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Seguaci di Gesù e trasmissioni scritte del resoconto visionario

In due esempi di resoconto di contatto diretto con l’oltremondo ricon- ducibili ai primi seguaci di Gesù, l’Apocalisse di Giovanni e il Pastore di

Erma, la connessione tra visione e scrittura emerge, se ciò è possibile, con

ancora maggiore forza. Nell’Apocalisse di Giovanni sono moltissimi i pas- si in cui ricorrono riferimenti alla scrittura, al libro/rotolo e alla necessità di mettere per iscritto quanto esperito dal visionario protagonista del re- soconto. Se nella prima parte dell’opera, quella del settenario delle lettere inviate direttamente a sette ekklēsiai dell’Asia minore (Ap 2-3), la presenza di imperativi e, più generalmente, di elementi legati alla scrittura – una scrittura che deve riprodurre e diff ondere quanto il mediatore riceve di- rettamente dall’oltremondo – è ovviamente più stringente (cfr. 2,1.8.12.18; 3,1.7.14), nelle sezioni più esplicitamente dedicate alla descrizione dell’e- sperienza diretta dell’oltremondo non mancano ugualmente importanti e, a volte, decisivi richiami.

Già nel prologo dell’opera, la rivelazione/profezia si confi gura come un qualcosa che va letto e, al tempo stesso, ascoltato (cfr. 1,3). Lo stesso mediatore, di cui conosciamo direttamente il nome, Giovanni, è invitato a scrivere in un rotolo ciò che vede (cfr. 1,11); il monito ritorna alla fi ne dell’introduzione, prima della prima lettera che compone il settenario (inviata all’ekklēsia di Efeso), quando la fi gura simile a un essere umano (defi nito letteralmente «uno simile a un fi glio d’uomo») che appare lo invita nuovamente a scrivere «le cose che vedi e le cose che sono e le cose che stanno per avvenire dopo queste» (1,19; trad. it. in Lupieri 1999, p. 11), un rimando al contenuto del resoconto visionario nella sua interezza.

Il riferimento alla scrittura ritorna anche nella visione dell’angelo forte che scende dal cielo cinto di un arcobaleno sulla testa e che reca in mano un piccolo rotolo (biblaridion) aperto (Ap 10,1-11). L’essere sovrumano, dopo aver posto il suo piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, grida a gran voce, e al grido sembrano rispondere i sette tuoni; a questo punto il mediatore decide di trascrivere quanto esperito, ma una voce dal cielo gli vieta di compiere l’operazione (10,4). Una voce che ordina di scrive- re appare nella visione del giudizio del capitolo 14, quando a Giovanni è ordinato di scrivere una sorta di messaggio di beatitudine per i morti nel Signore «a partire da ora» (14,13; ivi, p. 63) e nella visione, ugualmen- te inerente al giudizio fi nale, del capitolo 19, quando sempre una voce, questa volta uscente dal trono, ingiunge di trascrivere lo stesso messaggio di beatitudine per «coloro che sono chiamati al pranzo dello sposalizio dell’agnello» (19,9; ivi, p. 83).

La conclusione dell’opera mette molto bene in luce l’importanza della scrittura come elemento capace di defi nire un aspetto centrale del resocon- to visionario propriamente detto. Giovanni ha visto e udito l’oltremondo; al termine dell’esperienza vorrebbe prostrarsi davanti ai piedi dell’angelo che gli ha mostrato tutto, ma costui gli vieta di farlo in quanto «conser- vo (syndoulos) tuo e dei tuoi fratelli, i profeti, e di coloro che conservano le parole di questo rotolo (bibliou)» (22,9). L’angelo “conservo” intima al veggente anche di «non sigillare le parole della profezia di questo ro- tolo», dal momento che «il tempo è vicino» (22,10; ivi, p. 99). Proprio nelle ultime battute, il mediatore ricorda che è lui stesso a testimoniare a ognuno che ascolta le parole del resoconto (chiamato “profezia”, ma anche “rivelazione”; cfr. 1,1-3 e supra, p. 25) che «se qualcuno aggiunge a que- ste cose, aggiungerà Dio a lui le piaghe, quelle scritte in questo rotolo» (22,18; ibid.).

Nel Pastore di Erma troviamo altri, decisivi, riferimenti. Nella parte fi - nale della ii visione, il mediatore riceve l’ordine di trascrivere due copie di un libro letto da un essere del mondo altro e rappresentato come una vecchia signora; Erma dovrà inviare le copie direttamente a Clemente e a Grapte (rispettivamente, forse il vescovo di Roma autore della 1 Lettera di

Clemente, e una donna non altrimenti nota; cfr. Simonetti, 2015, p. 554), i

quali a loro volta hanno l’incarico di diff ondere ulteriormente il messag- gio contenuto nello scritto; il mediatore stesso dovrà leggere il contenuto «in questa città [scil. Roma] in presenza dei presbiteri che presiedono la chiesa» (8,3; trad. it. ivi, p. 235). Nella v rivelazione che compone l’opera

un altro essere proveniente direttamente dal mondo altro, identifi cato con il Pastore, l’angelo di penitenza, inviato al mediatore per mostrargli «di nuovo tutto ciò [che hai] visto in precedenza», chiede a Erma di mettere per iscritto «i precetti e le similitudini», evidentemente un’allusione al prosieguo dello stesso resoconto visionario così come ci è pervenuto:

Perciò ti ordino in primo luogo di mettere per iscritto i precetti e le similitudini, affi nché tu li legga immediatamente e possa metterli in pratica». Allora scrissi precetti e similitudini, come mi aveva ordinato […]. Il Pastore, angelo di peni- tenza, mi ordinò di mettere per scritto tutte queste cose (25,5-6.7; ivi, pp. 273-5). Interessante, in questo quadro, è quello che appare come una sorta di vero e proprio sigillo autoritativo posto direttamente dall’angelo di pe- nitenza, rappresentato come pastore, in un discorso in prima persona: «Tutto quello che è stato scritto sopra io, il Pastore angelo di penitenza, l’ho proposto ed esposto ai servi di Dio» (110,1; ivi, p. 481). Il riferimen- to è quasi certamente al contenuto delle rivelazioni ottenute da Erma, rivelazioni che vanno divulgate tra alcuni membri della ekklēsia, quelli identifi cabili come «servi di Dio»; il beneplacito per una simile opera- zione coincide con un discorso in prima persona dell’essere proveniente dal mondo altro, nel testo l’artefi ce del contatto diretto vissuto da Erma e che per questo fonda l’autorità del resoconto stesso (e che, non a caso, appare intimamente connesso con la sua messa per iscritto). L’ultima similitudine inclusa nel testo, la x, si apre proprio con il riferimento a Erma che ha appena fi nito di scrivere «questo libro», quando in casa ar- riva l’angelo che lo ha affi dato al Pastore, in compagnia del Pastore stesso, per ricordargli la necessità di osservare i precetti che egli (il Pastore) gli ha dato (111,1-3).

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