• Non ci sono risultati.

Scritture visionarie e (re)invenzioni della tradizione

In questo complesso quadro di vera e propria invenzione (ma sarebbe più corretto parlare di continua reinvenzione) della tradizione15 portato avanti dai testi di natura visionaria, vanno ovviamente inseriti a pieno titolo i procedimenti di riproduzione del passato e i cataloghi tratti da esso. Per quanto concerne la reinvenzione della storia, molti testi visionari, proprio in quanto rievocazioni pseudepigrafi che di eventi passati, possono agevol- mente ricostruire vicende contemporanee e rappresentarle nella lente del- la predizione futura (il ben noto procedimento della profezia ex eventu). In questo caso, il passato tradizionale appare rimodulato come una sorta di percorso progressivo che si dirige inesorabilmente verso il tempo della fi ne, spesso allargando la prospettiva temporale propria dei materiali di volta in volta chiamati in causa scansionando il tempo umano in periodi rigidamente conchiusi (Collins, 1998, pp. 63-5, 155-7, 238-40); quest’ulti- mo stratagemma narrativo rappresenta una sorta di ricreazione del tempo in chiave fortemente deterministica, che intende riprodurre la sospensio- ne vissuta dal visionario nel suo contatto diretto con l’oltremondo e so- vraccaricarla, al tempo stesso, di ulteriori signifi cati.

Un caso particolarmente importante, in questo senso, è rappresentato da 1 Enoc, 85-90 (= aat i, pp. 193-218), la sezione che oggi troviamo a con- clusione del Libro dei sogni, una rievocazione della storia umana in chiave simbolica che va dalla creazione del mondo fi no al presente del testo (da ricondurre, con buona dose di verosimiglianza, all’epoca di Antioco iv; cfr. infr a, pp. 336-40) e in cui gli esseri umani sono rappresentati come ani- mali (da cui l’identifi cazione di questa parte dell’apocalisse con una vera e propria Apocalisse degli animali; cfr. Tiller, 1993). Nel resoconto visio- nario, attribuito nella fi nzione pseudepigrafi ca a Enoc, la storia è divisa in tre fasi: la prima va dalla creazione al diluvio (1 Enoc, 85,1-89,8), la seconda

si estende dal diluvio fi no all’epoca che il testo identifi ca come il presente (89,9-90,27), mentre l’ultima prospetta il futuro rinnovato della città di Gerusalemme (90,28-42). Nonostante la forte connotazione simbolica che pervade l’intero resoconto, è possibile identifi care di volta in volta gli eventi che l’autore intende rievocare (ad esempio, 1 Enoc, 85,4 recita te- stualmente: «E questo vitello nero colpì con le corna il [vitello] rosso e lo [in]seguì sulla terra ed io, allora, non potetti più vedere quel vitello rosso» [aat i, p. 193], alludendo abbastanza chiaramente all’episodio dell’ucci- sione di Abele raccontato in Gen 4).

La periodizzazione della storia, di norma sottoposta a una forte ope- ra di selezione e, insieme, di rielaborazione, connette in modo evidente il passato e il presente, così che le due ere emergono come l’una lo spec- chio dell’altra. In 2 Baruc, 53-76 (ivi, pp. 318-34), ad esempio, il protago- nista vede una nube che emerge dal mare contenente dodici acque oscure e luminose e con un qualcosa simile a un lampo sulla sommità; seguono dodici piogge, in cui si alternano scrosci di acque oscure e luminose, fi no ad acque tenebrose e devastanti. A quel punto, il fulmine imprigiona la nuvola e illumina la terra, mentre dodici fi umi gli vanno incontro quasi per circondarlo e sottomettersi a lui. L’angelo Ramaele spiega che l’alter- nanza delle acque ripercorre lo schema della storia sacra da Adamo fi no all’epoca dei re, in cui tutto appare sorretto dalla trasgressione o dalla fe- deltà alla legge. Le undicesime acque oscure, che chiudono la limpidezza delle generazioni di Giosia, preludono ai tempi della fi ne, dove ha luogo la confusione dei popoli fi no alla loro consegna nelle mani dell’inviato di Jhwh e all’instaurarsi del tempo fi nale. La visione si riallaccia a tutto un linguaggio e un immaginario che troviamo anche nel sogno di Dn 7 sulla successione delle quattro bestie (cfr. Henze, 2011, pp. 269-70), rappresen- tando un ulteriore esempio del procedimento di estensione delle profezie del passato sulla scorta dell’antologizzazione allusiva.

