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Nel Libro dei vigilanti un personaggio identifi cato con Enoc «scriba» e «scrittore di giustizia» (1 Enoc, 12,3.4 = aat i, pp. 70-1), mentre si trova presso gli angeli che hanno deciso di unirsi sessualmente alle donne, è invitato a scrivere un appunto di preghiera e a innalzarlo presso il Signore per fare in modo che gli angeli ottengano il perdono; egli esegue pronta- mente il compito (13,4-6 = ivi, pp. 71-2), per cui lo stesso contenuto del

Libro dei vigilanti si presenta esplicitamente come «scritto», in quanto

«parola di giustizia e di rimprovero degli angeli vigilanti, eterni», stretta derivazione di quanto Jhwh ha ordinato di dire durante la visione diret- ta dell’oltremondo (14,1 = ivi, p. 72). Il mediatore vede, in sonno, quel che esprime «con lingua di carne» (14,2 = ibid.), una allusione piuttosto esplicita al contenuto, e quindi alla stessa messa per iscritto di quanto esperito.

Il capitolo riassuntivo fi nale del Libro dell’astronomia si presenta come il resoconto di un discorso scritto da Enoc stesso per suo fi glio Matusalem- me, che ha il compito di conservarlo e, dunque, di trasmetterlo. Il testo è, in tal senso, piuttosto esplicito:

Ed ora, fi glio mio Matusalemme, ti dico e scrivo per te tutte queste cose: tutto ti ho manifestato e ti ho dato gli scritti riguardanti tutte [queste cose]: custodisci, o fi glio mio Matusalemme, i libri della mano di tuo padre e che tu li possa dare alle generazioni future (1 Enoc, 82,1 = ivi, p. 184).

Il contenuto dell’opera è esplicitamente identifi cato in un vero e proprio testo, ed Enoc dichiara di aver riportato “su carta” tutto il libro degli an- geli, proprio come il Signore gli ha mostrato «secondo tutti gli anni del mondo, fi no all’eternità e fi nché sarà fatta un’opera nuova, che starà in eterno» (72,1 = ivi, p. 161).

Anche nell’aggiunta secondaria alla cosiddetta Apocalisse noachica, il contenuto del resoconto è chiaramente identifi cato nel «secondo libro che Enoc scrisse per suo fi glio Matusalemme e per coloro che vennero dopo di lui e che custodiscono la legge nei tempi di dopo» (1 Enoc, 108,1 = ivi, p. 252), ma già in precedenza Enoc ha espressamente dichiarato di co- noscere i segreti degli angeli vigilanti poiché Jhwh stesso glieli ha mostrati dopo averli letti sulle tavole del cielo (106,19-107,1).

libro che è stato scritto da Enoc, scrittore di tutta questa dottrina di sapienza, lodato da tutti gli uomini, giudice, principe di tutta la terra, per tutti i miei fi gli che dimorano sulla terra e per le generazioni di dopo che operano la rettitudine e la pace (1 Enoc, 92,1 = ivi, p. 224; cfr. anche 93,1-2 e 100,6, dove si fa riferimento alle «parole di questo libro»).

Siamo di fronte a un vero e proprio compendio delle funzioni attribuite a Enoc in buona parte dei testi accolti nella collezione di 1 Enoc, prima di tutto quelle di «scriba» e «scrittore di giustizia» presenti già nel più antico Libro dei vigilanti, ma forse anche l’elevazione a vera e propria fi - gura divina e giudicante che ritroviamo nel Libro delle parabole. Sempre nell’Epistola di Enoc il mediatore si presenta come colui che conosce il «mistero», avendolo letto «sulle tavole del cielo» e avendo visto «la scrittura dei santi» (1 Enoc, 103,2 = ivi, p. 244).

Riferimenti ai libri e allo scrivere si trovano anche nel Libro delle para-

bole di Enoc. In 39,2 Enoc riceve «i libri dell’ardore e dell’indignazione e

i libri del turbamento e dell’agitazione» (trad. it. in Chialà, 1997, p. 87), mentre in 47,3 i «libri dei viventi» vengono aperti davanti al Principio dei giorni (ivi, p. 99). A ciò si unisca che in 68,1 tutto il contenuto del libro è identifi cato in una rivelazione di segreti raccolta in un testo che consta delle stesse parabole che sembrano comporre l’opera nella sua interezza (ivi, p. 129).

