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Tra psicotropia e dinamiche sociocultural

A mio avviso, tra le righe di quanto aff ermato da Lévi-Strauss emerge la questione di un approccio che renda possibile l’incrocio metodologica- mente fecondo tra comparazione di fatti storicamente determinati e re- perimento di costanti comportamentali. Riprendendo quanto sottoline- ato da Giovanni Leghissa ed Enrico Manera in relazione alla questione di come sia possibile defi nire il “mito”, e alla necessaria cautela con cui tale oggetto va “maneggiato”,

I primi [scil. i fatti storici] sono comprensibili solo in stretto rapporto con la con- tingenza del loro manifestarsi entro cornici spazio-temporali defi nite, le seconde [scil. le costanti comportamentali] rimandano all’insorgenza di complessi istitu- zionali, pratiche di potere e ordinamenti sociali in generale che fanno la loro com- parsa, indipendentemente gli uni dagli altri ma in modo strutturalmente affi ne, ogniqualvolta un collettivo raggiunga un certo grado di complessità sistemica. Dovendo evitare sia la miopia di uno storicismo che voglia studiare un fenomeno religioso solo in relazione alla tradizione culturale entro la quale esso è emerso, sia l’attitudine antistoricistica di una fenomenologia tesa unicamente al reperimento di quelle caratteristiche universali che defi nirebbero un astratto homo religiosus, lo storico delle religioni deve perciò manovrare con elasticità i confi ni del proprio campo (Leghissa, Manera, 2015, p. 21).

La considerazione in chiave sciamanica non è aff rancabile da ipoteche più generalmente primordialiste, per cui sembra necessario abbandonarla in funzione di uno sguardo che, cercando di fare luce sulle relazioni tra esperienze interpretate come di contatto diretto con il mondo altro e testi visionari, colleghi questo tipo di letteratura (a sua volta, come vedremo, diffi cilmente riconducibile a una genesi storica unitaria o troppo esclusi- va) alle prassi individuali che possono averla, di volta in volta, generata e/o rigenerata.

Lo storico del Medioevo Daniel L. Smail ha pubblicato alcuni studi di notevole interesse che implicitamente confermano l’insuffi cienza di concetti come stati alterati di coscienza o sciamanesimo rispetto alla va- rietà dei processi di interazione tra stimoli biologico-cognitivi, innescati da varie esperienze e pratiche attive in un determinato ecosistema socio- culturale, e i relativi prodotti culturali che su questi in qualche modo si fondano (Smail, 2008; cfr. anche Martin, 2014, pp. 255-8, 261-3, 265-8). Il punto di partenza di queste ricerche è la teorizzazione in chiave evo-

lutiva e storico-culturale del concetto di psicotropia. Sebbene le sostan- ze psico farmacologiche siano senza dubbio uno dei modi attraverso cui poter innescare, in particolari ambiti storico-culturali, reazioni cerebrali e alterazioni del comportamento, in altri sistemi sembrano emergere ul- teriori modalità capaci di incidere in tal senso. Smail ricorda come nel periodo medievale i sermoni venissero usati per suscitare risposte emo- tive in grandi folle e aumentare, così, sentimenti di solidarietà e di in- terazione; allo stesso modo, le tecniche di recupero dei crediti, proprio perché improntate alla violenza e all’umiliazione, erano capaci di sancire e/o consolidare l’incorporazione, e la relativa giustifi cazione cognitiva, di particolari modelli di gerarchia e di dominio sociale. Di conseguenza, risulta che particolari epoche culturali presentano specifi che istituzioni e pratiche sociali capaci di infl uenzare le “ecologie” aff ettive. A tal propo- sito, lo studioso descrive l’intera storia del periodo che va dal xii al xix secolo come una sorta di

cambiamento epocale che vide un allontanamento dai meccanismi teletropi ma- nipolati dalle élite dominanti verso un nuovo ordine in cui le teletropie di do- minanza sono state rimpiazzate dalla scelta crescente di meccanismi autotropici disponibili su un mercato largamente privo di regolamentazioni (Smail, 2008, trad. it. pp. 199-200).

Entrano qui in gioco due concetti molto importanti, quelli di teletropia e autotropia. I meccanismi psicotropi possono essere teletropici quando agiscono a distanza per conto o imposizione di terzi, e autotropici, quelli condotti direttamente dal soggetto su di sé. È teletropica, ad esempio, la violenza, diff usa se non istituzionalizzata, con cui i feudatari medievali ingeneravano e/o implementavano stati di sottomissione e di stress emoti- vo; sono invece autotropiche le pratiche con cui le persone alterano la loro chimica interna: si pensi, ad esempio, al ruolo svolto nel xviii secolo dalla diff usione di un’economia di lusso in cui trovano notevole spazio sostanze come la caff eina, il tabacco, il cioccolato, l’alcol distillato e pratiche quali la lettura di svago più o meno diff usa. Tali considerazioni hanno impor- tanti ripercussioni sulle dinamiche sociali che i meccanismi psicotropi ge- nerano all’interno di particolari sistemi, in quanto legati alle strutture di potere che operano in essi.

I meccanismi psicotropi, in quanto uno degli elementi che defi nisce, a livello evolutivo e biologico, i tratti fondamentali di Homo sapiens, sono

quelli che inducono alterazioni nel comportamento, e questa è anche l’es- senza del potere, sia nell’idea più comune e convenzionale (un individuo o gruppo che esercita controllo su qualcun altro), ma anche secondo la più complessa nozione di biopotere, per cui gli individui inconsciamente disciplinano i loro comportamenti tramite l’interiorizzazione di norme o regole (si pensi alle ormai classiche rifl essioni di Michel Foucault: ad esempio 2004). A livello cerebrale, questa concezione del potere sembra avere importanti ripercussioni su due sistemi neurologici in particolare: il sistema di risposta allo stress e quello di “ricompensa”. Il potere risiede nella e deriva dalla produzione e circolazione di meccanismi di scoraggia- mento e risarcimento, per cui non è diffi cile comprendere l’importanza dello sfruttamento dei meccanismi psicotropi e la loro riproposizione e rifunzionalizzazione in contesti di opposizione o anche semplicemente in competizione rispetto al potere istituzionalizzato.

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