La riproduzione degli eventi passati si riallaccia direttamente a un ulte- riore meccanismo di matrice visionaria proprio dell’invenzione della tra- dizione, quello dell’enumerazione di esempi tratti dalla storia tradizionale, una tecnica ben attestata nei testi giudaici del periodo ellenistico-romano e che sembra attraversare diversi generi letterari. Questi veri e propri cata- loghi defi niscono una lista di individui paradigmatici, che vengono intro- dotti insieme a taluni elementi che ne defi niscono la biografi a e la storia personale. Il riferimento tradizionale, in questo quadro, avviene di norma richiamando alcune parole chiave che evocano materiali tradizionali e che

ritroviamo codifi cati, in una forma più o meno compiuta, all’interno dei testi successivamente assunti come canonici. Il 4 Esdra, in questo quadro, rappresenta un ottimo esempio. Gran parte del testo consiste in una serie di dialoghi tra Esdra e un angelo, così come avviene nel libro di Giobbe. In 4 Esdra, 7,100-115 (= aat i, pp. 443-5) Esdra e l’angelo dialogano in merito al problema se la salvezza individuale sia determinata soltanto dai meriti di ciascuno o possa essere accordata dalle preghiere di intercessione. Esdra si appella all’autorità della tradizione per sostenere il suo argomen- to, richiamando così l’attenzione su un catalogo di giusti derivato dalla Torah. Nel caso specifi co, ogni nome è seguito da un episodio in cui un giusto ha interceduto per altri: ad esempio, Abramo ha pregato per la gen- te di Sodoma (Gen 18,16-33), mentre Elia per la resurrezione del fi glio della vedova (1 Re 17,21-23).

Il catalogo assolve a una importante funzione retorica nell’ambito del discorso messo in bocca a Esdra: se la preghiera intercessoria del giusto ha eff etto in un mondo corrotto e in balia della trasgressione della leg- ge, perché non dovrebbe avvenire lo stesso nella dimensione escatologica? L’angelo, a sua volta, proprio partendo dagli exempla richiamati da Esdra, rovescia l’argomentazione a suo vantaggio, sottolineando come nel giorno del giudizio avverrà il passaggio da un mondo imperfetto a uno perfetto, per cui proprio la capacità dei giusti di intercedere defi nisce, a chiare lette- re, la dimensione imperfetta del mondo attuale; gli esempi richiamati da Esdra, nell’ottica dell’angelus interpres, illustrano un mondo in cui agisce un modello diff erente di retribuzione, molto lontano da quello che si af- fermerà dopo il giudizio.

Il complesso rapporto che viene a instaurarsi tra esperienza psicotropa (innescata dalla lettura/ascolto di un precedente considerato autorevole o da una ritualità che in qualche modo riformula e rimodula racconti tra- dizionali), contatto diretto con l’oltremondo, verbalizzazione e ri-messa per iscritto inevitabilmente richiama una serie di questioni di capitale im- portanza e, come tali, di estrema diffi coltà. Innanzitutto il problema di che cosa e come intendere il testo “autorevole” negli universi giudaici del periodo ellenistico-romano; proprio l’estrema varietà dei processi inter- pretativi e di rimodellamento presenti nei testi visionari giudaici e proto- cristiani testimonia della notevole volatilità propria di questo corpus in quegli stessi contesti. Volatilità, qui, non signifi ca che non esistesse un cor-

pus di testi ritenuti più autorevoli di altri. Se è senz’altro possibile ritenere

da una certa fase in poi, abbiano assunto una loro fondamentale rilevanza pubblica e che siano stati quindi considerati strumenti di autodefi nizione culturale e religiosa, ciò non signifi ca che questi non venissero sottoposti a pesanti opere di adattamento, specialmente quando trasmessi come mezzi di defi nizione e di accreditamento di particolari forme di ritualità pubbli- ca. A ciò si unisca la fondamentale importanza che, in questo quadro, ha assunto la trasmissione orale, che ha generato, almeno in taluni casi e in particolari momenti, dialettiche continuamente oscillanti tra conservati- vità e spinte al mutamento.

Il medesimo processo è documentabile per gli stessi testi visionari che ci sono pervenuti: proprio la defi nitiva testualizzazione e/o scritturalizza- zione (su cui cfr. infr a, spec. pp. 97-100) sembra implicare una loro pro- gressiva acquisizione come materiali considerati autorevoli e, come tali, sottoposti agli stessi processi adattivi degli scritti man mano assunti come biblici, anche se sempre all’interno di specifi ci contesti socioculturali. A ciò si unisca il processo di defi nizione degli scritti entrati a far parte, in ma- niera defi nitiva, dei successivi canoni, processo che in molti casi ha avuto notevoli ripercussioni sulla stessa defi nizione e trasmissione dei materiali non inclusi in quegli stessi corpora. Ma questi problemi saranno trattati più diff usamente nel capitolo seguente.

Outline

Documenti correlati