Nel più tardo 2 Enoc molti e rilevanti sono i riferimenti alla scrittura e all’identifi cazione del resoconto visionario in un vero e proprio testo riconducibile alla fi gura di Enoc. In 22,10-11, Jhwh chiama un arcangelo particolarmente abile nella scrittura delle opere del Signore, di nome Ve- reveil, lo invita a prendere dei libri dai depositi e a consegnare un calamo a Enoc, così che gli possa dettare il contenuto di questi scritti. Vereveil espone tutto in trenta giorni e trenta notti, e al termine del racconto Enoc scrive tutto quanto nel doppio di trenta giorni e trenta notti, arrivando a comporre 360 libri. In 33,3 Enoc è chiaramente identifi cato in uno che ha avuto la possibilità di vedere ogni cosa nei cieli e sulla terra e che ha messo per iscritto quanto ha visto, e in 33,8 sempre a Enoc è intimato di conse- gnare a Semeil e Rasuil, i due esseri che lo hanno accompagnato durante la sua ascesa celeste, i libri scritti dalla sua mano, affi nché anche loro siano edotti in merito al creatore di tutte le cose e distribuiscano i libri «ai fi gli e i fi gli ai fi gli e da parente a parente e da generazione a generazione» (33,9 = ivi, p. 561). In 35,2-3 Jhwh stesso annuncia al mediatore che «nel

corso di questa generazione appariranno i libri scritti dalla mano tua e [da quella] dei tuoi padri, perché i guardiani della terra li mostreranno agli uomini di fede ed essi li spiegheranno a questa generazione ed essi saranno glorifi cati in séguito più che prima» (ivi, pp. 562-3).

Dopo il discorso in prima persona di Jhwh, udiamo la voce del media- tore che si cela dietro la maschera enochica lasciare una sorta di testamento a non meglio identifi cati fi gli, e anche in questo caso ritorna il tema della scrittura unitamente a un accenno alle varie modalità con cui il visionario esperisce l’oltremondo:

Ora dunque, o miei fi gli, io conosco tutte le cose, alcune dalla bocca del Signore, le altre le hanno viste i miei occhi, dal principio alla fi ne e dalla fi ne al ritorno. Io conosco tutto e ho scritto nei libri le estremità dei cieli e ciò che li riempie, io ho misurato i loro movimenti e io conosco le loro milizie, io ho compiuto [il conto] delle stelle, grande moltitudine senza numero (40,1-2 = ivi, p. 566).

È interessante osservare come il discorso propriamente visionario, in que- sto caso, si colleghi direttamente all’osservazione dei fenomeni celesti e astronomici, tutti prontamente messi per iscritto dal visionario:

Ho misurato il cerchio del sole e ho contato i suoi raggi e le sue entrate e le sue uscite e tutti i suoi movimenti [e] ho scritto i loro nomi. Ho misurato il cerchio della luna e i suoi movimenti per ogni giorno e la decrescenza della sua luce per ogni giorno e ora […] e ho scritto i loro nomi. Le abitazioni delle nubi e le loro bocche e le loro ali e le loro piogge e le loro gocce io le ho investigate e ho scritto il rombo del tuono e la meraviglia del lampo (40,4-9 = ivi, pp. 566-7).

Come appare evidente, qui esperienza diretta dell’oltremondo e cono- scenza autoptica dei fenomeni celesti, ritenuti di diretta provenienza di- vina, coincidono. Il tema del testamento contenuto nei libri e rilasciato a non meglio identifi cabili “fi gli” ritorna in 2 Enoc, 47,1-2, così come la questione della diff usione e della vera e propria distribuzione dei testi tra i fi gli dei fi gli e tra le generazioni che decideranno di incamminarsi sulla stessa via indicata dal visionario (cfr. 48,5-8, 50,1, 54,1).

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