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esperienze umane immaginando spazi invisibili e alternativi. Le rappre- sentazioni religiose esemplifi cano, spesso in modo effi cace, l’interazione tra percezione e immaginazione, arrivando a mettere in luce il rapporto tra corpo e mente, natura e società e il ruolo che le pratiche culturali giocano nell’articolare e nel rinegoziare questi incontri.

Spazio e luogo sono dunque concetti ampi e ambivalenti e che, come tali, si riferiscono a oggetti fi sici e visuali e ai loro aspetti esperienziali. Dagli anni Sessanta del secolo scorso, studi che hanno rivoluzionato le connessioni e le relazioni spaziali, esperienziali e materiali sono stati di fondamentale importanza per giungere a una valutazione realmente pri- smatica, di stampo fortemente inter- e multidisciplinare, dei concetti di spazio e luogo. La visione di Foucault dell’ordine spaziale come vero e proprio network di potere, l’analisi fenomenologica della spazialità e della corporeità intesi come modi umani dell’essere portata avanti da Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), le valutazioni di Henri Lefebvre (1901-1991) sulla formazione sociale dello spazio e dei signifi cati spaziali, così come le rifl essioni di Michel de Certeau (1925-1986) sulle pratiche di spazializ- zazione e sui modi di utilizzo e di percezione dello spazio, hanno avuto, ciascuna a sua modo, impatti dirompenti.

Stando alle lezioni Des espaces autres di Foucault (1984), lo spazio emerge come una complessa rete di relazioni, la cui esplorazione conduce alla messa in evidenza di come lo spazio stesso e le riarticolazioni spazia- li mantengano e/o producano biopotere e diff erenti signifi cati culturali e come defi niscano e regolino pratiche sociali e culturali. Per Foucault, l’ordine spaziale di per sé riproduce potere, signifi cati, pratiche e posture di autorità. Mentre l’approccio foucaultiano si è posto di fronte alle que- stioni spaziali in relazione soprattutto agli spazi normalizzanti dei gruppi dominanti e come networks di relazioni sociali volte al controllo e alla re- golarizzazione, la tradizione fenomenologica ha soprattutto enfatizzato la prospettiva del soggetto che fa esperienza dello spazio e lo costruisce come spazio vissuto.

Merleau-Ponty ha sottolineato la relazione di reciprocità tra soggetto corporeo e spazio, per cui il modo umano di essere nel mondo è al tem- po stesso corporale e spaziale; per il soggetto corporeo, dunque, lo spa- zio rappresenta la prima esperienza della vita nel mondo (Lebenswelt). Lo spazio, in questo senso, non è semplicemente uno spazio fi sico neutrale o omogeneo, ma è sempre un generatore di senso, uno spazio vissuto, nella misura in cui vi sono tanti spazi quante le esperienze spaziali che uno vive e

le persone appaiono sempre come soggetti viventi che abitano uno spazio (cfr. Merleau-Ponty, 1945, trad. it. spec. p. 73).

Su tale sfondo si innesta la rifl essione di Lefebvre, soprattutto dall’an- golatura dello spazio come vera e propria produzione sociale. Lefebvre (1974) sottolinea come anche gli spazi astratti, quelli solo concepiti o im- maginati, si pongano al crocevia di esperienze spaziali vissute, per cui i signifi cati spaziali emergono come prodotti che sono sempre relazionati a pratiche sociali. Se lo spazio non esiste al di fuori dalle relazioni sociali, esso non può che produrre, a sua volta, relazioni sociali. In tale quadro, Lefebvre distingue tre dimensioni spaziali che interagiscono fra di loro: lo spazio percepito, quello concepito e quello vissuto, la cui interazione defi nisce lo spazio in quanto tale. Sulla scia di Lefebvre, Edward W. Soja (1940-2015) ha ulteriormente approfondito le potenzialità euristiche del- la nozione di spazio vissuto, enfatizzando il ruolo delle rappresentazioni testuali e artistiche come “siti” dello spazio vissuto o del “terzo spazio” (Soja, 1996).

Il più recente interesse per i signifi cati e per le pratiche di spazializ- zazione si è altresì concentrato sugli utilizzatori e sui valori attribuiti all’uso culturale dello spazio. De Certeau condivide con Foucault l’idea dello spazio come vero e proprio network di potere, ma riconosce anche l’importanza delle pratiche quotidiane. Secondo De Certeau, i signifi cati spaziali si formano negli usi quotidiani, che lo trasformano da luogo fi si- camente determinato in spazio sociale e che generano, secondo la visione di Merleau-Ponty, il cambiamento dello spazio da “geometrico” in “antro- pologico”.

Per allargare ulteriormente il quadro, va aggiunto che il concetto di luogo, o anche di posto, si trova da tempo al centro della geografi a cosid- detta antropica. Yi-Fu Tuan (n. 1930), sulla scia delle analisi di stampo fe- nomenologico, ha sottolineato che il concetto di spazio è inevitabilmente più astratto di quello di luogo, tuttavia entrambi non solo materializzano esperienze, in quanto intrecciati per via di complesse reti emozionali, ma appaiono intimamente connessi con il movimento o con le restrizioni le- gate alla capacità di allontanarsi da o di dirigersi verso di essi.

Tuan sottolinea, ad esempio, che la più astratta nozione di spazio ri- manda, quasi inevitabilmente, ai concetti di libertà e mobilità, mentre quella di luogo appare come maggiormente connotata da elementi quali la sicurezza, l’essere a casa, o anche la chiusura e addirittura la cattività (cfr. Tuan, 1977, pp. 3-6).

La concretezza legata all’essere-in-un-luogo o al vivere in determinati luoghi è stata ulteriormente approfondita da Edward S. Casey (n. 1939), il quale ha sottolineato come sia particolarmente fruttuoso focalizzare l’at- tenzione su come i luoghi costruiscono, modifi cano o infl uenzano il nostro modo di essere e su come le stesse identità sono forgiate e formate dall’inte- razione con i propri luoghi (cfr. Casey, 1993, spec. p. xv).

Gli spazi che ciascuno occupa in particolari momenti, dalla casa alla strada, dalla città alla regione, sono tutti vissuti e sperimentati e non vanno dunque visti come meri contenitori; essi contribuiscono a impiantare o ad ancorare e orientare, tanto da diventare parte del processo di costruzione identitaria dell’individuo che li occupa (ivi, p. 23), per essere a loro volta ricostruiti e ridefi niti dal modo in cui le persone li percepiscono o intera- giscono con essi.

Se la relazione fra i corpi e le menti e i loro contesti spaziali non è natu- rale, ma di tipo culturale, abitare un luogo implica un processo continuo di acculturazione dinamica di tutti i componenti del mondo circostante (ivi, p. 31); per questo, le rappresentazioni dei luoghi, in quanto artefatti, sono interamente governate dai signifi cati culturali predeterminati con- nessi ai luoghi e ai corpi, che così sono in grado di modifi carli e riarti- colarli in un continuo processo di negoziazione tra la realtà circostante e l’immaginazione.

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