Is 38,9-20, il lamento di Ezechia malato,

un passo che, elevando il re a un rango “profetico”, ha probabilmente fondato sia la connotazione carismatica di Ezechia in AI 6-11, sia l’idea di una visione a lui concessa […]. In 11,40 comunque la «comprensione» sembra spettare al re, che appare quindi come l’istanza regolatrice dell’esegesi cristologica dei testi profetici della Scrittura.

La versione etiopica presenta un oscuro richiamo a una lettura futura, non sappiamo se da parte del sovrano stesso, dovuto evidentemente alla cadu- ta di una porzione di testo, forse un’allusione alla rivelazione dei segreti divini contenuti in libri che saranno resi noti al tempo della realizzazione escatologica. Può darsi che il testo etiopico tendesse a marcare ulterior- mente il carattere ex eventu delle profezie di Isaia, spiegando al contempo il motivo per cui un libro, che dovrebbe risalire a un tempo così antico, sia stato conosciuto solo in un secondo momento. In sostanza, l’Ascensio-

ne di Isaia sembra polemizzare con un’idea di divulgazione troppo ampia

del resoconto visionario, forse perché si ritiene che il tempo della fi ne sia ormai vicino, per cui la diff usione a largo raggio di un testo riportante visioni dirette dell’oltremondo potrebbe rischiare di vanifi care l’impatto di una conoscenza riservata soltanto ad alcuni.

Se si osserva bene il ruolo svolto da ciascuno degli attori presenti nel racconto, è possibile confermare ulteriormente questa lettura corredan- dola di qualche elemento in più. Oltre a Isaia, come abbiamo visto, i per- sonaggi che più agiscono in relazione al visionario sono il re Ezechia e i profeti Michea, Anania, Gioele e Yosab. Questo lascia supporre, al di là delle identifi cazioni imposte dalla narrazione, un rapporto di parità tra Isaia e gli altri personaggi che il testo identifi ca come profeti e che non a caso comprendono immediatamente quanto sta avvenendo (cfr. 6,14); ciò emerge ancor di più se confrontiamo tale relazione con quella sorta di asimmetricità insita nella fi gura di Ezechia a cui, non a caso, è delegata la responsabilità della corretta interpretazione di quanto dichiarato da Isaia. La scena, in sostanza, riproporrebbe ciò che avveniva nelle cerimonie profetiche che si celano dietro colui e/o coloro che hanno assemblato il testo di Ascensione di Isaia, 6-11: alcuni individui dichiarano di avere una esperienza di contatto diretto con il mondo altro – e iscrivono tale dichia- razione innanzitutto sul proprio corpo, evidentemente comunicando in vario modo, con la propria fi sicità, che qualcosa di strano sta avvenendo – che viene a sua volta rendicontata di fronte a qualcuno che ha il compito di confrontare il resoconto con le scritture da lui ritenute autorevoli e che

deve quindi verifi care se ciò che viene narrato è a sua volta capace di schiu- dere nuovi sensi rispetto alla loro interpretazione. In tale quadro, va altresì evidenziato che la versione etiopica dell’Ascensione di Isaia sottolinea con forza che, oltre ai profeti e al sovrano, assistono al racconto di Isaia anche delle fi gure tecniche preposte alla scrittura, «Samnas lo scriba, Joakim e Asaf lo storiografo, perché erano appunto operatori di giustizia e il profu- mo dello Spirito era in loro» (trad. it. in Bettiolo et al., 1995, p. 80).

A diff erenza di L’anima di Tertulliano discusso nel paragrafo preceden- te, l’Ascensione di Isaia non esplicita quale tipo di attività psicotropa abbia innescato l’esperienza di contatto diretto con l’oltremondo; ciò che osser- viamo, in sostanza, almeno in questo specifi co caso, è un esito narrativo realmente costellato di riferimenti provenienti da materiali tradizionali, e ciò conferma che, anche quando non esplicitamente indicata, la rimodu- lazione di frammenti tradizionali agisce inevitabilmente come strumento costruttore del resoconto visionario, tanto che esso appare già in qualche modo orientato ad andare incontro ad aspettative di rimessa in atto di par- ticolari materiali ritenuti autorevoli nell’ambito in cui l’esperienza viene narrata, così da testarne la veridicità.

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