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Tra riattivazione, manipolazione ed eseges

Un passo tratto dall’Anima di Tertulliano (ca. 155 d.C.-230 d.C.), dedicato a una profetessa seguace di Montano (9,4), sembra fotografare quello che, a tutti gli eff etti, appare come un modello capace di dare conto del proces- so compositivo degli scritti visionari e della loro trasmissione sulla lunga durata tra mondo antico e tardoantico:

C’è oggi presso di noi una sorella che ha ricevuto i carismi della profezia [revela- tionum charismata sortita], che sperimenta in chiesa, in estasi spirituale, durante le cerimonie domenicali [inter dominica sollemnia]: parla con gli angeli, talvolta

anche con il Signore, vede ed ode misteri, vede nei cuori di alcuni e ottiene indi- cazioni per sanare coloro che lo desiderano. In eff etti, viene fornito materiale alle sue visioni [ita inde materiae visionibus subministrantur] a seconda delle Scritture che vengono lette, dei salmi che vengono cantati, delle allocuzioni che vengono proff erite o delle preghiere che vengono recitate. Per caso, avevamo pronunciato un sermone in merito all’anima quando quella sorella cadde in estasi. Terminati i riti sacri e congedata l’assemblea, come di consueto, ella ci riferì quanto ave- va visto (le sue visioni vengono infatti annotate con grande attenzione, per poi mostrarne la verità [nam et diligentissime digeruntur, ut etiam probentur]). «Fra le altre cose – disse – mi si è mostrata l’anima fi sicamente, e sembrava spirito, e non era di una qualità inane e vacua, ma sembrava anche potersi aff errare, sottile, luminosa, di colore simile all’aria e del tutto affi ne alla fi gura umana. Questo è il contenuto della mia visione» (trad. it. in Moreschini, Podolak, 2010, p. 77). Tertulliano ambienta l’esperienza visionaria di questa anonima soror du- rante le cerimonie che si svolgono in seno all’assemblea. La donna appare investita di un vero e proprio charisma revelationum, che si manifesta inter

dominica solemnia, ovvero nelle riunioni liturgiche che si svolgono di do-

menica. Stando a quanto scrive Tertulliano, la profetessa cade in un vero e proprio stato estatico, e così appare in grado di dialogare con gli angeli o anche con il Signore, arrivando a conoscere i misteri celesti. Le visioni ven- gono narrate a un gruppo di seguaci più ristretto, quello degli spirituali, lasciando da parte i fedeli comuni, e quindi messe per iscritto per testarne la veridicità.

La scrittura, in questo caso, appare come uno strumento di verifi ca di notevole importanza, fondato sul confronto tra quanto esperito dalla donna e altre esperienze analoghe evidentemente ritenute fonte di auto- rità. Una particolare attenzione merita il verbo con cui Tertulliano indica l’atto della messa per iscritto delle esperienze di contatto con il mondo altro, digero, che in latino indica anche l’atto della divisione e qui richiama soprattutto l’idea della messa in ordine, o anche della regolazione, da cui il signifi cato di “registrare regolarmente per iscritto”, o anche di “spiegare or- dinatamente” (usato in questo senso si trova in relazione ai presagi dell’in- dovino; cfr. Virgilio, Eneide, 2,182), un rimando non soltanto alla mera trascrizione di quanto la donna espone dopo l’estasi, ma soprattutto a una scrittura, per così dire, di natura interpretativa, o forse anche propriamen- te creativa e manipolatoria, nel senso dell’adeguamento del resoconto a particolari necessità comunicative. Non è dunque un caso che Tertulliano enfatizzi con forza il fatto che il contenuto delle visioni è subito riportato

a un gruppo più ristretto, evidentemente quello che mostra pretese di na- tura dirigenziale. A ciò si unisca che nel testo è chiaramente riportato che il materiale che compone le visioni deriva direttamente da ciò che avviene durante la cerimonia liturgica: oltre alle letture, citate in prima posizione, ciò che la donna vede nella sua esperienza di contatto con il mondo altro “si nutre” direttamente, per così dire, dei salmi che vengono cantati, dei sermoni pronunciati o anche delle preghiere recitate durante il rito.

Dal punto di vista contenutistico, nel trattato di Tertulliano il riferi- mento a termini e concetti come spiritus, inanis e vacuus, di solito da lui utilizzati in riferimento all’incorporeità, lascia supporre che la profezia della donna, così come descritta, sia pesantemente rimodulata alla luce del pensiero del nostro autore, e non a caso la visione tiene dietro a un sermone di argomento psicologico forse tenuto dallo stesso Tertulliano, rispetto al quale l’esperienza della soror appare investita del ruolo di vera e propria cassa di risonanza di natura profetica. In sostanza, Tertulliano ci mette di fronte una dinamica legata al contatto diretto con il sovrannaturale per cui da un’esperienza di natura psicotropa – la lettura di un testo, il canto di un salmo, l’ascolto di un sermone o anche una preghiera collettiva (in questo caso tutte manifestazioni di ritualità collettiva) – deriva un’eff ettiva uscita dal sé che a sua volta conduce a un resoconto trascritto, evidentemente da personale tecnico, dopo un’accurata opera di selezione e di messa in ordine.

L’idea che il visionario sia assistito da qualcuno che riporta per iscritto quanto da lui esperito nel suo contatto diretto con il mondo altro si trova già nei testi cosiddetti profetici inclusi nelle Scritture ebraiche e cristiane. In Ger 36,1, nella sezione dedicata alle soff erenze del profeta, Jhwh stesso rivolge una parola al mediatore chiedendogli di scrivere su un rotolo tutte le cose rivelate riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni. Ge- remia chiama Baruc affi nché possa scrivere, sotto dettatura, tutto ciò che il Signore ha svelato, e possa poi recarsi nel tempio e leggere al popolo il contenuto dello scritto. Baruc è invitato a leggere il rotolo e, nell’udire il contenuto delle visioni, gli astanti (nel caso specifi co, i capi dignitari) gli chiedono come abbia fatto a trascrivere tutte le parole udite. Baruc rispon- de che Geremia stesso gli ha dettato, di sua bocca, il contenuto, mentre lui si sarebbe limitato a trascriverlo nel libro (Ger 36,14-18).

Siamo su un versante che va oltre la semplice necessità di una trascri- zione chiara e leggibile del contenuto di una visione, come ad esempio av- viene in Ab 2,2-3; si fa strada, in sostanza, la necessità di avvalorare il con- tenuto di una esperienza visionaria attraverso la sua riproducibilità nella

testimonianza scritta delegata a personale tecnico rivestito di una funzio- ne sociale riconosciuta e, come tale, forse provvista anche di una qualche forma di remunerazione (sebbene i testi non sembrino off rire chiarimenti decisivi in merito).

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